mercoledì 29 novembre 2017

Fisco, il decreto giovedì al voto finale alla Camera

Il decreto fiscale che anticipa alcune misure della prossima manovra si avvicina alla conversione. Il testo è giunto a Montecitorio senza modifiche rispetto al testo licenziato dal Senato, ed è stata posta la questione di fiducia sul provvedimento. Il voto finale sul provvedimento è in programma nel primo pomeriggio del 30 novembre.

Le novità del decreto

Quali sono le misure contenuto nel provvedimento? Anzitutto lo stop alle bollette a 28 giorni, anche per prepagate e clienti business. La fatturazione diventerà obbligatoriamente mensile, ad eccezione di quelle promozioni non rinnovabili o inferiori al mese. Gli operatori avranno 4 mesi per adeguarsi.

Ma ci sono misure anche riguardo al mercato delle sigarette elettroniche, la cui vendita sarà consentita soltanto nelle tabaccherie e nelle rivendite autorizzate. Questo sia per ricondurre nella legalità un mercato che secondo le stime è per il “50% illegale”, sia per garantire gli adeguati controlli sul fronte sanitario dei liquidi venduti.

Equo compenso e rottamazione

Viene esteso l'equo compenso a tutti i professionisti. Anche quelli che non appartengono a un ordine. Va detto che il testo non ha tenuto conto del parere non vincolante dell'Antitrust per le norme sull'equo compenso, che lo ritiene in stridente controtendenza con i processi di liberalizzazione del settore delle professioni regolamentate.

Altro provvedimento riguarda la rottamazione delle cartelle, la cui scadenza viene posticipata in merito alla terza rata. Ciò vale per tutte le cartelle dal 2000 a settembre 2017. Si spera che l'operazione porti nelle casse dello Stato 209 milioni di euro.

lunedì 27 novembre 2017

Dati macro, ecco il quadro della settimana per i mercati

Dopo un periodo nel quale non ci sono stati grandi spunti macroeconomici in calendario, questa settimana invece sarà più ricca. Diversi sono infatti gli spunti interessanti per i mercati finanziari. Questo vale sia per l'Eurozona che per gli USA. Chiunque sa come fare trading su forex sarà quindi pronto per agire.

Dati macro dall'Europa

Nell'area Euro verrà reso noto il dato aggiornato sull’indice di fiducia economica della Commissione UE e sulle indagini statistiche dell'inflazione. Ci si aspetta che l'economia segni una conferma della fase espansiva in tutta l’area. L'inflazione media dovrebbe segnare un aumento temporaneo all’1,5 per cento, con picchi in Spagna (1,8%) e Germania (1,7%). In Italia dovrebbe invece rimanere stabile all’1,1%, in Francia calare di un decimo. Dati che potrebbero incidere molto sull'andamento dell'euro nel mercato valutario, per cui bisogna farsi trovare pronti con i migliori broker forex italiani autorizzati.



Sono poi attese le stime del PIL da Spagna e Italia, dove ci si aspetta una conferma della crescita. Il tasso di disoccupazione dell'area euro dovrebbe poi evidenziare una conferma all'8,9%.

Dati macro dagli USA


Per quanto riguarda gli USA, la settimana ha molto da offrire. Verrà infatti reso noto innanzitutto il dato aggiornato sull’ISM manifatturiero, quello sulla fiducia dei consumatori e quello sulle vendite di autoveicoli di novembre. Report che dovrebbero confermare un buon livello e quindi evidenziare una fase espansiva robusta. Inoltre ci si aspettano buoni report dalla spesa in costruzioni, spesa personale e il reddito personale.

Occhio al deflatore dei consumi core, dal quale ci si aspetta un rialzo dello 0,2% mese su mese da febbraio a oggi. Questo potrebbe segnalare una possibile ripresa della dinamica dei prezzi. un altro dato positivo potrebbe arrivare dalla seconda stima del PIL del terzo trimestre, che dovrebbe rivedere al rialzo la crescita. Ultimo appuntamento degno di nota è quello con il Beige Book, dal quale si attendono conferme ad un quadro complessivamente positivo per l'economia USA.

sabato 25 novembre 2017

Debitori MPS, pubblicata la lista dei 100 che l'hanno affossata

I grandi debitori di Monte Paschi Siena, quelli che hanno contribuito in modo forte al tracollo dell'istituto, sono stati rivelati sui quotidiani. E il presidente della Commissione Banche Pierferdinando Casini, che pure aveva annunciato che i risultati dell'indagine sarebbero stati resi noti e la lista pubblicata, di fronte all'indiscrezione giornalistica ha segnalato il caso al capo della procura romana Pignatone.

I grandi debitori di MPS


Ad ogni modo, sono stati svelati i nomi e le relative somme dovute, dei primi cento debitori del Monte dei Paschi di Siena. Nella lista nera compaiono nomi importanti, che hanno affossato Mps portandola ad accumulare 47 miliardi di prestiti malati. Nomi eccellenti dell'economia italiana, grandi imprenditori e immobiliaristi, ma anche le coop rosse e le partecipate pubbliche. Da destra a sinistra (politicamente parlando) tutti hanno fatto la loro parte per usare il credito di MPS come strumento di consenso e di scambio.

Il nome più esposto - già si sapeva - è Carlo De Benedetti con la sua Sorgenia Spa. La società energetica venne salvata dal tracollo dall'intervento di un pool di banche: la sola Sorgenia Power rappresenta un peso da 318,9 milioni di euro con MPS... chissà come è stato possibile. Quando la società elettrica è finita a gambe all’aria, i De Benedetti si sono defilati e il «pacco» Sorgenia è finito tutto in mano alle banche, che hanno convertito l'esposizione creditizia in azioni (Monte Paschi ha il 17% del capitale).

Debiti sotto al Vesuvio



C'è poi un altro caso emblematico: la Rizzo Bottiglieri De Carlini Armatori. Gli armatori napoletani devono al Monte la bellezza di 115 milioni di euro. Questa storia nasce nel 2000, quando a Napoli è nato un team della banca che avrebbe dovuto seguire le aziende campane - soprattutto quelle dello shipping - in un periodo florido ma anche a rischio bolla. Sempre sotto al Vesuvio nascono altri grossi problemi: interporto campano, Bagnoli Futura, Deiulemar (il cui crack ha coinvolto circa 13mila risparmiatori, di cui 10mila famiglie del Vesuviano)

Ma l'elenco dei grandi debitori prosegue con Riscossione Sicilia, alla quale Monte dei Paschi lo scorso settembre ha sospeso 120 milioni di fidi bancari. C'è pure la cooperativa edile emiliana UniEco, ed anche la  società immobiliare partecipata Sansedoni. Una lista lunga, e chissà chi mai pagherà questo conto salato.

giovedì 23 novembre 2017

Dollaro in calo, dal FOMC nessuna sorpresa


Si è praticamente chiusa nella serata di mercoledì la settimana sui mercati finanziari e per il dollaro. O almeno la sua parte sostanziale. I mercati USA infatti hanno chiuso i battenti giovedì per la festa del Giorno del Ringraziamento, e venerdì rimarranno aperti per minor tempo del solito. Ad ogni modo il clou della settimana era previsto ieri sera, quando sono stati resi noti i verbali del Fomc ovvero l'organo di politica monetaria della Federal Reserve.

I verbali del Fomc e i riflessi sul dollaro

Secondo le minute relative al meeting di tre settimane fa, i tassi di interesse saranno aumentati nel “breve termine”. Questo non giunge come una novità alle orecchie dei trader che operano con broker forex autorizzati Consob. Infatti le aspettative riguardo a un aumento dei tassi erano già sopra il 90%, ovvero sono pressoché sicuri. La prudenza emersa dalle dichiarazioni della FED si giustifica con il fatto che l'istituto centrale non aveva chiaramente fretta di inviare un segnale assoluto ai mercati.

Il tema caldo per la FED resta l'inflazione. Dai verbali emerge che il dibattito è ancora aperto tra i responsabili di politica monetaria riguardo la pressione che i prezzi potrebbero esercitare in futuro. La cosa più probabile è che la FED sia consapevole delle forti pressioni inflattive, ma non può alzare i tassi al di sopra di un certo livello perché potrebbe fare scoppiare la bolla dei bond, e quindi deve inviare segnali discordanti riguardo l'inflazione.


Il grosso problema è gestire al meglio il passaggio da una politica monetaria molto espansiva a una restrittiva, anche perché in questo momento l'inflazione aiuterà ad uccidere il vasto debito accumulato. 

Andamento del dollaro

Sotto il profilo valutario, il dollaro si è indebolito contro l'euro. L'indicatore Parabolic SAR strategia si è posizionato al di sopra dei prezzi e ciò indica ribasso. La BCE ha comunicato i cambi di riferimento per la giornata del 23 novembre 2017. Il cambio euro/dollaro è stato fissato a 1,1848.

martedì 21 novembre 2017

Banche, gli italiani preferiscono sempre di più le operazioni elettroniche

Andare in filiale per le proprie operazioni bancarie è qualcosa sempre meno di moda in Italia. Lo sportello bancario ha lasciato progressivamente il posto a telefonini e internet. Chiaramente questo ha comportato un progressivo cambiamento anche a livello delle singole operazioni, con la crescita di quelle elettroniche a scapito delle tradizionali (come l'uso dei vecchi assegni di carta).

Come cambiano le banche in Italia


Questo è il succo del cambiamento messo in evidenza dalla Abi (Associazione Bancaria Italiana) che ha studiato il comportamento dei clienti delle istituzioni creditizie italiane. La mobilità dunque, come era nelle previsioni, ha cambiato il modo di fare banca e di fruire della banca in Italia. In media oggi quasi due operazioni su tre vengono svolte attraverso i canali digitali. L'uso degli smartphone per effettuare delle operazioni è addirittura quadruplicato negli ultimi 4 anni. Le visite in agenzia da parte dei clienti sono diminuite in media da 1,5 fino a una sola al mese.

Chiaramente questo ha spinto le banche ad adeguarsi, modificando la loro struttura. Sta infatti andando avanti quel processo di riorganizzazione delle filiali, con gli sportelli che sono diminuiti al di sotto di quota 28 mila.

Ma ci sono stati cambiamenti anche sotto altri punti di vista. Ad esempio le forme di pagamento evidenziano un forte calo nell'utilizzo degli assegni, scesi dal dal 2005 al 2016 del 58,4% (appena il 3,2% della quota del totale delle operazioni diverse dall'utilizzo del contante). Crescono invece in maniera costante le operazioni effettuate tramite i POS, salite del 368 %. Un pagamento su due viene fatto così. Tuttavia, la stessa AB sottolinea che siamo ancora distanti dalla media europea. Cresce anche l'utilizzo del terzo metodo di pagamento senza contante, ovvero il bonifico bancario: +109%. Oggi tramite bonifico si fa il 43,3% del totale delle operazioni.

domenica 19 novembre 2017

Euro, migliorano le condizioni per la stretta monetaria


Ci sono diversi fattori che stanno ponendo le basi per la futura stretta monetaria nell'Eurozona. La crescita economica avanza a buon ritmo, l'inflazione dovrebbe crescere in modo più deciso nei prossimi mesi e avvicinarsi al target 2% fissato dalla BCE, e poi c'è la diminuzione della disoccupazione. Nell'ultimo meeting l'istituto centrale europeo ha deciso di ridurre il quantitative easing da 60 miliardi di euro al mese fino a 30 miliardi. Si comincerà a gennaio e si andrà avanti almeno fino a settembre 2018. Poi si vedrà.

Nel frattempo continuano a giungere segnali positivi sul fronte economico del Vecchio Continente. Gli indici PMI hanno accelerato mentre il Rapporto Autunnale di Previsione Economica dice che l'economia crescerà del 2,2% nel 2017 e del 2,1% nel 2018. Potrebbe essere un 2017 al ritmo di crescita maggiore avuto negli ultimi dieci anni. Inoltre la diminuzione della disoccupazione ha spinto la ripresa e i consumi privati.

L'economia UE e l'euro


Chi sta beneficiando di questi dati è l'euro, come abbiamo visto su Markets (qui puoi vedere un approfondimento sul tema markets.com recensione). Venerdì la coppia EUR/USD ha rotto sopra il livello degli 1,18$, anche se in seguito ha ritracciato. Dal punto di vista tecnico c'è un segnale importante: a quota 1,17 è stata rotta la neckline della figura di testa e spalle sul grafico giornaliero, e subito dopo si è verificata una inversione di rotta con la rottura al di sopra di tale livello. Questo è un segnale di decisa forza da parte della valuta unica.

Consiglio: dedicate sempre il giusto tempo alla valutazione di quale broker forex scegliere, perché anche l'operatore che si utilizza sul mercato determina il successo o meno di un trader.  

Se dovesse confermarsi questa tendenza, allora il mercato potrebbe muoversi verso quote più elevate come 1,20$ e magari anche oltre verso 1,21$. Tuttavia molto dipenderà dalla riforma fiscale americana e dalla prossima mossa della FED attesa per dicembre.

mercoledì 15 novembre 2017

S&P's vede l'Italia in ripresa. Ma la strada è ancora lunga


La ripresa dell'economia italiana c'è, ma occorrerà ancora molto tempo prima di poter vedere la luce in fondo al tunnel. Lo sostiene Standard & Poor's, che già un mesetto fa aveva deciso di alzare il rating dell'Italia portandolo a BBB.



Secondo l'agenzia di rating, ci sono diversi segnali positivi che stanno spingendo la crescita dell'Italia. Anzitutto ci sono i dati riguardo al Prodotto Interno Lordo, cresciuto dell'1,5% nel secondo trimestre 2017. Secondo S&P la crescita è ancor più positiva perché è diffusa in tutti i settori, con l'eccezione di quello edile. Inoltre nel commento firmato del capo economista Emea Jean-Michel Six, si legge che "è particolarmente confortante che gli investimenti stiano ricoprendo un ruolo di primo piano, grazie in particolare agli incentivi fiscali”.

Gli aspetti positivi per S&P's

Altre considerazioni da sottolineare sono quelle relative alla fiducia delle imprese (aumentata), ai margini aziendali (migliorati) ed al numero di fallimenti (scesi del 15,6%) che sono al livello più basso dal 2009. Inoltre c'è il miglioramento del mercato del lavoro, visto che il livello di occupazione è tornato a quelli che c'erano prima della crisi


Le valutazioni positive non finiscono qui. Infatti Standard & Poor sottolinea che la situazione delle banche italiane pare essere giunta a un punto di svolta, dopo che sono stati salvati alcuni istituti in grave difficoltà.

Tuttavia non ci sono soltanto luci, ma anche qualche ombra. Ad esempio il tasso di disoccupazione rimane elevato benché in discesa. Oppure il ritorno modesto dell'inflazione, che comunque finirà per intaccare la crescita dei guadagni reali e di conseguenza la domanda per consumi. Ed anche il commercio estero non brilla.

Però quel che conta è che l'economia e la crescita si siano rimesse in moto

martedì 14 novembre 2017

Prezzi del petrolio in calo malgrado i dati OPEC

L'OPEC rivede al rialzo le previsioni di crescita della domanda petrolifera, ma il primo giorno di contrattazioni sui mercati si chiude sostanzialmente in modo neutrale per Brent e WTI. Lunedì infatti i future sul petrolio statunitense con scadenza a gennaio hanno chiuso a 56,97 dollari, con un calo dello 0,02%. Più marcata invece la discesa del Brent, che marca 63,10 dollari con un calo percentuale di 0,49. Secondo le previsioni dell'OPEC, nel 2018 la domanda di petrolio aumenterà di 1,51 miliardi di piedi cubi. Inoltre sostiene che l'accordo raggiunto con gli altri paesi produttori per tagliare la produzione ha favorito la riduzione delle scorte e di conseguenza un ampio deficit dell’offerta per il prossimo anno. Secondo un'altra stima del cartello, l'offerta dovrebbe giungere a 870.000 barili al giorno, in calo di 70.000 rispetto alle previsioni precedenti.

Prezzi giù malgrado l'OPEC

Le dichiarazioni rialziste dell'OPEC e la reazione dei mercati fa capire che probabilmente gli investitori hanno già scontato queste notizie sul prezzo. I fondi speculativi sono in possesso di posizioni long che hanno raggiunto livelli massimi storici, e ciò potrebbe segnalare un mercato in condizioni di iper comprato. Basta definire il giusto settaggio Stocastico (5 3 3 o 20 5 5 scalping) per evidenziare proprio una situazione di questo tipo. E in tal caso, gli investitori ai livelli di prezzi ai quali ci troviamo preferiranno acquistare in corrispondenza di pullback su un livello di supporto piuttosto che inseguire il trend ascendente.
Del resto anche dal punto di vista tecnico ci sono ulteriori conferme. A metà settimana scorsa c'è stato un massimo con inversione del prezzo di chiusura sui grafici giornalieri di WTI e Brent, che ha mandato un segnale ribassista confermato poi ieri. Anche dall'indicatore macd segnali operativi in senso ribassista non mancano. Questo fa ritenere che forse agli attuali livelli di prezzo le vendite potrebbero prevalere sugli acquisti. Magari potremmo assistere ad una correzione più o meno della metà rispetto all'ultimo rally dei prezzi.

domenica 12 novembre 2017

Investimenti PMI in crescita, e convengono anche alle banche

Cresce il numero delle piccole e medie imprese in Italia. L'annuale sull'analisi economico finanziaria della PMI (Cerved 2017) ha fotografato la situazione, che evidenzia uno sprint soprattutto da parte delle microrealtà. Ma di buono c'è anche che è tornata a crescere la propensione a investire, che si può vedere in tutti i settori economici. Inoltre moltissime di queste realtà (52mila) ha un indebitamento modesto e questo rende plausibile un ulteriore aumento della quota investimenti.

Rischio e investimenti PMI

investimentiC'è un altro aspetto interessante che viene messo in evidenza dall'analisi. Oltre 170.000 imprese sono solvibili e meritevoli di credito, uno scenario interessante che si scontra con il credit crunch. Circa 43 mila piccole imprese hanno una situazione molto sana, e questo le rende un bacino interessante per chi offre finanziamenti. Ciò anche perché per loro il costo del credito è pari a 4,7%, che equivale a quello di una media impresa rischiosa ed è anche più elevato di quello relativo a una grande impresa rischiosa (2,7%). Insomma, per gli istituti di credito è convenientissimo attingere a piene mani in questo bacino di clienti, e ciò potrebbe stimolare ulteriormente l'incontro tra domanda/offerta di credito per i futuri investimenti.

Non è del resto un caso che il settore del risparmio sta guardando con molto interesse al mercato azionario delle piccole e medie imprese (sviluppatosi grazie ai Piani Individuali di Risparmio - PIR). Va anche aggiunto che le PMI sono favorite dall'attuale impronta molto espansiva della politica monetaria della BCE, che tiene il costo del denaro molto basso da tempo. Risulterebbe quindi molto utile fare in modo che si ampli l'accesso al credito, tenendo conto che l’attuale politica monetaria della BCE non potrà durare ancora a lungo (forse fino alla fine del 2018).

venerdì 10 novembre 2017

Mercato del Bitcoin in altalena: giù del 13% in due ore, poi la risalita

La giornata di ieri è stata intensissima per Bitcoin. Verso il tardo pomeriggio c'è stato un profondo calo del prezzo, innescato da una comunicazione di Mike Belshe (amministratore delegato di BitGo) che ha spiegato le ragioni per cui non supporterà il fork Segwit2x. La nota peraltro è sottoscritta da diversi personaggi molto influenti nel mondo delle criptovalute, come i CEO di Xapo, Blockchain, Bitmain, Bloq e Shapeshift. Viene spiegato che non è stato raggiunto un consenso ampio per l'aggiornamento. Lo scopo iniziale di SegWit2X infatti era quello di migliorare la scalabilità di Bitcoin e ridurre le elevate commissioni. Tuttavia questo progetto poteva contare solo su un supporto del 30% dei miners. Pochi secondo Belsh.

Turbolenza sul mercato del Bitcoin

bitcoinLa pubblicazione della nota ha innescato un'ondata di acquisti e successive vendite sul mercato del Bitcoin, registrata da ogni migliore piattaforma per trading online. Il prezzo infatti si è impennato fin quasi 8mila dollari, per poi crollare sotto i 7mila su alcune piattaforme di cambio (movimento del 13% in meno di 2 ore). Solo dopo c'è stata una stabilizzazione verso quota 7.300.
La cancellazione del Fork ha generato incertezza (non a caso oggi i migliori segnali di trading opzioni binarie gratis sono altalenanti), e questo è fonte di preoccupazione per i trader. Ricordiamo che quello dei Bitcoin è un mercato dove ci sono tanti speculatori, che potrebbero voltare le spalle per un non nulla. Infine, sottolineiamo che ieri era anche circolata la voce secondo la quale un piccolo gruppo di miner avrebbe voluto procedere con il fork, ma è una voce che non ha avuto seguito e che è stata pressochè ignorata anche dai trader.
Riguardo oggi, il mercato del Bitcoin sembra entrato in una fase di consolidamento. Probabilmente gli investitori stanno ancora valutando gli effetti e l’impatto dell’annullamento del Fork. Magari questa fase favorirà Ethereum, visto che la confusione nel mercato del Bitcoin probabilmente spingerà i trader verso altre criptovalute.

martedì 7 novembre 2017

Banche e BCE, cresce il livello di tensione sui NFP

Un braccio di ferro è in corso tra la BCE e le banche europee. E Mario Draghi, nel suo discorso di apertura del Secondo Forum sulla vigilanza bancaria, parte all'attacco. Il presidente della EuroTower ha ancora una volta messo il dito nella piaga, ribadendo che "Il problema degli Npl non è ancora risolto". Il numero uno dell'istituto di Francoforte ammette che i livelli dei crediti deteriorati è decisamente sceso, passando da circa il 7,5% d’inizio 2015 al 5,5% di oggi. Tuttavia rimarca che molte mancano non hanno ancora la capacità di assorbire grandi perdite poiché il rapporto fra sofferenze, capitale e accantonamenti resta elevato.

La frizione tra banche e BCE

Il numero uno della EuroTower poi aggiunge: "Affrontare gli Npl è una precondizione per gli altri pilastri dell’Unione bancaria", e ancora: "non c’è spazio per autocompiacersi". Draghi auspica uno sforzo comune fra Vigilanza bancario, le autorità di regolamentazione e le autorità nazionali.

Il terreno dello scontro tra l'istituto centrale europeo e le banche dei paesi membri riguarda le nuove indicazioni Bce sulle sofferenze. Esse prevedono che dal primo gennaio 2018 le banche debbano coprire nel giro di due anni le sofferenze non garantite e nel giro di sette anni quelle garantite in parte.  La FBE (Federazione bancaria europea) però ha alzato il muro, chiedendo alla Eurotower di riconsiderare il metodo delle nuove indicazioni del supervisore sulla copertura dei non performing loans dal primo gennaio 2018. Il motivo della richiesta è che questo nuovo metodo delle coperture potrebbe alterare alcune metriche degli standard regolamentari internazionali e della regolamentazione Ue.

Secondo la Fbe i requisiti più stringenti andrebbero a danneggiare le banche europee con esposizioni al di fuori dell'Eurozona, dal momento che le esporrebbero ad una condizione di svantaggio competitivo rispetto alle banche locali (che ovviamente non sono soggette agli stessi stringenti vincoli che vorrebbe la BCE).

lunedì 6 novembre 2017

Trading, la settimana passata e quella che comincia



Dopo aver vissuto alcuni giorni ad altissima intensità, soprattutto per via di una discreta mole di importanti dati marco, i mercati possono abbassare il ritmo. Così nel trading market la volatilità cala e rientra nella norma, al pari dei volumi. Sullo sfondo resta comunque un moderato ottimismo, soltanto attenuato dalle previsioni sui fattori di rischio. Insomma prudenza sì, ma davvero ridotta al minimo.

Appuntamenti marco per il trading


Sul valutario gli occhi sono puntati sulle decisioni in merito ai tassi da parte di Australia e Nuova Zelanda. Le banche centrali decideranno rispettivamente il 7 e il 9, per cui occhio ai migliori segnali opzioni binarie affidabili gratis in uscita nei prossimi giorni su Aud e Nzd. Il momento per questi due paesi non è positivo, visto che gli ultimi dati sono stati sotto le aspettative.

In Europa invece rimane sempre aperta la questione Catalogna, che per adesso resta fonte di bassissima preoccupazione per i mercati. Nell'ambito trading la questione è stata derubricata a fatto essenzialmente interno alla Spagna. Anche perché così la sta considerando la UE. Chi traffica con l'EUR insomma ha dedicato più tempo a cercare broker con spread bassi forex piuttosto che a occuparsi della questione spagnola.

Usa e Gran Bretagna


Più interesse riguardo alle vicende USA. La nomina di Powell quale futuro presidente FED, la presentazione della riforma fiscale (non senza polemiche), i dati sul lavoro e gli echi del Russian-Gate sono fattori che hanno inciso nei giorni scorsi sull'USD, e che potrebbero incidere ancora nei prossimi giorni, tenuto conto che ci avviciniamo al momento in cui la Fed dovrebbe alzare per la terza volta nell'anno i tassi.

Occhio intanto alla Gran Bretagna, dove la BoE ha appena stroncato gli entusiasmi del mercato, ricevendo in cambio una forte penalizzazione della sterlina. Resta l'incertezza sul fronte Brexit, visto che le trattative che vanno a rilento.

sabato 4 novembre 2017

Riforma fiscale USA, Trump la vuole varare entro Natale

La grande riforma fiscale di Trump corre contro il tempo per diventare finalmente realtà. Quello delle imposte è stato uno dei cavalli di battaglia del tycoon durante la campagna elettorale. Dopo la sua elezione a presidente, Trump ha continuato a pompare questo evento. Adesso i repubblicani hanno alzato il sipario sulla legislazione che cambia le tasse con l'intento di diventare la riforma fiscale più profonda mai realizzata. L'impegno è enorme, visto che occorre riscrivere tutte le aliquote e il sistema di sgravi netti. L'obiettivo è completare l'opera entro poche settimane e rimandarla a Trump per l'approvazione entro fine anno. Non per niente il presidente l'ha definito uno storico «regalo di Natale agli americani».

Il contenuto della riforma fiscale


La strada però è piena di difficoltà. Anzitutto c'è la voce dell'opposizione, che accusa Trump di voler varare una riforma che strizza l'occhio ai più abbienti e alle grandi aziende, mentre non fà davvero molto per il ceto medio (si pensi alla tassa di successione, che verrà applicata solo su eredità superiori a 11 milioni, doppie rispetto alle attuali, per essere cancellata nel 2024). Inoltre c'è il problema dei costi per finanziare questo progetto. Come sarà possibile ottenere un taglio delle imposte per le imprese dal 35% al 20%?

Riguardo alle famiglie e gli individui, ci sarà una drastica riduzione del numero delle aliquote, che dalle attuali sette diventeranno solo 4. La più alta resterà fissata al 39,6% (tocca solo i milionari). Fino al milione si pagherà il 35%, mentre l'aliquota passa al 25% fino a 250mila dollari e scende al 12% per i redditi tra i 24mila e i 90mila dollari. Il meccanismo di deduzione verrà raddoppiato per i ceti medi, mentre crescerà il credito d’imposta per figli a carico. Questi sono solo alcuni aspetti della maxi-riforma di Trump.

Il prossimo step sarà alla Camera, dove si preannuncia una discussione accesa in Commissione a partire dalla prossima settimana. Poi toccherà al Senato. Quando si arriverà a una versione finale unica, allora Trump potrà mettere il suo sigillo alla riforma, che i democratici non hanno i voti per bocciare. In pratica, solo gli stessi repubblicani potrebbero far deragliare le ambizioni della riforma Trump.