sabato 28 luglio 2018

Criptovaluta per l'Iran, così vuole eludere l'embargo USA

L'Iran ha trovato la risposta alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti in una criptovaluta. Proprio una criptovaluta infatti dovrebbe essere utilizzata per eludere l'embargo imposto da Washington. Una criptomoneta sostenuta ovviamente dallo Stato stesso. Con essa Teheran prevede di poter trasferire denaro da e verso qualsiasi parte del mondo, eludendo in tal modo gli effetti di quelle misure che - secondo la Repubblica Islamica - mirano a paralizzare il paese.

L'Iran e la criptovaluta del Venezuela

L'Iran potrebbe così seguire presto l'esempio del Venezuela, che ha sviluppato una propria criptovaluta crittografata - il Petro - nel tentativo di rilanciare la sua economia e arginare l'inflazione che secondo il Fmi potrebbe presto raggiungere l’1 milione per cento. Il progetto del governo iraniano di creare una “moneta crittografica nazionale” sarà inizialmente utilizzato solo per compensare le transazioni bancarie, ma sarà successivamente esteso al grande pubblico.

La cosa davvero curiosa è che appena pochi mesi fa proprio l'Iran aveva vietato Bitcoin e le altre valute criptiche nel paese, dal momento che le riteneva alimentatrici di riciclaggio di denaro e terrorismo. Si tratta peraltro di considerazioni che chi sa come funziona trading Bitcoin Italia, ha già sentito negli ambienti di tutta la finanza globale.

Tutto questo avviene mentre le criptovalute hanno vissuto un'altra settimana positiva sui mercati, che ha alimentato le aspettative del mercato per una ripetizione dell'ondata verificatasi alla fine del 2017. Molti trader si sono rituffati in questo mercato (qui ci sono esempi swing trading strategia forex). Tuttavia questo atteso rally si è spento di fronte al nuovo rifiuto da parte della SEC di un ETF Bitcoin sostenuto dai gemelli Winklevoss. Dopo questo evento, le principali monete virtuali hanno fatto dietrofront. Bitcoin è risceso sotto 8000 dollari, Ethereum viaggia a 460 dollari (-3,4%), Ripple a 0,4483 dollari (-2,3%).

giovedì 26 luglio 2018

Commercio e dazi, raggiunta la tregua tra UE e USA

La tanto sperata tregua tra UE e Trump sulla questione dazi è finalmente arrivata. Tra le due sponde dell'Atlantico è stato ricucito in parte lo strappo sul commercio, raggiungendo un accordo per regolare i reciproci rapporti. Il presidente UE ha ottenuto una apertura (specie sui temutissimi dazi sulle auto), Trump dal canto “incassa” dall’Unione europea una serie di garanzie. Bruxelles infatti si impegna a ridurre i dazi industriali (in particolare sull’auto) e ad aumentare l’import su alcuni prodotti agricoli e lavorare sull’export di gas naturale.

La soddisfazione dopo l'accordo sul commercio

Che sia il preludio a una vera pace circa il commercio però è tutto da vedere. Di sicuro è stato fatto un primo passo per disinnescare un po' di tensioni commerciali con gli Usa. «Oggi è un grande giorno, abbiamo lanciato una nuova fase nei rapporti tra Usa ed Europa, una fase di stretta amicizia, di forti relazioni commerciali nella quale vinceremo entrambi, una fase di più intensa collaborazione per la sicurezza globale, la prosperità e la lotta congiunta al terrorismo», ha detto Trump dopo l'incontro. Dal canto suo anche Juncker è uscito dal summit molto soddisfatto, visti anche i fallimenti precedenti di Angela Merkel ed Emmanuel Macron.

Il futuro fa sicuramente meno paura, ma restano aperti molti fronti caldi. Anzitutto bisogna vedere se Trump sarà disposto a sospendere misure già imposte sui metalli e se sia interessato davvero a una tregua, tenuto conto che a novembre ci saranno le elezioni congressuali di metà mandato, e potrebbe giovargli il suo volto da uomo duro che non si piega ai compromessi. Ricordiamoci che tra gli elettori repubblicani il 73% approva tuttora la politica commerciale aggressiva della Casa Bianca. Dall'altra parte però si sono mondo aziendale e il Congresso USA, che sono più propensi ad ammorbidire i toni dello scontro con la UE.

Dove ci porterà questa nuova fase delle relazioni tra USA e UE non si sa, ma è sicuramente positivo che per il momento Washington e Bruxelles abbiano ripreso a dialogare.

martedì 24 luglio 2018

Yuan in calo: debolezza propria o colpa del dollaro?

Una delle valute maggiormente sotto pressione negli ultimi tempi è stato lo yuan. Dalla fine di giugno la valuta cinese ha ceduto oltre il 2% nei confronti del dollaro. Chiaramente questo ha allertato gli investitori, che temono possa ripetersi quanto accaduto nel 2015, quando Pechino decisa a sorpresa di procedere a una forte svalutazione della propria moneta, innescando un forte scossone sul mercato.

Lo yuan oggi e nel 2015

Forse questa preoccupazione è eccessiva, dal momento che rispetto al 2015 la correzione dello yuan non rischia di dare luogo a una crisi sistemica. Infatti le autorità monetarie di Pechino hanno maggiore capacità rispetto ad allora di gestire i mezzi per scongiurare la fuga di capitali dal paese. Sotto questo aspetto, è interessante osservare che le riserve valutarie non hanno fino a questo momento evidenziato segnali di deterioramento (per vederlo basta osservare i dati macro su uno qualunque dei migliori broker online affidabili).

Però resta il fatto che lo yuan preoccupa. Il rischio di una escalation della guerra commerciale ha alimentato le vendite sulla valuta cinese. Tuttavia bisogna considerare che il rapporto di cambio col dollaro è sceso non tanto per la propria debolezza dello yuan, quanto per la grande forza della valuta americana. Quest'ultima infatti è stata capace di rivalutarsi da metà aprile del 5% rispetto all’euro e, più in generale, su tutte le principali divise internazionali.

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Dati macro

Insomma, più che un effetto delle politiche commerciali americane, la discesa dello yuan è una fisiologica conseguenza della forza dell'USD. In tale ottica sarà molto interessante il dato in uscita venerdì riguardo la lettura del PIL statunitense relativo al secondo trimestre, che dovrebbe evidenziare un raddoppio del tasso di crescita. Quest'ultimo infatti dovrebbe passare dal 2% del primo trimestre al 4% del secondo, grazie a una impennata dei consumi.

sabato 21 luglio 2018

Pensioni, gli italiani cominciano ad accantonare troppo tardi

Gli italiani saranno pure un popolo di risparmiatori (anche molto prudenti), ma cominciano con grave ritardo ad accantonare una parte dei loro redditi in vista della pensione. Questo è l'esito di uno studio (“Global Investor Study 2018” di Schroders) condotto in 30 Paesi su un campione di oltre 22.000 persone.

I dati sul mondo delle pensioni

Gli italiani e gli altri cittadini europei sono quasi identici riguardo alla stima di ciò che devono mettere da parte in vista della pensione. Ritengono rispettivamente di dovere destinare il 12,5% o 12,6% delle loro entrate ad una vita futura confortevole. Cambia però notevolmente la percentuale che effettivamente destinano allo scopo. Gli italiani si fermano al 9,8%; mentre gli altri risparmiatori europei riescono ad arrivare al 10,5%. Se il confronto viene fatto non rispetto agli altri paesi europei ma rispetto alla media globale, la differenza è ancora più marcata. Anzitutto la quota da destinare alla serenità futura sale al 14,4%, ma cresce pure la quota che viene effettivamente accantonata allo scopo, che giunge al 12,2%.

Un'altra analisi interessante riguarda la quota di reddito lavorativo che si ritiene servirà per vivere serenamente la pensione. Secondo gli italiani avrebbero bisogno di circa l’80% dello stipendio quando lasceranno il posto di lavoro. A livello europeo invece la stima media di fabbisogno scende al 72,4%, poco sotto l'aspettativa a livello globale che in media è del 73,9%.

Il grado di soddisfazione


Il dato più interessante riguarda però la soddisfazione di chi è già in pensione. Solo il 35% di quelli italiani si dichiara pienamente soddisfatto del reddito percepito. In Europa la media sale al 43% la media europea, più o meno simile a quella a livello globale (42%). Proprio questo dato fa riflettere su quanto sia ancora più importante programmare il futuro e cominciare a mettere da parte una quota del reddito in vista della futura pensione. Fa strano scoprire poi che proprio gli anziani italiani continuano ad investire una percentuale significativa del reddito di cui dispongono: il 22% contro il 18% gli europei e il 19% del livello globale.

giovedì 19 luglio 2018

Aussie solido dopo i dati macro, ma non basta per un rialzo deciso

L'Aussie continua a manifestare una certa volatilità sul mercato valutario. La coppia AUD / USD comunque non s'è discostata dal range compreso tra 0,74 e 0,75, malgrado alcune notizie economiche positive per il dollaro australiano. Tuttavia quest'ultimo non è stato in grado di ottenere uno slancio contro l'omologo americano.

I driver dell'Aussie

Con l'ausilio de i migliori siti di trading online autorizzati vediamo il calendario economico. Nel corso della notte è stato pubblicato il rapporto sull'occupazione australiana, che ha evidenziato un aumento significativo a 50.9k rispetto al precedente dato di 13.4k (previsione 16,7k). Il tasso di disoccupazione invece è rimasto invariato - come previsto - al 5,4%. Inoltre, il rapporto sulla fiducia delle imprese trimestrali NAB è stato pubblicato con una leggera diminuzione a 7 rispetto alla precedente cifra di 8. Dati positivi quindi, che comunque non hanno dato una spinta decisa all'Aussie.

Sebbene dal lato australiano ci siano stati dei report migliori, la parte dominante della coppia rimane ancora l'USD. Gli ultimi interventi di Powell hanno tenuto la valuta a stelle e strisce sulla cresta dell'onda, e si prevede che il greenback possa guadagnare ulteriore slancio se otterrà avrà supporto dai prossimi rapporti economici da pubblicare. Occhio anche all'andamento delle materie prime, in particolare il rame, che potrebbero ancora più intaccare il sentiment che circonda il dollaro australiano (molto legato alle materie prime).

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Dal punto di vista tecnico, il prezzo dell'Aud-Usd sta vivendo una tendenza al ribasso negli ultimi mesi mesi. Dopo la rottura al di sotto dello 0,75, una certa volatilità e correzione sono del tutto attese. Anche se non mancano di tanto in tanto spinte rialziste, c'è il livello dinamico della 20 EMA che lavora come resistenza. Con il prezzo sotto 0,75 con chiusura giornaliera, la tendenza al ribasso dovrebbe continuare ulteriormente.

martedì 17 luglio 2018

Industria italiana, fatturato e ordinativi in crescita a maggio

Cresce ancora l'industria italiana, il cui fatturato sale per il terzo mese consecutivo secondo l'Istat. In base ai dati resi noti questa mattina infatti, emerge che a maggio la stima di crescita del fatturato sia giunta (su base congiunturale) all'1,7%. Complessivamente, nel corso dell'ultimo trimestre l'indice complessivo è salito dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti.

Industria italiana e numeri

Secondo l'Istat gli ordinativi dell'industria italiana hanno avuto un incremento congiunturale del 3,6%, dopo che nel mese precedente era stata registrata una lieve flessione (-0,6%). Tuttavia la media degli ultimi tre mesi segna un decremento dell'1,1% rispetto al trimestre precedente. Per quanto riguarda la dinamica congiunturale del fatturato, vengono evidenizate degli andamenti simili su entrambi i mercati nel corso del mese di maggio. Infatti c'è stata una crescita dell'1,6% sul mercato interno, mentre quella sul mercato estero è stata leggermente più forte: 1,8%. L'incremento congiunturale degli ordinativi invece segue un andamento opposto: maggiore per le commesse raccolte sul mercato estero (+5,5%), molto inferiore invece quelle raccolte sul mercato interno (+2,2%).

Altri dati

Per quanto riguarda gli indici destagionalizzati del fatturato dell'industria italiana, si può notare un certo miglioramento trasversale tra i vari raggruppamenti principali di industrie. Il risultato migliore è quello del settore dell'energia (+5,8%). Se viene corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 22 come a maggio 2017), il fatturato totale cresce in termini tendenziali del 5%, con incrementi del 4,5% sul mercato interno e del 5,8% su quello estero. Altre ottime performance sono state quelle dei prodotti petroliferi raffinati (+24,4%) e dei prodotti farmaceutici (+13,2%). Dall'altro capo della classifica c'è invece il settore dei prodotti elettronici e ottici, che ha evidenziato il calo più sostenuto (-4,4%).

Per quanto riguarda l'indice grezzo degli ordinativi dell'industria italiana, si evidenzia un aumento tendenziale del 4,9%. Anche in questo caso l'incremento maggiore è riconducibile al mercato estero (+8,1%) rispetto a quanto interno (+2,8%). A livello di settore, brilla quello dei prodotti elettronici e ottici (+18,3%). Dall'altro capo della classifica c'è invece il settore legno e della carta, che peraltro è l'unico a registrare una flessione (-0,5%).

sabato 14 luglio 2018

Sterlina, un'altra settimana vissuta sulle montagne russe

E' stata un'altra settimana importante per la sterlina e il Regno Unito, dove la tensione politica è crescente. La questione Brexit è il fulcro di tutto. L'approccio soft della May aveva dato una piccola spinta alla sterlina sui mercati valutari, ma in seguito le doppie dimissioni che hanno interessato il suo Governo proprio a causa della faccenda Brexit  (il segretario agli Esteri Boris Johnson e il ministro Brexit David Davis) hanno acceso molte micce all'interno dell'esecutivo. Di conseguenza s'è rialimentata la pressione sulla sterlina.

Cosa succede alla sterlina

Basta aprire la piattaforma del miglior broker trading online per vedere le montagne russe sulle quali ha viaggiato la coppia Gbp-Usd, che è passata dai massimi ai minimi delle ultime settimane. Adesso viaggia poco sopra quota 1.32. Un piccolo sussulto s'è avuto dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto che vorrebbe concludere un accordo commerciale con la Gran Bretagna.

Nel frattempo si profila all'orizzonte una nuova settimana intensa. Le proposte del Libro bianco dovranno affrontare un voto in parlamento all'inizio della settimana, mentre una serie di dati macroeconomici fornirà delle indicazioni riguardo alle prospettive di aumento dei tassi d aparte della BoE (Il calendario include CPI, PPI, vendite al dettaglio e dati sull'occupazione). Questioni politiche ed economiche quindi resteranno di pari misura i driver della sterlina, suggerendo ai trader di muoversi con cautela, oppure "accodarsi" alle mosse di quelli più esperti per chi fa copy trading (qui c'è la guida come funziona etoro copy trading).

Dal punto di vista tecnico la coppia GBP / USD ha infranto la resistenza a 1,3200 e sta testando quella posta a quota 1,3250. La media mobile a 50 periodi del periodo semplice sta per superare la SMA a 100 periodi, suggerendo che il momentum rialzista sta crescendo. La prossima settimana i tori metteranno gli occhi sulla cifra di 1,3300 e 1,3363 sul massimo settimanale attuale.

giovedì 12 luglio 2018

Crediti deteriorati, la stretta sarà sotto la supervisione BCE banca per banca

Cambieranno le modalità con cui la BCE gestisce la questione dei NPL - Non profit loans. La Banca centrale europea infatti ha annunciato tramite una nota che fisserà aspettative specifiche per ogni singola banca riguardo agli accantonamenti per la copertura dei crediti deteriorati. Tali aspettative sono basate sul benchmarking di banche simili e paragonabili, e sono definite in base all'attuale livello di Npl e alle caratteristiche finanziarie degli istituti.

Crediti deteriorati e BCE

Il lavoro fato fino a questo momento sui crediti deteriorati è giudicato da Francoforte come molto positivo, anche se «l'attuale livello aggregato rimane troppo alto se paragonato agli standard internazionali». Servono quindi ulteriori sforzi in questa direzione. Adesso con questa nuova misura, la banca centrale vuole giungere a garantire ulteriori progressi per ridurre i rischi nell'Eurozona, così anche da arrivare a uno stesso livello di copertura degli stock e flusso di Npl nel medio termine. La Vigilanza Bce guidata da Daniele Nouy mira quindi a trovare un punto di incontro tra la necessità di mantenere il rigore sul tema dei crediti deteriorati, e al tempo stesso tenere conto della specificità delle singole banche.

Per le banche italiane questo nuovo orientamento della BCE è molto positivo. Infatti i nostri istituti nazionali sarebbero stati penalizzati dalle differenze enormi con gli altri Paesi dell’eurozona sia nel tessuto economico sia nelle norme sul recupero crediti deteriorati. Adesso invece, visto che le singole banche dovranno elaborare un proprio piano di smaltimento dei crediti in sofferenza, si potrà viaggiare seguendo un percorso graduale e sostenibile per individuare i livelli di accantonamento sui crediti. La Banca d'Italia, da parte sua continuerà a lavorare con la Eurotower per monitorare i progressi delle banche italiane.

martedì 10 luglio 2018

Rand Sudafricano in ripresa grazie alla debolezza del dollaro

I mercati si sono presi una pausa dai loro timori riguardo lo scoppio di una guerra commerciale sempre più forte, e questo ha aiutato le valute emergenti come il Rand sudafricano. Quest'ultima infatti ha messo assieme una serie di sedute positive a dimostrazione come la domanda di divise emergenti sia in risalita.

Le prospettive del Rand sudafricano

Anche oggi la coppia Usd-Zar aveva cominciato muovendosi in discesa fino a 13,3850, leggermente più sopra del picco di tre settimane raggiunto lunedì a 13,3100. Poi c'è stato il rientro del dollaro. Sulla base dei dati dei migliori siti Forex trading gratis possiamo vedere che venerdì scorso il rand sudafricano ha chiuso sotto le 13,50 per la prima volta dal 22 giugno. S'è trattato di un momento molto importante, dopo il crollo al minimo di sette mesi a quota 14,00 durante il sell-off dei mercati emergenti, innescato dall'aumento dei tassi negli Stati Uniti e dai nervosismi sulla crescita globale.

Oltre alla crescita della domanda di valute emergenti, questa ripresa del Rand è stata innescata anche dalla debolezza del dollaro. La crescita più lenta del previsto dei salari medi orari negli Stati Uniti è stata il catalizzatore della correzione. Da allora il rand ha superato la resistenza tecnica a quota 13.40, livello attorno al quale è ancora in corso il braccio di ferro tra compratori e venditori.

Dal punto di vista tecnico, occhio alla formazione di triplo massimo e triplo minimo trading, mentre se volessimo immaginare un ulteriore rialzo del Rand fino a 13,00, bisognerebbe che si verificassero alcune condizioni. Anzitutto un cambiamento significativo nel sentimento degli investitori, vale a dire la dissipazione dei timori sulle guerre commerciali. Inoltre occorrerebbe anche l'arresto degli aumenti dei tassi da parte della Federal Reserve statunitense. Cose che al momento non ci sembra di vedere affatto all'orizzonte.

domenica 8 luglio 2018

Consumi, cresce del 10,5% la voglia di BIO nel carrello della spesa

I consumi degli italiani hanno sempre più una impronta bio. Nel corso del primo quadrimestre del 2018 l'incidenza dei prodotti biologici sul carrello della spesa è salito del 10,5%. Lo rileva una analisi della Coldiretti basati su dati della Nielsen, limitatamente a Iper e Supermercati. Peraltro non si tratta di un exploit isolato, visto che i trend è in crescita ormai da un decennio.

I dati sui consumi bio

Secondo l'analisi, 6 italiani su 10 nel corso dell'ultimo anno ha comprato prodotti bio. Il prodotto più ricorrente sono le uova, seguiti dai panetti croccanti, dalle confetture di frutta, dai sostituti del latte, l’extravergine, il latte fresco, la pasta di semola integrale, farro e kamut, la frutta secca senza guscio, lo yogurt intero e i biscotti.

Stimolata da una domanda in costante crescita, anche la produzione nazionale è salita. Adesso è giunta a 1,8 milioni di ettari tra bio e in conversione. Tra le colture con maggiore incremento ci sono gli ortaggi (+48,9%), seguite dai cereali (incremento del 32,6%), la vite (salite del 23,8%) e l’olivo (+23,7%). Dal punto di vista della diffusione geografica, la regione con la superficie maggiore destinata alle coltivazioni bio è la Sicilia (363.639 ettari), cui seguono altre due regioni del Sud: Puglia (255.831 ettari) e Calabria (204.428 ettari).

Consumi bio, occhio alle frodi

La diffusione dei consumi bio ha avuto come effetto collaterale il proliferare di tentativi di frode. Ovvero di commerciare prodotti spacciandoli per biologici quando invece non lo sono. I controlli fatti dai carabinieri dei Nas hanno di recente portato a 100 tonnellate di merce sequestrate e 1.500 confezioni di alimenti non idonei alla commercializzazione, sia per motivi di etichettatura e tracciabilità che per ragioni igienico sanitarie e di superamento dei termini di conservazione.

Secondo la legge per essere commercializzato come “biologico” un alimento deve essere stato prodotto da aziende certificate da Organismi autorizzati dal Ministero dell’Agricoltura che appongono su tali prodotti il loro logo, identificandoli quali biologici. Gli alimenti “biologici” provengono da coltivazioni o allevamenti che utilizzano tecniche agronomiche e zootecniche a basso impatto ambientale, attraverso protocolli produttivi nei quali è vietato o limitato l’impiego di diserbanti, insetticidi o concimi contenenti sostanze di sintesi chimica.

giovedì 5 luglio 2018

Euro in ascesa dopo i dati della Germania. Sfiorati i massimi di 3 settimane sul dollaro

I dati sugli ordini industriali della Germania hanno messo le ali all'euro, che si è avvicinato ai massimi di tre settimane contro il dollaro. La valuta unica inizialmente era giunta a guadagnare circa mezzo punto percentuale, anche se in seguito i guadagni sono stati limati. L'attesa infatti è per il rilascio delle minute della Fed in serata.

L'industria tedesca spinge l'euro

Partiamo dai dati. Gli ordini industriali tedeschi sono saliti a maggio in modo più sostenuto delle previsioni. Dopo 4 cali mensili consecutivi, la ripresa della domanda da parte dei clienti domestici e del resto della zona euro ha spinto il dato finale che ha mostrato un rialzo del 2,6% su base mensile (dal -1,6% della passata rilevazione). Su base annua gli ordini di fabbrica sono saliti del 4,4% dal precedente +0,8% (dato rivisto da -0,1%). Il mercato si attendeva una crescita mensile dell'1,1% e dell'1,7% su base annua.

Inevitabilmente l'euro ne ha tratto subito beneficio. Come detto, la valuta unica si era spinta oltre quota 1.17 avvicinandosi al picco di tre settimane a quota 1,1722 (per una panoramica storica completa, scegliete la vostra migliore piattaforma trading Forex online e accedete ai dati di archivio). Tuttavia, le preoccupazioni commerciali continueranno a dominare i mercati e inoltre c'è molta attesa per la pubblicazione dei verbali dell'ultimo meeting FED di giugno. Gli investitori sono alla ricerca di indizi sul fatto che la Federal Reserve sia ancora sulla buona strada alzare i tassi di interesse due volte di più quest'anno.

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Europa a lavoro sui tassi e dazi

Sul fronte Europeo comunque i media riferiscono che la Banca centrale europea potrebbe alzare i tassi di interesse entro il prossimo settembre o ottobre (2019), ma anche che alcuni membri del Consiglio direttivo ritengono che sarebbe tardi aspettare la fine del 2019 per una mossa simile. Nel frattempo i mercati continuano a metabolizzare il rapporto del Financial Times (FT) secondo cui l'Unione europea (UE) sta considerando dei colloqui multilaterali per raggiungere un accordo tariffario tra gli esportatori di auto di grandi dimensioni al mondo, per impedire una guerra commerciale a tutto campo con gli Stati Uniti.

martedì 3 luglio 2018

Vacanze estive, pochi soldi: 8 milioni di italiani devono rinunciarci

La crisi economica continua a farsi sentire sulle scelte degli italiani. Circa 8 milioni di loro infatti dovranno rinunciare alle vacanze estive, proprio a causa delle difficoltà economiche. Lo rivela un'indagine a campione dell'istituto di ricerca mUp Research.

Le vacanze estive degli italiani

Secondo questa analisi, circa il 64% di coloro che non partirà (circa 5,3 milioni di italiani) resterà a casa proprio per le precarie condizioni economiche. Quelli che non possono permettersi le vacanze estive sono soprattutto i nuclei familiari di 3 o 4 componenti, ma anche i giovani in età compresa tra 25 e 34 anni.

Tra quelli che invece potranno partire per una meta estiva - circa 35,5 milioni - il 73% ha deciso di rimanere in Italia. Soltanto il 18% ha deciso già che varcherà i confini nazionali. Il resto non ha ancora programmato se rimarrà in Italia oppure andrà fuori dal paese. A livelo di spesa, in media verranno spesi circa 1580 euro. Tuttavia il quadro è molto spaccato, visto che la metà non arriverà a superare i mille euro, mentre l'altra metà oltrepasserà i 2000 euro.

Un'altra indagine legata al turismo evidenzia invece una forte crescita delle entrate turistiche, specie grazie ai visitatori provenienti dal Medio Oriente e dal Far East. Grazie all'anlisi delle valute che hanno visto aumentare di più gli scambi (effettuati dai cambiavalute in Italia), si è evidenziato un forte aumetno di transazioni per Dinaro kuwaitiano (+55%), Shekel israeliano (+30%), Yen (+16%), Rublo (+14%) e Lira turca (+13,6%). Il sadlo negativo spetta invece alla sterlina.A causa della Brexit la valuta di Sua Maestà che si è molto svalutata vede crollare le transazioni del 13,5%.