giovedì 31 gennaio 2019

Tassi di interesse, la FED conferma un orientamento più prudente

La cautela accompagna la Federal Reserve anche nella prima riunione del 2019. Sebbene l'istituto centrale americano abbia confermato la fiducia nei confronti dell'economia a stelle e strisce, ribadisce di dover essere paziente riguardo alla questione dei tassi di interesse. In sostanza, sono meno probabili ulteriori rialzi del costo del denaro.

Frenata sui tassi di interesse

A indurre la FED verso la cautela circa i tassi di interesse, sono gli sviluppi economici e finanziari globali e le deboli pressioni sull’inflazione. Sebbene sia rimasta invariata la positiva diagnosi dell'economia USA (con crescita solida anche se più lento rispetto al 2018, aumento dell'occupazione e della spese delle famiglie, nonché degli investimenti privati fissi), sono però aumentati gli elementi di incertezza e l’economia continua a lanciare messaggi contraddittori. Riguardo l'inflazione, le aspettative di lungo periodo sono calate negli ultimi mesi. Tuttavia, il numero uno Powell ha precisato che l’andamento del debito pubblico Usa è insostenibile, ma che l’attuale situazione di economia forte e in crescita sia l'ideale per affrontare il problema.

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Atteggiamento dovish

Per queste ragioni, per la prima volta da molti anni a questa parte la Banca Centrale Usa non ha menzionato alcun "graduale rialzo" futuro dei tassi di interesse, che appena un mese fa erano ancora ritenuti coerenti con la situazione economica. Powell ha precisato in conferenza stampa che l'attuale livello dei tassi di interesse - 2,25-2,50% - sono nel “range” in cui dovrebbero essere. Si spengono quindi le possibilità di ulteriori rialzi nel prossimo futuro. Anzi, il capo della FED non ha escluso che la prossima mossa della banca centrale possa addirittura essere un taglio del costo del denaro, parlando di una Fed "paziente" che "può permettersi il lusso di aspettare e vedere" cosa succede.

Chi sta il forex trading come funziona, non si stupirà di sapere che dopo il meeting FED, la quotazione dell'euro in rialzo in avvio di giornata a 1,1510 dollari contro il livello di 1,1481 di ieri sera dopo la chiusura di Wall Street. .

martedì 29 gennaio 2019

Oro, la sfida è consolidarsi oltre 1300 dollari l'oncia

Dopo aver superato quota 1300 dollari l'oncia, l'oro affronta la sua fase di consolidamento oltre questa soglia. La quotazione del metallo giallo continua ad essere caratterizzata da un trend decisamente rialzista, che potrebbe anche proseguire nei prossimi giorni.

Il rally dell'oro

Il bene rifugio per eccellenza ha raggiunto adesso un livello molto significativo, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista psicologico. Il motivo alla base di questo sprint è legato alla FED. Ovvero la crescente aspettativa del mercato di un 2019 senza rialzi dei tassi di interessi da parte della Federal Reserve. Questo ha depresso un po' il dollaro - basta vedere i migliori segnali forex in tempo reale sicuri - e dato la spinta all'oro. Il metallo giallo è così riuscito a centrare i livelli massimi degli ultimi sette mesi, ovvero da giugno 2018.

La cosa più interessante è che gli investitori continuano a puntare sull metallo prezioso. Tuttavia l'ascesa dei lingotti è stata contenuta da una presa di profitto dopo gli avanzamenti sostenuti delle ultime sessioni.

L'attesa della FED

C'è anche una certa cautela in vista della riunione della Federal Reserve di questa settimana, e dei negoziati commerciali tra Cina e Stati Uniti. Gli investitori anticipano che il capo dell'istituto centrale USA, Jerome Powell, riconoscerà i crescenti rischi per l'economia del paese di fronte alla perdita di slancio a livello globale. Ricordiamo che l'oro tende ad apprezzarsi contro le aspettative di tassi d'interesse più bassi, il che riduce il costo opportunità di detenere il lingotto, che non diventa interesse. Sarà interessante tenere d'occhio il canale di Keltner channel per volatilità in prossimità del meeting FED.

Nel complesso, rimane comunque forte il sentiment rialzista sul mercato aurifero. Questo si traduce in una affermazione delle posizioni long (di acquisto) da parte dei traders.

sabato 26 gennaio 2019

Economia agricola, l'Italia dei giovani vuole farla crescere ma...

In Italia l'economia agricola tira ancora, al punto che scopriamo di avere il più grande plotone di giovani (under35) che vogliono dedicarsi al settore. Nessuno in Europa ne ha più di noi: oltre 70 mila.

Crescita e ostacoli per l'economia agricola

Nel nostro Paese ci sono circa 56 mila imprese agricole gestite da under 35, con un ritmo di crescita da un anno all’altro il ritmo del 5%. Così come è alto il numero di studenti che scelgono la facoltà di Agraria (+15,5% negli ultimi sette anni). Tuttavia l'economia agricola è anche ricca di insidie. Come sottolinea infatti la Corte dei Conti, l'utilizzo utilizzo dei fondi europei per il sostegno al ricambio generazionale in agricoltura e per l’imprenditorialità giovanile rimane insoddisfacente e con effetti restano incerti. Nel periodo che va dal 2014 al 2020, ben 1,9 miliardi di euro avrebbero dovuto essere destinati allo sviluppo rurale orientato al ricambio generazionale.

Le difficoltà burocratiche

Il primo problema è il funzionamento della macchina amministrativa, che si muove troppo lentamente e genera molti ritardi nelle spese dei fondi europei destinati ai giovani agricoltori. In special modo sono le Regioni a creare un imbuto amministrativo: bandi emanati in ritardo, procedure farraginose, errata distribuzione delle risorse e scarsa flessibilità. Tutte cose che danneggiano l'economia rurale.

Secondo Coldiretti, le Regioni hanno respinto circa 23 mila giovani, che avevano presentato un progetto di insediamento nelle campagne (previsto dai piani di sviluppo rurale finanziati dall’Ue). Soltanto una domanda su tre per l’insediamento in agricoltura è stata accolta. Il 66% invece sono state respinte accolte per colpa degli errori di programmazione della amministrazioni regionali, che ha portato a una insufficiente assegnazione di risorse per i giovani. Tutto questo peraltro comporta il rischio che tali risorse economiche debbano poi essere restituite a Bruxelles.

A livello geografico, è il Mezzogiorno ad essere più penalizzato dall'inefficienza burocratica. Fa rabbia perché si tratta proprio dell'area dove ci sarebbero tante opporuntità, e soprattutto dove c'è tanto bisogno di occupazione e ci sono più elevati i tassi di fuga dei giovani all’estero.

giovedì 24 gennaio 2019

Sterlina in ascesa dopo le ultime novità dal fronte Brexit

Le dinamiche relative alla questione Brexit hanno dato un altro impulso alla sterlina, che è rimbalzata oltre quota 1,30 contro il dollaro, fino a toccare 1,3080.

Le novità su Brexit e sterlina

Le ultime notizie dal fronte Brexit dicono che il rischio di una uscita senza accordo sta sbiadendo, e che è diventato possibile un prolungamento della data di uscita ufficiale del Regno Unito dall'Unione Europea (prevista per il prossimo 29 marzo). A fornire un'apertura in tal senso sono state le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel. Nel suo discorso a Davos la cancelliera ha reso noto che alla Germania non dispiacerebbe concedere altro tempo al Regno Unito. La premier May dal canto suo che un rinvio non è al momento una opzione presa in esame e che invece i suoi sforzi sono concentrati sulla realizzazione di un "deal".

Ma a dare una spinta alla sterlina sono state anche le dichiarazioni di Jeremy Corbyn, che a nome dei laburisti ha chiesto formalmente di valutare la possibilità di organizzare un nuovo referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Questa opzione è ritenuta una di quelle valide per evitare le conseguenze del “no deal”. Al momento i parlamentari laburisti favorevoli a un secondo referendum sono 71, ma la campagna per un nuovo voto popolare ha ottenuto il consenso anche di 10 deputati del Partito conservatore.

I driver del pound

La sterlina ha beneficiato di questo clima, guadagnando terreno tanto contro il dollaro che contro l'euro. La coppia Gbp-Usd è rimbalzata oltre quota 1,300, come visto sui grafici dei broker con bonus senza deposito. Nei confronti dell'euro la sterlina è riuscita a salire fino ai massimi delle ultime 10 settimane.

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Rimane comunque evidente che la questione Brexit rimane l'elemento chiave per i movimenti della sterlina. La speculazione sul divorzio tra Londra e Bruxelles continuerà a spingere il sentiment sui mercati, e soprattutto lo farà l'ipotesi di un rinvio della data di uscita, in calendario il 29 marzo.

martedì 22 gennaio 2019

Economia mondiale, per il FMI l'Italia rappresenta un rischio

Il Fondo Monetario Internazionale dà una dura scudisciata all'Italia, che viene inclusa dal FMI come possibile fattore di rischio per l'economia mondiale.

L'outlook sull'economia mondiale

Nella versione aggiornata del World Economic Outlook presentato a Davos, l'organismo internazionale ci accomuna a Brexit al primo punto fra i principali fattori di rischio per l'economia globale (Nella lista ci sono anche i negoziati commerciali tra Usa e Cina). Più precisamente preoccupano "il costoso intreccio fra rischi sovrani e rischi finanziari in Italia".

Secondo il FMI la crescita del nostro Prodotto interno lordo dovrebbe essere dello 0,6% nel 2019, ovvero molto meno dell'1% stimato dal ministero dell'Economia (viene mantenuta allo 0,9% per l'anno successivo). La stessa previsione era stata fatta anche nel Bollettino economico della Banca d'Italia, che fu molto contestato dal governo. Va aggiunto che lo stesso FMI, a ottobre scorso aveva previsto anch'esso una crescita all'1%. A zavorrare il PIL italiano dovrebbe essere la debole domanda domestica, nonché i maggiori costi di finanziamento del debito pubblico (legati ai rendimenti dei titoli di stato elevati).

Italia in buona compagnia

Va detto che la frenata dell'economia italiana non è certo vista come un caso isolato. Il contesto internazionale è diffusamente fosco, tant'è che anche la Germania subisce una bella sforbiciata (-0,6%) dalle previsioni sulla crescita. Nel complesso, l'Eurozona subisce un calo dello 0,3% nel Pil 2019. Tuttavia, il nostro 0,6% ci relega all'ultimo posto tra i paesi dell'Eurozona (dove spicca la  Spagna con un +2,2%.

Alle considerazioni sui rischi per l'economia mondiale contenute nel WEO hanno subito risposto i massimi esponenti del governo italiano. Per il vicepremier Matteo Salvini «è il Fmi che è una minaccia per l'economia». Di Maio osserva velenoso: «Al Fmi ha già risposto il presidente della commissione europea Juncker, parlando dell'austerità avventata proprio perché si sono fidati dell'Fmi sulla Grecia». Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, invece ha commentato che «Il Fondo monetario sbaglia. Non credo che l'Italia sia un rischio né per l'Ue né globale, in realtà il rischio viene dalle politiche consigliate dal Fmi».

venerdì 18 gennaio 2019

Mercati finanziari ottimisti dopo i rumors su distensione USA-Cina

Le voci su progressi nei negoziati tra USA e Cina fanno felici i mercati (benché siano state smentite), e riportano un po' di appetito al rischio tra gli investitori. Il primo a beneficiarne è il dollaro, in lieve ripresa, mentre a pagare è soprattutto lo yen giapponese (tipica valuta rifugio).

I mercati e le voci sui progressi USA-Cina

Secondo alcune indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal nella serata di ieri, il segretario al Tesoro Steven Mnuchin avrebbe proposto la rimozione dei dazi contro la Cina. O quanto meno la parziale eliminazione di alcuni di essi. La notizia non ha ricevuto conferme, ed anzi è stata successivamente smentita da un portavoce del Tesoro. Tuttavia è bastata la sola indiscrezione su questo tema, perché i mercati reagissero positivamente con un forte rialzo dell’azionario e vendite sui Treasury.

Le valute

Sul fronte delle valute a beneficiarne è stato il dollaro, che supportato da un più ampio appetito di rischio è salito contro lo yen. Inoltre tutti i forex segnali operativi trading puntano sul rialzo della coppia. La valuta Usa si avvia a chiudere in territorio positivo la prima settimana da cinque a questa parte. Sui mercati valutari la coppia USD-JPY viaggia a 109.434 (quarta seduta consecutiva di rialzi). Va però aggiunto che lo yen giapponese è in calo contro la maggioranza delle altre monete anche a causa del debole rapporto sull'inflazione. L'indice centrale dei prezzi al consumo in Giappone, che esclude il cibo fresco, è aumentato dello 0,7% a dicembre rispetto a un anno fa. A novembre era salito dello 0,9%. Escludendo sia il cibo fresco che l'energia, l'indice è salito solo dello 0,3%.

L'euro invece è poco mosso sul dollaro sui mercati internazionali. La moneta unica europea passa di mano a 1,1405, con un guadagno di pochi pips (se non lo sapete, qui è spiegato il valore pip forex che cos'è). Ricordiamo che appena ieri la moneta unica era scesa ai minimi delle due settimane contro il biglietto verde, a 1,1370 dollari, con la debole lettura di dati macro della zona euro.

mercoledì 16 gennaio 2019

Recessione evitata, ma la Germania resta comunque in bilico

Per adesso l'incubo recessione è stato scongiurato. La Germania è riuscita per un pelo ad evitare l'onta di essere primo paese della Eurozona a scivolare nel territorio in cui il Pil è negativo. Ma il rischio che tutto sia solo rinviato è forte.

La Germania e la recessione

Stando ai dati preliminari dell’Ufficio federale di statistica Destatis, nel quarto trimestre la Germania ha registrato una lieve crescita, dopo il PIL negativo nel terzo. Tanto basta ad evitare la recessione tecnica temuta alla luce del crollo della produzione industriale registrato a novembre. Ricordiamo che si parla di recessione tecnica se due trimestri di fila evidenziano un PIL negativo, e tra agosto e ottobre il bilancio dice -0,2%. Le cifre ufficiali ancora non ci sono, perché verranno rese note soltanto a febbraio.

Tuttavia Berlino ammette che nel 2018 l’economia ha avuto il più basso tasso di crescita degli ultimi cinque anni. Nel 2017 c'era stata una crescita del 2,2%, si stimava per il 2018 una crescita dell’1,8%, e invece è cresciuta solo dell’1,5%.

I pericoli per Berlino

Al di là dei numeri e del concetto di recessione, il problema di Berlino rimane comunque serio. La Germania ha una crescita asfittica, e bisogna capire se questo indebolimento (che si è manifestato nella seconda parte del 2018) sia dovuto solo a fattori temporanei oppure no. In special modo, tenuto conto che l'economia tedesca è fortemente orientata alle esportazioni (+3,5% nel 2018), si deve riflettere sul peso che sta avendo il rallentamento dell'economia globale, cosa che peraltro rischia di diventare ancora peggiore quest'anno. Ci sono infatti 3 grossi pericoli: uno, se Trump imporrà tariffe punitive sul settore europeo dell'automotive; due, se l'economia cinese continuerà a peggiorare; tre, se ci sarà Brexit senza accordo, visto che la Gran Bretagna è partner principale in Europa.

lunedì 14 gennaio 2019

Dollaro AUD e NZD sono vittime della debole economia cinese

Si è accesa una grossa spia rossa sull'economia cinese. I primi dati della settimana confermano infatti - dopo gli altri recenti - che lo stato di salute della seconda economia mondiale non è affatto solido. E a farne le spese sono soprattutto dollaro australiano e neozelandese.

Dollaro AUD, NZD e Cina

Pechino ha registrato un forte calo delle esportazioni a dicembre (crollate in dicembre di 4,4 su base annua, peggior risultato da due anni), ma è stata ancora più ampia la flessione delle importazioni, pari al 7,6% (la più consistente da luglio 2016). La bilancia commerciale segna ancora un surplus, ma si è ridotto di oltre il 16% rispetto all'anno precedente. L'impatto cinese sul commercio internazionale è cresciuto nel corso dell'ultimo anno (probabilmente per il timore che la guerra dei dazi possa renderle più costoso in futuro), e questo alimenta le preoccupazioni con riferimento alla guerra dei dazi con gli USA. A completare il quadro ci sono le vendite di auto, che sono scese per la prima volta dal 1990.

L'effetto dei dati macro su borse, dollaro Aud e Nzd

I dati diffusi stamane hanno fatto scendere i mercati azionari in tutta l'Asia e anche in Europa. Sta infatti andando in caduta verticale lo yuan (chi adotta la Parabolic sar strategia Forex avrà visto l'indicatore trasformarsi), dopo la performance brillante della scorsa settimana, durante la quale aveva recuperato l'1,5% rispetto al dollaro, concretizzando il rialzo più grande da gennaio 2017. Quel rally, va precisato, era però stato innescato esclusivamente dall'ottimismo circa l'esito dei negoziati con gli USA sul fronte commerciale. Era inevitabile che i segnali di crescenti timori di una frenata della seconda economia mondiale, avrebbero finito per penalizzare la valute cinese (Molto bene intonato viceversa lo yen, tradizionale asset rifugio).

Suggerimento: prima di avventurarvi sui mercati con operatori di dubbia affidabilità, scegliete bene in base alle piattaforme migliori classifica.

Ma questi dati hanno avuto un impatto forte sulle valute più esposte all’andamento delle materie prime. il riferimento è al dollaro australiano e neozelandese (che sono anche indicatori della propensione al rischio globale). Va ricordato infatti che Pechino è il primo partner commeciale di Sydney, ma ha altresì un ruolo fondamentale anche per l’interscambio con la Nuova Zelanda.

giovedì 10 gennaio 2019

Multa salata per FCA: quasi 700 milioni per chiudere il caso dieselgate

Fca dovrà pagare una multa salatissima per chiudere la partita riguardante la violazione delle leggi americane sulle emissioni diesel. L'importo sarà tra i 650 e i 700 milioni di dollari. Questo è il succo di un accordo che la casa automobilistica ha sottoscritto con le autorità di Washington.

L'indagine e la multa

L'indagine federale sul dieselgate, che coinvolgeva la società del Lingotto, era scattata nel gennaio del 2016. L'EPA (ente federale Usa) aveva messo nel mirino FCA in quanto non aveva reso nota la presenza di dispositivi che entravano in funzione a una determinata temperatura del motore per trattenere le emissioni. Il caso aveva riguardato oltre 104mila tra Suv Jeep Grand Cherokee e pickup del marchio Ram, prodotte tra il 2014 e il 2016. Fca ha sempre negato il dolo nella vicenda sostenendo di aver agito in buona fede e senza aver voluto nascondere l'esistenza dei dispositivi

A distanza di 3 anni quindi il contenzioso sta per chiudersi. Secondo il New York Times, Fiat Chrsyler verserà oltre 310 milioni di dollari al Dipartimento di Giustizia e almeno 75 milioni agli stati che hanno indagato sulle violazioni. Inoltre, l'azienda dovrebbe versare circa 280 milioni in relazione alle cause che coinvolgono i proprietari dei veicoli. Infine altri 72 milioni di dollari sono legati al patteggiamenti con altri stati Usa.

Che multa rischiava Fca

La multa massima che l'agenzia per la protezione ambientale avrebbe potuto infliggere era pari a 44.359 dollari per ogni auto che violava le norme. Il totale che rischiava Fca era quindi astronomico, circa 4,6 miliardi di dollari. Il colpo di fortuna per la nota azienda automobilistica è stato che l'Epa era l'agenzia per la protezione ambientale dell'era Obama, ma con l'avvento di Trump alla guida dell'agenzia è giunto il falco Scott Pruitt, noto anti-ambientalista e, come il tycoon, scettico sul tema dei cambiamenti climatici dovuti all'inquinamento.

martedì 8 gennaio 2019

Banca del Canada, quale sarà la prossima mossa?

Mercoledì ci sarà il primo meeting del 2019 della Banca del Canada. Alla vigilia di questo evento, il dollaro canadese mostra una forte volatilità, legata soprattutto al rafforzamento del mercato petrolifero.

Le previsioni sul meeting della Banca del Canada

Le previsioni riguardo al prossimo meeting della BoC sono eterogenee. Secondo molti analisti l'istituto canadese potrebbe scuotere i mercati, perché il regolatore innalzerà il tasso di interesse al 2% (spinto anche dagli ottimi dati sul lavoro usciti venerdì scorso). Anche per questo si sono viste molte posizioni "short" sulla coppia Usd-Cad, che ha perso il 2,6% ed è scesa a 1,327 (per i dati abbiamo usati la piattaforma Plus500 web trader, guida qui).

Tuttavia non tutti sono d'accordo con questa previsione. C'è infatti chi ritiene che la banca centrale potrebbe assumere una posizione attendista a gennaio, migliorando nel contempo le sue previsioni sulla dinamica dei principali indicatori economici. Uno degli elementi cruciali da tenere in considerazione è il mercato del petrolio. Malgrado la crescita delle quotazioni di "oro nero", il barile di petrolio è ancora a livelli bassi. La tendenza attuale è associata all'indebolimento della valuta statunitense, ma questo da solo non basta a cancellare i grossi problemi del mercato petrolifero (in primis la sovrabbondanza di produzione). Per questo motivo la Banca del Canada potrebbe rimanere ferma e aspettare l'evoluzione del mercato petrolifero, visto che il prossimo meeting si terrà il 6 marzo.

Consiglio: non focalizzatevi solo sui soliti strumenti di trading. Provate ad esempio la Forex Ichimoku Kinko Hyo strategia.

Gli elementi che inducono alla prudenza

Inoltre, gli scettici ricordano che gli ultimi dati sulla crescita dell'inflazione canadese sono stati piuttosto deboli. E il regolatore prenderà in considerazione anche questo fattore quando prenderà la prossima decisione. Non va neppure dimenticato il ruolo dei prezzi delle materie prime, il cui indicatore è un anticipatore della pressione dei prezzi nel paese ed è notevolmente diminuito (tanto da aggiornare il minimo annuale). Non bisogna poi dimenticare il rallentamento della crescita del PIL canadese.

Pertanto, la Banca del Canada ha tutte le ragioni per prendersi un periodo di riflessione, rinviando la questione dell'aumento dei tassi fino a primavera. Ricordiamo infine che nella sua ultima riunione, è vero che la Banca del Canada ha affermato che il tasso è ancora al di sotto del livello neutrale (cioè il range del 2,5% -3,5%), ma ha pure annunciato che gli ulteriori passi saranno "graduali".