giovedì 28 febbraio 2019

Mercati, la Rupia sotto pressione per via della tensione con il Pakistan

Le tensioni tra India e Pakistan sono aumentate al massimo dalla guerra del 1971, e questo non poteva che avere degli effetti importanti sui mercati finanziari e sulla Rupia indiana (INR), che ha perso quota.

La tensione Indo-pakistana e gli effetti sui mercati

Due aerei militari indiani sono stati abbattuti da parte dell’aviazione del Pakistan, perché avrebbero sconfinato nello spazio aereo pakistano senza autorizzazione. Siamo giunti al picco di tensione dalla guerra indo-pakistana del 1971. Una tensione che finora ha covato sotto la cenere, innescata dalla partizione "forzata" che costrinse milioni di persone a migrare (da una parte e dall’altra). Questo clima ha chiaramente avuto un impatto sul sentiment degli investitori internazionali, innescando la crescita delle valute rifugio e anche del petrolio (l'India è il terzo consumatore al mondo).

Ma ha avuto impatto anche sulla Rupia indiana. Come accaduto in occasione dei passati attriti tra i due paesi, la Rupia infatti si è indebolita (e i migliori indicatori di volatilità trading sono schizzati al rialzo), nonostante il clima di generale debolezza del dollaro USD. La coppia USD-INR che si trovava sotto quota 71 fino a lunedì, è repentinamente salita fino a 71,6 prima di tornare a scendere ((la Rupia nell'ultimo anno si è deprezzata dell'11% contro il biglietto verde).

Approfondimento consigliato: quando si fanno investimenti suelle valute, è bene avere un piano di azione. Qui è spiegata la strategia Doppio Stocastico (double stochastic).

Dati macro e RBI

Sul fronte interno, gli investitori terranno d'occhio il dato sul PIL del terzo trimestre. Ricordiamo che la Reserve Bank of India (Rbi) a inizio febbraio ha sorpreso i mercati, annunciando una manovra espansiva sui tassi che sono stati tagliati di 25 punti base, portandoli al 6,25% (l'ultima volta che era stato ritoccato il costo del denaro risaliva a un anno e mezzo fa). Ricordiamo anche che il primo ministro Narendra Modi sta cercando di risollevare il suo appeal in vista delle prossime elezioni di maggio, tramite lo stimolo alla crescita economica che è in calo.

martedì 26 febbraio 2019

Mercato agroalimentare, quanti danni dalle infiltrazioni criminali

Il mercato agroalimentare italiano sta risentendo sempre di più della profonda infiltrazione della criminalità organizzata.

Le spine del mercato agroalimentare

Si tratta di un fenomeno che ha raggiunto delle proporzioni inquietanti. Basti pensare che la sola Guardia di Finanza ha posto sotto sequestro beni per un controvalore di circa 2 miliardi di euro, nel periodo che va dal 2017 fino a ottobre 2018. Nel mercato agroalimentare italiano si sarebbero consumati ben 33.045 illeciti amministrativi e più di 7.000 infrazioni penali. Eventi che hanno creato un danno enorme al settore. L’attività operativa dei NAS, tra il 2017 e il 2018, ha portato a 19.218 dichiarazioni di non conformità sui 53mila controlli effettuati. Ci sono state 2.509 segnalazioni all’Autorità giudiziaria e 16.685 a quella amministrativa e sono state contestate sanzioni amministrative per oltre 26 milioni di euro, per un valore dei sequestri di oltre 638 milioni di euro. Inoltre, l’Ispettorato centrale repressione frodi nel 2018 ha eseguito ben 54.000 controlli.

Inoltre negli ultimi anni, l'usura e i debiti hanno costretto a chiudere ben 25.000 aziende, mentre 350.000 agricoltori sarebbero stati vittime di reati di vario tipo. Si va dall'imposizione di materie prime e imballaggi fino alla gestione coatta del trasporto dei prodotti lungo la filiera agroalimentare, dal furto di bestiame al danneggiamento delle colture; dal furto di materiali fino alla depredazione e razzia del patrimonio boschivo (solo nel 2016 sono stati registrati 4.635 incendi sia dolosi che colposi). Per non parlare dei danni causati dalla contraffazione (olio, vino, formaggi, ecc). Ma il panorama degli illeciti a danno del mercato agroalimentare è molto variegato.

I danni all'intero sistema

Non c'è dubbio che la criminalità organizzata esercita la sua azione dannosa sul sistema agroalimentare, a tutti i livelli della filiera (produzione, trasformazione, trasporto, commercializzazione e vendita al pubblico). Le conseguenze alle imprese minano profondamente la loro competitività (perché è chiaro che le aziende colluse col sistema criminale hanno un vantaggio competitivo rispetto a quelle che operano nella legalità), la qualità e indirettamente l’immagine e il valore del Made in Italy”.

Come si combatte tutto questo? Secondo Confagricoltura, l'impegno profuso da policy maker e Forze dell’Ordine da solo non basta, perché occorre la piena collaborazione di tutti i soggetti coinvolti nel mercato agroalimentare. Occorre fare sistema, creando alleanze strategiche nella filiera anche attraverso il rafforzamento delle pratiche di autocontrollo e la responsabilizzazione dei produttori.

sabato 23 febbraio 2019

Brexit, deal ancora lontano ma la sterlina avanza

La settimana della sterlina si è chiusa con il segno più. Il pound infatti si è apprezzato in modo deciso tanto contro l'euro che contro il dollaro, nonostante dal fronte Brexit non siano giunte notizie ottimistiche.

La Brexit e la sterlina

La sterlina è sembrata non risentire affatto degli sviluppi politici sulla questione Brexit. Ciò malgrado la mezzanotte del 29 marzo, il momento del divorzio, si avvicina a grandi passi senza che le acque si calmino. Anzi, dalle parti di Londra si fanno sempre più agitate. Le iniziative nel Parlamento britannico non si contano, tutte con l'obiettivo di evitare il disastro di un’uscita senza accordo. Nel frattempo 25 membri del governo sembrano intenzionati a votare a favore di una posticipazione dell'uscita di tre mesi, in aperto dissenso con la loro leader.

Juncker e May

In settimana il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, ha sottolineato che un "no deal" avrebbe conseguenze economiche e sociali disastrose sia per il Regno Unito che per l'Unione Europea. Ancora peggio quello che ha aggiunto: "Non sono molto ottimista quando si tratta di questa questione, perché nel parlamento britannico c'è sempre una maggioranza contro qualcosa, mai una maggioranza a favore di qualcosa". La May però continua a mostrarsi ottimista, evidenziando che dei passi avanti ci sono stati e che ci sarà un altro voto al parlamento britannico, probabilmente la prossima settimana. Se fallisce, la May dovrà decidere se ritardare la Brexit o mettere in pericolo la quinta economia mondiale lasciandola senza un accordo.

Annotazione: prima di fare investimenti sulle valute, occorre predisporre dei piani di azioni. Qui trovate la spiegazione della strategia bande di Bollinger e MACD forex.

Gli effetti sulla sterlina

Malgrado questa tremenda incertezza, la sterlina si è mantenuta sopra la soglia dell'1,3 contro il dollaro e dell'1,15 contro l'euro, apprezzandosi nei confronti di entrambe le valute. Se osserviamo i dati di una trading Forex online piattaforma, possiamo notare però che il pound era reduce da ben 3 settimane di bilanci negativi contro le due valute principali. E in ogni caso, senza una svolta nei colloqui Brexit sarà difficile per la sterlina attraversare questi livelli e spingersi oltre.

giovedì 21 febbraio 2019

Investimenti in start-up italiane, crescono i capitali provenienti dall'estero

Che l'Italia sia al palo per quanto riguarda gli investimenti è un problema noto, specie dopo la crisi. Che però fossero gli investitori stranieri a credere anche più di noi nelle nostre start-up, è davvero un paradosso. Eppure è così.

Gli investimenti nelle start up italiane

startupLe idee innovative delle nostre menti riscuotono successo all'estero. Il volume di investimenti in startup hi-tech italiane nel corso del 2018 è giunto complessivamente a 600 milioni, ben 229 dei quali provenienti dall'estero. Un dato quasi doppio rispetto al 2017, quando erano solo 126. Gli investitori esteri, formali e informali, raggiungono il 38% del capitale messo a disposizione. E' evidente che gli investitori internazionali credono molto nelle buone idee italiane.

Sono soprattutto le aziende made in USA e puntare sui cervelli italiani. Il capitale straniero giunge infatti per il 72,73% proprio dagli States. E l’Italia comincia a seguire a ruota questo trend, come spesso accade nel business. Il resto giunto soprattuo dall'Europa (23,36%), ma la nostra creatività riscuote successo anche in Cina (3,77%) e in minima parte dal Brasile (0,06%).

In che forma avvengono

Gli investimenti comprendono sia quelli fatti dai fondi di venture capital, acceleratori e incubatori sul territorio nazionale e business angels, sia quelli raccolti attraverso tramite piattaforme di crowdfunding. Riguardo ai fondi, oltre agli americani si sono dimostrati molto interessati anche spagnoli e tedeschi.

Il grosso boom però arriva dagli investimenti di business angels e associazioni di piccoli investitori, che rappresentano circa il 20% del totale investito. Benissimo pure l'equity crowdfunding, che consente anche a piccoli risparmiatori di comprare quote di startup su siti autorizzati. Lo scorso anno la cifra così raccolta è arrivata a 30 milioni solo sulle 10 principali piattaforme in Italia (il triplo rispetto all'anno precedente).

lunedì 18 febbraio 2019

Aziende da urlo, ecco i 4 colossi che sono cresciuti di oltre il 200% in tre anni

La crescita avuta dai mercati globali negli ultimi anni è stata degna di nota. Se questo discorso è valido in generale, ci sono realtà che hanno fatto peggio di altre, e aziende che invece sono andate decisamente oltre la performance media.

Le aziende che galoppano in Borsa

Nel corso dell'ultimo triennio sono soprattutto 4 aziende famose ad aver reso felici di investitori. Hanno infatti registrato una performance stellare, con una crescita del proprio valore superiore al 200%. Sui grafici di queste aziende, spesso si sono visti i pattern trading più utilizzati con segnale rialzista. Raramente invece hanno vissuto momenti fiacchi.

La prima azienda che si è distinta in questo triennio è stata Netflix (NFLX), il cui valore è salito del 295% (al 12 febbraio 2016). Se allarghiamo l'orizzonte temporale, il colosso dello streaming nell’ultimo decennio in Borsa ha avuto una crescita addirittura del 18.000%. Dietro a questo successo, c'è la capacità di anticipare i bisogni di mercati. Netflix ha saputo capire lo sviluppo futuro dei servizi in streaming (190 paesi in tutto il mondo supportati), riuscendo a superare le sfide subite da società importanti come Blockbuster e Walmart.

Le altre big

Chi ha puntato su Netlfix, sfruttando al contempo le piattaforme trading bonus senza deposito, ha fatto centro. Ma vale lo stesso discorso per chi ha puntato su Boeing, che nell'ultimo triennio ha guadagnato il 271%.  Il colosso dell’aviazione ha ottenuto grandi profitti dalla joint venture con la società aerospaziale francese Safran SA. Ma il vero colpo grosso è stato il business nella Difesa, che ha registrato un vero e proprio boom con l’amministrazione Trump.

Non vanno dimenticati i casi di Amazon (+213%) e Adobe (+237%). Il gigante dell'e-commerce ha messo a segno una striscia di successi quasi sin dal proprio debutto. La società di servizi per documenti e creativi invece continua ad ampliare ed aggiornare il proprio assortimento di software multimediali.

venerdì 15 febbraio 2019

Prestiti, a gennaio è cresciuto ancora il numero di richieste

Le richieste di prestiti da parte degli italiani, sono cresciute in modo sostanzioso durante il mese di gennaio. Lo evidenzia il numero di interrogazioni registrate sul Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF.

I dati sulle richieste di prestiti

L'aggregato composto dai prestiti personali e quelli finalizzati ha fatto segnare una crescita del +12,1% rispetto allo stesso mese del 2018. Se quelli personali sono cresciuti del 9,5% (trend in corso da quasi 2 anni), sono quelli finalizzati ad avere avuto una impennata maggiore (+14,2%). l prestiti finalizzati sono una tipologia di finanziamento legata in modo esclusivo all'acquisto di un determinato bene o servizio.

A gennaio peraltro è stata raggiunta la cifra massima di 7 anni dell'importo medio del prestito richiesto dalle famiglie italiane. Nell'aggregato è pari a 9.673 euro, con un incremento di 3,2% rispetto allo stesso mese del 2018. Se scomponiamo l'aggregato, l’importo medio dei prestiti finalizzati è stato pari a 6.943 Euro (+9,8% rispetto a gennaio 2018), mentre per i prestiti personali l'importo medio è stato 13.182 Euro (+0,4%).

Fasce di prezzo e di età

Per quanto riguarda la distribuzione delle richieste di finanziamento, il CRIF evidenzia che a gennaio le classi superiori ai 10.000 euro sono salite di quasi un punto percentuale, mentre è scesa quella della classe di importo sotto i 5.000. tuttavia, quest'ultima rimane la classe più richiesta, con il 43,1% del totale. Il quadro evidenzia peraltro una differenza tra i prestiti finalizzati, che nel 57,8% riguardano richieste sotto i 5.000 euro, e quelli personali, dove nel 29,4% dei casi l'importo è molto più alto, tra 10.001 e 20.000 euro.

Circa la durata della richiesta di finanziamento, la preferenza è accordata a quelli superiori a 5 anni (27,2%). L'età dei richiedenti invece è soprattutto nela fascia tra i 45 e i 54 anni (25,2%), seguita da quella tra i 35 e i 44 anni (22,6%). Prosegue lo spostamento verso le classi di età superiori ai 55 anni, che riportano una crescita di +0,4 punti percentuali rispetto all’ anno precedente.

mercoledì 13 febbraio 2019

La Banca centrale della Nuova Zelanda non tocca i tassi di interesse

La Reserve Bank of New Zeland ha mantenuto il costo del denaro al minimo storico dell'1,75%, per la quindicesima riunione consecutiva. La decisione è stata in linea con le aspettative del mercato.

La mossa della banca centrale

L'ultimo ritocco da parte del board neozelandese avvenne a novembre 2016, quando ci fu una riduzione del tasso dello 0,25%. Nel corso degli ultimi 22 meeting di politica monetaria, la banca centrale ha ridotto 6 volte il tasso di interesse (nel 2015 il costo del denaro era al 3,50%). L'istituto centrale ha precisato che il tasso di interesse dovrebbe rimanere immutato nel corso di quest'anno e fino al 2020, e che l'atteggiamento della banca sarà orientato verso un livello espansivo per un periodo considerevole, per contribuire a massimizzare l'occupazione sostenibile e mantenere un'inflazione bassa e stabile. Il governatore Orr ha aggiunto che la direzione della prossima mossa potrebbe essere su o giù.

Suggerimenti: si può fare trading in modo diverso, anziché con le solite candele giapponesi. Qui abbiamo una guida ichimoku trading system italiano.

Le prospettive della Nuova Zelanda

Dal punto di vista prospettico, la RBNZ sembra ottimista. Prevede infatti che il PIL aumenterà fino al 2019. Tuttavia, il governatore Orr ha precisato che esistono rischi che la recessione globale più pronunciata - che nei partner commerciali è aumentato - potrebbe pesare sulla domanda interna. Il costo delle materie prime è in diminuzione, e questo "riduce il il vantaggio che l'attività economica neozelandese ha beneficiato".

Riguardo l'inflazione, l'ipotesi è che possa aumentare più rapidamente, se le imprese trasferiranno in misura maggiore gli aumenti dei costi sui prezzi. La RBNZ prevede che i prezzi al consumo di base aumenteranno gradualmente fino al punto centrale dell'intervallo obiettivo della banca centrale al 2%.

L'ottimismo della RBNZ (e soprattutto la possibilità di un futuro ritocco dei tassi tanto giù o su), il rinnovato ottimismo su una possibile risoluzione delle dispute commerciali tra Stati Uniti e Cina e la salita dei prezzi del petrolio, hanno spinto il dollaro neozelandese sui mercati valutari. Facendo forex bonus senza deposito abbiamo visto che il cross NZD-USD è volato a 0,6852, guadagnando oltre un punto percentuale. Il "kiwi" ha raggiunto un massimo settimanale di 1,0397 contro l'aussie, dopo un inziiale calo.

lunedì 11 febbraio 2019

Pressione fiscale, nel 2019 il "tax freedom day" arriverà solo il 5 giugno

La pressione fiscale sugli italiani è aumentata, al punto che nel 2019 saremo "liberi" dalle tasse soltanto il 4 giugno. Fino a quel momento tutto quello che guadagneremo, sarà destinato alle casse del fisco.

Liberi dalla pressione fiscale

Lo ha evidenziato l'ufficio studi della CGIA , sulla base dei dati del Ministero dell’Economia. Complessivamente la pressione del fisco sugli italiani sarà al 42,3% (+0,4 rispetto allo scorso anno). Lo shock fiscale che molti si attendevano, quindi non ci sarà. Almeno per quest'anno. Anzi, stando alle previsioni elaborate dal Ministero, la pressione fiscale addirittura crescerà dopo 5 anni in cui ciò non accadeva. Questo allungherà di un giorno i tempi necessari per raggiungere il “tax freedom day”, ovvero il giorno di liberazione fiscale. Quindi occorreranno oltre 5 mesi, pari a 154 giorni lavorativi, inclusi i sabati e le domeniche.

Durante questo lasso di tempo il contribuente medio italiano dovrà lavorare solo per adempiere a tutti gli obblighi fiscali dell’anno: Irpef, accise, Imu, Tasi, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, etc. La famiglia beneficerà del proprio lavoro solo dal 5 giugno in poi. Per chi ama vederla sotto un altro punto di vista, questo dato significa che per tutto l'anno, in media 3 ore e mezza al giorno saranno dedicate a pagare le tasse e i contributi (se ipotizziamo una giornata lavorativa di 8 ore).

Il confronto storico e con la UE

La parziale consolazione è che di recente c'era andata pure peggio. Nel 2012 (anno bisestile) e nel 2013 infatti il "tax freedom day" è arrivato solo il 9 giugno, a causa di una fiscale che raggiunse il record storico del 43,6%. L'anno migliore per il contribuente è stato nel 2005, con il Governo Berlusconi II. All'epoca la pressione fiscale si attestò al 39,1%, e il "tax freedom day" fu celebrato il 24 maggio.

Rispetto agli altri paesi della UE, come è facile intuire non stiamo messi benissimo. Si può fare una comparazione solo riguardo ai dati del 2017, ma comunque ciò mette in evidenza che altrove si "festeggia" in media 4 giorni prima. In alcuni casi... nettamente prima. Come in Spagna (28 giorni prima), Olanda (13) e Germania (7). Chi sta messo meglio di tutti è il contribuente irlandese, che addirittura è libero dalle tasse il 27 marzo!  Chi sta messo peggio è il nostro vicino francese, che deve lavorare per il Fisco ben 23 giorni in più.

venerdì 8 febbraio 2019

Bank Rossii ferma sul costo del denaro dopo il doppio ritocco del 2018

La Banca centrale di Russia (Bank Rossii) mantiene un atteggiamento attendista e conferma i tassi di interesse al 7,75%, in linea con le aspettative degli economisti.

Inflazione e Bank Rossii

L'istituto centrale di Mosca aveva proceduto a un aumento di 25 punti base a dicembre, e lo stesso aveva fatto anche a settembre. Peraltro quell'intervento fu il primo dal 2014. L'obiettivo di tali interventi era (oltre che sostenere il Rublo) di arrestare l'ascesa dell'inflazione, e riportarla verso il target del 4%. Tuttavia a gennaio i prezzi al consumo sono ancora salita, giungendo al 5%. Secondo la Bank Rossii il contributo dell'aumento dell'IVA alla crescita annuale dei prezzi al consumo è stato finora moderato. L'effetto potrà infatti essere valutato non prima di aprile, ma le prospettive di un incremento sono elevate. La Banca di Russia prevede comunque che l'inflazione annua oscillerà tra il 5,0 e il 5,5% nel corso di quest'anno, ma poi ritornerà al 4% nella prima metà del 2020 ("quando gli effetti l'indebolimento del rublo e l'aumento dell'IVA svaniranno").

Un ruolo importante l'avrà il mercato petrolifero. Nonostante la crescita del prezzo del petrolio nel gennaio 2019, i rischi di una offerta di petrolio che si riveli maggiore della domanda rimangono elevati, ha osservato il regolatore. Questo finirebbe per deprimere i prezzi. Inoltre la banca di Mosca ha osservato che la revisione dei percorsi attesi di stretta monetaria da parte della Federal Reserve e di altre banche centrali nei mercati sviluppati, riducono il rischio di persistenti fuoriuscite di capitali dai mercati emergenti e, allo stesso tempo, fattori geopolitici potrebbero portare a una maggiore volatilità delle materie prime e finanziarie mercati, influenzando il tasso di cambio e le aspettative di inflazione.

Crescita economica e rublo

Riguardo la crescita economica, la Bank Rossii prevede che nel 2018 sarà al 2,3%, superando le previsioni che erano all'1,5-2%. La banca ha mantenuto le sue previsioni di crescita per il 2019 nell'intervallo 1,2-1,7%.

Il Consiglio di amministrazione dell'istituto di Mosca terrà la prossima riunione il 22 marzo 2019. Alcuni analisti dei migliori broker online affidabili ritengono che possa esserci un ribasso del tasso chiave di 25-50 punti base verso la fine di quest'anno, se l'inflazione rimarrà nelle previsioni.

Sul mercato valutario, la decisione della Bank Rossii ha mosso poco il Rublo, anche perché i mercati si attendevano questo orientamento prudente della CBR. I migliori segnali forex free operativi hanno ignorato l'evento. La valuta russa durante il mese di gennaio ha guadagnato un po' di terreno sia contro il dollaro che contro l'euro, anche grazie alla risalita del petrolio. Il cross USD-RUB scende verso 65,73 (lo scorso anno la svalutazione del rublo è stata superiore al 15%), mentre la coppia EUR-RUB è arrivata a 74,49.

mercoledì 6 febbraio 2019

Business della cyber sicurezza in crescita. Le imprese italiane investono 1,19 miliardi

C'è un business in Italia che ha preso a marciare forte. E' quello della information security & privacy, ovvero di quei sistemi che mettono al riparo le aziende dai sempre più numerosi cyber attacchi.

Un business in crescita

Il timore di diventare oggetto di un attacco, spinge le imprese italiane ad aumentare la quota di investimenti destinata alla prevenzione dei rischi. La cifra complessiva destinata a questo aspetto è giunta a 1,19 miliardi di euro, in crescita del 9% (dopo il +12% fatto registrare nel 2017). Lo evidenzia una ricerca del Politecnico di Milano.

I principali timori delle imprese riguardano truffe, come phishing e business email compromise (83%), e estorsioni (78%), poi intrusione a scopo di spionaggio (46%) e interruzione di servizio (36%). La vulnerabilità maggiore viene però vista non nella solidità dei sistemi di protezione, ma nel comportamento distratto o inconsapevole dei propri dipendenti (82%). Anche per questo motivo l’80% delle imprese ha avviato piani di formazione del personale.

A spingere forte il business delle sicurezza informatica sono soprattutto le grandi imprese, il 75% della quota di mercato. Circa due terzi di esse ha incrementato il proprio budget per la cyber sicurezza, mentre una su due ha comunque predisposto un piano di investimenti pluriennale. E' chiaro che l'aumento del business della cyber security induce anche l'aumento delle figure professionali dedicate. Nel 71% delle imprese è oggi presente un Data Protection Officer (+46% rispetto a un anno prima), mentre il Chief Information Security Officer è presente nel 59% dei casi. Avanzano anche altri profili, come il Cyber Risk Manager, l’Ethical Hacker e il Machine Learning Specialist.

Startup dedicate

L'interesse verso il business della cyber sicurezza si coglie anche dal numero - sempre in crescita - di startup a livello internazionale. Sono state 417 quelle che hanno ricevuto almeno un finanziamento nell’ultimo biennio. tra queste ce ne sono 357 che hanno permesso di tracciare l’entità dei finanziamenti ricevuti, pari complessivamente a 4,75 miliardi di dollari. Circa 13,3 milioni a testa.

lunedì 4 febbraio 2019

Criptovalute, nuova ondata di pressione sull'intero settore

Il settore delle valute digitali è tornato ad essere sotto pressione. C'è una nuova ondata di vendite che sta attraversando il comparto, in special modo le criptovalute a maggiore capitalizzazione ovvero Bitcoin, Ethereum e Ripple. Segnano tutte ribassi, anche se non accentuati.

Il quadro di mercato delle criptovalute

Nei primi scambi della settimana, la quotazione BTC è in calo dello 0,20 e viaggia verso quota 3480. La migliore piattaforma forex italiana evidenzia anche che il prezzo di Ripple ed Ethereum scendono di oltre l'1%. Si sta quindi assistendo a una tendenza ribassista - peraltro confermata anche dalle altre criptovalute a più bassa capitalizzazione - che sta andando avanti da un bel po' di tempo. Ma perché?

Gli ultimi avvenimenti che hanno interessato il settore delle valute digitali sono in special modo due. Il primo è il rinvio dell'hard fork Constantinople, il secondo sono le difficoltà che l'exchange QuadrigaCX ha recentemente incontrato. Inizialmente l’hard fork Constantinople doveva avvenire lo scorso novembre, ma a seguito di alcuni problemi è stato rimandato allo scorso 16 gennaio. Tuttavia, a poche ore dal fork erano emersi ulteriori problemi, con il conseguente ennesimo ritardo del fork, fissato per ora al 27 febbraio. Chiaramente i team di Ethereum hanno avuto enormi difficoltà nel gestire questa vicenda.

Annotazione: quando si fa trading, non bisogna andare per forza a cercare un forex con bonus senza deposito.

Il fallimento di QuadrigaCX

Oltre al rinvio dell'hard fork, c'è un altro fattore che sta penalizzando le criptovaluyte, ovvero lo choc provocato dalla decisione dell'exchange QuadrigaCX di avviare la richiesta di bancarotta. Peraltro ad aggravare la situazione è l'ammissione dell'exchange di aver perso l'accesso a 190 milioni di dollari di fondi dei clienti. Trattandosi di un exchange molto noto, è chiaro che questo ha gettato molte ombre e una ventata di timore su tutto il settore. Ed è logico che il mercato delle criptovalute abbia poi reagito negativamente.

sabato 2 febbraio 2019

Export, occasione per l'Italia grazie all'accordo JEFTA

Con l'inizio di febbraio, è entrata in vigore la più grande area di libero scambio al mondo, quella tra UE e Giappone. Si chiama "accordo Jefta" (Japan-Ue Free Trade Agreement), e potrebbe aprire scenari molto interessanti per l'export italiano.

L'accordo Jefta e l'export

export jeftaQuesta partnership commerciale ha fatto sparire i dazi che il Giappone applicava sul 97% delle merci che vengono dall’Unione europea. Al tempo stesso il Vecchio Continente cancella il 99% delle tariffe che finora applicava ai beni in arrivo dal paese del Sol Levante.

La riduzione dei dazi avverrà in modo progressivo, e avrà una portata imponente. Bisogna considerare infatti che attualmente l'Unione Europea esporta oltre 58 miliardi di euro in beni e 28 miliardi in servizi. Sarà in special modo l'export a beneficiare di questa intesa, visto un mercato di circa 127 milioni di consumatori giapponesi. Quei consumatori che prima venivano "serviti" dal TTP, da cui Trump si è sfilato.

Le occasioni per l'Italia

Per l'Italia ci sono indiscutibili opportunità, visto che esporta per 6,6 miliardi e importa per 4,2 miliardi (dati 2017), con un surplus di 2,4 miliardi. Saranno eliminati i dazi sui formaggi (finora di circa il 30%), sulle esportazioni di vini (di circa il 15%) e sulle carni di maiale trasformate, mentre ridotti quasi a zero sulle carni fresche. Potrà ottenere dei benefici soprattutto il Food & Wine italiano, il cui export verso l'oriente sta attraversando una fase di stanca dopo il boom (fatturato di 715 milioni di euro) dello scorso anno. Va evidenziato che il Giappone oggi è al decimo posto dei nostri sbocchi alimentari, inoltre è il primo importatore al mondo di formaggi .Occhio però alle conseguenze negative: ovvero la presumibile invasione di prodotti giapponesi che "clonano" quelli genuini italiani.

Ma ad essere coinvolto sarà in special modo il settore tessile e l’abbigliamento. L’Italia è il secondo esportatore europeo verso il Sol Levante, dietro alla Germania, e il Giappone è il sesto partner commerciale dell’Italia al di fuori dell’Unione europea. Il nostro export nel Paese vale 6,6 miliardi l’anno con un surplus di 2,4 miliardi. In tutto sono 14.921 le compagnie italiane che vendono i loro prodotti in Giappone, di cui l’83% sono PMI, e queste esportazioni aiutano a sostenere 88.806 posti di lavoro.