sabato 30 marzo 2019

Brexit, l'ipotesi "no deal" si fa sempre più probabile per i mercati

Ancora una volta la May incassa una bocciatura dal parlamento britannico riguardo alla questione Brexit. L'accordo che lo scorso novembre stipulò con Bruxelles è stato infatti respinto per la terza volta, per 344 voti contro 286. E adesso l'ipotesi una uscita disordinata da parte del Regno Unito si fa sempre più concreta.

Hard Brexit sempre più vicina

La terza votazione è avvenuta venerdì sera, ma il Withdrawal Agreement (così si chiama l'intesa Londra-Bruxelles) non è riuscita a passare. Il leader dei laburisti Jeremy Corbyn, ha immediatamente annunciato che bisognerà cambiare l'accordo raggiunto con l'Ue, oppure sarà necessario andare di nuovo alle elezioni. Dal canto suo la Commissione europea ha fatto intendere di ritenere ormai molto probabile una hard Brexit.

Adesso di fronte al Governo May ci sono solo due possibilità. La prima è di andare effettivamente al divorzio senza un accordo, mentre la seconda è quella di chiedere un nuovo rinvio dell'uscita, che è già slittata dal 29 marzo al 12 aprile. Ma per intraprendere questa seconda strada, che comporterebbe la partecipazione britannica alle elezioni europee del 23-26 maggio, occorre che il Governo May lo chieda in fretta per dare modo ai Ventisette di valutare il da farsi.

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I mercati non sanno cosa aspettarsi

Nel frattempo i mercati hanno reagito in modo meno drammatico del previsto alla terza bocciatura della proposta Brexit di Theresa May. La sterlina ha avuto uno slittamento, ma in misura inferiore rispetto a quello che aveva avuto in occasione delle precedenti due bocciature parlamentari. Il cross GBPUSD ha bucato al ribasso la soglia di 1,30 per la prima volta dallo scorso 11 marzo, mentre rispetto all'euro il deprezzamento è stato più contenuto. Ad ogni modo, non si vedono pattern e figure inversione trend riguardo alla valuta britannica.

I mercati sono in chiara attesa di capire come si evolverà la situazione, e sono mosso unicamente dalle questioni attinenti a Brexit. Anche i dati macro del Regno Unito (come il bilancio delle partite correnti e il PIL) non hanno mosso l'attenzione degli investitori, che rimane focalizzata solo sulla questione Brexit.

giovedì 28 marzo 2019

Mutui a tasso variabile in crescita rispetto a quelli a tasso fisso

Sono dati un poco a sorpresa, quelli che l'Osservatorio di mutuiOnline.it ha reso noti riguardo all'andamento del mercato dei finanziamenti. Infatti i mutui a tasso variabile sono in netta crescita, mentre quelli a tasso fisso sono in calo.

I dati sul mutuo a tasso variabile

Da inizio di quest'anno le richieste di finanziamento a tasso variabile sono infatti passate dal 13,8% registrato a dicembre scorso, al 17,1% di marzo. Il tutto a svantaggio del fisso, che scendono dall’84,3% all’80,6% pur rimanendo largamente la quota più richiesta dai clienti (sia per l'accensione di nuovi contratti di finanziamento, sia per le surroghe). Se si considera il mutuo acceso da 120mila euro per una casa, la differenza tra la rata fissa (più alta) e quella variabile (più bassa) è tra i 35 euro per il ventennale e i 60 euro per il trentennale.

Le ragioni della scelta

Ma perché c'è questo rinnovato appeal per la rata variabile? La spiegazione più logica va ricercata nell'andamento dei tassi di interesse. L'Euribor - che è il riferimento per la maggior parte dei mutui a tasso variabile - è fermo sotto zero da diverso tempo  (da oltre 1.000 giorni tanto l’Euribor a 1 mese quanto il 3 mesi sono rispettivamente a -0,37% e a -0,33%). Inoltre non c'è una concreta prospettiva di rialzo imminente. Tanto a gennaio quanto a marzo infatti, la Banca centrale europea ha fatto capire che nell’anno in corso non ci sarebbe stato alcun rialzo. Dal momento che le aspettative sui tassi sono il primo fattore che induce a optare per il mututo a tasso fisso oppure quello variabile, è chiaro che quando i tempi di un rialzo si allungano si tende a crescere la platea del variabile, benché teoricamente più rischioso.

Oggi il miglior mutuo a tasso variabile costa intorno allo 0,6% mentre i fissi più competitivi oscillano intorno all’1,6%.

Mutui ibridi e surroghe

C'è poi un discorso da fare a parte riguardo alle forme ibride di mutuo, oppure quelli a rata costante o i varabili con il CAP. Questi tipi di finanziamento sono praticamente scomparsi visto che il gap tra l'una e l'altra tipologia pura di mutuo è ridottissimo, cosa che di fatto rende meno appetibile una forma di finanziamento che si collochi addirittura a metà strada. Va infine aggiunto che le surroghe, ovvero il trasferimento del mutuo residuo ad altro istituto che pratica condizioni migliori, sono in frenata. Chi poteva aprrofittarne infatti, lo ha fatto senza indugi.

lunedì 25 marzo 2019

Euro in ripresa grazie ai dati IFO della Germania

Dopo le difficoltà vissute negli ultimi giorni della scorsa settimana, l'euro riparte di slancio all'inizio di questa. Sono i confortanti dati macro in arrivo dalla Germania a rincuorare gli investitori.

Dati IFO Germania ed euro

L'indice tedesco Ifo infatti, che misura la fiducia degli imprenditori tedeschi, è andato meglio delle previsioni dando la spinta all'euro. Il dato di marzo si è attestato a 99,6 punti rispetto ai 98,7 punti della passata lettura (dato rivisto da 98,5 punti). Il mercato si attendeva un dato pari a 98,5 punti. Questa notizia ha dissipato un po' di nubi che si erano addensate riguardo allo scenario economico europeo, che avevano addirittura riportato alla ribalta l'ipotesi recessione.

Gli investitori sono tornati così a puntare sul rischio, e questo ha consentito di allontanare lo yen da un massimo di sei settimane contro il dollaro (chi ha seguito la Forex Parabolic SAR strategia ha visto l'indicatore sempre sotto il livello dei prezzi). La valuta nipponica era stata spinta dai timori di un rallentamento economico globale, soprattutto a seguito della inversione delle curve dei rendimenti dei T-bond americani (la decennale è scivolata al di sotto di quella a tre mesi). La reazione a questi timori era stata una frenata dei mercati azionari e una corsa verso yen, oro, titoli di Stato statunitensi e tedeschi e altri investimenti a basso rischio.

La spinta dell'euro è solida?

Bisogna adesso vedere se questo rimbalzo dell'euro potrà continuare in questo clima di tensione (suggeriamo l'utilizzo di strategie grafico Heikin Ashi). Per quanto riguarda la giornata odierna, la BCE ha comunicato i cambi di riferimento per la giornata del 25 marzo 2019. Il cambio euro/dollaro è stato fissato a 1,1325; euro/yen a 124,65; euro/sterlina a 0,85638 ed euro/franco svizzero a 1,1237. Probabilmente soltanto il perentorio ritorno della coppia euro-dollaro sopra area 1,14 potrebbe inviare segnali di ripresa convincenti. La situazione volgerebbe rapidamente al bello oltre questo limite per target in area 1,15 circa.

giovedì 21 marzo 2019

Spesa farmaceutica in costante aumento. Ecco i prodotti più redditizi per le BigPharma

La spesa farmaceutica mondiale continua a crescere. Se nel 2018 ha raggiunto 1.200 miliardi di dollari, si stima che nel 2023 arriverà alla cifra record di 1,5 trilioni di dollari (praticamente il PIL dell’Italia), con un tasso di crescita annuo composto (Cagr) tra il 3% e il 6%.

I paesi leader nella spesa farmaceutica

A farla da padrone sono gli Stati Uniti, dove la spesa farmaceutica - secondo il report dall'Iqvia Institute for Human Data Science - ha raggiunto 485 miliardi di dollari con una crescita del 5,2% rispetto all’anno precedente. Molto più del doppio rispetto alla somma dei 5 principali paesi europei (Germania, Francia, Italia, Uk, Spagna) dove la spesa totale nel 2018 è stata di 178 miliardi di dollari. In Italia siamo a 34,4 miliardi di dollari, e nella speciale classifica globale siamo sesti dopo Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania e Francia.

Spesa farmaceutica e prodotti più venduti

Per quanto riguarda le tipologie di farmaco più utilizzate, quasi due terzi della spesa farmaceutica è destinata ai prodotti soggetti a prescrizione medica. I leader della classifica dei più venduti rientrano soprattutto della categoria per il trattamento e la gestione di tumore, diabete, disturbi infiammatori e infezioni da HIV o HCV. E' drammatico dirlo, ma le case farmaceutiche di tutto il mondo hanno proprio nei tumori il business più importante e redditizio.

Proprio un antinfiammatorio è il medicinale più venduto al mondo, Humira. Contiene il principio attivo adalimumab e viene utilizzato soprattutto per le artriti. L’azienda che lo produce e lo commercializza è la AbbVie, multinazionale americana della farmaceutica e delle biotecnologie. Il prodotto che invece registra il miglior tasso di crescita è il Keytruda (principio attivo pembrolizumab), che è un anti tumorale. Tra il 2017 e il 2018 il volume di vendite è quasi raddoppiato. La lista dei farmaci più venduti nel 2018 prosegue poi con Eliquis, Revlimid, Opdivo, il già citato Keytruda, Enbrel, Herceptin, Avastin, Rituxan e Xarelto.

martedì 19 marzo 2019

Petrolio in rally dopo l'annullamento del vertice OPEC di aprile

Volano i prezzi del petrolio, che toccano nuovi massimi del 2019 grazie ai tagli dell'offerta dell'OPEC e al calo della produzione di Iran e Venezuela.

Niente vertice OPEC sul petrolio

L'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio ha deciso di eliminare dal calendario il vertice di aprile (in realtà per la revoca manca ancora l’approvazione formale di tutti i Paesi membri, ma è cosa scontata). Questo significa che almeno fino ad inizio estate non ci saranno passi indietro sui tagli alla produzione. Arabia Saudita e Russia infatti hanno deciso di non procedere all'incontro, e il comitato di monitoraggio sui tagli ha raccomandato di cancellare l’appuntamento. Il motivo è che al momento domanda e offerta di mercato sembrano in equilibrio, spingendo quindi a rinviare ogni decisione sui tagli.

L'OPEC e un gruppo di produttori non affiliati, tra cui la Russia, ha deciso di ridurre l'offerta nel 2019, al fine di arrestare una brusca caduta dei prezzi iniziata nella seconda metà del 2018 (per via del boom della produzione negli Stati Uniti e dei timori di un rallentamento economico globale). Chi sa come funziona Indicatore momentum trading potrà ottenere interessanti spunti tecnici.

La reazione sui mercati

Il mercato ha accolto positivamente la notizia, così come un effetto benefico l'hanno avuta le sanzioni statunitensi contro le esportazioni di petrolio dall'Iran e dal Venezuela. Quest'ultimo ha sospeso le sue esportazioni di petrolio in India, una delle sue principali destinazioni. Intanto l'embargo contro il greggio di Teheran potrebbe diventare più rigido, se Washington attenuerà o revocherà le esenzioni ai maggiori importatori. Tuttavia la decisione si conoscerà soltanto a maggio.

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I future sul greggio Brent sono aumentati fino a toccare il massimo da novembre 2018 a quota $ 68,20. I futures statunitensi sul West Texas Intermediate (WTI) hanno toccato il massimo da novembre a $ 59,57. Il prossimo appuntamento interessante per gli analisti sono ora i dati riguardo alla produzione di greggio negli Stati Uniti. Dall'inizio del 2018 è cresciuta di oltre 2 milioni di barili al giorno, rendendo gli Stati Uniti il ​​maggiore produttore mondiale davanti a Russia e Arabia Saudita. La produzione settimanale e i dati sulle scorte saranno pubblicati dall'EIA mercoledì.

domenica 17 marzo 2019

Banca ING sospesa da Bankitalia: violazione norme anti-riciclaggio

Arriva un brusco stop per la succursale italiana di ING Bank, la maggiore banca online in Italia con il Conto Arancio. Non potrà infatti acquisire nuovi clienti.

Le irregolarità e lo stop alla banca

Ad imporglielo è stata al Banca di Italia, che ha ravvisato delle irregolarità riguardo al rispetto della normativa in materia di antiriciclaggio. Bankitalia ha imposto alle succursale italiane la sospensione delle operazioni sulla nuova clientela. In pratica ING non potrà più acquisire nuovi clienti, finché la stessa Banca di Italia non revocherà questa misura restrittiva. Va precisato che la clientela già in essere non è toccata dal provvedimento. La decisione di Bankitalia è arrivata dopo l'espletamento di alcune verifiche ispettive condotte dal 1 ottobre 2018 al 18 gennaio 2019.

Ricordiamo che il colosso olandese ING è presente in Italia con le attività di Retail Banking (note in passato con il brand ING DIRECT) dal 2001 e oggi rappresenta la prima banca on line per numero di clienti, che sono ben 1.330.000 unità.

La risposta di Banca ING

La succursale italiana del gruppo olandese ha risposto sottolineando che è sempre attivamente impegnata nel rafforzare il suo complessivo sistema dei controlli antiriciclaggio, e che di fronte dallo stop imposto da Bankitalia agirà rapidamente per rimuovere le carenze rilevate dall'istituto di via Nazionale. Il colosso bancario ha assicurato che analizzerà i risultati dell'ispezione fatta da Bankitalia, approfondirà ulteriormente questi report e poi rimedierà a tali debolezze sul fronte antiriciclaggio, in modo da ottenere la revoca del provvedimento. ING ha sottolineato pure di avere intrapreso il percorso necessario per potenziare i processi e la gestione dei rischi di compliance, così come richiesto da Banca d’Italia e in linea con il programma di miglioramento annunciato lo scorso anno.

venerdì 15 marzo 2019

Banca del Giappone ancora ferma sulla politica ultra-accomodante

Ancora una volta la Banca del Giappone ha confermato la propria politica monetaria molto accomodante, con un tasso di interesse negativo (-0,10%). L'istituto centrale nipponico ha anche confermato il piano di acquisto di titoli di Stato, finalizzato a mantenere i tassi decennali attorno allo zero per cento.

La prudenza della Banca del Giappone

A spingere l'istituto centrale giapponese verso questa mossa (comunque ampiamente attesa dai mercati), è il quadro complessivo sia interno che esterno. L'economia infatti cresce in modo molto moderato, anche se la domanda interna continua a crescere. Peggiorano invece le prospettive sul fronte estero, con le esportazioni che sono colpite dal rallentamento globale. Tuttavia Kuroda afferma che la Banca del Giappone "mantiene la sua visione di base secondo cui l'economia si sta espandendo moderatamente".

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L'inflazione lontanissima

Quel che rimane un vero miraggio per la Banca del Giappone è il tasso di inflazione al 2%. Questo target è stato criticato da mondo politico e bancario, perché la politica di tassi negativi non solo non l'ha fatto centrare, ma sta deprimendo i profitti delle istituzioni finanziarie. Inoltre lunghi anni di politica monetaria ultra-accomodante lasciano il Giappone senza armi con cui affrontare una evatuale prossima recessione. Però Kuroda va avanti per la sua strada, e conferma che "il 2% dell'inflazione rimane una priorità", aggiungendo che non esiste "necessità di cambiare l'obiettivo".

Sul fronte valutario, dal momento che la decisione della Bank of Japan era attesa, non c'è stato alcun contraccolpo evidente sullo Yen. Chi adotta una strategia forex 30 minuti trading ha visto pochissimi sussulti da parte della moneta giapponese, che galleggia senza grandi variazioni sia contro l'Euro che contro il Dollaro. Tuttavia va precisato che nell'ultimo mese lo Yen ha però perso circa un punto percentuale contro la valuta unica e il biglietto verde.

mercoledì 13 marzo 2019

Tasse, anche gli Emirati nella nuova lista dei Paradisi fiscali

L'Unione Europea ha aggiornato la lista dei paesi che sono paradiso delle tasse. Dopo una riunione e un discreto tira e molla, alla fine le idee divergenti hanno trovato una sintesi nel nuovo elenco che i Ventotto hanno approvato a Bruxelles.

Tasse, ecco i nuovi paradisi fiscali

I paradisi delle tase sono quei paesi che hanno giurisdizioni "non cooperative ai fini fiscali". Proprio per questo saranno soggetti a particolare controllo da parte delle autorità comunitarie e nazionali. La lista è nata nel dicembre 2017, e quello di ieri è stato il primo aggiornamento. E' stata decisa l'inclusione di Bermuda ma soprattutto anche gli Emirati Arabi Uniti. Oltre a questi due nuovi paesi, sono stati inseriti anche Aruba, Belize, Barbados, Dominica, le isole Fiji, le isole Marshall, il sultanato di Oman, le isole Vanuatu, le Samoa americane, Samoa, Guam, le isole Vergini americane e Trinidad & Tobago.

Il caso degli Emirati

L'Italia (così come l'Estonia) ha tolto l'iniziale riserva contro la presenza nell'elenco degli emirati. Il nostro paese avrebbe voluto rinviare una decisione di questo tipo al termine di quest’anno, in modo da consentire agli Emirati di adeguarsi alle normative europee sulle tasse e rispettare gli standard. Invece l’Ecofin (Consiglio di Economia e Finanza), riunitosi a Bruxelles, ha voluto procedere ugualmente. Alla fine il ministro Giovanni Tria ha ottenuto un compromesso: sì all'inserimento immediato, ma l'elenco verrà modificato non appena gli Emirati si saranno messi in regola (peraltro hanno già presentato una nuova legislazione alla Commissione e bisogna solo aspettare che questa venga approvata).

Secondo l’ultimo rapporto dell’Ong, nel solo 2015 nazioni come Francia, Germania e Italia hanno perso complessivamente 35 miliardi di euro a causa dell’evasione dalle tasse. Nello specifico, le perdite relative al bilancio dell’anno 2015 sono pari a 6 miliardi e mezzo di euro, un importo più o meno simile a quello previsto dalla nuova legge di Bilancio per il reddito di cittadinanza nel 2019. Nell’ultimo anno l’Ue ha controllato 92 Paesi e ora passerà in esame anche Russia, Messico e Argentina.

Addio tassa sul web

L’Ecofin di ieri ha definitivamente abbandonanto il progetto di una web tax europea. Non si può infatti andare avanti visto il voto contrario di Svezia, Irlanda, Danimarca e Finlandia. Da questo momento quindi i vari governi potranno procedere in ordine sparso.

lunedì 11 marzo 2019

Dollaro ancora solido grazie al clima di avversione al rischio

Anche in questo avvio di settimana, sui mercati finanziari la fa da padrona l'avversione al rischio. E in definitiva questo favorisce il dollaro, che continua ad essere in prossimità di un massimo di tre mesi.

Avversione al rischio e dollaro

Gli investitori sono preoccupati per l'andamento della crescita globale, e tengono d'occhio soprattutto gli imminenti sviluppi riguardo alla Brexit. Rimane infatti molta incertezza sulle modalità e i tempi di uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. L'indice del dollaro, che misura il biglietto verde contro un paniere di sei valute più scambiate forex, ha guadagnato 0,1% a 97,412. Giovedì scorso l'Index ha toccato il suo picco trimestrale a 97,710, e complessivamente quest'anno è cresciuto dell'1,3%.

La crescita del dollaro non è dovuta a forza propria (come dimostrano i dati sul lavoro di venerdì scorso), quanto alla debolezza altrui. Basta osservare i dati delle migliori piattaforme trading online autorizzati per rendersene conto. L'euro rimane sostanzialmente piatto a causa dei segnali accomodanti della Banca centrale europea (BCE). Ma oltre al downgrade delle prospettive di crescita per l'area dell'euro, ci sono stati pure i dati di esportazione e importazione cinesi più deboli del previsto ad alimentare la preoccupazione per l'economia globale. Questo sta spingendo verso il basso l'euro e altre valute.

Focus sulla Brexit

Mentre la maggior parte delle valute si sta mantenendo entro gamme di trading ben ristrette, l'eccezione potrebbe essere la sterlina, che è vittima del nervosismo rispetto alla Brexit. La valuta era già caduta per sette sessioni consecutive ed è stata sottoposta a nuova pressione in vista del voto parlamentare sull'accordo che la May ha siglato con la UE lo scorso inverno. Il leader britannico sta provando - finora senza successo - a ottenere modifiche dell'ultimo minuto al trattato di uscita dell'UE, quando mancano meno di tre settimane al divorzio dall'Unione Europea (29 marzo).

venerdì 8 marzo 2019

Produzione industriale in crescita, timido risveglio per l'economia italiana

Dopo aver registrato ben 4 cali consecutivi, la produzione industriale italiana si rialza un po' a sorpresa, facendo registrare un incremento congiunturale dell'1,7% a gennaio. Secondo gli analisti ci sarebbe dovuto essere un incremento di appena 0,1% su mese.

La ripresa della produzione industriale

Il miglioramento della produzione industriale è senza dubbio un segnale positivo per la nostra economia, che poche settimane fa è piombata ufficialmente in recessione tecnica. Tuttavia è solo un primo passo, dal momento che nonostante questo aumento a sorpresa, la variazione della produzione su base trimestrale rimane comunque negativa. Nel timestre che va da novembre 2019 a gennaio 2019, infatti, i numeri sono ancora con il segno meno. Se consideriamo l'andamento annuale invece, la caduta registrata negli ultimi mesi si va riducendo: -0,8% contro un’attesa di -3%, da -5,5% di dicembre (peggior dato tendenziale dal dicembre 2012).

I dati analitici di settore

La spinta al miglioramento della produzione industriale è giunta soprattutto dal settore energetico, ha precisato ISTAT. Va infatti in espansione del 6,4% sul mese e dell'11,7% sull'anno, anche per "effetto delle temperature più basse rispetto allo scorso anno". Per quanto riguarda il settore manifatturiero, il segnale congiunturale positivo invece si ridimensiona (da +1,7% a +1,2%) e si registra su base annua una flessione molto più ampia (da -0,8% a -2,6%). Nonostante la crescita di gennaio, inoltre, gli ultimi tre mesi sono stati i peggiori da sei anni per il settore. Tra i settori, spicca il calo dell'auto:  la produzione italiana di autoveicoli si riduce a gennaio del 18,1% su base annua, un calo che segue il -16,5% di dicembre e il -19,4% di novembre.

Infine, i prezzi alla produzione industriale rimangono fermi a gennario rispetto al mese precedente, mentre su base annua crescono del 3,4%.

giovedì 7 marzo 2019

Bank of Canada molto prudente, il mercato punisce il loonie

La conferma del costo del denaro e una dichiarazione molto accomodante da parte della Bank of Canada, hanno spinto verso il basso il dollaro canadese, che ha toccato il minimo di due mesi contro il dollaro USD.

Cosa ha fatto la Bank of Canada

Nel meeting di politica monetaria, la Bank of Canada ha confermato il tasso di interesse all'1,75%. La banca centrale ha riconosciuto che l'economia canadese ha sottoperformato rispetto alle aspettative in quanto il rallentamento del quarto trimestre è stato "più netto e più ampio" delle attese. Peraltro un'altra uscita ha rivelato che il Canada ha accumulato un deficit commerciale record a dicembre, e che il ritmo delle attività di acquisto ha rallentato a febbraio fino al punto più debole in cinque mesi.

Di fronte a un rallentamento dell'economia globale e interna, la Banca del Canada ha così mantenuto i tassi di interesse stabili come previsto, ma ha affermato che vi è "maggiore incertezza" sulla tempistica dei futuri aumenti dei tassi. Alla fine di febbraio, il governatore Poloz aveva detto che il percorso verso il tasso neutrale era molto incerto. La Bank of Canada ha oggi rafforzato tale messaggio dicendo "ci vorrà del tempo per valutare la persistenza della crescita al di sotto del potenziale e le implicazioni per le prospettive di inflazione".

Suggerimento: prima di fare investimenti sulle valute, studiate pregi e difetti degli strumenti di analisi. Ad esempio comprendete quali sono le medie mobili più usate evitare falsi segnali.

Gli effetti della BoC più colomba

Questa dichiarazione molto "dovish" ha avuto un doppio effetto. Da una parte ha ampliato lo spread tra i rendimenti dei titoli di Stato canadesi e statunitensi, portandoli al livello più ampio da oltre un decennio (per la precisione da febbraio 2007) a 85 punti. Dall'altra ha indebolito il dollaro canadese nel mercato valutario. Il loonie infatti è scivolato drasticamente contro la controparte statunitense. La coppia di valute USD / CAD ha toccato i massimi di 2 mesi dopo la dichiarazione accomodante della BoC, verso 1,3458 come abbiamo visto su Dukascopy broker ECN (recensioni).

Anche i deboli prezzi del petrolio greggio tracciati dal West Texas Intermediate, che ha toccato un minimo giornaliero di 55.42, hanno contribuito alla debole performance del loonie. Il petrolio è una delle principali esportazioni del Canada. Ci aspettiamo che la BoC attenda almeno la seconda metà dell'anno, quando l'incertezza sulle prospettive economiche potrebbe dissiparsi a sufficienza da consentirle di riprendere la normalizzazione della politica monetaria.

lunedì 4 marzo 2019

Imprese italiane ancora non al passo con l'evoluzione digitale

Le imprese italiane non riescono ancora a stare al passo con l'evoluzione delle tecnologie. E questo a causa della mancanza di figure adatte che sappiano guidarle. E' quanto evidenziano le Camere di Commercio, che hanno realizzato 88 "punti impresa digitali" (PID), ovvero luoghi dove le imprese possono valutare il loro lo stato di salute tecnologico e la loro consapevolezza della opportunità di crescita legate alla quarta rivoluzione industriale.

La salute digitale delle nostre imprese

A questi PID hanno preso parte circa 20mila aziende in tutta Italia, e circa 8mila hanno misurato online gratuitamente la propria maturità digitale (test di autovalutazione SELFI4.0) e 500 imprenditori hanno finto per chiedere un approfondimento qualificato della situazione. Si tratta in prevalenza di micro e piccole imprese del nord, che operano soprattutto nel settore dei servizi.

E' interessante osservare che dall’autovalutazione che le imprese hanno fatto online, emerge che 3 su 5 (60%) sono molto indietro in quanto a digitalizzazione. Il 30% ha invece intrapreso il cammino verso la digitalizzazione, mentre solo il 10% può essere realmente considerato consapevole delle opportunità offerte dalla quarta rivoluzione industriale.

Quello che emerge in misura ancora più chiara è il divario digitale tra Nord e Sud del Paese. Le imprese del Nord est e del Nord Ovest sono a buon punto nel loro percorso (cosa molto frequente nel Trentino Alto Adige), mentre circa il 70% delle imprese meridionali è ancora nella fase iniziale. Nella media, invece, le imprese del Centro.

Le figure professionali

Il vero freno alla trasformazione digitale delle aziende italiane è l'assenza di figure qualificate che siano capaci di guidarle verso questo percorso. Proprio per questo motivo Unioncamere è pronta a lanciare un sistema per la certificazione della competenze dei manager dell’innovazione digitale, quelli a cui spetta il compito di coordinare le strategie di trasformazione digitale e quelle aziendali, che sia capace di orientarle verso un costante cambiamento dei processi in chiave tecnologica.