La battaglia sul lavoro in ILVA
La durissima richiesta sulle unità di lavoro da eliminare è stata posta come condizione per rimanere in Italia, e messa nero su bianco nel nuovo piano industriale illustrato al Mise dall’amministratore delegato di ArcelorMittal Italia (Lucia Morselli). E come era prevedibile, la tensione è aumentata. Il ministro Stefano Patuanelli non ha nascosto il suo disappunto ("l’azienda non ha fatto i passi avanti attesi").In altre circostanze la discussione si sarebbe forse fermata, ma vista la situazione esplosiva, il governo vuole continuare a battere la strada del dialogo e continuare la trattativa. "Faremo le nostre proposte, siamo cocciuti e cerchiamo di stare al tavolo e di arrivare all’obiettivo finale", dice il ministro. Ma ammette anche che "se la posizione è questa ed è rigida, non credo che ci saranno le condizioni per trattare".
Sindacati: "proposta irricevibile"
I sindacati presenti invece sono stati molto più drastici, parlando di proposta irricevibile. Portare le unità di lavoro da 10.789 dipendenti a 6.098 entro il nel 2023 non è una cosa neppure da prendere in considerazione, tenuto anche conto che con i mancati rientri al lavoro e i lavoratori in amministrazione straordinaria si arriverebbe a una quota compresa tra 6.300 e 6.700 esuberi. Per questo motivo i sindacati hanno proclamato uno sciopero per il 10 dicembre. Il loro punto di vista è che più di essere un piano industriale, quello proposto da Arcelor Mittal è una progressiva chiusura dell’Ilva.Inoltre i sindacati battono su un punto chiave: nell'accordo firmato nel 2018, erano previsti 8 milioni di tonnellate di produzione, mentre ArcelorMittal programma di spegnere l’Afo2 ed accendere un forno elettrico ad arco, con un incremento della produzione da 4,5 milioni di tonnellate attuali fino a 6 milioni dal 2021. Quindi 2 tonnellate in meno rispetto al piano originario.
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