mercoledì 23 dicembre 2020

Federal Reserve, buon compleanno. 107 anni fa nasceva la banca centrale più importante al mondo

E' un giorno particolare per la Federal Reserve americana. Si festeggia infatti la sua nascita, avvenuta il 23 dicembre del 1913 dopo una decisione del Congresso americano. Anche se in realtà quel "parto" fu abbastanza lungo e complesso, visto che ci vollero circa 3 anni prima che l'istituto centrale più importante al mondo diventasse operativo.

I centosette anni della Federal Reserve

Nel corso dei suoi 107 anni di storia, la Federal Reserve ne ha viste di cotte e di crude. La banca centrale ha affrontato crisi durissime e guerre sanguinose. Ma anche pandemie, come quella che tuttora ci sta affliggendo sia dal punto di vista sanitario che economico.

Quando si decise di creare la FED, il Congresso si spaccò. Non si voleva infatti una banca centrale nel senso stretto del termine, giacché occorreva rispettare la vocazione federalista degli USA. Si decise così di realizzare una struttura decentrata, il Federal Reserve System, che fosse in grado di recepire i diversi impulsi che gli potevano giungere dalle varie zone del paese.
Nel sistema infatti non è parte solo la Banca centrale con sede a Washington, ma anche diverse banche centrali regionali, sparse in 15 stati del Paese. Il tutto sotto l'autorità del Governo, e con un Segretario al Tesoro che è automaticamente membro del board della Fed.

Le tappe cruciali della storia

La Federal Reserve deve gestire la politica monetaria, a volte allentando i cordoni del credito e a volte stringendoli. Non sempre le sue scelte sono risultate felici. Durante la crisi del 1929 ad esempio, la sua politica monetaria restrittiva finì per rendere più grave la crisi stessa.

Anche a seguito di quegli errori, nel 1935 venne rivista la struttura della FED. Il Federal Reserve Board venne cambiato in Board of Governors, e venne creato il FOMC (Federal Open Market Committee), che è tutt'oggi il comitato che decide la politica monetaria.

L'altra data cruciale per la FED è il 1944, perché gli accordi di Bretton Woods gli conferirono il ruolo di perno del sistema basato sul Gold Standard, che rimase fino al 1971.
Altra tappa importante ci fu pochi anni dopo, quando la Federal Reserve venne svincolata dalla politica economica del Governo, attribuendogli degli obiettivi propri come la stabilità dei prezzi e la crescita nel lungo periodo.

venerdì 18 dicembre 2020

Valute, il Dipartimento del Tesoro USA aggiorna la sua watchlist

Nel corso degli ultimi giorni dagli USA sono arrivate delle notizie molto interessanti riguardo le valute. Il Dipartimento del Tesoro americano ha infatti inserito il Baht (moneta della Thailandia), la Rupia (India) e il Dollaro di Taiwan nella watchlist. In sostanza un elenco di monete i cui Paesi sono sospettati di avere condotto operazioni tali da manipolare il tasso di cambio.

Le accuse americane ad alcune valute

Gli USA in pratica ritengono che ci sia stata una condotta scorretta, idonea a svalutare in modo artificioso i tassi di cambio rispetto al dollaro, allo scopo di crearsi un vantaggio competitivo in ambito commerciale. Ancora peggiore è l'accusa rivolta a Franco svizzero e Dong vietnamita, che sono stati definiti formalmente manipolati, cioè resi appositamente deboli contro il dollaro.

Spicca il caso del Baht

Tra le valute di cui abbiamo parlato, quella che è degna di un certo interesse è il Baht della Thailandia. E' infatti arrivata a un livello talmente elevato rispetto al dollaro, come non si vedeva dall’aprile 2013. Mai stata così forte, quindi, come da oltre 7 anni e mezzo. Ha guadagnato il 5,6% da fine settembre sul dollaro, dopo aver stampato una figura cuneo analisi tecnica.

Sembra stridere questo aspetto con le accuse formulate dal Dipartimento del Tesoro, ma bisogna considerare che esse vengono formulate non per via dell'andamento del tasso di cambio, bensì per il comportamento della banca centrale di un Paese. Se fa operazioni che sono idonee a manipolare il cambio, scatta l'inserimento nella watchlist. 
Se fossero fondate le accuse americane di manipolazione di valuta, significherebbe che senza di esse il Baht thailandese sarebbe ancora più forte rispetto al dollaro.

Cosa spinge la valuta thailandese

Ma da dove nasce questa forza? Secondo molti analisti, pesa la politica monetaria meno espansiva di Bangkok per non incorrere nelle sanzioni commerciali di Washington. Per questo molti segnali di trading forex sicuri puntano ancora sul Baht. La banca centrale ha tassi a livelli nettamente superiori all’inflazione, e questo attira molti capitali nel Paese. Del resto, i rating sono “investment grade”: BBB+ per S&P e Fitch, Baa1 per Moody’s, migliori dell’Italia.

mercoledì 16 dicembre 2020

Business della ristorazione, molte imprese non reggeranno al crollo del fatturato

Il business della ristorazione continua a fare i conti con dei numeri drammatici. Un quarto delle aziende che operano in questo settore, nel periodo tra giugno e ottobre ha infatti registrato un tracollo del proprio fatturato di oltre il 50% rispetto allo stesso periodo del 2019. E le prospettive non sono così ottimistiche da far sperare in un pronto recupero.

I numeri drammatici del business

Il contraccolpo che questo businnes ha subito a causa della pandemia continua ad essere durissimo. E secondo l’ultimo report dell’Istat la contrazione del volume di affari sarà caratteristica anche dei mesi invernali. Complici le restrizioni che ancora sono in atto, si ritiene che i volumi d’affari avranno un calo analogo a quello poc'anzi detto per il 34,1% delle imprese. Cosa ancora più grave: un decimo degli imprenditori della ristorazione prevede addirittura che i suoi incassi si azzereranno.

Limitazioni e chiusure

Sono numeri drammatici, che del resto ci si poteva aspettare visto che nel periodo autunnale solamente il 15,1% delle imprese della ristorazione e dell’accoglienza ha potuto restare completamente aperto. Peraltro quelle che ci sono riuscite, non hanno comunque potuto lavorare a pieno regime visto il grave calo dei consumi. Per tutte le altre è stato un dramma a causa di limitazioni di vario genere (spesso il business era confinato al solo asporto o un po’ di food delivery).

Il quadro si aggrava se si pensa che - in base alla stessa indagine Istat - il 4% circa delle aziende che erano attive nel business della ristorazione, e che durante la pandemia ha dovuto chiudere, alla fine della crisi non potrà riaprire. Pietra tombale.

Le mani della criminalità

Il contesto genera inoltre una ulteriore grave conseguenza. In un periodo nel quale molti imprenditori versano in una crisi durissima, le organizzazioni criminali hanno allungato le mani sulle aziende della ristorazione, dopo l'aumento dei debiti a causa della pandemia. I malavitosi si presentano dai ristoratori per offrire rapide soluzioni alla crisi aziendale, che alla fine li spingono dentro un vortice dal quale non si può più uscire.

venerdì 11 dicembre 2020

Banca di Serbia, primo taglio dei tassi dopo 6 mesi. Il ciclo di allentamento dura dal 2013

Per la prima volta dopo 6 mesi, la banca centrale della Serbia (NBS) ha deciso di tagliare il costo del denaro. Si tratta di una mossa finalizzata a ridurre l'impatto sull'economia della crisi sanitaria da Covid. In particolare, per arginare gli effetti che questa crisi sta avendo sulle esportazioni.
La NBS ha tagliato il tasso di interesse di altri 25 punti base, portandolo all'1,0%

Complessivamente quest'anno l'istituto centrale ha effettuato tagli per un totale di 125 punti.
Il consiglio ha inoltre approvato di mantenere il suo obiettivo di inflazione del 3,0%, più / meno 1,5 punti percentuali, fino al 2023 (è rimasta stabile negli ultimi mesi, verso l'1,8%).

Cosa ha deciso la banca di Serbia

L'economia serba è rimbalzata più velocemente del previsto nel terzo trimestre, grazie agli stimoli del governo. La NBS ha confermato che si aspetta che il prodotto interno lordo si riduca dell'1,0% quest'anno rispetto a prima previsioni di una contrazione dell'1,5%.
 

Il PIL della Serbia si è ridotto dell'1,4% annuo nel terzo trimestre dopo un calo del 6,3% nel secondo trimestre e una crescita del 5,2% nel primo trimestre. 'Sebbene la ripresa sia più rapida del previsto, l'accelerata diffusione del virus a partire da ottobre è preoccupante, in particolare in Europa', ha affermato NBS. La diffusione del virus rallenterebbe nel breve periodo la ripresa dell'area dell'euro - il più importante partner commerciale della Serbia - e ridurrebbe la domanda per le sue esportazioni.

Nota: quanto si fa analisi tecnica su una valuta, bisogna conoscere i concetti di base. Ad esempio cosa sono le Bande di Bollinger trading.

Allentamento monetario duraturo

La banca di Serbia sta ancora vivendo un ciclo di allentamento monetario dal lontano novembre 2013. Da allora ha tagliato il tasso di 28 volte per un totale di 10,25 punti percentuali. La mossa di giovedì ha lasciato un po' sorpresi gli analisti. Tuttavia, nel meeting di novembre la BNS aveva già parlato dell'ipotesi di nuove misure.

Sotto il profilo valutario, il cambio USDRSB sta viaggiando su quota 96.7600m, in prossimità dei minimi da metà 2018 toccati poco tempo fa. Quello che interessa agli investitori sui broker opzioni binarie no Esma è che al ribasso, il supporto a quota 95 è quello da tenere d'occhio.

mercoledì 9 dicembre 2020

Manifattura italiana, anche il settore del legno ha subito un duro contraccolpo da Covid

Non se ne sente parlare spesso, ma anche la filiera del legno ha subito un contraccolpo durissimo a causa del Covid. Eppure parliamo di una eccellenza della manifattura italiana. Ma due lockdown a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro, hanno spinto il fatturato declino del 15-16%. E in questo clima ancora incerto, è difficile immaginare come potrà esserci una ripresa.

Legno e Manifattura italiana

Le prospettive perché il 2020 sia ricordato coma l'unico annus horribilis causa Covid, e che il 2021 sia quello della ripresa, ci sono. I settori del legno-arredo e del design potranno ripartire, anche se occorrerà un grosso sforzo sia da parte delle imprese che un sostegno da parte della politica. 

Fino a oggi le imprese hanno dovuto pensare a resistere alla crisi, adesso dovranno pensare a come ripartire. Uno spiraglio di luce lo dà il rimbalzo inatteso dell’arredamento. Tanto forte che molte aziende si sono ritrovate con ordini imprevisti a cui qualche volta hanno fatto fronte con difficoltà.

Ripensare il business

Nell'ambito della manifattura italiana, la filiera del legno ha una cosa su cui puntare: una reputazione internazionale altissima legata alla creatività, al saper far bene su cui si fonda il Made in Italy. Anche se l'export italiano ha subito una contrazione forte, in futuro si riprenderà. Inoltre la capacità di resilienza alla pandemia, ha dimostrato che il tessuto produttivo di questa manifattura è sano

Ma bisognerà lavorare in modo intenso sui propri modelli produttivi. Capire cosa è ormai superato e cosa è invece indispensabile fare. Bisognerà che questo settore della manifattura italiana riorganizzi spazi, qualità del lavoro delle persone e recuperi produttività. Ricordando che la parola d’ordine adesso è sostenibilità. Su di essa di costruisce un modello vincente per il futuro.

Il sostegno dello Stato

Ma serve anche un forte sostegno politico. Ad esempio, spingendo la domanda con politiche come il prolungamento e il rafforzamento del bonus mobili. Oppure con un bonus idrico per coniugare investimenti e sistemi idrici a basso consumo. Oppure incentivare la bioedilizia, ovvero le costruzioni in legno, come sta facendo l'intera Europa per la lotta ai cambiamenti climatici.

venerdì 4 dicembre 2020

Mercato petrolifero: a gennaio meno tagli per 500mila barili al giorno. WTI ai massimi da 9 mesi

I giorni scorsi sono stati molto intensi per il mercato petrolifero, per via del meeting in videoconferenza dell'Opec+. Sul tavolo della discussione dei produttori c'era la questione dei tagli alla produzione. E qualche straccio è volato perché non tutti erano concordi nel proseguire il periodo di contenimento dell'output.
Alla fine un accordo è stato raggiunto a metà strada. A gennaio la produzione si alzerà, ma solo di 500mila barili al giorno.

Le novità sul mercato petrolifero

Per effetto di questo micro-tapering, l'ammontare dei tagli alla produzione sul mercato petrolifero non sarà più di 7,7 milioni di barili, bensì di 7,2 milioni. Si tratta cioè di un accordo che toglierà dal mercato circa il 7% della produzione globale.
L’Opec+, alleanza tra paesi Opec e non Opec come la Russia, grazie alla riduzioni di output concordate mesi fa, ha permesso al petrolio di non affogare.
A maggio la prima riduzione concordata fu di 9,7 milioni di barili al giorno, poi scesi a 7,7 milioni dallo scorso agosto.

La reazione dei prezzi

La decisione presa dall'Opec+ ha consentito un rafforzamento dei prezzi sul mercato petrolifero.
Le quotazioni del Wti sono arrivate a superare i 46,5 dollari al barile, sui massimi degli ultimi nove mesi, con l'RSI che va in ipercomprato (qui è spiegato il calcolo indicatore RSI trading).
Il Brent del Mare del Nord si è portato in prossimità dei 50 dollari.

Il clima nel OPEC+

Ma non è tutto oro (nero, ovviamente) quello che luccica. L'intesa apparentemente mostra una conciliazione all'interno del Cartello allargato, dopo le frizioni dei giorni scorsi che avevano messo in serio pericolo un nuovo accordo. In realtà però le divergenze persistono tra i grandi player del mercato petrolifero, a cominciare dai due pesi massimi come Arabia Saudita e Russia. I sauditi volevano lasciare i tagli esattamente com'erano, i russi invece avrebbero voluto un allentamento maggiore, per annaffiare con più mercato il petrolio (con l'appoggio di Iraq, Nigeria ed Emirati Arabi Uniti). E' stato un po' come fare trading con i volumi.
A questo si aggiungano che alcuni paesi continuano a fare i "fuorilegge". Secondo alcune stime, queste violazioni ammontano complessivamente a 2,3 milioni di barili al giorno.

Rimangono quindi alcuni dubbi riguardo al futuro del mercato petrolifero, che comunque sarà pesantemente indirizzato dalla pandemia. La possibile uscita dalla crisi sanitaria porterebbe a un aumento della domanda di greggio, mettendo l'Opec+ nelle condizioni di ridurre i tagli a 5,8 milioni di barili, come era stato ipotizzato in aprile. Ma per adesso bisogna andare avanti così.

mercoledì 2 dicembre 2020

Investimenti, con il Covid le aziende italiane hanno ridimensionato i piani

In conseguenza della diffusione della pandemia, le prospettive delle imprese riguardo agli investimenti si sono notevolmente ridimensionate. Lo mette in evidenza la Banca Europea per gli Investimenti (Bei), che periodicamente pubblica un report per offrire una fotografica sul contesto degli investimenti delle imprese in tutta la UE.

In Italia precipitano gli investimenti

Per quanto riguarda in particolare l'Italia, addirittura il 41% delle imprese ha previsto un forte ridimensionamento dei propri programmi di investimento. La motivazione che quasi unanimemente viene adottata (il 96% delle imprese italiane), è il clima di grave incertezza provocato dalla pandemia. Questo è il maggiore ostacolo che secondo le imprese blocca gli investimenti.
Tre le aziende che hanno dichiarato previsioni di investimento al ribasso per il 2020, circa la metà appartiene al settore manifatturiero. Del resto sono state loro quelle che hanno vissuto una crisi diurissima da Covid.

Italia e UE

Come detto, quasi il 96% delle imprese italiane vede l’incertezza sul futuro come un importante impedimento. Si tratta di una percentuale in crescita rispetto allo scorso report della BEI, ed è anche più alta rispetto alla media che si registra nell'Unione Europea, dove è al 81%.
Peraltro il pessimismo degli imprenditori italiani riguarda in modo trasversale la maggior parte degli aspetti toccati dal sondaggio. Sia il contesto politico, sia il contesto normativo, sia il clima economico, sia le prospettive future e quelle relative al mercato del credito.

Il digitale avanza

Se si vuole trovare una conseguenza positiva dell'impatto del Covid, è che ha spinto le aziende ad adottare un piano per l'implementazione delle tecnologie digitali. Lo ha fatto oltre due terzi (67%) delle imprese italiane. In questo caso, la percentuale è aumentata rispetto alla precedente edizione dell'indagine, che aveva fatto registrare un 58%.
Peraltro le prospettive sono di ulteriore crescita. Infatti il 45% delle azienda italiane crede che aumenterà l'utilizzo delle tecnologie digitali nel futuro post Covid-19. Specialamente quelle di grandi dimensioni.