venerdì 29 aprile 2022

Wall Street, pressione su Tesla dopo l'affare Musk-Twitter

L'operazione che ha portato Elon Musk a comprare Twitter si sta rivelando un boomerang... su Tesla a Wall Street. Il titolo dell'azienda di auto elettriche ha infatti perso il 16% sul listino NASDAQ. Questo scivolone è diretta conseguenza dell'operazione che il magnate australiano ha condotto sul famoso social network.

Le difficoltà di Tesla a Wall Street

Pochi giorni fa, dopo un lungo corteggiamento Elon Musk è riuscito a strappare il via libera da parte della dirigenza di Twitter all'operazione di acquisizione, per un importo di circa 44 miliardi di dollari.

Per finanziare questa operazione Musk ha fatto un’operazione di leveraged buyout (Lbo), nella quale ha dovuto cedere circa 4,4 di azioni Tesla, per un controvalore di 4 miliardi di dollari. Proprio questa massiccia vendita di titoli ha spinto a ribasso il titolo su Wall Street. In soli 4 giorni sono stati bruciati 150 miliardi di dollari di capitalizzazione. Sul grafico si è formato un uncino di Ross 123 high low.

Le preoccupazioni dei mercati

Questo scenario ha creato preoccupazione tra gli investitori di Tesla, che si sono chiesti se questa massiccia vendita sia stata solo un primo passo al quale ne seguiranno altri. Musk si è affrettato a smentire questa possibilità, anche se a Wall Street rimane un certo nervosismo.

Il problema è che se Musk decidesse di vendere un nuovo cospicuo pacchetto di azioni Tesla, rischierebbe di affossare ancora di più il titolo, che dal 4 aprile, ha perso il 20% del suo valore, passando da 1.145, 45 dollari a 877,51 dollari della chiusura di giovedì. Ma se il valore scende sotto la soglia dei 750 dollari ad azione, alcune banche potrebbero chiedere ulteriori titoli a garanzia come collaterali dei prestiti.

Il fatto che gli investitori non conoscano ancora l'impatto che l'acquisizione di Twitter provocherà su Tesla non fa che aggiungere volatilità al titolo sul listino di Wall Street. Del resto l'indicatore Relative volatility index RVI già si sta agitando un po'.

Le conseguenze economiche e non

Va aggiunto inoltre che si temono con solo conseguenze dal punto di vista economico, ma anche relativamente all'impegno e alla dedizione che il magnate australiano dedicherà alla propria azienda di auto elettriche. Del resto lo stesso Musk qualche tempo fa affermò che il tempo che dedica a Tesla vale un milione di dollari al minuto.
Quelle frasi oggi suonano come un boomerang.

mercoledì 27 aprile 2022

Lavoro, l'Europa ha recuperato dai livelli pre-Covid ma non l'Italia

Il problema del lavoro in Italia non è legato soltanto all'impatto della pandemia. Lo mettono in evidenza i dati Eurostat, dai quali emerge che nel nostro Paese il tasso di occupazione è risalito meno rispetto alla media UE dallo scoppio della crisi sanitaria. Ma emerge anche che certe dinamiche poco positive sono in atto da almeno un decennio.

I numeri sul lavoro

Se nel 2021 il tasso di occupazione medio in Ue è salito da 67% a 68,4%, in Italia rimane ancora indietro rispetto al periodo pre pandemia. Il tasso di chi lavora rispetto all'intera popolazione attiva  era al 59%, mentre adesso siamo al 58,2%. 

Inoltre dal 2021 l'occupazione in Italia è cresciuta molto più lentamente rispetto alla media europea. Siamo passati da 56,1% a 58,2%, mentre nello stesso periodo la crescita in Europa è stata di 6,2 punti percentuale.

Confronto

Anche il confronto con altre grandi economie ci mette indietro. Tra il 2012 e i 2021 la Francia è cresciuta dal 64,4% al 67,2%, +2,8 punti; la Germania è passata da 72% a 75,8%. Perfino la Grecia, unico Paese che nel 2021 ha un tasso di occupazione inferiore a quello italiano, ha vissuto una crescita più forte della nostra dal 2012 al 2021: +6,8%, passando dal 50,4% al 57,2%. La Grecia ha anche recuperato 1,1 punti sul 2019.

Va ricordato che il paese ellenico ha vissuto una crisi profonda, e soltanto dopo 8 anni ha visto la fine del tunnel.

Lavoro femminile

Ci sono poi altri numeri sul lavoro che sono poco lusinghieri. Ad esempio, quelli sull'occupazione femminile, mai così male dal 2013.
C'è stato un allargamento del divario con la media dell'Unione europea. Nel 2021 erano occupate il 49,4% delle donne tra i 15 e i 64 anni a fronte del 63,4% della media Ue. Ben 14 punti di differenza. La forbice si è ulteriormente allargata rispetto al 2019 (era di 12,7 punti: 62,9 contro 50,2) e rispetto al 2020 (era di 13,6 punti: 62% in Ue, 48,4% in Italia).

Il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2021 era il peggiore in Ue dopo la Grecia (48,2% in recupero sia sul 2019 che sul 2020). In Germania nel 2021 erano occupate il 72,2% delle donne tra i 15 e i 64 anni.

giovedì 21 aprile 2022

Investitori cauti, le Borse europee chiudono in ordine sparso. Brilla Parigi

Si muovono in ordine sparso le principali borse europee, con Milano che perde leggermente quota riallontanandosi dalla soglia dei 25mila punti. Gli investitori hanno lavorato sui conti trimestrali societari e sulla base del nuovo dato record circa l'inflazione UE. Un dato che aumenta le prospettiva di strette monetaria nel corso dei prossimi mesi da parte della banca centrale europea.

Il bilancio della seduta per gli investitori

La giornata si chiude con Milano in rosso sul FTSE MIB. Il principale indice chiude con -0,29% a 24.805 punti. Al contrario, ha chiuso in rialzo il FTSE Italia All-Share, che sale a 27.163 punti. 

Nel resto d'Europa spiccano gli acquisti che gli investitori hanno fatto a Parigi, dove il CAC40 termina a +1,36%. Si sente l'effetto del duello televisivo Macron-Le Pen, che ha visto prevalere il presidente in carica, sempre più lanciato verso la conferma all'Eliseo.
Giornata buona anche per il DAX di Francoforte, che chiude con +0,98%. Londra piatta, Amsterdam e Madrid in rialzo entrambe dello 0,4%.

Dati su scambi e volumi

Gli investitori della Borsa di Milano hanno scambiato titoli per un controvalore di 2,22 miliardi (lieve calo rispetto a ieri). Invece i volumi scambiati sono scesi a 0,49 miliardi, rispetto ai 0,55 di ieri.

I singoli titoli

Per quanto riguarda le singole azioni, gli investitori hanno dato slancio a Saipem. Il titolo segna +11,8% dopo la trimestrale oltre le previsioni e la conferma della guidance sul 2022. Giornata molto positiva anche per Pirelli, +2,63%, che sfrutta il buon andamento del settore pneumatici grazie agli annunci di Continental.
Bene anche Mediobanca, +1,01%, e Banco Bpm, +0,95% dopo il balzo del 5% di ieri. Il titolo disegna un evening star pattern trading.
La giornata invece è stata negativa per le utility. Soffrono Snam (-3,25%), Hera (-1,86%) e Terna (-2,31%).

Valute e commodities

Per quanto riguarda il mercato valutario, poco mosso l'Euro / Dollaro, che non riesce a salire oltre la soglia di 1,09, rendendo felice solo chi fa scalping opzioni binarie. Perde terreno l'oro, che scambia a 1.939,2 dollari l'oncia. Il Petrolio aumenta.

mercoledì 20 aprile 2022

Redditi e Covid, il Nord colpito 10 volte più forte rispetto al Sud

Stiamo lentamente uscendo dalla crisi sanitaria innescata dalla pandemia, ma ancora ne subiamo gli effetti economici. Tremendi sono stati quelli sul reddito disponibile delle persone, che hanno avuto un brusco calo. E come se non bastasse, adesso ci sono pure le conseguenze della guerra in Ucraina da affrontare.

Un esame delle ripercussioni sul reddito provocate dalla pandemia è stato fatto dal Sole24Ore, in base agli open data sulle dichiarazioni dei redditi 2021 pubblicati recentemente dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia.

Dati sui redditi e pandemia

Da questa indagine emerge che il crollo del reddito disponibile nel 2020 si è abbattuto principalmente al Nord, dove è stato dieci volte più pesante rispetto al Meridione.  

Chiaramente, questo deriva anche dal fatto che il punto di partenza era decisamente differente. Il Nord è territorio più ricco rispetto al Sud, e quindi il calo proporzionale è stato più forte. Questo andamento così eterogeneo si spiega anche con il diverso impatto delle misure di contenimento. Le chiusure hanno pesato soprattutto sui redditi dei lavoratori autonomi e dei dipendenti del settore privato, lasciando invece pressoché inalterati i redditi da pensione e quelli dei lavoratori pubblici.

Ad ogni modo, il calo del reddito disponibile provocato dalla crisi pandemica è stato pari all'1,45% nella parte settentrionale del Paese (a 23.828 euro).
Molto più contenuto invece l'effetto al Sud, dove ci si ferma a una riduzione dello 0,15% (a 17.256 euro).

Andamento regionale

A livello regionale le cadute più significative sono state in Toscana (-1,96%), Lombardia (-1,75%) e Valle d’Aosta (-1,74%). Segno negativo anche per il Veneto (-1,62%), la Liguria (-1,36%), il Piemonte (-1,29%) e l'Emilia Romagna (-1,13%).
Il divario Nord-Sud emerge osservando il lato opposto della classifica, dove ci sono regioni che hanno addirittura avuto un aumento del reddito pro-capite. Segno positivi infatti in Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria.

Comuni più colpiti

Circa i singoli Comuni, quelli più colpiti dal calo del reddito sono le città d’arte. Particolarmente colpita Venezia, che a causa del crollo del turismo segna -4,36%, quattro volte peggio rispetto alla media nazionale. Fortunatamente, il 65% di queste perdite è stato recuperato l'anno successivo. Malissimo anche Firenze, altra grande città a vocazione turistica, con -1,98%.
Il dato peggiore di tutti lo evidenzia però Positano, con un tracollo del 35,3%, seguito a una certa distanza dal -21% di Limone sul Garda.
Il dato migliore invece spetta a Campobasso (+1,69%).

mercoledì 13 aprile 2022

Prezzo del palladio corre ancora: +28% da inizio anno

Nell'ultimo periodo i prezzi di molti metalli sono schizzati alle stelle e la situazione tra domanda è offerta si è fatta incandescente. Tra le quotazioni interessate da questo boom c'è anche il prezzo del palladio, salito di quasi il 30% dall'inizio dell'anno.

Cosa sta spingendo il prezzo del palladio

A dare uno slancio al prezzo del palladio è soprattutto il peso delle sanzioni adottate contro la Russia a seguito della invasione in Ucraina.
Va ricordato che la Russia produce circa il 40% di tutto il palladio disponibile sul mercato mondiale. Questo metallo è estremamente importante soprattutto nel mercato delle automobili, dal momento che viene utilizzato nei convertitori catalitici per ridurre le emissioni inquinanti.

Annotazione: molti trader stanno facendo una strategia scalping 1 5 minuto sul palladio, ma è molto rischiosa

Sanzioni ed equilibrio domanda-offerta

Le sanzioni contro la Russia hanno provocato uno squilibrio di mercato, riducendo l'offerta a fronte di una domanda che rimane sostenuta. E dove c'è pressione dal lato della domanda, inevitabilmente c'è pressione anche sui prezzi. Ed è proprio quello che sta accadendo al prezzo del Palladio.

Le ultime scosse al mercato

A dare l'ultima scossa al mercato, spingendo il prezzo del Palladio verso l'alto, è stata una decisione presa dalle borse di Londra e Chicago.
Il London Platinum & Palladium Market ha sospeso Krastsvetmet e lo stabilimento di metalli non ferrosi di Prioksky dagli elenchi delle aziende che possono consegnare merce nei magazzini di borsa. La stessa cosa ha fatto il Chicago Mercantile Exchange.
Ma alla lista potrebbe aggiungersi anche la borsa giapponese di Osaka, che sta pensando di adottare una misura simile per i marchi russi di platino e palladio.

Il boom del prezzo

Questi ultimi avvenimento hanno ridato slancio al prezzo del palladio, che è salito dell'8,7% in un solo giorno, come si può vedere sulle migliori piattaforme trading gratuite. Va poi ricordato che il mese scorso la quotazione di questo metallo ha toccato un nuovo record a 3.442,47 dollari per oncia.

lunedì 11 aprile 2022

Lavoro, le ore medie in Italia sono più alte della media OCSE

Ci sono dati interessanti che riguardano il mercato del lavoro in Italia. A evidenziarli è l'Ocse, ovvero l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Si tratta di dati relativi al 2020, che comunque offrono una fotografia molto interessante dello scenario del mercato occupazionale italiano.

Dati di Italia e OSCE sul lavoro

Il dato che balza agli occhi è che in Italia restiamo al lavoro 1558 ore ogni anno. Si tratta di 220 ore in più rispetto a quanto accade in Germania. Ipotizzando una settimana lavorativa tipo di 36 ore, significa praticamente un mese e mezzo in più che trascorriamo al lavoro rispetto ai colleghi tedeschi.

In confronto invece alla media Europea siamo soltanto leggermente sopra. Nel Vecchio Continente infatti la media delle ore trascorse lavoro è di 1513. Comunque equivale a una settimana di lavoro in più da parte degli italiani.

Dato messicano shock

Il conteggio è stato fatto considerando sia i contratti a tempo pieno sia i contratti a tempo ridotto.
A livello globale vengono i brividi pensando al numero di ore lavorative dei messicani. Giungono infatti all'astronomica cifra di 2124 ore. Praticamente non si riposano mai. Non stanno messi bene neppure in Costa Rica, Russia e Corea, che superano di poco le 1900 ore di lavoro l'anno.

Il paese in Europa dove si lavora per meno tempo l'anno è la Germania, con 1331 ore l'anno. Probabilmente questo deriva dalla diffusione dei mini-jobs, ossia contratti che prevedono un'assunzione regolare anche per pochissime ore al giorno e per periodi limitati di tempo.

Italia: confronto territoriale e di genere

Per quanto riguarda specificamente in Italia, è al Nord che si lavora mediamente di più. Ogni settimana infatti passano 36 ore al lavoro, ossia un'ora in più rispetto a quello che si fa al Centro e al Sud. C'è molta più differenza invece riguardo al genere, perché gli uomini rimangono al lavoro anche 38 ore a settimana mentre in media le donne si fermano a 32.

Tasso di disoccupazione

Va poi rimarcato che in Italia il tasso di occupazione è inferiore alla media OCSE, che è pari al 66%. Da noi invece ci fermiamo poco sopra il 59%.
Anche in questo caso il dato più debole riguarda le donne, che hanno un tasso di occupazione appena al 49%.
Siamo indietro rispetto alle medie OCSE anche per quanto riguarda il numero di lavoratori con un contratto full time. Da noi appena il 4% rispetto alla media del 10%.

mercoledì 6 aprile 2022

Ricchezza, la classifica di Forbes incorona Musk, Bezos al secondo posto

Come ogni anno, la rivista Forbes ha stilato la classifica della ricchezza individuale. E quest'anno c'è un sorpasso in vetta. Elon Musk infatti è diventato l’uomo più ricco del mondo, superando il patron di Amazon, Jeff Bezos, che aveva guidato il ranking degli ultimi quattro anni.

La graduatoria della ricchezza individuale

In base ai dati, il visionario imprenditore australiano possiede circa 219 miliardi di dollari. Nell'ultimo anno ha accresciuto di 68 miliardi di dollari la sua fortuna, soprattutto grazie a Tesla. Infatti le azioni della sua compagnia di auto elettriche - una delle aziende famose nel mondo - sono cresciute del 33%.

Grazie a queste cifre, Musk ha superato per la prima volta Jeff Bezos, penalizzato dal calo del 3% delle azioni Amazon. Va però anche aggiunto che Bezos ha alleggerito la sua ricchezza con delle generose donazioni di beneficenza. Alla fine l'effetto di questi due fattori ha cancellato 6 miliardi di dollari dal patrimonio netto di Bezos.

Il resto della Top10

Dopo i due Paparoni, in classifica c'è il magnate francese dei beni di lusso Bernard Arnault. La sua ricchezza personale è salita in un anno di 8 miliardi di dollari.
Il resto della Top10 comprende Bill Gates, Warren Buffett, Larry Page, Sergey Brin, Larry Ellison, Steve Ballmer e l'indiano Mukesh Ambani.

Complessivamente, il più alto numero di miliardari si trova negli USA. Sono ben 735, in salita rispetto ai 724 dello scorso anno. Al secondo posto per ricchezza c'è la Cina con 607. L’India ne ha 166.
Va segnalato che sono usciti dalla graduatoria 34 miliardari russi, a causa delle sanzioni occidentali e del crollo del valore delle azioni e del rublo (chi sa fare trading con i volumi nel forex sa di cosa parliamo), seguiti al conflitto in Ucraina.

In Italia

E l'Italia? Nel nostro Paese la leadership della ricchezza va al "papà" della Nutella, Giovanni Ferrero. La sua fortuna è stimata in 36,2 miliardi di dollari (36mo posto della classifica globale).
Sul podio italiano ci sono Leonardo del Vecchio con 27,3 miliardi e Giorgio Armani con 7,8 miliardi.

lunedì 4 aprile 2022

Debito, le famiglie italiane sono in rosso per 22mila euro. Preoccupa il rischio usura

Il debito medio delle famiglie Italiane rimane ancora elevatissimo. Secondo l'ufficio studi della CGIA, l'ammontare dell'indebitamento in capo alle famiglie italiane è di 22.237 euro. Complessivamente quasi 575 miliardi. La variazione avvenuta nell'ultimo anno è stata di circa 800 euro a famiglia.

La crisi attuale e il maggior debito

Quello che preoccupa è il possibile aggravarsi della situazione, dovuto al caro delle bollette che si sta verificando da qualche mese. L’aumento esponenziale dei prezzi, il caro carburante e quello dell'energia potrebbero peggiorare notevolmente la situazione del debito di tantissime famiglie italiane.

Tuttavia, al momento la situazione è critica, ma non ancora drammatica. L'incremento del debito potrebbe infatti essere legato anzitutto alla ripresa economica che c'è stata lo scorso anno. Inoltre l'indebitamento è cresciuto soprattutto per quelle fasce di reddito più elevate.

Il caso del Mezzogiorno

Un discorso a parte merita il Mezzogiorno. Anche se in termini assoluti il debito medio è più basso che altrove, è altrettanto vero che c'è una maggiore incidenza sulle famiglie più povere rispetto al resto d'Italia. In questo senso, il livello più elevato di debito può aumentare il rischio di esclusione sociale.
Un altro aspetto importante è che la crescita dell'indebitamento sta aumentando ulteriormente il divario tra i ricchi e i poveri.

Debito e rischio usura

Se il dato sul debito medio delle famiglie sembra molto elevato, in realtà c'è una preoccupazione più "invisibile". L'ufficio studi sottolinea infatti il pericolo che molte famiglie e imprese possano diventare vittime di usura.
La preoccupazione riguarda in special modo il mondo della piccola imprenditoria, dei lavoratori autonomi e degli artigiani. Spesso fanno debito per poche migliaia di euro con i loro aguzzini, ma dopo pochi mesi vedono gli interessi maturare a livelli spaventosi.

Si tratta di un fenomeno che è complicato misurare, perché i pochi dati statistici - basati sul numero di denunce alle forze dell'ordine - non è molto attendibile. Infatti chi finisce nella rete di questi criminali, spesso ha paura di sporgere denuncia perché teme per l’incolumità propria e dei suoi familiari.
Inoltre si tratta di rilevazioni statistiche neppure recenti, visto che gli ultimi risalgono a un paio di anni fa.