martedì 29 giugno 2021

Risparmio gestito, ancora crescita forte a maggio. Il patrimonio totale tocca valori record

Il risparmio gestito in Italia continua a marciare a passo spedito, e nel mese di maggio raggiunge un altro record. L'ammontare patrimonio complessivo in gestione è infatti arrivato alla cifra di 2.480 miliardi, come segnala Assogestioni.
Merito di un mese di maggio boom, con flussi in entrata che hanno sfiorato i 7 miliardi (per la precisione 6,8), a confermare una tendenza importante che va avanti già da un bel po' di tempo. Nel corso di quest'anno la crescita della raccolta è arrivata a 41,7 miliardi di euro.

I numeri del risparmio gestito

Esaminando le preferenze degli italiani in tema di risparmio gestito, si evidenzia ancora una volta la preferenza verso i fondi aperti.
Nel mese di maggio è in questa categoria che si sono registrati gli afflussi maggiori, con 4,9 miliardi. Poco meno rispetto al dato record di aprile (5,07).
I fondi chiusi invece hanno avuto una crescita di 292 milioni di euro.
A maggio quindi le gestioni collettive segnano un aumento di 5,2 miliardi, dopo i 4,3 miliardi in aprile.
Le gestioni di portafoglio invece evidenziano una crescita dei flussi di 1,6 miliardi, il doppio rispetto al mese precedente.

Azionario sempre in testa

Analizzando più in dettaglio la situazione, si evidenzia che tra i vari fondi aperti, continua ad esserci una preferenza forte per azionari e bilanciati.
Anche se nel mese di maggio la distribuzione è stata equa (poco oltre la soglia dei 2 miliardi di flussi), sull'intero anno spicca la performance di quelli azionari, i cui flussi in entrata (+17 miliardi) sono stati pressoché il doppio di quelli destinati al risparmio gestito in fondi bilanciati (+8,8).

Le altre categorie

Riguardo ai fondi obbligazionari, il mese di maggio evidenzia una raccolta di 927 milioni di euro. Più del doppio rispetto ai 428 milioni di aprile. Nell'intero anno solare il totale cresce a +4,2 miliardi.
I fondi flessibili si muovono invece in controtendenza, visto che registrano -150 milioni, dopo -1,08 miliardi ad aprile, con un “rosso” da gennaio che sfiora 4 miliardi.
Anche i fondi monetari viaggiano all'indietro, con -67 milioni a maggio. In questo caso però il bilancio annuale resta positivo: +1,8 miliardi.

giovedì 24 giugno 2021

Prezzo dei metalli, la mossa della Cina non entusiasma il mercato

I rincari record del prezzo dei metalli, ha spinto la Cina a passare all'azione attingendo alle sue scorte nazionali. Del resto il Paese del dragone è il principale utilizzatore di gran parte dei metalli industriali, a cominciare dal rame. Inoltre si tratta di materie prime indispensabili per la transizione energetica verso fonti rinnovabili, sulla quale Pechino sta spingendo forte.
Proprio la forte domanda durante la transizione verde, sommata alle scorte basse, hanno causato un forte aumento dei prezzi delle materie prime quest’anno.

Cina spaventata dal rincaro di prezzo dei metalli

Per arginare i forti rincari degli ultimi tempi, il governo ha deciso di avviare la vendita di scorte dai magazzini di Stato. Tra meno di due settimane ci sarà la prima tranche di dismissioni, che riguarderà 100mila tonnellate di metalli, tra rame, alluminio e nickel. L’offerta avverrà il 5 e 6 luglio.

Tuttavia il mercato ha accolto con freddezza l’annuncio di Pechino, sia perché aveva già scontato la notizia, sia per l'importo di questa tranche che viene considerato assai cauto. Non sufficiente quindi a generare un forte impatto sul prezzo dei metalli.

Tuttavia Pechino aveva già indicato di voler frazionare le vendite. Nei prossimi round di dismissioni, potrebbe quindi aggiustare il tiro e mettere in commercio maggiori volumi di metalli industriali delle sue riserve nazionali.

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Effetto solo temporaneo

Va anche detto che le misure della Cina possono solo aiutare ad allentare temporaneamente la pressione.

Si prenda il caso del rame. Le riserve cinesi sono stimate in 1,5-2 milioni di tonnellate. Utili per bilanciare potenziali deficit di offerta per quest’anno e il prossimo... a meno che non peggiori la situazione. In quel caso infatti saranno insufficienti. L'azione calmierante sul prezzo dei metalli potrebbe quindi aver effetto a breve termine, ma non a lungo termine.

Nel frattempo i futures sul rame hanno recuperato un poco di terreno, a 4,2 dollari per libbra. Tuttavia i prezzi sono rimasti vicini a livelli che non si vedevano da più di 2 mesi, anche a causa di un dollaro forte. Inoltre molte candele giapponesi figure non promettono nulla di assai positivo per il rame.
La scorsa settimana, i prezzi del rame sono diminuiti del 9,2%, il massimo da marzo 2020, proprio dopo l'annuncio di Pechino di vendere le sue riserve di rame, alluminio e zinco in lotti.

martedì 22 giugno 2021

Fatturato industriale, l'Italia continua a crescere. Ad aprile +3,3%

I dati che sono stati resi noti dall'Istituto Nazionale di statistica, evidenziano che il fatturato dell'industria italiana segna altri passi in avanti molto importanti.
Nel mese di aprile infatti, è stata registrata una crescita del 3,3% su base mensile.
Se consideriamo il trimestre febbraio-aprile, l'indice è invece cresciuto del 4,8% rispetto al trimestre precedente. 

Ancora più fragoroso il dato confrontato anno su anno, addirittura +105,1%. Ma va ricordato che questo dato è fortemente condizionato dalla crisi pandemica, nella quale eravamo pienamente immersi un anno fa.

Analisi della crescita del fatturato

Come evidenzia l'Istat, la crescita congiunturale del fatturato dell'industria italiana è continua, ed è ormai giunta a superare di gran lunga il livello che c'era prima dello scoppio della crisi pandemica.

E' interessante inoltre osservare come questa crescita sia una caratteristica che si vede sia nella componente interna che in quella estera
Tuttavia, quella che si concretizza sul fronte interno continua ad essere molto più elevata (+4,0%) rispetto a quella estera (+1,7%).
Se questo confronto lo facciamo su base tendenziale, la crescita del fatturato dell'industria sul mercato interno è del 114,7% mentre si ferma all'87,8% su quello estero.

Brilla la performance dei beni strumentali

Per quanto riguarda i singoli settori, la crescita maggiore del fatturato dell'industria si è vista per i beni strumentali (+6,1%), l'energia (+4,0%) e i beni intermedi (+3,3%).
Lieve arretramento invece per i beni di consumo (-0,1%), principalmente a causa dei passi indietro dei beni non durevoli (-0,5), mentre i beni durevoli segnano comunque passi avanti (+1,6%).
A livello tendenziale, i raggruppamenti principali di industrie segnalano incrementi fortissimi per tutti i settori. Anche in questo caso si mettono in evidenza i beni strumentali (+171,1%), l'energia (+125,2%) e i beni intermedi (+104,4%).

giovedì 17 giugno 2021

Banca centrale USA, ecco la svolta: viene anticipato il momento della stretta

Pur confermando la linea della cautela e della pazienza, la FED - banca centrale USA - ha avvicinato il momento della stretta. Questo è quanto emerge dal meeting del comitato di politica monetaria che si è tenuto martedì e mercoledì, il cui esito è stato comunicato ieri sera.

La decisione della banca centrale USA

La Federal Reserve ha lasciato fermi i tassi di interesse allo 0-0,25%, e inoltre ha mantenuto invariati i programmi di acquisto titoli. Rimanono da 80 miliardi di dollari al mese di bond più 40 miliardi di asset backed securities.
Nell'immediato quindi non ci sono novità, tutto l’orientamento di politica monetaria della banca centrale USA viene confermato. Ma è lo scenario futuro che cambia in modo importante, per colpa dell'inflazione.

L'inflazione che cresce

I timori dei mercati cominciano a prendere consistenza, perché di fronte a una previsione al rialzo dell'inflazione, la FED non può far più finta di niente.
Le proiezioni sui prezzi al consumo sono state riviste al 3,4%, mentre finora erano al 2,4%. Anche per il prossimo anno la banca centrale USA opera un ritocchino, 2,1% invece che 2%. Infine nel 2023 dovrebbe essere 2,2% e non 2,1%. Anche se la FED ribadisce che questi rialzi sono da considerare come «transitori», qualcosa è cambiato.

Nota operativa: è interessante osservare le conseguenze delle decisioni della banca centrale USA sul canale di Donchian channel del dollaro.

Le proiezioni sui tassi

I dot plot, ossia le proiezioni con i quali i governatori indicano le proprie previsioni sull’andamento dei tassi, evidenziano un atteggiamento molto più da "falco" rispetto a prima

In special modo, sono cresciute le indicazioni riguardo un possibile rialzo del tasso di interesse nel 2002. Infatti tre governatori della banca centrale USA hanno cambiato idea e hanno anticipato i tempi per un possibile primo rialzo, già possibile da altri due banchieri centrali.
Diventano due quelli che addirittura si aspettano un doppio ritocco ai tassi entro il 2023. Complessivamente tredici banchieri centrali su 18 hanno rivisto al rialzo le loro indicazioni sul costo ufficiale del credito.

I mercati reagiscono

La prospettiva di una stretta più vicina ha avuto un effetto immediato sui mercati. Il cambio Euro-Dollaro è precipitato sotto la soglia di 1,20 dopo oltre un mese. L'indicatore awesome oscillator trading ha drasticamente invertito rotta.
Inoltre l'Index - che misura l'andamento del biglietto verde rispetto a un paniere di valute principali - è salito oltre quota 91,3.

lunedì 14 giugno 2021

Imprese italiane, che beffa: quasi tutti i ristori verranno restituiti con le tasse di giugno

Lo Stato da una parte dà, ma dall'altra lo riprende. E' questo l'allarme lanciato dalla CGIA, che evidenza come gran parte dei ristori previsti da due decreti, finiranno per finanziare il pagamento delle tasse da parte delle imprese italiane.

La beffa per le imprese italiane

Il dato è presto fatto. Grazie a due decreti sostegni che il governo ha approvato nei mesi scorsi, nelle casse delle imprese dovrebbero arrivare circa 21,4 miliardi di euro.
Ma in occasione delle tante scadenze fiscali previste nel mese di giugno, le imprese verseranno all'erario la bellezza di 19 miliardi di euro.

Tra acconti e saldi di Ires, Imu, Irpef/addizionali Irpef, Irap e diritto camerale, praticamente tutto quello che hanno ricevuto lo daranno indietro. I contributi a fondo perduto non serviranno quindi a finanziare la crescita e gli investimenti, ma solo a pagare le tasse.

Nessuna ripresa vera in questo modo

Chi otterrà denaro per compensare gli effetti della crisi, spesso pochi e in ritardo, subirà anche la beffa di doverli restituire subito al mittente, cioè allo Stato.
È evidente che non è questo il modo di dare una mano alle tantissime piccole e medie imprese italiane, già duramente provate dalla crisi.

Forse può interessare: rischio default per molte aziende a causa della crisi Covid.

Peggio ancora andrà a quelle imprese che, con le sole proprie forze, grossi problemi dal Covid non ne hanno subiti. Per loro il fardello del carico fiscale non potrà essere alleggerito da alcun contributo a fondo perduto.
In sostanza lo Stato gli dice: "Hai retto al Covid? adesso arrivo io..."

Azzerare il carico fiscale del 2021

Bisogna ripensare all'intero approccio fiscale dell'anno in corso, secondo la CGIA. Possibilmente arrivando a un azzeramento del carico di tasse.
Se fosse attuato per tutte le imprese con un fatturato 2019 inferiore al milione di euro, al Fisco costerebbe circa 28/30 miliardi di euro. Sarebbe una sorta di "investimento" per lo Stato, perché dando ossigeno alle piccole imprese, si permetterebbe loro di gettare le basi per una ripresa vera. E poi bisogna ricordare che comunque dovrebbero pagare le tasse locali.

martedì 8 giugno 2021

Futures sul carbone in continua ascesa, ecco cosa sta spingendo il prezzo

Nonostante l'economia globale sta virando verso una maggiore sostenibilità, un impatto più green, il carbone rimane il carburante numero uno del mondo per la generazione di energia. A dispetto delle pressioni sociali per motivi ambientali, il carbone continua ad essere un elemento cardine della produzione. Al punto che la domanda di mercato è ancora altissima.
E il prezzo ne risente, visto che i futures sul carbone continuano a correre.

Il balzo dei futures sul carbone

futures sul carboneIn base ai dati odierni, i futures sul carbone sono saliti a un nuovo massimo del 2018 di $ 114,65 per tonnellata. Inoltre si evidenzia un RSI failure swing (top bottom) che fa presagire ulteriori scatti in avanti.

Come detto, la spinta arriva principalmente da un fortissimo incremento di domanda.
La ripresa industriale dopo la crisi Covid ha fatto impennare le richieste di fossile, specie dalla Cina che è il principale utilizzatore. Il consumo di elettricità in Cina, un barometro chiave dell'attività economica, è cresciuto del 13,2% rispetto ad aprile di un anno fa. 
Inoltre le aspettative di una calda estate dell'emisfero settentrionale, non farà che aumentare ulteriormente la richiesta di energia per utilizzato dell'aria condizionata.

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I driver dell'offerta

Al tempo stesso, sul prezzo dei futures sul carbone incidono anche agenti dal lato dell'offerta, anche se i minatori fanno il possibile per soddisfare la forte domanda.
Si sono provocate infatti alcune interruzioni causate dai vincoli di approvvigionamento, ma anche interruzioni dovute agli incidenti minerari in Cina. Pochi giorni fa una "esplosione accidentale" è avvenuta in una miniera di carbone gestita da Henan Hebi Coal and Electricity Co, provcando anche vittime.

A questo si aggiungono anche le forti piogge in Indonesia e alle interruzioni in Colombia, dove gli ex lavoratori di una miniera di Cerrejón hanno bloccato i collegamenti in uscita dal sito estrattivo.

lunedì 7 giugno 2021

Tassa ai giganti del web. La svolta è storica ma l'equità fiscale è lontanissima

Nei giorni scorsi, i ministri finanziari del G7 si sono riuniti a Londra per raggiungere una storica intesa su una tassa minima unica da far pagare ai giganti del web. Alla fine l'accordo è stato raggiunto su una aliquota globale di almeno il 15%.

La nuova tassa sul web

Anni di discussioni hanno quindi prodotto un primo risultato concreto sulla tassa - più famosa col nome di web tax - che dovrebbe riformare il sistema fiscale globale per adattarlo all'era digitale.
Tuttavia, prima che questa tassa diventi effettivamente operativa passeranno degli anni. L’intesa infatti dovrà prima essere ratificata al prossimo G20, poi dai singoli Parlamenti.

In teoria, una parte delle maggiori entrate derivanti dalla tassa dovrebbe finanziare quei Paesi dove effettivamente vengono realizzate le vendite. Un sistema in teoria più equo di distribuzione dei proventi delle tasse, in attesa che in futuro la necessità di tasse nazionali sparisca del tutto e si arrivi a una tassa unica globale.

Si poteva far molto di più

Ma servirà davvero a combattere la fortissima elusione fiscale, che i giganti del web hanno potuto attuare grazie al "fisco amico" di alcuni Paesi?
In realtà, già il fatto che sabato pomeriggio i portavoce di Facebook e Google hanno fatto sapere che i due gruppi avevano accolto con favore l’accordo, fa capire che potevano temere molto ma molto peggio. La nuova tassa insomma è un pizzicotto dato a coloro i quali meritavano degli schiaffoni.

Equità... per davvero?

Siamo lontani da quella equità e giustizia sociale festeggiata dai ministri protagonisti dell'accordo. Ceh è bene ricordarlo, è frutto di un compromesso.
Infatti per rendere la proposta digeribile a quei Paesi che finora hanno fatto affari d'oro grazie ai trattamenti di favore riservati alle multinazionali (Cipro, Irlanda, Lussemburgo e Olanda), l'aliquota che inizialmente era fissata al 21%, è stata poi abbassata al 15%. Ben al di sotto, ad esempio, dell'Ires pagata dalle pmi italiane.