lunedì 28 febbraio 2022

Economia italiana, dalla guerra in Russia un impatto notevole

Confartigianato e Confesercenti lanciano l'allarme relativo all'impatto della guerra russo-ucraina sull'economia italiana, sia sul fronte delle imprese che di quello delle famiglie.

La guerra e l'economia italiana

Secondo la confederazione che rappresenta gli artigiani italiani, le sanzioni contro la Russia potrebbero aggravare un quadro già in atto da diversi anni. Infatti le sanzioni che sono scattate dopo la guerra in Crimea, già costano all'economia italiana circa 3 miliardi di euro l'anno

Con questo nuovo conflitto, le imprese italiane potrebbero patire un ulteriore contraccolpo a livello di export. Il flusso verso il mercato russo si è già ridotto del 28,5% negli ultimi anni.

L'impatto si avverte specialmente sulle micro e piccole imprese. Ad essere colpiti sono in special modo i settori alimentari, moda, mobili, legno, metalli, che vendono in Russia prodotti per 2.684 milioni di euro. Ossia il 34,9% delle nostre esportazioni nel Paese.
Tra le regioni più esposte per le esportazioni sul mercato russo vi è l'Emilia-Romagna, seguita da Veneto, Marche, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia.

L'allarme di Confesercenti

A questo allarme se ne aggiunge anche un altro. Secondo una stima di Confesercenti, l’invasione dell’Ucraina potrebbe avere un impatto rilevante sull’economia italiana.

Infatti il maggior costo delle materie prime importate e dell’energia potrebbe portare il tasso di inflazione al 6% nel 2022, determinando minori consumi per 4 miliardi di euro. Peraltro questi ultimi già risentono dell’effetto della quarta ondata di Covid.

La corsa dei prezzi viene innescata dall'incremento dei prezzi energetici e delle materie prime. Del resto in seguito all’avvio delle operazioni militari, già si è visto che c'è stato un ulteriore rimbalzo, con quotazioni che rispetto a inizio d’anno segnano ora aumenti del 27% per il petrolio e del 52,4% per il gas.
Il balzo dell’inflazione, a sua volta potrebbe avere un impatto sui tassi bancari, con un aggravio che potrebbe arrivare a costare alle imprese 5 miliardi di euro già il prossimo anno.

mercoledì 23 febbraio 2022

Banca centrale della Nuova Zelanda alza i tassi e preannuncia strette più aggressive

La banca centrale della Nuova Zelanda accelera lungo il percorso di rialzo dei tassi di interesse. Nel meeting di febbraio la Reserve Bank of New Zealand ha infatti deciso di aumentare il costo del denaro di 25 punti base.
Si tratta della terza stretta monetaria consecutiva, che porta il tasso di interesse in Nuova Zelanda all'1%, ossia a livello che aveva prima dello scoppio della crisi pandemica.

La decisione della banca centrale

La decisione presa dai policy makers neozelandesi si giustifica con il surriscaldamento dell'economia, a causa della corsa dell'inflazione. Per questo motivo la banca centrale ha deciso che era necessaria una stretta più vigorosa sui tassi di interesse.

Peraltro la banca centrale ipotizza che il percorso di aumento del costo del denaro dovrà essere accelerato nei prossimi mesi. Infatti sono previsti aumenti del costo del denaro fino al 2,2% entro la fine del 2022. E inoltre entro la Primavera del 2023 i tassi di interesse dovrebbero essere portati a 2,57%.
Oltre a prevedere un ciclo di strette più aggressive, la Reserve Bank of New Zealand comincerà anche a ridurre gradualmente il proprio bilancio.

Annotazione: prima di negoziare la valuta neozelandese dovete chiedervi quale broker per fare trading online si adatta meglio al vostro stile di investimento.

La reazione del dollaro neozelandese

Il meeting della banca centrale ha spinto il dollaro neozelandese sul mercato valutario. La valuta guadagna terreno rispetto al dollaro americano, andando a toccare i massimi di un mese dopo aver superato la media mobile a 50 periodi (PS. Se siete interessati al trading sulle valute, cercate i broker forex con spread più bassi).

Chiaramente gli investitori guardano con molta attenzione a quello che succede in Ucraina, perché le tensioni geopolitiche potrebbero cambiare gli scenari. Notizie positive spingerebbero verso un maggiore appetito al rischio, cosa che darebbe lancio al dollaro neozelandese. In caso opposto si potrebbero deprimere i mercati e innescare un ondata di avversione al rischio, cosa che penalizzerebbe valuta la valuta neozelandese.

lunedì 21 febbraio 2022

Prezzi dell'energia rischiano di bruciare 8 miliardi di PIL

A causa della corsa dei prezzi dell'energia, secondo Confesercenti l'inflazione in Italia potrebbe schizzare al 5,6% prima della fine dell'anno. Si tratterebbe di un livello record degli ultimi trent'anni.

PIL e prezzi dell'energia

La corsa dei prezzi dell'energia rischia di avere fortissime ripercussioni sul PIL. Secondo la federazione che rappresenta gli esercenti, uno scenario del genere finirebbe per gravare sull'economia italiana per circa 8 miliardi di euro. Denari sottratti al nostro prodotto interno lordo, e di conseguenza alla già faticosa ripresa economica post pandemia.

I dati shock

Secondo Confesercenti, gli interventi straordinari che sono stati varati dal governo hanno solo in piccola parte mitigato il problema del rialzo dei prezzi dell'energia.
I costi di elettricità e gas sono schizzati del 131% e del 94% rispetto al primo trimestre dello scorso anno. Si tratta di un incremento spaventoso, che per le imprese si traduce in un aumento annuo dei costi enorme.

E' stato calcolato che l'aumento sia pari a €12000 nel caso dei ristoranti e quasi 6 mila per un bar, ossia le due categorie più colpite.
Ma anche per i piccoli negozi di alimentari le cose non vanno meglio, visto che l'aumento potrebbe essere di circa 2000 euro.

Come affrontare il rincaro dei prezzi dell'energia

Per evitare questa stangata, secondo Confesercenti non bisogna agire sulla corsa dei prezzi soltanto con misure una tantum ma con interventi strutturali. La loro necessità è assoluta, soprattutto per quanto riguarda le piccole imprese.

In tal senso occorrono misure capaci di accelerare la riconversione in ottica green. Per farlo, suggerisce Confesercenti, si può attingere al maggiore introito che il caro carburante porterà nelle casse dello Stato.
Si tratta di circa 2,7 miliardi di euro, che sono frutto delle accise sui carburanti. Questo tesoretto dovrebbe essere dirottato sulle piccole e medie imprese per interventi strutturali.

mercoledì 16 febbraio 2022

Mercato del petrolio, il prezzo si ritira dal massimo di 8 anni

Sono senza dubbio giorni estremamente intensi per il mercato del petrolio. Il caos riguardo alla situazione che c'è in Ucraina ha avuto un impatto diretto e feroce sui prezzi dell'oro nero, tanto che a inizio settimana il barile ha raggiunto prezzi che non si vedevano dal 2014.

Le tensioni in Ucraina e il mercato del petrolio

La prospettiva di una imminente invasione della Russia in Ucraina si era fatta sempre più concreta negli ultimi giorni. Poi martedì c'è stata una importante schiarita. I colloqui hanno fatto avanzare le speranze di una riduzione di questa escalation di tensione. Tutto questo ha favorito la riduzione dei prezzi dell'oro nero.

Sul mercato del petrolio il Brent e il WTI sono scesi dai massimi di 8 anni, pur rimanendo oltre la soglia dei 90 dollari e sul limite superiore di un triangolo ascendente.

Volatilità elevata

Ma sul mercato del petrolio rimane una situazione di grossa volatilità, perché i giorni rimangono delicati.
Non c'è dubbio che la fine ti alcune esercitazioni delle Forze Armate russe al confine con l'Ucraina siano una buona notizia. Ma la situazione non si può ancora dire in discesa. Si tratta solo di un primo segnale. Sebbene positivo, c'è ancora tanta strada da fare.
Tutto questo inevitabilmente continuerà a condizionare i prezzi del petrolio, che sono estremamente sensibili agli eventi che si svolgono al confine con l'Ucraina.

La situazione tecnica dei prezzi

Dal punto di vista tecnico il prezzo del petrolio continua ad essere oltre la soglia dei $90 ed in una condizione di forte ipercomprato. Chi ha il nuovo link Pocket Option può vedere anche la situazione su l mercato delle opzioni binarie.

Intanto il saldo tra offerta e domanda sul mercato dei petrolio continua ma non essere in equilibrio. Il motivo fondamentale è che alcuni membri dell'Opec hanno difficoltà a raggiungere la loro quota produttiva. Per questo settimana scorsa l'AIE ha invitato Arabia Saudita ed Emirati Arabi a iniettare più prodotto sul mercato, avendone la possibilità. Questo chiaramente darebbe un po' di ossigeno alla corsa sfrenata dei prezzi, in un momento in cui le scorte di oro nero stazionano verso i livelli minimi storici.

lunedì 14 febbraio 2022

Investimenti sostenibili, secondo l'Esma ci sono troppe divergenze sui criteri Esg

Una delle tendenze più interessanti nel panorama dei mercati finanziari, è senza dubbio l'attenzione crescente che gli investitori stanno riservando ai fattori ESG. Si tratta cioè dei fattori ambientali, sociali e di governance. Investimenti sostenibili, per usare una terminologia sintetica.

La spinta verso gli investimenti sostenibili

Gli investitori hanno manifestato un interesse crescente riguardo agli investimenti sostenibili già da diversi anni, ma la situazione ha vissuto una forte accelerazione durante il periodo pandemico.

Probabilmente la crisi sanitaria ha agito come motivatore delle coscienze, spingendo gli investitori ad aumentare il peso dei fattori sostenibili nelle loro scelte di impiego di capitale.
Un numero manifesta chiaramente questo trend: soltanto nel primo semestre del 2021, il patrimonio dei fondi sostenibili dell'Unione Europea è balzato del 20% salendo ai 1500 miliardi di euro.

I problemi nel rating

Tuttavia l'autorità Europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha acceso i riflettori su un problema relativo agli investimenti sostenibili. Secondo l'Authority esistono infatti troppe divergenze riguardo ai criteri che vengono assunti per la valutazione dei fattori di sostenibilità.

Le agenzie di rating infatti non hanno criteri univoci, e nonostante la stessa autorità Europea evidenzi come ci siano stati dei miglioramenti a partire dal 2020, la situazione rimane ancora caratterizzata da forti disomogeneità (definite "sorprendenti").

Valutazioni disomogenee

Effettuando un'analisi di oltre 64 mila comunicati rilasciati dalle Agenzie di Rating, la Esma ha evidenziato che le informazioni sui criteri ESG differiscono in modo notevole da un'entità all'altra. Questa discrepanza si manifesta specialmente quando si valutano i temi di carattere ambientale.

È necessaria quindi una maggiore trasparenza e omogeneità, per consentire a chi vuole fare investimenti sostenibili di avere strumenti di scelta più efficace.
Proprio per risolvere questo problema, è stato ho deciso di procedere ad una consultazione tra agenzie di Rating, società e investitori, che durerà fino al mese di marzo.

mercoledì 9 febbraio 2022

Vendite di auto, l'Europa vede un rimbalzo ma non siamo ancora sui livelli pre-pandemia

Migliorano i numeri del mercato automobilistico europeo. Dall'ultimo report fornito dalla Acea, ovvero l'associazione Europea dei produttori, emerge che le vendite di auto nel corso del 2022 dovrebbero crescere del 7,9%.

Prospettive delle vendite di auto

Malgrado si rimarrà al di sotto dei livelli che si registravano prima dello scoppio della crisi pandemica, è comunque un piccolo segnale di ossigeno per un settore che ha vissuto 2 anni delicatissimi. Basta guardare le quotazioni di Stellantis a Piazza Affari, oppure di BMW e Volkswagen sulla Xetra borsa (cos'è) in Germania

Il fattore che potrebbe dare slancio alle vendite di auto è la riduzione del deficit di offerta sul mercato dei chip elettronici. Questo consentirà di spingere le immatricolazioni di nuovi veicoli a 10,5 milioni nel 2022, dopo i 9,7 milioni dello scorso anno.

Annotazione: sfortunatamente sui titoli del settore auto non è possibile porsi come copy trader opzioni binarie sul mercato finanziario.

Il problema della carenza di chip

Non c'è dubbio che la carenza di semiconduttori sia stato il principale motivo che ha paralizzato la ripresa delle vendite di auto, tanto in Europa quanto in America. I chip sono prodotti principalmente in Asia, ed è da lì che il mondo intero si rifornisce in misura prevalente.

Per questo motivo che la stessa Acea ha chiesto con forza all'Unione europea di ridurre questa dipendenza dai fornitori extraeuropei. si deve assolutamente evitare il ripetersi di questa situazione disastrosa anche in futuro.
Dal canto suo la Commissione Europea ha varato una strategia in tal senso, nota come Chips Act, che mette in ballo decine di miliardi di euro di investimenti.

Le auto elettriche e ibride

La situazione è ancora più delicata se si riflette sul fatto che le vendite di auto ibride ed integralmente elettriche stanno continuando a crescere, al punto che oggi esse sono il 25% delle vendite di auto nella Ue.
Va ricordato che l'Eurozona si è posta come obiettivo la fine delle auto a benzina e diesel entro il 2035. E' proprio per questo motivo che le fragilità attuali del mercato dell'auto devono essere risolte.

lunedì 7 febbraio 2022

Lavoro indipendente, numeri in declino ma non è solo colpa del Covid

La categoria professionale più colpita dalla pandemia è quella del lavoro indipendente. A mettere in evidenza questo problema è l'ufficio studi della CGIA, sulla base dei dati forniti da Istat.

I numeri del lavoro indipendente

Nel corso dei due anni in cui il coronavirus ha flagellato l'economia, sono andate perse tantissime unità di lavoro indipendente. Parliamo di circa 321 mila.
Prima dello scoppio della crisi sanitaria il numero superava i 5 milioni, oggi invece è sceso sotto i 4,9. La perdita percentuale è del 6,2%.

Un trend che viene da lontano

A dire il vero, occorre sottolineare che la discesa numerica del lavoro indipendente era comunque cominciata anche prima dello scoppio della pandemia.
Il picco si era registrato nel 2016, quando il numero totale di lavoratori indipendenti era arrivato a superare quota 5,4 milioni.
Da quel momento in poi è cominciato un calo tendenziale delle unità di lavoro indipendente, fino a toccare il minimo storico a dicembre dello scorso anno.

Il Covid aveva colpito anche i lavoratori dipendenti, ma in quest'ultimo caso c'è stato un forte rimbalzo dopo il primo semestre di crisi sanitaria, che era stato decisamente drammatico. E' nella fase della ripresa che ha fatto seguito alla prima forte ondata di coronavirus, che dunque si crea una divergenza tra lavoro indipendente e dipendente.

I problemi delle partite IVA

Il popolo delle partite IVA ha dovuto fronteggiare diversi problemi legati al covid. Anzitutto le limitazioni alla mobilità. Ma poi si sono associati anche il calo dei consumi, il carico fiscale e l'impennata del costo degli affitti. Fattori che hanno agito insieme, spingendo molte partite IVA a chiudere definitivamente.

Una fetta di coloro che avevano resistito si è dovuta poi arrendere di fronte alla recente impennata dei prezzi dell'energia. Le bollette di luce e gas hanno infatti subito dei rincari enormi che hanno spinto in molti a gettare la spugna.

Interventi necessari

Se non si vuole continuare a perdere unità di lavoro indipendente anche in futuro, occorre invertire in fretta la tendenza, ritoccando l'imposizione fiscale e spingendo sul rilancio dei consumi. Ma anche tagliando una parte del peso della burocrazia. Su tutto però occorre fare una rivoluzione culturale, per ridare dignità valore sociale e un riconoscimento economico equo alle tante professioni artigianali, che rappresentano da sempre una virtù del nostro paese.

mercoledì 2 febbraio 2022

Valute digitali, dietro al calo c'è l'ipotesi del ciclo halving

Se la prima parte del 2021 è stato un anno estremamente intenso e proficuo per il settore delle valute digitali, negli ultimi mesi lo scenario si è fatto decisamente più cupo.

Cosa succede alle valute digitali

Anche l'andamento del mese di gennaio, che si è appena concluso, conferma questa tendenza deludente. Si prenda ad esempio la regina delle valute digitali, ossia il Bitcoin. Il prezzo di questa criptovaluta a novembre aveva raggiunto la soglia storica di 68000 dollari. A distanza di poco più di 2 mesi, il prezzo è adesso in prossimità dei 35.000.
Praticamente il valore del Bitcoin si è dimezzato, creando problemi anche a chi fa copytrading trading (opinioni).

Colpa del ciclo dell'halving o no?

Secondo alcuni questa situazione è frutto del cosiddetto halving, ossia la procedura che riduce la quantità di Bitcoin creata per ogni nuovo blocco.
Il ciclo di halving avrebbe comportato un indebolimento del Bitcoin, che poi avrebbe trascinato con sé anche il resto delle valute digitali.
A sostegno di questa ipotesi, gli analisti ricordano che nei 3 precedenti halving c'era prima stata una reazione fortemente rialzista dei prezzi, ma in seguito una profonda correzione. Normali dinamiche quindi.
Ma ci sono altre spiegazioni al calo delle valute digitali, da ricercare anzitutto nell'attuale contesto macroeconomico.

Lo scenario macro e le valute digitali

Dopo lo scoppio della pandemia e la successiva ripresa economica, l'inflazione è cresciuta in tutte le economie del mondo. Questo problema di recente ha costretto la Federal Reserve (ma anche le altre banche centrali) ad anticipare il percorso di rialzo dei tassi di interesse.
Una mossa del genere penalizza le attività più rischiose come le azioni (Il Nasdaq ha perso il 13,2% da un anno all'altro), e appunto le valute digitali. Chi utilizza App per giocare in borsa gratis, sa di cosa stiamo parlando.

Ci sarebbe peraltro una discreta correlazione proprio tra il mercato azionario e quello delle criptovalute: entrambi asset rischiosi e soggetti a scivoloni quando il contesto generale si deteriora. La differenza però è che le valute digitali, essendo molto più volatili, oscillano in maniera più marcata.