giovedì 30 agosto 2018

Petrolio, sprint sulle scorte USA. Il Brent vola verso 77 dollari

Continua la marcia al rialzo del petrolio, sostenuto stavolta dai dati sulle scorte pubblicate negli USA. Il Brent da metà agosto ha guadagnato circa il 10%, il WTI ha fatto meno bene ma comunque viaggia anch'esso in netto trend.

I dati sulle scorte di petrolio

Come detto, l'ultimo impulso alla cavalcata del petrolio è giunto dai dati sulle scorte settimanali di greggio (si possono i dati macro tramite la lista siti trading affidabili autorizzati). C'è stata una nuova flessione inattesa dai mercati. Secondo l'EIA (la divisione del Dipartimento dell'Energia americano), le scorte di oro nero nel corso dell'ultima settimana si sono assottigliate di 2,6 milioni di barili. Sono così scese a quota 405,8 MBG, rispetto ai 408,4 MBG della scorsa settimana. Benché gli analisti prevedessero un calo, questo è stato molto superiore alle attese (0,7 milioni di barili).  Sempre secondo l'EIA, gli stock di distillati sono calati di 0,8 milioni a 130 MBG dai 130,8 MBG, mentre il consensus era per un incremento di 1,6 mln di barili. Anche le scorte di benzina sono scese (1,5 milioni di barili, il consensus era per un aumento di 0,3 milioni di barili). Invariate invece le riserve strategiche di petrolio.

Tali dati hanno spinto ulteriormente le quotazioni del petrolio. Questa mattina il Brent si sta muovendo al rialzo attorno quota 77 dollari al barile. Bene anche il WTI, che sulla piattaforma eToro registra una progressione che lo avvicina a 70 dollari al barile (qui c'è la come funziona copy trading eToro guida).

Va detto che la grossa variabile che continua a incidere sul mercato petrolifero è l'Iran, data l'imminente entrata in vigore delle nuove sanzioni che andranno a colpire proprio il greggio. Questo finirà inevitabilmente per alterare gli equilibri di domanda e offerta, e in definitiva inciderà sul prezzo.

martedì 28 agosto 2018

Redditi degli italiani ancora molto lontani dai livelli pre-crisi

L'economia italiana è cresciuta negli ultimi anni, ma il reddito degli italiani rimane ben distante dai livelli antecedenti alla crisi. Lo ha messo in evidenza una indagine del Sole24Ore, che rimporta altresì come questa situazione sia abbastanza diffusa e non circoscritta soltanto ad alzune zone. Più in particolare, anche nei capoluoghi di provincia restano in media più basi del 2% rispetto a quelli del 2008.

I dati sui redditi degli italiani

In prevalenza sono le aree del Sud ad accusare le perdite maggiori. Crotone (-7,97%) e Agrigento (-7,09%) sono le città più colpite. Ma la palma della peggiore va ad Isernia: -9,39%. Il bilancio è comunque negativo addirittura per 91 capoluoghi su 108, compreso Roma (-4,09%). Caso particolare è Milano, dove si registra un saldo negativo (-1,37%) malgrado il capoluogo lombardo rimanga ancora al top con oltre 34mila euro per contribuente. Se i dati negativi sono distribuiti su tutto il territorio Nazionale, quelli positivi si contano sulle dita di una mano e sono tutti al Nord: Trieste (+2,15%), Belluno (+2,06%), Torino (+1,24%) e Verona (+1,1%). Ci sarebbe un altro saldo positivo, quello di L'Aquila (+5,64%) ma ahinoi è un dato che non fa testo perché l’anno di raffronto è quello del terremoto (molto basso).

L’analisi del Sole24Ore prende in considerazione anche il numero di contribuenti rispetto agli abitanti. Qui le differenze tra le varie aree del territorio Nazionale sono molto più evidenti. Al Sud infatti il rapporto tra contribuenti e abitanti è circa al 50% (a Napoli ad esempio è 49,5%), molto inferiore rispetto alla media Nazionale del 65,4%. Questo rende evidente come in queste zone la disoccupazione sia molto più marcata, così come sia più elevato il numero di bambini. Fa riflettere anche la circostanza che il numero dei contribuenti al Sud non cresca da anni, perché vuol dire che non aumentano le occasioni di lavoro.

Riguardo infine al reddito medio, rimane ancora una certa differenza tra le aree urbane e quelle periferiche, specie i piccoli paesi. Anche se il reddito medio è calato un po' ovunque in questi ultimi 9 anni, nei Comuni con meno di 5mila abitanti è giunto al 20% più basso della media, nei centri oltre i 100mila residenti è invece al 20%... in più.

domenica 26 agosto 2018

Mercati finanziari, lo scenario rimane molto eterogeneo

Fino a qualche tempo fa credevamo che la crescita economica globale fosse abbastanza sincronizzata, mentre adesso ci si sta rendendo conto di un discreto disallineamento. Questo vale soprattutto per i mercati finanziari e in special modo l'andamento delle Borse. Gli Stati Uniti fanno festa, visto che dopo un decennio brillante lo S&P500 ha addirittura aggiornato il massimo storico. Inoltre il Nasdaq rimane l'unico indice che dallo scorso mese di gennaio è riuscito a piazzare un rialzo in doppia cifra, +14%. Molto differente è il discorso per alcuni paesi deboli dell'Europa, per il Giappone e per i paesi emergenti, dove arrivano segnali di difficoltà (e in alcuni casi in pieno crollo, come accade per Turchia e Venezuela).

Lo scenario futuro per i mercati finanziari

All'orizzonte però ci sono fattori che potrebbero essere insidiosi sui mercati finanziari, anche per gli USA. L’escalation di una guerra commerciale potrebbe incidere in modo negativo sulle quotazioni delle azioni Usa, in special modo per quelle aziende che hanno delocalizzato la produzione oltre i confini nazionali (peraltro in molti casi proprio in Cina e in altri Paesi asiatici).

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Va messo in conto anche il futuro approccio di politica monetaria delle banche centrali. Siamo infatti entrati nella fase finale degli stimoli monetari straordinari, ma di fronte a questi eventi recenti (guerra dei dazi, il possibile impeachment di Trump, l'impennata dello spread italiano) le autorità monetarie potrebbero continuare a fornire una guida assistita ai mercati finanziari. Lo stesso governatore della FED Powell nel recente simposio di Jackson Hole da una parte ha detto che il rialzo dei tassi andrà avanti, ma dall'altra ha lasciato in dubbio un eventuale quarto ritocco a dicembre. Questa prudenza della Fed ha immediatamente indebolito il dollaro, col cambio euro-usd passato da 1,14 a 1,16 (si veda in proposito l'andamento dell'indicatore alligator trading forex).

Vanno guardati con attenzione anche due aspetti. Il primo relativo ai report PMI, che hanno tracciato un rallentamento per i prossimi mesi. E non vale solo per l'Eurozona, ma anche per gli Stati Uniti. Inoltre i rendimenti obbligazionari sono rimasti stabili per le lunghe scadenze, il che è sintomo di una crescita che non mette pressione a vendere. Anche in questo caso, il discorso vale sia per gli Stati Uniti, sia per l’Europa.

giovedì 23 agosto 2018

Investimenti esteri: crolla l'appeal dell'Italia. Maggio e giugno in rosso per 72 miliardi

I dati resi noti negli ultimi due bollettini mensili della Banca d'Italia (sui dati BCE) evidenziano che gli investimenti esteri in obbligazioni italiane sono in deciso calo. Parliamo di ben 72 miliardi di euro in meno, mica bruscolini. A maggio il saldo negativo è stato di 34 miliardi, il mese successivo è salito a 38.

Quindi, chi detiene attività finanziarie italiane in portafogli non si fida tanto e preferisce guardare altrove. Magari non dismette tutto, ma almeno una parte la elimina, ritenendola troppo rischiosa rispetto al proprio profilo di interesse/rischio. Il fatto che si tratti di ben due impennate negative e quasi dello stesso ammontare, non lascia spazio a dubbi: ci stanno volutamente scaricando. Sebbene dal Tesoro non lancino allarmi, comunque si tratta di cifre che non vanno sottovalutate.

Il freno agli investimenti esteri

Il timore che frena gli investimenti esteri in Italia riguardano le prospettive economico-politiche del nuovo Governo. Nessuno immagina come potrà chiudersi la partita della legge di bilancio, la cui discussione è attesa per la metà di ottobre, e il braccio di ferro che ci sarà con Bruxelles riguardo ai i vincoli europei. Gli investitori esteri aspettano qualche numero, e magari anche di sapere come reagiranno le agenzie di rating perché una eventuale bocciatura potrebbe pesare tantissimo. Ricordiamo che gli investimenti esteri rappresentano un terzo del nostro debito, che ammonta a oltre 2.300 miliardi.

C'è poi da vedere come si muoverà lo spread. La differenza tra i nostri rendimenti decennali e quelli dei titoli tedeschi è cresciuta più del doppio in pochi mesi, passando da 120-130 punti a 260-270, toccando anche quota 300. Fattore molto negativo questo, perché più è elevato lo spread, più costa il nostro debito pubblico.

La notizia positiva è che il paese è in crescita, anche se poco. E che la BCE andrà avanti con il piano espansivo per un altro annetto circa, cosa che permetterà di ingrossare il bilancio della Banca d’Italia, tenendo a bada rendimenti e spread. Ma il tempo scorre e il nostro debito choc bisogna ridurlo.

martedì 21 agosto 2018

Dollaro australiano, rimbalzo sui massimi di inizio agosto

L'inizio settimana è stato positivo per il dollaro australiano (AUD) e quello neozelandese (NZD). Hanno infatti toccato i massimi dell'ultima decina di giorni, grazie alla prospettiva di un calo della tensione tra Cina e Stati Uniti riguardo al commercio. In particolare, la Cina e gli Stati Uniti hanno programmato dei negoziati per la fine del mese. Se le tensioni tra i due giganti dovessero allentarsi, sarebbe un bene enorme per le due economie.

Cosa incide sul dollaro australiano

Il dollaro australiano è salito oltre quota 0,7350, superando i massimi registrati lo scorso 10 agosto. Durante la settimana passata ha guadagnato lo 0,3%, nonostante abbia toccato il livello minimo da gennaio 2017 a $ 0,7203 (mercoledì). La strategia bande di Bollinger e Rsi evidenzia un incrocio con la banda superiore in zona di ipercomprato (grafico 4H). Il dollaro neozelandese dal canto suo ha rimbalzato sui minimi di due anni e mezzo intorno a $ 0,6540 toccati la settimana precedente a un massimo di dieci giorni di $ 0,6642. Il kiwi ha chiuso la scorsa settimana a circa l'1%.

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Per quanto riguarda l'Australia, va considerato quel che sta succedendo su fronte politico. L'ultimo sondaggio ha mostrato che il sostegno al Primo Ministro Malcolm Turnbull è sceso ai minimi da dicembre, alimentando la speculazione che potrebbe esserci un duello interno nella sua coalizione di governo (centro-destra). Ricordiamo che l'Australia non ha avuto un primo ministro che abbia completato un intero mandato triennale negli ultimi dieci anni. Qualora i mercati dovessero percepire il rischio della perdita di leadership o addirittura di elezioni anticipate, questo potrebbe pesare sul dollaro australiano.

sabato 18 agosto 2018

Rating della Turchia decassato: Moody's e S&P danno un altro schiaffo ad Ankara

Come se no lo fosse già abbastanza, la crisi della Turchia si arricchisce di un nuovo episodio che la aggrava ulteriormente. La scorsa notte infatti le agenzie di rating Moody e Standard & Poor’s hanno declassato il rating portandolo a "junk" (spazzatura). E se per S&P l'outlook rimane stabile, per Moody’s invece peggiora a "negativo".

Le motivazioni delle agenzie di rating

Moody aveva già colpito il rating sovrano turco nel 2016, mentre adesso lo declassa di un altro gradino. Motivazione? "Continuo indebolimento delle istituzioni pubbliche turche" e "conseguente riduzione della prevedibilità delle scelte politiche". Secondo l'agenzia newyorkese inoltre sono sempre più forti le preoccupazioni circa la reale indipendenza della banca centrale, ma sale anche lo scetticismo riguardo la capacità di definire un piano credibile per affrontare la crisi finanziaria.

La decisione di S&P affonda le radici nella stessa situazione. In questo caso si mette l'accento anche sull'estrema volatilità della lira turca e il conseguente previsto squilibrio della bilancia dei pagamenti minano l’economia della Turchia. S&P prevede che nel 2019 l’economia turca cadrà in recessione, mentre l’inflazione arriverà fino al 22% nei prossimi quattro mesi.

Il declino della Lira turca

Il doppio schiaffo che arriva dalle agenzie di rating arriva dopo un altro delicatissimo giorno per la valute turca. Venerdì infatti ha ripreso a cadere, svalutandosi del 5%, a circa 6,11 sul dollaro. La nuova discesa è stata innescata da un tweet del presidente Usa, Donald Trump, che ha minacciato nuove misure punitive se la Turchia non libererà Andrew Brunson, il pastore evangelico americano che, sotto accusa per spionaggio e terrorismo, rischia 35 anni di carcere.

Ricordiamo che gli USA hanno già fatto scattare delle sanzioni contra la Turchia e raddoppiato i dazi sull’importazione dell'acciaio e dell’alluminio turco. Dal canto suo Ankara ha già risposto con tariffe per 533 milioni di dollari su automobili, tabacco e bevande alcoliche made in Usa. La Turchia ha pure annunciato che intende boicottare i prodotti elettronici americani, a cominciare dall’iPhone.

martedì 14 agosto 2018

Valute dei mercati emergenti in ripresa, il Rand guadagna il 2% sul dollaro

Dopo aver toccato il minimo di due anni contro il dollaro, il Rand sudafricano prova il rimbalzo e guadagna più del 2% questo martedì (almeno per adesso). Rimane però la forte sensazione di pesantezza sull'intero settore delle valute dei mercati emergenti, dal momento che gli investitori hanno scaricato le loro attività in questi mercati a causa dei timori sull'economia turca.

Il rand è una delle valute dei mercati emergenti più scambiate al mondo, e la coppia Usd-Zar pur non essendo tra le coppie di valute più volatili forex, è altamente suscettibile alle oscillazioni dell'umore nei mercati globali. Lunedì anche la valuta africana ha sentito il peso della forte svalutazione della Lira turca, che è stata trascinata al ribasso dalle preoccupazioni per le richieste del presidente Tayyip Erdogan di abbassare i tassi di interesse e dal peggioramento dei legami con gli Stati Uniti.

La ripresa del Rand

Oggi invece, nelle prime ore del mattino il rand era scambiato a 14,0600 contro il dollaro, circa il 2,4% più forte di ieri. Inoltre rispetto al minimo toccato ieri ha recuperato circa l'11%. Anche i titoli di Stato sono aumentati, poiché il rendimento del titolo di Stato di riferimento in scadenza nel 2026 è sceso di 11 punti base all'8,94%. Complessivamente il rand è diminuito di circa il 12% rispetto alla valuta statunitense quest'anno.

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Nonostante la brusca scivolata del rand avvenuta a inizio settimana, il vicegovernatore della South African Reserve Bank ha detto a Reuters che non è assolutamente previsto che la banca centrale intervenga a sostegno della valuta. Del resto i dati macro non sono negativi. Il Sud Africa ha infatti un deficit delle partite correnti (e un minore stock di debito estero a breve) molto minore rispetto alla Turchia, e l'economia dovrebbe crescere moderatamente quest'anno dopo un torrido primo trimestre.

sabato 11 agosto 2018

Spese per beni e servizi, in Italia il 40,7% sono obbligate

Le spese obbligate rappresentano nel 2018 quasi la metà dei nostri consumi. Per la precisione sono il 40,7%, secondo i dati di Confcommercio. Ed anche se il dato è in calo di un punto percentuale rispetto all'ultima rilevazione del 2014, l'incidenza rimane ancora molto elevata. Complessivamente esse pesano per quasi 7.300 euro l'anno pro capite.

L'analisi delle spese e dei consumi

Si tratta di quelle spese rispetto alle quali ogni cittadino ha poca se non nessun scelta. In sostanza, le deve pagare. Ne sono un esempio l'affitto di casa, le bollette, il cibo, i ticket sanitari, ma anche servizi finanziari ed assicurazioni.

La quota che assorbe la maggior parte della spesa riguarda la casa, che a testa "mangia" circa 4200 euro. Anche se in leggero calo, rimane sostenuta anche la spesa per gli alimentari. A testa si spendono 2.681 euro annui, ovvero il 15% totale sui consumi (in calo rispetto al precedente 15,2%). Rimane sostenuta anche la spesa riguardante la sanità. Nel 2018 l'italiano spende circa 629 euro annui a testa, pari al 3,5% sul totale dei consumi. Riguardo a tali spese va evidenziato che le esigenze di finanza pubblica hanno aumentato la quota di partecipazione richiesta ai cittadini. Tra le spese obbligate entrano anche quelle legate alla mobilità, come assicurazioni e carburanti, che sono in leggero aumento (soprattutto a causa dell'aumento dei carburanti).

Spese obbligate, commercializzabili e crisi


L'analisi di Confcommercio evidenzia inoltre che le spese obbligate sono "impermeabili" alla crisi. In sostanza dal 1995 ad oggi hanno oscillato tra il 36,5-41%, addirittura andando in aumento anche nel periodo di crisi.

Durante questo lasso di tempo hanno invece ceduto il passo le spese per "beni commercializzabili", ovvero quelle determinate dai gusti e della abitudini dei singoli consumatori. Va aggiunto che queste ultime sono state altresì ridotte per via dell'incremento delle spese per "servizi commercializzabili".

giovedì 9 agosto 2018

Rublo russo in caduta libera sul dollaro a causa delle sanzioni USA

C'è un'aria molto pesante sul rublo russo. La valuta russa è stata interessata da una nuova ondata di vendite, che ha spinto il cambio con il dollaro in salita del 3,3% in scia della proposta avanzata dall’amministrazione statunitense di nuove sanzioni.

Le sanzioni USA e il rublo russo

Washington ha deciso di colpire Mosca per via dell'assassinio a mezzo di gas nervino dell’ex spia russa Sergej Skripal e di sua figlia Julia, avvenuti il 4 marzo 2018 a Salisbury, nel Regno Unito. Episodio riguardo al quale la Russia ha sempre negato ogni coinvolgimento. Le nuove misure potrebbero entrare in vigore nella seconda metà del mese. Dovrebbero riguardare le esportazioni di beni legati alla sicurezza nazionale, inclusi settori come la tecnologia specializzata di petrolio e gas e alcuni dispositivi elettronici e sensori (secondo quanto dichiarato da un funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti).

Questo ha spinto il cross tra dollaro e rublo russo verso un incremento di oltre il 4%, portando il saldo 2018 a +14,3% (occhio alla formazione del piercing line pattern forex). La coppia si è spinta fino al livello massimo dall’agosto 2016. Massimi da due anni anche per i rendimenti dei bond. Nel frattempo l'indice RTS, il benchmark denominato in dollari che comprende i titoli più liquidi tra le principali emittenti russe, sta cedendo quasi 2 punti percentuali. Molto penalizzata la più grande compagnia aerea russa, la Aeroflot, scesa ai minimi di due anni.

Inoltre a peggiorare la situazione del rublo russo ci sono due ulteriori fattori. Anzitutto la forza propria del dollaro. Come si può vedere su tutti i siti Forex Trading online gratis, il greenback sta guadagnando contro tutte le altre principali valute. Il Dollar Index è salito a 95,345. In secondo luogo la contrazione delle quotazioni del petrolio. Gli investitori, visto questo di incertezza, stanno ignorando i fondamentali economici del Paese per concentrarsi sugli sviluppi politici.

martedì 7 agosto 2018

Sanzioni commerciali all'Iran in vigore da oggi. Che danno per l'Italia

Scattano oggi nuove sanzioni commerciali a carico dell'Iran. Si tratta di misure "secondarie", nel senso che non vanno a colpire il paese mediorientale, bensì i soggetti non americani che intrattengono relazioni economiche e commerciali con esso. Chi non fermerà subito i commerci con Teheran, incapperà in durissime ritorsioni che dalle multe potrebbero arrivare fino al blocco del commercio con il mercato statunitense.

Le sanzioni commerciali volute da Trump

sanzioni commerciali iranIl presidente americano Trump le aveva preannunciate il giorno dell'uscita unilaterale degli Stati Uniti dall'Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), ovvero l'accordo sul nucleare iraniano raggiunto nel luglio 2015 ed entrato in vigore nel gennaio 2016. Questa nuova ondata di sanzioni commerciali vuole colpire l'acquisto di dollari americani da parte del governo di Teheran, il commercio in oro o metalli preziosi, la vendita diretta o indiretta, la fornitura e il trasferimento verso o dall'Iran di grafite, metalli grezzi o semilavorati quali alluminio, acciaio, carbone e software per l'integrazione dei processi industriali.

Un danno per l'Italia


Tra i paesi che risentiranno maggiormente di questa ondata di sanzioni commerciali c'è l'Italia, che nel 2017 è divenuto primo partner commerciale dell'Iran tra i paesi dell'Unione europea. Il volume di scambi tra i due paesi è arrivato a quota 5 miliardi di euro. Al secondo e terzo posto ci sono Francia e Germania con 3,8 e 3,3 miliardi. Probabile che tra breve diverse imprese italiane dovranno rinunciare a molti commerci e business ripresi di recente.

A Teheran è chiaro che serpeggia il malcontento. Di questo stato di tensione ha fatto le spese il riyal, la valuta locale, che è crollata del 50% nei confronti del dollaro rispetto a pochi mesi fa. L'inflazione continua a salire, fornendo un assist importante al mercato nero prospera e alla corruzione. Chi è più fortunato e ricco, cerca di comprare ora perché è l'unico bene immune alla svalutazione in tempi di crisi. Non è un caso che tra maggio e giugno le richieste di metallo prezioso siano salite ai record di quattro anni.

E all'orizzonte c'è il secondo round, che sarà molto più critico perché andrà a colpire le esportazioni di greggio e le transazioni con la Banca centrale iraniana. Appuntamento il 4 novembre.

domenica 5 agosto 2018

Sterlina senza slancio, settimana statica contro l'euro

Malgrado alcuni dati macro poco convincenti relativi alla zona Euro, la sterlina non è riuscita a recuperare terreno sulla valuta unica in questa settimana. Come al solito sono state le incertezze relative alla brexit a penalizzare lo slancio della valuta britannica, che è stata poco "attraente" per tutta la settimana.

L'andamento della sterlina

Analizzando i dati de i migliori siti trading online affidabili, possiamo vedere come dopo l'apertura della scorsa settimana a livello di 0,8896, la coppia EUR / GBP ha oscillato a causa della debolezza sia dell'euro sia della sterlina. La coppia ha toccato il minimo settimanale di 0.8861 giovedì, subito dopo la decisione della Banca d'Inghilterra (BoE) di alzare i tassi. Ma poi ha chiuso la settimana più vicino al livello di 0.8926. Alcuni dati sull'inflazione dell'area Euro migliori delle previsioni sono stati sufficienti per dare alla valuta UE un po 'di sostegno, questo nonostante gli altri dati chiave dell'eurozona della settimana abbiano deluso gli investitori (CPI, PPI, Prodotto interno lordo).

La sterlina dal canto suo non è riuscita a beneficiare del rialzo del tasso d'interesse della Bank of England (BoE) giovedì, poiché le incertezze della Brexit hanno pesato notevolmente. Il Governatore della BoE Mark Carney ha dichiarato che ci sono possibilità elevate di una Brexit "senza accordo", ed ha persino messo in conto l'eventualità che la banca possa dover ridurre i tassi di interesse, se il processo Brexit finirà male. A questo si aggiungono poi anche alcuni dati macro poco incoraggianti. Le PMI britanniche di produzione e servizi della settimana hanno indicato che le attività della Gran Bretagna sono molto incerte.

Previsioni

L'imminente relazione sul PIL (Prodotto Interno Lordo) del Regno Unito potrebbe aiutare la Sterlina a riprendersi dalla recente striscia al ribasso? Si potranno adottare approcci sistemici come una strategia spread trading forex (guida esempi). È probabile che il movimento sterlina sarà ancora guidato dai potenziali sviluppi della Brexit per gran parte della settimana, anche se gli investitori potrebbero optare per posizionarsi long sulla valuta britannica a causa della mancanza di nuovi driver rilevanti. Ciò potrebbe far scivolare leggermente l'EUR / GBP.

giovedì 2 agosto 2018

Mercato dell'auto, riprendono quota le immatricolazioni in Italia

Il mercato dell'auto torna a spingere sull'acceleratore. Nel mese di luglio infatti sono riprese le immatricolazioni, che sono salite del 4,42% rispetto ad un anno fa. Complessivamente le nuova immatricolazioni sono state 152.393. 

I dati del mercato dell'auto

Si tratta senza dubbio di un risultato positivo, soprattutto alla luce del deludentissimo -7,3% che era stato registrato a giugno. Va detto però che questa impennata di luglio è ben lontana dal compensare i cali dei mesi scorsi nel mercato dell'auto. Nel complesso infatti dall'inizio del 2018 le immatricolazioni totali sono state un milione 273.730 (-0,74% rispetto a un anno fa). Due sono gli elementi chiave che hanno consentito l'accelerata di luglio. Anzitutto una giornata lavorativa in più rispetto a luglio 2017, in secondo luogo l'incremento del noleggio a lungo termine.

Le proiezioni per il resto del 2018 dicono che si potrebbe arrivare a un milione e 960mila vetture nuova immatricolate. Poco più della metà riguarda i privati, mentre la parte restante sarà divisa tra auto-immatricolazioni di Case automobilistiche e concessionari, immatricolazioni aziendali dirette e noleggio a lungo termine.

Case auto e tipologie

Circa invece i dati del mercato dell'auto riferiti alle singole case automobilistiche, c'è una bella ripresa di Fiat Chrysler, dopo un periodo di contrazione. La crescita del 3,4% è stata propiziata soprattutto dalla Alfa Romeo (+44,5%) e Jeep (+105% rispetto a luglio 2017). Crescono anche le immatricolazioni Volkswagen, che salgono del 30% a luglio, mentre Renault sfiora il 40%. Va male invece per Peugeot, che perde poco più del 5%, e malissimo per Mercedes che perde circa il 20%.

A livello di tipologie di auto, nei primi sette mesi dell’anno c'è stato un calo del 6% del diesel, comunque meno rispetto al resto d'Europa. Salgono invece le vendite di auto elettriche e soprattutto di quelle a metano, che vedono le loro immatricolazioni nei primi sette mesi dell’anno crescere del 68%. Ottima la performance dei veicoli ibridi, che crescono del 47%.