martedì 28 luglio 2020

Lira turca sotto pressione. La tensione nel Mediterraneo rischia di accendersi

La Lira turca è scesa lunedì fino a un nuovo minimo pluriennale contro l'euro, avvicinandosi al minimo storico. La marcia della valuta di Ankara è stata appesantita dagli interventi statali che l'hanno correlata sempre di più all'andamento del dollaro, ma soprattutto dalle preoccupazioni delle sanzioni dell'UE a causa dei piani di perforazione nel Mediterraneo orientale.

La Lira turca affoga nel Mediterraneo

La situazione molto tesa riguarda il Mediterraneo. Lo spiegamento di navi da parte della Turchia alla ricerca di petrolio e gas al largo di Cipro ha alimentato tensioni nella regione, dove un certo numero di paesi si contendono i diritti per le risorse di idrocarburi, spingendo l'UE a considerare nuove sanzioni ad Ankara. Le esplorazioni turche alla ricerca di gas sono previste fino al 2 agosto, ma la Grecia ha inviato una protesta formale. Secondo il presidente francese Macron: "Non è accettabile che lo spazio marittimo di uno Stato membro della nostra Unione venga violato o minacciato. Chi vi contribuisce deve essere sanzionato".

La tensione però non finisce qui, perché un altro focoloaio di scontro riguarda la ex basilica bizantina Santa Sofia, per decenni museo e luogo di incontro tra culture, che è stata riconvertita a moschea da parte della Turchia.

Il calo sul mercato valutario

Il cambio Euro-Lira è salito fino a 8.0556, il livello più alto dalla crisi valutaria della Turchia avvenuta nell'agosto 2018 (quando arrivò fino a 8,2029 che è l'attuale record storico). La Lira ha perso circa il 7% contro l'euro negli ultimi due mesi, pur rimanendo stabile rispetto al dollaro USA (qui invece si parla delle previsioni euro real brasiliano).

Questo stato di cose riflette la decisione della banca centrale turca di vendere decine di miliardi di dollari per stabilizzare il tasso di cambio col biglietto verde, e mantenerlo all'interno del Donchian channel. La conseguenza è un assottigliamento delle riserve in modo drastico. Per difendere il valore della Lira, le autorità turche sono intervenute chiedendo alle banche di coprire il rischio di cambio con contratti a termine. In questo modo la banca centrale sarebbe in grado di vendere meno delle sue riserve, perché la domanda è spostata sul mercato dei futures.

Ricordiamo che di recente la CBRT ha confermato all’8,25% il tasso di interesse principale (tasso repo a una settimana).

venerdì 24 luglio 2020

Tariffe energia e servizi pubblici, per gli italiani il conto è sempre salato

Godere dei servizi pubblici in Italia costa ancora caro. Paghiamo infatti le tariffe tra le più salate in Europa. A metterlo in evidenza è la relazione annuale presentata da Arera, ovvero l'autorità del settore energetico. Nonostante la concorrenza sia cresciuta, i benefici sui prezzi ancora non sono evidenti.
E' bene fare una premessa. Il report riguarda lo scorso anno, quindi prima dello scoppio della pandemia. Dati non troppo aggiornati, ma - questo è buono - non influenzati dalla crisi recente.
E allora vediamo qual è lo stato dei servizi pubblici essenziali nel nostro Paese.

I dati e le tariffe per servizi pubblici

Per quanto riguarda il mercato elettrico, nel 2019 le tariffe hanno avuto un rincaro così come in tutta Europa. Tuttavia, quello avvenuto in Italia è stato l'aumento più consistente. Colpa sia dell'aumento dei prezzi dell’energia, sia dei maggiori costi di trasporto. Ricordiamo che in Italia l’incidenza di tasse e le imposte è uguale per tutti, a prescindere da quanto si consuma. In Europa invece i consumatori più energivori arrivano a pagare il 20% in più di tasse. I più tartassati restano però i consumatori tedeschi con le tariffe più alte della Ue in tutte le fasce di consumo.
Nel settore elettrico hanno deciso di passare al mercato libero il 49,4% degli utenti. Erano il 46,4% nel 2018. In Italia la fine del mercato tutelato è prevista per il primo gennaio 2022 e anche Antitrust ha auspicato che non ci siano ulteriori rinvii.

Riguardo al gas non stiamo messi bene. Le nostre tariffe viaggiano ai primi posti della classifica UE. Tuttavia la forbice rispetto agli altri cittadini europei si è leggermente ristretta, dopo due anni in cui era tornata ad allargarsi. In questo settore paghiamo cara la nostra forte dipendenza dall’estero, che ci fornisce gas per il 95,4% del fabbisogno (metà di esso arriva dalla Russia).
Anche in questo ambito il passaggio al mercato libero segna passi in avanti, visto che il 10% dei clienti ha fatto questo passaggio e adesso il 56% delle utenze domestiche appartengono a questo ambito.

Acqua e rifiuti

Per quanto concerne l'acqua, il 2019 ha visto una certa stabilità delle tariffe (+1,1% appena). La cosa dovrebbe rallegrarci, dal momento che è stato dato il via a un importante panoarma di investimenti per migliorare la qualità del servizio idrico integrato (perdite degli acquedotti pari al 43,7%), e tali investimenti sono in larga parte scaricati sugli utenti attraverso le bollette.

Infine i rifiuti. Qui il discorso è complesso, perché tra i singoli territori possono esserci costi e tariffe molto differenti. Secondo i calcoli di Arera, una tonnellata in discarica costa dai 9 ai 187 euro; per gli impianti Tmb dai 27 ai 169 euro a tonnellata.

martedì 21 luglio 2020

Euro, l'ottimismo dei mercati è stato premiato: accordo sul Recovery Fund

Gli investitori hanno fatto bene a scommettere sul buon esito del meeting della Euro Zona riguardo al Recovery Fund. In nottata infatti è stato raggiunto l'accordo sul maxi piano di aiuti per le economie colpite duramente dal coronavirus. Ci sono voluti 5 giorni di trattative (nuovo record di lunghezza, il precedente di quattro giorni e quattro notti risaliva al vertice di Nizza del 2000).

L'intesa UE che fa bene all'euro

I leader europei sono stati impegnati in negoziati da venerdì scorso, ma dopo l'ennesima notte di trattative, è stato approvato - con lungo applauso finale - il testo definitivo. Il rischio fallimento è stato scongiurato sul filo di lana, e così potrà vedere la luce il piano straordinario da 750 miliardi di euro per salvare i paesi più colpiti dal Covid dal tracollo finanziario. Soldi che saranno reperiti da Bruxelles tramite gli Eurobond. Ma la questione è soprattutto politica e di lungo periodo, perché apre la strada ad una futura unione fiscale.

La proposta finale salva i 750 miliardi di euro del Recovery, ma non saranno più 500 miliardi a fondo, bensì 390 mentre quei 110 mancanti diventano prestiti (su spinta dei "frugali"). L'equilibrio finale del Recovery è dunque di 390 miliardi di sovvenzioni da non rimborsare e 360 miliardi di prestiti. Per quanto riguarda l'Italia, a noi andranno 81,4 miliardi di sovvenzioni e 127 miliardi di prestiti.

La spinta all'Euro

Come detto, i mercati erano fiduciosi nella buon esito del meeting. Ieri l'Euro era partito forte, raggiungendo quota i massimi degli ultimi quattro mesi contro il dollaro USD, subito dopo aver vissuto una notte incerta proprio a causa delle notizie poco incoraggianti che giungevano da Bruxelles. Molti di quelli che fanno trading con volumi nel forex, ieri si sono sbizzarriti.

Consiglio: prima di avventurarvi nelle operazioni sulle valute, occorre conoscere bene i concetti di base. Ad esempio il Forex pips significato, e quanto vale una unità di misura.

Si attendono interventi anche dagli USA

Frattanto, si attendono nuovi aiuti all'economia anche dall'altra parte dell'Oceano. Il Congresso USA dovrebbe avviare questa settimana la discussione su un nuovo pacchetto di stimoli, mentre il numero di contagi cresce tanto da aver costretto una serie di Stati a tornare in lockdown.

giovedì 16 luglio 2020

Tasse, sconfitta pesante per la UE: Apple non dovrà pagare 13 miliardi all'Irlanda

Sul tema delle tasse, la UE incassa una sconfitta memorabile. Una sconfitta che ha pure dei forti riflessi dal punto di vista politico. Il Tribunale della UE ha infatti deciso che non ha alcun valore la sanzione inflitta all'Irlanda (ma che colpisce Apple), per via degli accordi presi con l'Irlanda sul "fiscal ruling". Il colosso di Cupertino non dovrà quindi versare i 13 miliardi di euro stabiliti dalla Commissione Europea.

Ue-Irlanda e le tasse

Riavvolgiamo il nastro un attimo. La Commissione riteneva che Apple avesse ricevuto da Dublino un trattamento speciale (cosa non consentita) in tema fiscale. Secondo la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager, solo nel 2011 la consociata irlandese di Apple ha registrato utili europei per circa 16 miliardi di euro, ma solo 50 milioni di euro sono stati considerati imponibili.

Perché questo trattamento di favore? Chiaramente in cambio di investimenti forti nel paese.
Ciò di fatto dava ad Apple un vantaggio anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 107. Per questo motivo aveva condannato l'Irlanda a farsi pagare 13 miliardi di tasse arretrate dall'azienda di Cupertino. Tuttavia, l'Irlanda si rifiuta dal 2016 di incassare quella somma. Sembra una cosa fuori dal mondo, per noi che viviamo in un Paese che appena può ci mette le mani in tasca, e invece il rapporto Irlanda-Apple funzionava così: la UE dice che mi dovresti pagare, ma non voglio che mi paghi.

Una decisione pesante

Ieri il colpo di scena. Il Tribunale UE ha annullato la decisione della Commissione, perché quest'ultima non è riuscita a dimostrare in modo giuridicamente adeguato l’esistenza di un vantaggio anticoncorrenziale. Dublino, che ha sempre difeso la propria politica fiscale, canta vittoria.

Questa decisione arriva peraltro in un momento che peggiore (per la UE) non si può, subito dopo che è stato presentato un pacchetto fiscale che ha proprio l’obiettivo di garantire una tassazione equa e uniforme da parte dei membri dell'unione. E invece questa sconfitta legale ribadisce che in materia tributaria gli Stati sono sovrani. Inoltre siamo prossimi al Consiglio europeo in cui i leader Ue dovranno decidere sul Recovery Fund e sul bilancio Ue, dove i paesi si presentano già con forti divergenze di vedute.

venerdì 10 luglio 2020

Borse frenate dalla paura: asiatico giù, l'Europa parte male ma prova a risalire

La paura del coronavirus torna a spaventare le Borse, condizionandone il cammino. Dopo la seduta contrastata di Wall Street, in nottata i listini asiatici hanno accusato pesanti cali, proprio in sica alle brutte notizie che arrivano dal fronte sanitario.

I timori di nuovi contagi frenano le Borse

Il freno alle Borse lo hanno messo soprattutto un paio di notizie. L'OMS - Organizzazione mondiale della Sanità - ha avvertito che la diffusione del virus, che ha già infettato più di 12 milioni di persone a livello globale, sta "peggiorando" nella maggior parte del mondo. Secondo l'organismo internazionale, la diffusione del Covid-19 è fuori controllo soprattutto in alcuni Stati. Nel frattempo il consigliere per la salute della Casa Bianca, Anthony Fauci, ha detto che "gli stati con nuovi casi di coronavirus in rapida espansione dovrebbero seriamente considerare un nuovo lockdown".

Azionario asiatico in rosso

L'asiatico ha chiuso male e anche le piazze europee erano partite male nell'ultimo giorno della settimana, e al momento formano una candela spinning top. In Giappone, dove i casi di Tokyo sono saliti di 224 nuove unità, segnando un balzo record, l'indice Nikkei 225 ha chiuso in ribasso dell'1,06% a 22.290,81 punti. Anche le altre Borse asiatiche principali hanno chiuso male. Shanghai perde 1,28%, Sidney cala dello 0,77%, Seoul dello 0,84%. Anche Hong Kong scivola pesantemente (1,81%) dopo l'annuncio che la città stato da lunedì chiuderà tutte le scuole. Intanto Melbourne ripropone il lockdown. In questo contesto gli investitori si preparano al prossimo periodo di trimestrali societarie, che si prospetta il peggiore dal 2008.

Nota operativa: se  volete fare degli investimenti in modo non tradizionale sul Forex, studiate bene cosa una opzione vanilla put o call sulle coppie di valute prevede. Potreste trovare questo strumento molto interessante.

L'Europa prova a riprendersi

Anche i mercati azionari del Vecchio avevano aperto in flessione, dopo la caduta di ieri. In seguito erò hanno migliorato il loro andamento dopo i dati della produzione industriale in Francia e in Italia. A proposito di Italia, c'è molta attesa per il giudizio che in tarda serata Fitch darà sul debito sovrano, adesso pari a 'BBB-'. Non sono comunque previste sorprese.

mercoledì 8 luglio 2020

Reddito disponibile, Bankitalia avverte: calo per oltre la metà delle famiglie a causa del Covid

Un'indagine condotta dalla Banca d'Italia evidenzia il brusco contraccolpo subito dalle famiglie italiane per colpa del Covid. Emerge infatti che più della metà della popolazione ha patito una riduzione del reddito disponibile, anche tenendo conto degli eventuali strumenti di sostegno ricevuti.

Il contraccolpo sul reddito disponibile

La ISF (indagine straordinaria sulle famiglie italiane) è stata condotta durante il periodo aprile-maggio, ed è servita a per raccogliere informazioni sulla situazione economica e sulle aspettative delle famiglie durante la pandemia.
Più di un terzo degli intervistati ammette di avere disponibilità tali da reggere ancora circa un trimestre, coprendo spese per consumi essenziali della famiglia in assenza di altre entrate. In pratica è lo stesso periodo di durata dal lockdown.

Ma il numero di individui in questa condizione aumenta se si prende in considerazione i disoccupati e i lavoratori dipendenti con contratto a termine. Inoltre quasi un quinto dei quest'ultima categoria, ha contemporaneamente subito una riduzione di oltre il 50% del reddito disponibile familiare nei primi due mesi della emergenza sanitaria.

Dramma per i lavoratori indipendenti

Tuttavia, la categoria che ha subito la contrazione più pesante del reddito disponibile è quella dei lavoratori indipendenti. Quasi l’80% di essi ha subito un calo nel reddito e per il 36% la caduta è di oltre la metà del reddito familiare (può interessare: professionisti e aiuti Covid, polemiche sui bonus).

Mutui e vacanze

Una situazione particolarmente critica riguarda coloro che devono pagare un mutuo. Circa il 40% dichiara infatti di avere difficoltà nel sostenere le rate. La percentuale diventa più alta se si considera il Centro e il Mezzogiorno. Infine, l'impatto del covid sul reddito familiare disponibile si sentirà sulle vacanze. Quasi un terzo della famiglie vi rinuncerà, malgrado il Bonus vacanze, e il 60% ritiene comunque che le spese a tale scopo saranno ridotte anche una volta usciti dalla crisi.

sabato 4 luglio 2020

Investitori, il clima è "risk on" ma orientato alla prudenza. Il Covid rimane una minaccia

Il report sulle buste paga non agricole degli Stati Uniti, che è stato pubblicato giovedì, ha mostrato un aumento di 4,8 milioni di posti di lavoro a giugno. Il dato è andato al di là delle aspettative, segnando un nuovo record. Ma i dati macro incoraggianti includono anche quelli PMI di diversi Paesi del mondo. Tutti rivisti più in alto rispetto all'inizio del mese. Una bella spinta per il sentiment degli investitori.

Settimane intense per gli investitori

Nel frattempo, l'opera di sostegno alle economie da parte delle banche centrali e dei Governi nazionali continua. Gli investitori monitorano questi interventi con grande attenzione. Negli scorsi giorni la Riksbank svedese ha aumentato gli acquisti di obbligazioni di 200 miliardi di corone svedesi. Il Regno Unito ha aumentato la spesa in infrastrutture. Gli Stati Uniti estenderanno il programma di protezione dei salari fino all'inizio di agosto e sta ancora prendendo in considerazione un'infrastruttura da $ 1 trilione. E il mercato che fa intanto? Si rialza, ad esempio il Nasdaq 100 è ai massimi storici.

Il Covid al centro di tutto 

E' chiaro che in questo scenario ci si deve chiedere se tutto può andare meglio di così, tenuto conto che il coronavirus rimane il fulcro di ogni decisione che viene presa. Chi cerca un metodo guadagnare con il forex, deve per forza fare i conti con il Covid. Sotto questo aspetto, l'ottimismo fa a cazzotti con altri dati: la scorsa settimana, 37 stati degli Stati Uniti hanno riportato aumenti del numero di casi di coronavirus. Molti stati stanno rallentando la riapertura o addirittura la richiusura.

Appuntamenti settimanali

Per questo motivo gli investitori dimostrano di avere ancora molti dubbi. Comunque sarà ancora il coronavirus a guidare le loro decisioni nei prossimi giorni, anche perché si apre una settimana povera di dati macro, ad accezione dell’indice Pmi composito e di quello terziario di giugno relativo alle aziende statunitensi, attesi per lunedì. Nel quadro bisognerà poi inserire anche altri paesi, quelli emergenti. Infatti il numero di investitori che fanno operazioni con etf paesi emergenti è in costante aumento.

Ci saranno però alcuni interessanti appuntamenti con il meeting delle banche centrali. Quello della Bank of Australia, quello della Bank of England. In Europa ci sarà poi la riunione dell’Eurogruppo, per fare passi avanti sul Recovery Fund.

mercoledì 1 luglio 2020

Lavoro ed effetto Covid: tra gli italiani è cresciuta la paura di perdere il posto

Il tema del lavoro è quello che sta maggiormente a cuore agli italiani, al punto che siamo i primi in Europa per il timore di perderlo. Valeva già prima dello scoppio della pandemia, e ancora di più adesso che stiamo facendo i conti con una crisi senza precedenti.

La paura di non avere più un lavoro

L'idea di perdere il posto nel post Covid si è radicata nei nostri pensieri. E non c'è da stupirsi, anche perché purtroppo per molti è diventata una cruda realtà durante la pandemia. Neppure le importanti risorse messe in campo dalla BCE e dai Governi per sostenere la ripresa e cercare di salvaguardare il mondo del lavoro, servono a rassicurare gli italiani. Secondo l'ultima edizione del Randstad Workmonitor, l'indagine sul mondo del lavoro di Randstad, ben 6 italiani su 10 teme di perdere il lavoro. Siamo primi in Europa. In tutte le altre nazioni europee non ci sono altri casi dove 6 su 10 dicono di vivere con questo timore. Anzi, soltanto in Cina, Hong Kong e India - e nelle fasce più giovani di età - si arriva a picchi di 84%.

L'indagine

L'indagine del primo operatore mondiale nei servizi HR è stata condotta durante il mese di maggio in 15 Paesi del mondo. Sono stati sentiti un campione di oltre 400 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione, che lavorano almeno 24 ore alla settimana e percepiscono un compenso economico. In Italia la paura che il lockdown possa impattare sulle aziende terrorizza i dipendenti. Del resto l'impatto del Covid lo hanno vissuto sulla propria pelle, per via del blocco al lavoro o - per i più fortunati - per l'obbligo di cambiare le modalità per continuare a lavorare (per esempio lo smart working).

Spunti interessanti

Lo screening sul lavoro evidenzia altre cose interessanti. Sappiamo che la crisi ha imposto una svolta digitale e richiede modelli organizzativi più agili. Ebbene, il 70% dei lavoratori dichiara di essersi adattato alla nuova situazione lavorativa, e l'80% si sente pronto alle nuove modalità di lavoro. Ma ancora più interessante è che secondo gli intervistati, cresce l'attenzione al benessere emotivo dei dipendenti (indicata dal 70% del campione) e al work-life balance (69%).