mercoledì 29 marzo 2023

Prezzi, i rincari minano la sicurezza economica (e la tranquilllità) delle famiglie italiane

Nell'ultimo anno il costo della vita è aumentato a causa della crescita dei prezzi di beni e servizi, principalmente come conseguenza dei rincari energetici. Per questo motivo sempre più famiglie italiane ritengono di non avere un reddito sufficiente per affrontare le spese quotidiane della vita.

La reazione all'impennata dei prezzi

Dal momento che il reddito disponibile è rimasto sostanzialmente lo stesso, la forte crescita dei prezzi ha avuto come conseguenza una riduzione del potere d'acquisto delle famiglie.

Secondo un'indagine Nomisma, il 13% delle famiglie italiane crede di non essere più in grado di fronteggiare le sue necessità primarie. Con queste ultime si intendono tutte quelle spese che sono necessarie per la vita quotidiana: affitto, alimentazione, bollette, mutuo, ecc.

Una quota ancora maggiore, pari al 43%, ritiene che il proprio reddito sia a malapena sufficientemente per coprire tali spese.
Combinando i due dati precedenti, risulta evidente che una larghissima fetta della popolazione vive una situazione di incertezza e di stress economico.

I tagli alle spese superflue

La grande mazzata sulle famiglie italiane è arrivata dalla corsa al rialzo delle bollette energetiche. Circa una famiglia su sei ha dichiarato che il rincaro dei prezzi dell'energia li ha messi in grande difficoltà. Il 4% ha accumulato ritardi nei pagamenti, il 39% ha dovuto effettuare dei tagli ai propri spese basilari e il 24% delle famiglie intervistate ritiene che anche nei prossimi mesi avrà delle difficoltà a sostenere le proprie spese primarie.

Le fasce più esposte

È chiaro che esistono diversi gradi di vulnerabilità di fronte a questo problema. Le famiglie più esposte sono quelle che hanno una sola fonte di reddito e che non hanno una casa di proprietà, e quindi devono destinare una grossa fetta del loro reddito a pagare un affitto. 

Analogamente, sono più esposte le famiglie più giovani, quelle numerose con figli piccoli e quelle che si prendono cura di persone non autosufficienti. Peggio ancora le cosiddette famiglie "sandwich", ossia quei nuclei che devono assolvere al doppio compito di cura dei figli e di persone non autosufficienti.

giovedì 23 marzo 2023

Tassi di interesse, la FED si ammorbidisce e li alza di 25 punti base

Dopo le turbolenze che hanno riguardato il settore bancario, nessuno si aspettava più che la Federal Reserve avrebbe portato avanti un piano aggressivo di politica monetaria. Infatti, al termine della due giorni di riunione del comitato di politica monetaria, la Banca Centrale Americana ha deciso di alzare il costo del denaro di soli 25 punti base.

La mossa della Fed sui tassi di interesse

Il tasso di interesse chiave è ora compreso tra il 4,75 e il 5,00%, un livello che non si vedeva dal lontano 2007. La decisione del comitato di politica monetaria è stata presa all'unanimità.
La cosa più importante è che la Federal Reserve ha messo in dubbio la possibilità di procedere ad ulteriori strette monetarie nei prossimi mesi. A causa della turbolenza nel sistema bancario, il ciclo di strette potrebbe quindi essere concluso in anticipo rispetto a quello che si riteneva probabile appena un paio di settimane fa. Tutto questo nonostante l'inflazione sia giudicata ancora elevata.

Al momento però la priorità della banca centrale è quella di dare stabilità ai mercati finanziari.
Le nuove proiezioni sui tassi di interesse evidenziano che 17 dei 18 Banchieri centrali prevedono un picco del costo del denaro al 5,10% entro la fine dell'anno, il che implica un ulteriore aumento di 25 punti base.

Annotazione: se siete interessati a negoziare il dollaro, dovete prima imparare il pips trading significato.

La reazione degli investitori

Il brusco cambio di rotta della Federal Reserve ha avuto inevitabili conseguenze sui mercati. In particolar modo, sul mercato valutario l'indice del biglietto verde è sceso verso quota 102, in prossimità dei minimi degli ultimi due mesi. Chi conosce cosa sono i pattern forex, ne ha visti comparire almeno un paio di inversione del trend.

Ne ha approfittato invece l'euro. Cambio tra la valuta unica e il dollaro americano si è avvicinato a 1,09. La maggior parte delle valute principali comunque sta concretizzando guadagni intorno al punto percentuale rispetto alla valuta statunitense dopo la decisione della Federal Reserve.

lunedì 20 marzo 2023

Tasse, le imprese italiane sono più copite delle colleghe di tutta Europa

Nel 2022 la pressione generale fiscale in Italia ha raggiunto un nuovo record del 43,5%. Non deve stupirci allora il fatto che, secondo una recente indagine dell'ufficio studi della Cgia Mestre, le aziende italiane pagano più tasse rispetto alle colleghe del resto d'Europa.

I numeri sulle imprese e le tasse

In base a questa analisi emerge infatti che, rispetto alle entrate erariali totali, la quota che deriva dall'imposizione fiscale alle imprese è pari al 13,5%. In Germania questo livello si ferma al 10,7%, in Francia al 10,3%. Se facciamo il confronto con la media di tutta Europea, in Italia le imprese contribuiscono per circa il 2% in più.
Le tasse pagate dalle imprese italiane portano allo Stato un gettito pari a 94,3 miliardi di euro.

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Le aliquote

Oltre al dato riguardo all'incidenza sul totale del gettito Fiscale da imprese, c'è un altro dato che conferma che le imprese italiane sono tartassate. Le aliquote sul reddito imponibile delle aziende italiane e al 27,9%. Un valore più alto rispetto a quelle che operano in Francia (25,8%) e in Spagna (25%). Soltanto la Germania ci supera tra i maggiori paesi europei, perché ha un'aliquota del 29,8%.
Anche in questo caso, se facciamo un confronto rispetto alla media Europea, l'Italia è ben oltre (+6,7 punti).

Fattori congiunturali

Va però aggiunto che l'ufficio studi CGA sottolinea un aspetto importante. L'aumento delle Entrate fiscali legate al mondo delle imprese non deriva da un aumento della tassazione in sé, quanto all'effetto di altri fattori distinti di natura congiunturale.

In primo luogo la crescita dell'inflazione, che ha innescato un aumento delle imposte indirette. In secondo luogo il miglioramento economico dovuto al rimbalzo post-Covid, che ha provocato la crescita delle imposte dirette. La cancellazione di alcune agevolazioni riguardanti le tasse, che erano state introdotte nel biennio precedente per fornire sostengo alle imprese durante la fase acuta delle crisi Covid.

mercoledì 15 marzo 2023

Inflazione degli Stati Uniti, la frenata lascia aperti i dubbi sulla Fed

Dopo lo scossone innescato dal fallimento della Silicon Valley Bank, i mercati guardavano con ancora più attenzione al dato sull'inflazione degli Stati Uniti che è stato reso noto martedì. Stavolta non ci sono state sorprese né in un senso né in un altro.

Il report sull'inflazione negli Stati Uniti

In base ai dati rilasciati dall'Ufficio di Statistica Nazionale, la corsa dei prezzi al consumo nel mese di febbraio ha registrato una frenata al 6% su base annua. Si tratta di un valore atteso dagli analisti, che segna un rallentamento rispetto al 6,4% che era stato registrato a gennaio.

Il valore dell’inflazione torna quindi sui livelli più bassi dal settembre 2021, frenato soprattutto dal calo dl 2% su base annua del costo della benzina e delle auto usate. L'inflazione core, ossia depurato degli elementi che hanno maggiore volatilità come cibo ed energia, segna un aumento dello 0,5% mensile, in questo caso aumentando rispetto a gennaio ed andando oltre le aspettative.

Le conseguenze

Cosa ci dice questo dato sull'inflazione degli Stati Uniti, e perché è così importante per i peccati? Il fatto che la corsa dei prezzi stia rallentando dovrebbe rendere la Federal Reserve più morbida sul fronte dei tassi di interesse. Alla luce della recente turbolenza innescata dalla crisi della Silicon Valley Bank (a tal proposito l'agenzia di rating Moody's ha peggiorato la valutazione sulle prospettive del sistema bancario americano), la Banca Centrale Americana potrebbe abbandonare i propositi aggressivi che erano stati manifestati da Jerome Powell settimana scorsa.

Il mercato adesso infatti scommette soprattutto su un aumento dello 0,25%. C'è addirittura chi, Goldman Sachs, ritiene di non aspettarsi più alcun aumento dei tassi a fine mese. Addirittura la giapponese Nomura va oltre, ipotizzando un taglio del costo del denaro dello 0,25%. Cosa importantissima, per chi negozia opzioni binarie no Esma.

Il mercato reagisce

La prospettiva di una Federal Reserve in qualche modo costretta ad essere più morbida ha messo un freno allo slancio del dollaro. Il biglietto verde che aveva guadagnato terreno nella giornata di lunedì, è sceso nei confronti dell'Euro a quota 1,07, e gli investitori che adottano forex intraday strategie puntano sull'ulteriore aumento della valuta unica.
Anche il Dollar Index ha perso quota tornando sotto 104. In generale però va detto che il clima è tornato ad essere più incerto proprio perché molti dubbi ci sono riguardo alle prossime mosse della Federal Reserve.

lunedì 13 marzo 2023

Banche, quali sono i rischi dopo il crack SVB

Il crollo della banca californiana Silicon Valley Bank ha allarmato mercati finanziari, che temono di rivivere una situazione come quella del 2008. Tuttavia al momento i timori di contagio su larga scala per le banche globali sembrano lontani.

SVB e le altre banche

I timori che sono emersi negli ultimi giorni riguardano soprattutto le banche locali, quelle di piccole dimensioni. Il panico finirebbe infatti per spingere i clienti a ritirare i loro depositi, mettendo così grave difficoltà gli istituti più piccoli. Del resto il crack della Silicon Valley Bank è cominciato proprio in questo modo.

A rassicurare in parte il mondo finanziario è l'amministrazione Biden, che di fronte al problema non considera assolutamente l'ipotesi di procedere ad un salvataggio diretto dell'Istituto californiano. Riguardo alle altre banche, onde evitare un rischio di contagio, è comunque allo studio un modo per tutelare i depositi dei clienti.

Cosa farà la FDIC

La strategia è stata spiegata dal segretario al tesoro Janet Yellen. L'ex capo della Federal Reserve ha detto che il governo americano sta lavorando con le autorità di regolamentazione delle banche, così da fornire sostegno a chi ha depositi presso la Silicon Valley Bank (il 96% dei clienti di Svb non era coperto alla fine dello scorso anno dalla necessaria polizza assicurativa).

La FDIC sta valutando diverse possibilità, tra le quali ci sono la creazione di un fondo ad hoc ed anche possibili acquisizioni. A tal proposito si è vociferato anche di un interesse di Elon Musk per la banca californiana in dissesto.

Regno Unito preoccupato

Se dagli Stati Uniti arrivano rassicurazioni sulle conseguenze per le altre banche, nel Regno Unito avanzano invece le preoccupazioni. Le banche britanniche hanno legami strettissimi con le imprese del settore tecnologico, che sono molto esposte. Per questo il cancelliere Jeremy Hunt ha parlato di "serio rischio" per il mondo bancario britannico.

lunedì 6 marzo 2023

Costo del denaro in crescita, l'euro potrebbe trovare slancio nei prossimi mesi

La corsa dell'inflazione sia negli Stati Uniti che nell'Eurozona ha spinto le due banche centrali a continuare lungo il percorso di strette monetarie, alzando cioè i tassi di interesse. Le aspettative solo che entro la fine dell'anno FED e BCE dovrebbero alzare il costo del denaro rispettivamente al 5,25% e al 4%.

Secondo diversi analisti, questo potrebbe favorire l'euro, dal momento che l'economia dell'Eurozona beneficerà di un miglioramento delle partite correnti, nonché della riapertura dell'economia cinese dopo le restrizioni anti-Covid.

Prospettive sul costo del denaro

Le azioni delle due banche centrali dovrebbero, dal punto di vista del mercato valutario, tradursi in una risalita nel cambio euro-dollaro, sia pure molto in modo graduale, fino ad almeno 1,10.
Attuamente il rapporto tra le due valute si trova verso 1,06, ma pochi mesi fa il cambio EUR-USD era sceso addirittura sotto la soglia della parità (quando la banca americana aveva accelerato sui rialzi del costo del denaro).

Inoltre nel mese di febbraio il rapporto tra le due valute si è deprezzato del 3,8%, oscillando tra un triplo massimo e triplo minimo, per poi alla fine realizzare il più grande calo di un mese dallo scorso aprile.

Le strette della BCE

I commenti aggressivi dei funzionari della Banca centrale europea fanno pensare che ci saranno ulteriori aumento dei tassi da parte della Banca Centrale Europea. La stessa presidente della BCE, Christine Lagarde, ha affermato che il costo del denaro dovrà aumentare e rimanere più elevati per un po' di tempo per combattere l'inflazione.

Del resto gli ultimi dati hanno mostrato che l'inflazione nella Eurozona è diminuita all'8,5% a febbraio, ma le aspettative erano per un calo dell'8,2%. Inoltre il tasso core - ossia depurato delle componenti più volatili - ha raggiunto un nuovo massimo storico.

Energia e guerra

Il contemporaneo calo dei prezzi dell'energia agirà in modo favorevole sulla bilancia delle partite correnti dell'eurozona, che quest'anno dovrebbe ritornare a registrare in buona avanzo. Tutti fattori di sostegno per la valuta unica (occhio, la prima cosa da fare quando si negozia un cambio valutario è chiedersi come sapere se un broker è affidabile).
A tutto ciò bisogna anche aggiungere la speranza di una risoluzione della guerra in Ucraina, che probabilmente sarebbe il driver più importante per la crescita dell'euro.

giovedì 2 marzo 2023

Vendite di auto a combustibile, rischia di saltare lo stop nel 2035

Pensavamo che con il via libera della Commissione Europea, il divieto di vendite di auto combustibile sarebbe inevitabilmente scattato a partire dal 2035. Invece un colpo di scena ha cambiato le carte in tavola, tanto che adesso l'accordo sullo stop rischia di saltare.

La querelle sulle vendite di auto

Il voto degli ambasciatori UE avrebbe dovuto essere solamente un passaggio formale per il definitivo stop alla vendita di auto combustibile (diesel e benzina) a partire dal 2035. Nonostante la contrarietà espressa sempre dall'Italia (ma anche dalla Polonia), tutto sembrava apparecchiato per arrivare alla definizione del divieto.

È accaduto invece che assieme al nostro Governo, hanno cominciato ad emergere perplessità anche da parte della Germania, mentre la Bulgaria si sarebbe astenuta dal prendere una posizione. Il rischio che si arrivasse una bocciatura del provvedimento ha cominciato ad aumentare, spingendo la presidenza svedese dell’UE a rinviare il voto a venerdì prossimo.

Il rinvio del voto

Per far passare il provvedimento è necessario il 55% degli Stati favorevoli, ossia 15 su 27. Inoltre tali Stati devono rappresentare il 65% della popolazione europea. Facendo un calcolo, tenuto conto della contrarietà dell'Italia, della Polonia e dell'astensione di Germania e Bulgaria, soltanto il primo requisito verrebbe rispettato. L'accordo verrebbe quindi bocciato.

Le prossime ore serviranno quindi a tentare di convincere soprattutto la Germania ad appoggiare la regola che vorrebbe vietare la vendita di auto a combustibile dal 2035. Del resto proprio la posizione tedesca ha un po' sparigliato le carte. Il ministro tedesco dei trasporti, Volker Wissing ha detto un video su Twitter: "la Commissione europea preferirebbe consentire solo veicoli alimentati a batteria. Noi la vediamo in modo diverso", annunciando il suo intervento per consentire ai veicoli con motori a combustione di poter essere immatricolati anche oltre il 2035.

I timori

Il principale timore di questa svolta epocale si lega alle sue conseguenze sul piano industriale. L'elettrificazione dei veicoli infatti richiede dei cambiamenti significativi dell'intero settore automobilistico, che già affronta una grossa crisi. Essi richiedono tempo per essere pianificati e guidati con molta attenzione, onde evitare delle conseguenze economiche e industriali e sociali indesiderate.