lunedì 31 gennaio 2022

Credito alle imprese in calo. Dalle banche 20 miliardi in meno in 12 mesi

Nell'ultimo anno i prestiti alle aziende sono crollati di quasi il 3% e di circa 18 miliardi in valore. Lo evidenzia l'ultima indagine condotta dal Centro Studi di Unimpresa, il Rapporto mensile sul credito.

I dati sul credito alle imprese

Il totale degli stock di impieghi delle banche verso le aziende italiane è sceso infatti a 659,2 miliardi di euro.
Analizzando i dati sul credito alle imprese, emerge che i finanziamenti a lungo periodo (ossia oltre i 5 anni) sono cresciuti di 15,8 miliardi.

Sono invece crollati quelli a medio termine (ossia da 1 fino a 5 anni), che scendono di 18 miliardi e di oltre il 10% in termini percentuali.
Una contrazione analoga ha riguardato i finanziamenti di breve periodo (ossia fino a un anno). Anche in questo caso il calo del credito è stato di oltre 10%, ed in termini assoluti di circa 17 miliardi.

Un calo preoccupante

Questi dati evidenziano un andamento nettamente in controtendenza rispetto all'anno dal 2019 al 2020, quando i finanziamenti alle imprese italiane schizzarono di 60 miliardi. Sicuramente hanno inciso in maniera forte le garanzie statali sui prestiti, che vennero introdotte con decreti del governo per contrastare i danni del Covid.

Proprio la scadenza delle misure sulle garanzie di Stato, potrebbe avere gravi ripercussioni sulle imprese. Potrebbero infatti trovarsi di fronte a una clamorosa emergenza liquidità. Le banche hanno approfittato delle misure di sostegno pubblico soprattutto all’inizio della pandemia, sostituendo vecchie linee di credito erogate con poche garanzie, con nuovi finanziamenti coperti da Mcc e Sace.

Finanziamenti alle famiglie e crediti deteriorati

Diverso è stato l’andamento registrato sul versante dei finanziamenti alle famiglie. In totale, lo stock di impieghi, è salito di 18,6 miliardi (+2,91%). In questo caso il dato è stato trainato dalla crescita delle richieste di mutui, che sono aumentati di oltre 17 miliardi (+4%). Altresì positivo è stato l’andamento del credito al consumo: più 1,6 miliardi, in crescita dell’1,48%.

Infine, il rapporto mensile sul credito evidenzia un'ulteriore diminuzione dei crediti deteriorati. Il totale dei prestiti non rimborsati è passato da 62 miliardi a circa 43 miliardi, in discesa di oltre 18 miliardi (-29%), ma le sofferenze nette sono tornate a salire, dai 15 miliardi di settembre ai 18 miliardi di novembre.

mercoledì 26 gennaio 2022

Mercato dell'alluminio, rischio prezzi alle stelle a causa della tensione Russia-Ucraina

Nell'ultimo periodo i mercati finanziari stanno guardando con un certo timore a ciò che succede in Ucraina. Lo stesso timore lo hanno coloro che sono coinvolti, come produttori o come investitori, nel mercato dell'alluminio.

Cosa c'entra l'Ucraina con il mercato dell'alluminio

Le tensioni tra Mosca e Kiev sono alle stelle, e il rischio di un conflitto armato si fa sempre più concreto. Se la situazione dovesse degenerare ulteriormente, potrebbero esserci delle forti conseguenze sui prezzi delle materie prime, e anche sul mercato dell'alluminio. 

In alcuni casi già si vedono. Ad esempio il mercato del petrolio o quello del gas naturale. Chi sa dove fare trading con opzioni binarie in Italia, ha visto che il prezzo del barile è schizzato di nuovo oltre gli 80 dollari al barile, e il Brent si avvicina ai 90 dollari.

Lo scenario tanto temuto

Anche nel mercato dell'alluminio la situazione potrebbe cambiare nel prossimo periodo.
Lo scenario peggiore è quello in cui, di fronte ad una tensione crescente, l'Occidente dovesse reagire imponendo forti sanzioni alla Russia. Ne deriverebbero inevitabili ripercussioni sui mercati dei metalli (appunto l'alluminio), dell'energia e dell'agroalimentare. Ripercussioni che si traducono inevitabilmente in una crescita dei prezzi.

Questo scenario richiama un precedente storico abbastanza recente. Nel 2018 infatti il produttore russo di alluminio Rusal venne colpito da sanzioni statunitensi, che finirono per sconvolgere il mercato dell'alluminio, visto che la Russia è il secondo più grande produttore dopo la Cina.
Il 6% della produzione globale di alluminio primario è in Russia.

Situazione di mercato già complessa

Tenuto conto che il mercato dell'alluminio già sta affrontando un deficit di offerta, non si avverte proprio il bisogno di un ulteriore scossone che aggraverebbe la situazione. Peraltro la conseguenza peggiore la subirebbe l'Europa, uno dei principali sbocchi dell'alluminio russo.

Non è difficile immaginare un importante crescita dei prezzi, che sarebbe devastante soprattutto per le fonderie, che già si trovano ad affrontare il rincaro dei prezzi energetici, che non fanno vedere candele di inversione all'orizzonte. La capacità produttiva dell'alluminio nel vecchio continente potrebbe essere gravemente compromessa.
Uno scenario simile riguarda anche altri metalli come nichel, rame, palladio e platino, di quali la Russia è un grande produttore.

lunedì 24 gennaio 2022

Commercio elettronico di vino, entro il 2025 un giro d'affari di 42 miliardi

Il mercato del vino sarà sempre più caratterizzato dal commercio elettronico, al punto tale che secondo l'Iwsr (istituto di ricerca britannico) entro il 2025 il giro d'affari sull'e-commerce potrebbe arrivare alla iperbolica cifra di 42 miliardi di dollari. Si tratta di un incremento del 66%.

Il vino e il commercio elettronico

La spinta al commercio elettronico del vino è arrivata dalla pandemia, perché a causa delle misure di lockdown anche in questo settore sono aumentati gli acquisti sul web. Ci sono perfino siti dove è possibile acquistare persino una sola bottiglia, poco prima della cena con consegna a domicilio, purché in un raggio chilometrico accessibile.

Argomento correlato: ecco quali vini vengono cercati di più sul web.

Ma il trend era positivo anche prima del covid, che lo ha soltanto accelerato. Questo è evidente sulla base dei dati: nel 2019 il trend crescente del commercio elettronico era del 10% nel 2020, ed è schizzato al 43%, continuando a tassi sostenuti anche nei prossimi anni.

USA e Cina a ritmo crescente

Secondo la ricerca, il mercato dove il commercio elettronico è più penetrante sono gli Stati Uniti, dove si registra un tasso di crescita annuo del 20%. La conseguenza di questo trend crescente è che gli Stati Uniti diventeranno il più importante mercato globale on-line degli alcolici.
Dietro al mercato americano ci sarà quello cinese, che già una delle piazze più grandi. Oggi vale circa il 33% del commercio online di alcolici.

Questi dati devono far riflettere l'Italia. Perché se è vero che il nostro vino vale 14,2 miliardi di euro (terzi dietro Francia e Regno Unito), il nostro commercio elettronico di vino si ferma al 4% del totale delle vendite.

La polarizzazione dei consumatori

È interessante inoltre e sottolineare come questa ricerca evidenzi l'esistenza di due grandi categorie di consumatori di vino. Da una parte ci sono quelli più avveduti, anche più in là con l'età, che cercano prodotti di convenienza perlopiù appartenenti a Brand conosciuti e che acquistano su piattaforme di vendita di enoteche e siti specializzati.
Dall'altra ci sono i consumatori più giovani, che sfruttano il commercio elettronico per ordinare alcolici di fascia premium tramite app e su tempi di consegna piuttosto ridotti.

mercoledì 19 gennaio 2022

Commodity, la crisi in Kazakistan minaccia anche i metalli

Il piccolo e generalmente anonimo Kazakistan ha provocato una scintilla che ha infiammato il mercato del petrolio, spingendo al rialzo i prezzi dell'oro nero (che poi sono volati anche per altri fattori).
Ma ci sono concrete possibilità che un effetto analogo possa averlo anche riguardo ad altre commodity.

Il Kazakistan e le commodity

commodity metalliNel paese sono scoppiate delle proteste per la crescita dei prezzi del gas liquefatto, una commodity richiestissima giacché serve come carburante per gli autoveicoli.
Il malcontento è cresciuto a dismisura, fino a sfociare in disordini sociali che hanno innescato una durissima repressione e violentissimi scontri. La Russia ha dovuto inviare Forze Armate nella capitale del paese.

La questione delle miniere

Sembra difficile immaginare che un paese così piccolo possa creare altri problemi su larga scala. Del resto non ha un gran peso politico, ne' economico, e la sua moneta - il tenge - non è certo tra le valute più scambiate forex. Eppure c'è una cosa importante: l'attività mineraria kazaka, che è bene ricordarlo è estremamente attiva.

Fornitore di rame, zinco e uranio

Il Kazakistan Infatti è un grande produttore di minerali e metalli raffinati. Il suo principale partner commerciale è la Cina, dove esporta grandi quantità di metalli.
In special modo rame, rame raffinato, zinco e zinco raffinato. Il Kazakistan e altresì il più grande produttore mondiale di uranio. Alcune di queste commodity possono essere negoziate, a patto di sapere come usare Pocket option broker in Italia. Ma il Kazakistan ha come principale partner economico-commerciale anche l'Unione Europea, con la quale, unico Paese dell’Asia centrale, ha sottoscritto un Accordo di partnership e cooperazione rafforzata.

La preoccupazione fondata

Finora disordini e proteste non hanno avuto un impatto significativo sulle miniere kazake. Ma è giustificata la preoccupazione che, nel caso riesplodesse la rivolta sociale, anche i prezzi di queste commodity potrebbero risentirne.
Ma non c'è solo questo. Il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha ordinato al governo di stringere la morsa fiscale sul settore minerario, nella speranza di ottenere maggiori entrate fiscali. Se effettivamente dovessero aumentare le tasse a carico delle maggiori società minerarie, inevitabilmente ci saranno le azioni sui prezzi di queste commodity.

lunedì 17 gennaio 2022

Costi dell'energia, i rincari mettono in ginocchio le piccole imprese

Il problema dell'aumento dei costi dell'energia ha colpito in maniera trasversale tutte le imprese italiane, tanto le grandi quanto le piccole. Tuttavia il peso maggiore di questa situazione lo stanno subendo proprio le aziende di dimensioni ridotte, svantaggiate rispetto alle grandi realtà produttive.

Imprese e rincaro dei costi dell'energia

A evidenziare il quadro attuale sono i numeri di Eurostat relativi al primo semestre del 2021. Dai dati emerge che le piccole aziende pagano l'elettricità il 75,6% in più rispetto alle grandi aziende. La forbice si allarga in maniera clamorosa per quanto riguarda il costo del gas, che arriva addirittura al 133,5% in più rispetto alle grandi aziende.

L'Italia e l'Europa

Va precisato che si tratta di uno scenario che si verifica in tutta Europa. Anche le piccole imprese che operano nel resto del vecchio continente patiscono uno svantaggio enorme rispetto alle grandi aziende. Tuttavia in Italia questo gap e più eclatante che altrove.

Val la pena ricordare che un quadro del genere non è assolutamente incoraggiante, se teniamo conto che l'Italia è caratterizzata da un altissimo numero di piccole imprese. Esse infatti rappresentano il tessuto produttivo fondamentale, visto che il 99% delle aziende presenti in Italia sono medio-piccole, e danno lavoro al 60% degli addetti del settore privato. Senza trascurare che sono l'elemento chiave per caratterizzare il made in Italy, tanto apprezzato in tutto il mondo.

Chiusure e lavoro notturno

Di fronte al rincaro dei costi dell'energia, molte piccole imprese hanno dovuto addirittura introdurre dei turni di notte, perché quello è il momento in cui i costi dell'energia sono ridotti rispetto al giorno. In altri casi invece hanno dovuto completamente tagliare la produzione.

Le ragioni del maggior prezzo

Ma perché le piccole imprese hanno subito di più gli effetti del rincaro dei costi per l'energia?
Per l'elettricità, incide la riforma introdotta all'inizio 2018. Essa prevede un costo agevolato per le grandi industrie, ridistribuendo un maggior carico su tutte le altre categorie escluse dalle agevolazioni. Solo nella seconda metà del 2021 questo gap si è ridotto, ma di poco.

Riguardo invece il costo del gas, la forbice tariffaria deriva dal fatto che le grandi imprese ottengono dai loro fornitori delle offerte personalizzate in base alle loro necessità. Sostanzialmente hanno un peso maggiore quando si va a trattare e quindi riescono a strappare tariffe più vantaggiose. Cosa che le piccole imprese non possono fare.

mercoledì 12 gennaio 2022

Prezzi della pasta, è boom perché i costi sono saliti del 40%

La crescita dell'inflazione è un fenomeno ormai inarrestabile, che sta avendo ripercussioni su tutti i settori. La crescita dei prezzi è arrivata a colpire anche il carrello della spesa, colpendo il prodotto alimentare di consumo per eccellenza: la pasta.

Cosa sta succedendo ai prezzi della pasta

I produttori lamentano il fatto che i costi di produzione della pasta sono saliti tra il 38-40%, rendendo inevitabile scaricare parte di tali aumenti sulla distribuzione e in definitiva anche sui consumatori.
A settembre la grande distribuzione comprava un chilo di pasta pagandolo 1,10, mentre adesso il prezzo è salito a 1,40 euro. Alla fine di questo mese le cose peggioreranno ulteriormente, con un prezzo medio che schizzerà ulteriormente verso l'alto fino a 1,50.
Se volessimo rappresentare l'andamento con la Kaufman Kama trading (media mobile adattiva), avremmo una linea molto inclinata.

Colpa del rincaro del grano

A incidere in maniera sostanziosa sull'aumento dei prezzi della pasta è il rincaro della materia prima, ossia il grano sui mercati otc e regolamentati. Dalla scorsa estate il prezzo del grano italiano è quasi raddoppiato.

Il motivo fondamentale di questo rally dei prezzi è che i raccolti in Canada e Stati Uniti, leader della produzione mondiale, hanno subito un brusco calo. Siamo nell'ordine del 50%. Questo ha spinto verso l'alto i prezzi.
A farne le spese sono state anche le aziende produttrici italiane, che devono rivolgersi a questi Paesi per comprare la quota che non coperta dalla produzione Nazionale. E l'hanno pagata molto di più rispetto a un anno fa. Ma questo rincaro, a sua volta, ha innescato un aumento dei prezzi anche per il grano italiano.

La situazione non presenta schiarite

Questo rincaro a catena non è integralmente ammortizzabile dalle imprese, perché il costo del grano rappresenta una fetta enorme dell'intero costo produttivo (circa il 60%).
Per questo motivo i produttori hanno dovuto scaricare parte degli aumenti sui prezzi finali

Quello che preoccupa è che gli squilibri che ci sono sul mercato mondiale, non sembrano essere prossimi alla conclusione. Anzi potrebbero essere ulteriormente aggravati dalle fiammate speculative e dai problemi legati al clima invernale. Questi fenomeni meteorologici potrebbero compromettere anche i racconti del prossimo anno, aggravando il rincaro dei prezzi della pasta.

lunedì 10 gennaio 2022

Lavoro, il numero di donne inattive in Italia è allarmante

C'è un dato sul lavoro, in particolar modo riguardante l'universo femminile, che fa discutere. Si tratta del numero di donne inattive tra 30-69 anni. Ossia quelle che non solo non lavorano, ma neppure cercano un'occupazione. In Italia sono ben 7 milioni, secondo un report di Randstad Research (in confronto ai poco più di 20 milioni di occupati complessivi).

Le donne inattive e il lavoro

Quanto sia importante questo dato si capisce evidenziandone un altro: si tratta del 43% delle donne di questa fascia di età. In pratica tra 30 e 69 anni, solo una donna su due lavora o cerca lavoro. Le altre no. E' allarmante soprattutto il dato di Sud e isole, dove più di una donna su due (il 58%) è inattiva, mentre al Nord tre su dieci.

In Europa (UE) le donne che non lavorano né cercano occupazione sono il 32%. Ma in certi Paesi il numero è molto più basso, come in Germania (24%) e ancora più in Svezia (19%).

Problema storico

Va anche aggiunto un altro aspetto, ossia la storicità di questo dato. Infatti il tasso di inattività delle donne sul mercato del lavoro italiano è rimasto praticamente fermo negli ultimi 30 anni.
Questo evidenzia che la natura del problema è strutturale e anche culturale.

Scelta e non

Oltre la metà delle donne inattive è casalinga a tempo pieno (4,5 milioni), perché una propria scelta ma sempre più spesso perché si sentono "obbligate". Sotto questo ultimo punto di vista, le cause che vengono indicate sono lo scoraggiamento per le barriere all'ingresso e le difficoltà di reingresso nel mercato del lavoro, soprattutto dopo la maternità.
Ecco perché è importante che in Italia cresca la spesa pubblica in asili nido (da noi tra le più basse d'Europa), che vengano rivisti i congedi parentali e anche il sistema fiscale che non penalizzi il lavoro del secondo lavoratore in famiglia.

Inoltre il dato sulle donne inattive si lega in modo forte all'età. Più è alta, più aumenta la quota di inattive. Dal 70,6% delle donne attive tra i 35 e i 44 anni si scende al 47,4% tra i 55 e i 64 anni.

mercoledì 5 gennaio 2022

Tassi di interesse, la banca centrale polacca li alza ancora

Cambiano ancora i tassi di interesse di riferimento in Polonia. Nella giornata di martedì infatti, la Banca Centrale polacca ha deciso di operare una nuova stretta di politica monetaria. Il tasso di interesse di riferimento è stato alzato di 50 punti base, portandolo al 2,25%.
La Banca Centrale ha inoltre aumentato anche il tasso Lombard, quello sui depositi e quello di risconto.

La Polonia e i tassi di interesse

L'istituto centrale polacco ha così effettuato la quarta stretta consecutiva a partire da ottobre 2020. In questi mesi il tasso di interesse è stato complessivamente aumentato di 215 punti base

Le mosse recenti della banca centrale della Polonia rispondono all'esigenza di contrastare la crescente inflazione. I prezzi al consumo infatti continuano a correre, e il tasso di inflazione a dicembre è schizzato al 7,8%, ossia il valore più alto degli ultimi 20 anni. Volendo rappresentare graficamente l'andamento dell'inflazione, si disegnerebbe una candela spinning top.

Vale la pena evidenziare che il target fissato dalla Banca Centrale polacca e del 2,5% (più o meno un punto percentuale).

La ripresa economica polacca

Dal punto di vista generale, la Polonia sta viaggiando lungo il percorso della ripresa economica. L'economia polacca è cresciuta del 5,3% su base annua nel terzo trimestre di quest'anno, in calo dall'11,2% nel secondo trimestre, e NBP ha affermato di aspettarsi che le condizioni economiche rimangano favorevoli nei prossimi trimestri.
Malgrado una nuova ondata di infezioni da Covid, i dati mensili sulla produzione industriale e le vendite al dettaglio confermano la ripresa economica. Come sono più confortanti anche i dati sul mercato del lavoro.

La reazione dei mercati

Nel frattempo la mossa della NBP non ha mosso granché lo Zloty polacco. Il cambio USDPLN rimane infatti in prossimità della soglia di 4,00, e sta testando la EMA50 (qui si parla invece delle previsioni cambio euro real brasiliano). I mercati infatti aspettano con ansia di conoscere il contenuto delle minute della Federal Reserve, per capire meglio l'orientamento della banca centrale statunitense sul fronte dei tassi di interesse.

lunedì 3 gennaio 2022

Borsa, debutto di Iveco Group dopo lo spin off

La prima seduta del nuovo anno alla Borsa di Milano è cominciata con una grossa novità. Per la prima volta infatti sono iniziate le negoziazioni delle azioni di Iveco Group, diventata entità indipendente dopo lo spin off da Cnh Industrial.

Quest'ultima manterrà tutte le operazioni relative alle macchine agricole e mezzi movimento terra.

Il nuovo titolo in Borsa

iveco group borsaDa oggi quindi Iveco Group è una società quotata alla Borsa di Milano. Intanto le azioni ordinarie CNH Industrial saranno scambiate sia sul NYSE che su Euronext Milan.
La decisione era diventata ufficiale poco prima di Natale, quando l’assemblea straordinaria degli azionisti di CNH Industrial, aveva approvato la proposta di scissione di Iveco Group.
Quella decisione era peraltro stata plebiscitaria, visto che la proposta era stata approvata a larghissima maggioranza, con più del 99% dei voti a favore.

Gli azionisti di CNH Industrial hanno ottenuto un'azione ordinaria Iveco Group ogni cinque azioni ordinarie CNH Industrial detenute.

La lunga storia di Iveco Group

Il marchio Iveco Group progetta, produce e commercializza una gamma completa di Veicoli Commerciali e Speciali e Powertrain, con il supporto dei relativi Servizi Finanziari. 

Si tratta di una delle aziende più longeve nel panorama imprenditoriale italiano. Ha infatti più di 170 anni di storia, passati a fornire settore privato e pubblico di veicoli commerciali, autobus, mezzi antincendio e per la protezione civile. Ma anche la nautica e la generazione di energia.
Iveco Group ha una diffusione ampia e soprattutto globale. Nel mondo infatti si contano 29 stabilimenti produttivi, 31 centri di ricerca e sviluppo e l'azienda dà lavoro a circa 34.000 persone in tutto il mondo.

"Il nostro primo giorno di quotazione in Borsa segna una storica pietra miliare. Abbiamo tutti i requisiti necessari per ottenere un successo di lungo periodo. Potremmo innovare e stringere partnership per sviluppare le migliori soluzioni nell'attuale contesto in rapida evoluzione", ha detto il ceo Gerrit Marx che ha suonato la tradizionale campanella all'apertura a Milano.