Visualizzazione post con etichetta retribuzioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta retribuzioni. Mostra tutti i post

mercoledì 1 giugno 2022

Retribuzioni, l'Italia è l'unico paese OCSE dove in 30 anni c'è stato un calo

Uno dei capitoli più scottanti riguardanti l'economia italiana è quello degli stipendi, che nella maggior parte dei casi sono inferiori a quelli del resto d'Europa. L'OCSE ha evidenziato che le retribuzioni in Italia sono scese nell'arco di 30 anni - dal 1990 al 2020 - del 2,9%. Siamo l'unico paese che segna un lato negativo.

Il confronto sulle retribuzioni

Se da noi le retribuzioni hanno subito una flessione nell'arco di un trentennio, negli altri grandi paesi europei sono cresciuti in maniera più o meno forte.  

Già sarebbe un brutto colpo confrontare il nostro dato con quello della Spagna, dove le retribuzioni sono salite del 6,2%. Ma ancora più mortificante è il paragone con altri paesi. In Olanda sono cresciute del 15,5%, in Francia del 31,1% ed in Germania addirittura del 33,7%. Paragoni impietosì.

Retribuzioni medie in Italia

Sulla base dei dati pubblicati da Eurostat, che sono riferiti al 2021, in Italia lo stipendio medio di un dipendente single a tempo pieno e senza carichi familiari ammonta a 22.339 euro. Sono circa €7500 in meno rispetto ad un collega tedesco.
Il divario tra le retribuzioni è forte anche per i dipendenti giovani, ossia con meno di 30 anni. Già da questa età infatti il divario tra i due paesi supera i €4000 lordi annui.

La povertà

Di fronte a questi numeri non dobbiamo stupirci se qualche mese fa, sul tavolo del Ministro del Lavoro è giunta una relazione dove si leggeva che nel 2019, l'11,8% dei lavoratori italiani era povero. La media Europea era del 9,2%.
Peraltro è presumibile che la pandemia abbia ulteriormente aggravato questo fenomeno.

Ci sono tante spine da dover estirpare, che incidono anche sulle retribuzioni. Oltre ai contratti di lavoro, alla imposizione fiscale, c'è anche l'eccessivo ricorso al lavoro a tempo parziale, che peraltro generalmente non è su base volontaria ma viene praticamente imposto.

La fuga dei giovani

La ricerca di un lavoro stabile, spesso in condizioni migliori e con retribuzioni più alte ed adeguate, spinge ogni anno migliaia e migliaia di giovani italiani a lasciare il Paese. Un fiume di circa mezzo milioni di ragazzi e ragazze hanno lasciato l'Italia per questi motivi.

lunedì 14 ottobre 2019

Retribuzioni globali ferme al palo, colpa del disallineamento delle competenze

Nonostante il calo diffuso della disoccupazione a livello globale, le retribuzioni non sono affatto aumentate. Il livello dei salari infatti sta vivendo una fase di stagnazione, come ha evidenziato un recente rapporto del di Hays in collaborazione con Oxford Economics.

Retribuzione e competenze

Per realizzare questa fotografia del mercato, sono stati presi in esame i mercati del lavoro di 34 economie a livello mondiale (Italia compresa). Di esse è stata fatta una analisi riguardante macro trend, sfide e opportunità per professionisti e aziende. Ebbene, emerge che il grosso problema del mercato del lavoro globale è il disallineamento tra competenze richieste e disponibili, con conseguente calo della partecipazione al mercato del lavoro. E' proprio questo che frena la crescita delle retribuzioni.

L’indicatore del gap di competenze è infatti salito a 6,7 punti nel 2019, contro i 6,6 del 2018. Si tratta del valore maggiore registrato dal 2012, quando venne pubblicato per la prima volta il Global Skills Index. Il rapido sviluppo tecnologico comporta che i datori di lavoro faticano sempre di più a trovare professionisti adeguatamente qualificati da inserire in organico. Questa discrepanza tra ricerca e offerta finisce per ampliare il divario tra i lavori altamente qualificati e quelli poco qualificati (soprattutto nella regione dell’Asia Pacifica).

Leggi anche: Imprese italiane sempre più a caccia di profili Stem hi-tech.

L'importanza della formazione

L’attuale stallo delle retribuzioni dimomostra che gli alti livelli di occupazione non sono più legati all’aumento delle retribuzioni, bensì derivano da cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro. Per questo motivo bisognerebbe investire nella formazione a lungo termine, riducendo anche la sottoccupazione – ovvero l’impossibilità per i lavoratori che lo desidererebbero di essere impiegati a tempo pieno – tramite l’allocazione strategica delle risorse e fornire ai dipendenti gli strumenti utili per avere successo anche in condizioni lavorative mutevoli.