Nell'arco di una dozzina di anni, il mercato dell'auto ha riservato una bruttissima sorpresa ai clienti. I prezzi infatti sono cresciuti del 52%. Non c'è da meravigliarsi allora se le vendite sono in calo e la crisi in cui questa industria è precipitata non sembra avere via di uscita.
Prezzi alti, giù le vendite
Un tempo le auto erano disponibili per ogni fascia di clienti, dal più esigente e spendaccione fino a quello che cercava semplicemente una macchina per risolvere la sua esigenza di mobilità. E le vendite andavano benone. Poi però lo scenario è cambiato, e oggi un’auto nuova resta solo un miraggio per molti italiani. Se nel 2013 il prezzo medio di una vettura era 19.000 euro, oggi il prezzo medio è salito a 30.000 euro. Un aumento del 52%. Il guaio è che nel frattempo i redditi familiari sono saliti del 29%. Fatta eccezione per la Dacia Sandero, la soglia dei 15mila euro è ormai solo un ricordo.
Da bene di massa a bene di lusso
Questo disallineamento ha trasformato l’automobile da bene di massa a bene quasi di lusso, spingendo al ribasso le vendite. Di fronte a uno scenario così negativo, due italiani su tre rinunciano o rimandano l’acquisto dell'auto. Ciò porta alla conseguenza che il nostro parco auto in circolazione invecchia. Ha superato i 13 anni di media, e oltre la metà delle auto usate acquistate ha più di dieci primavere.
I driver della crescita dei prezzi
Va detto che i grandi marchi dell'industria automobilistica non sono sciocchi a spingere i prezzi all'insù, facendosi del male da soli. I listini delle auto si sono impennati per diverse ragioni.
Il primo è la transizione elettrica, che ha comportato un sistema di regole severe e scadenze così imminenti da costringere le imprese a investire tanto e in fretta, senza avere numeri chiari e sicuri riguardo alle future tendenze di mercato. Le vendite di auto elettriche hanno avuto un boom passeggero, soprattutto grazie agli incentivi. Finiti quelli, per le industrie dell'auto è cominciata la crisi dell'auto elettrica. L’elettrificazione, più che un’opportunità, è diventata un moltiplicatore di costi.
Come se non bastasse questo, si sono aggiunti in sequenza altri problemi: la pandemia ha inceppato la produzione, la crisi dei chip ha ridotto l’offerta, la guerra in Ucraina ha fatto esplodere i costi energetici e le materie prime.
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