Per i lavoratori delle piattaforme online di consegna a domicilio o trasporto arrivano grosse novità. Parliamo di colossi come Uber, Deliveroo e Glovo, fortemente interessati dalle nuove regole che sono state appena lanciate dalla Commissione europea.
Regole che servono a disciplinare e tutelare queste categorie di lavoratori, che per molti anni sono rimasti alla mercé di una grave incertezza normativa. E molti se ne sono approfittati con pratiche di sfruttamento.
Le nuove regole per i lavoratori
La Commissione europea ha presentato a Bruxelles le proposte per regolamentare il lavoro sulle piattaforme digitali.Queste proposte riguardano diversi aspetti del rapporto con questi lavoratori. Dalla definizione del livello di retribuzione e dell'orario di lavoro al codice di abbigliamento.
L'impatto sar notevole, visto che la stessa UE conta circa 28 milioni di europei che lavorano per 500 diverse piattaforme internet.
Cosa succederà a questi lavoratori
Secondo la Commissione europea, circa 5,5 milioni di essi non sono correttamente classificati. Sono infatti considerati come lavoratori autonomi e liberi professionisti quando in realtà sono nei fatti lavoratori dipendenti. Questa errata classificazione fa sì che vengano sottoposti a regimi contrattuali sbagliati, con minore tutela.
Grazie alle nuove regole, Bruxelles fissa dei criteri per inquadrare tali lavoratori come dipendenti. Si stima che fino a 4,1 milioni di rider e lavoratori potrebbero veder cambiare il loro status, ottenendo finalmente una adeguata tutela. Ad esempio il diritto a un salario minimo, alla contrattazione collettiva, alla protezione dell’orario di lavoro e della salute, ecc.
Il commento istituzionale
"Nessuno sta cercando di uccidere, fermare o ostacolare la crescita delle piattaforme - ha detto il commissario europeo al Lavoro, Nicols Schmit - Questa economia corrisponde a una domanda nella nostra società, e vogliamo che prosperi. Ma questo modello di business dovrebbe anche adattarsi ai nostri standard, compresi quelli sociali. Dobbiamo assicurarci che siano lavori di qualità, che non promuovano la precarietà".
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