La categoria professionale più colpita dalla pandemia è quella del lavoro indipendente. A mettere in evidenza questo problema è l'ufficio studi della CGIA, sulla base dei dati forniti da Istat.
I numeri del lavoro indipendente
Nel corso dei due anni in cui il coronavirus ha flagellato l'economia, sono andate perse tantissime unità di lavoro indipendente. Parliamo di circa 321 mila.Prima dello scoppio della crisi sanitaria il numero superava i 5 milioni, oggi invece è sceso sotto i 4,9. La perdita percentuale è del 6,2%.
Un trend che viene da lontano
A dire il vero, occorre sottolineare che la discesa numerica del lavoro indipendente era comunque cominciata anche prima dello scoppio della pandemia.
Il picco si era registrato nel 2016, quando il numero totale di lavoratori indipendenti era arrivato a superare quota 5,4 milioni.
Da quel momento in poi è cominciato un calo tendenziale delle unità di lavoro indipendente, fino a toccare il minimo storico a dicembre dello scorso anno.
Il Covid aveva colpito anche i lavoratori dipendenti, ma in quest'ultimo caso c'è stato un forte rimbalzo dopo il primo semestre di crisi sanitaria, che era stato decisamente drammatico. E' nella fase della ripresa che ha fatto seguito alla prima forte ondata di coronavirus, che dunque si crea una divergenza tra lavoro indipendente e dipendente.
I problemi delle partite IVA
Il popolo delle partite IVA ha dovuto fronteggiare diversi problemi legati al covid. Anzitutto le limitazioni alla mobilità. Ma poi si sono associati anche il calo dei consumi, il carico fiscale e l'impennata del costo degli affitti. Fattori che hanno agito insieme, spingendo molte partite IVA a chiudere definitivamente.
Una fetta di coloro che avevano resistito si è dovuta poi arrendere di fronte alla recente impennata dei prezzi dell'energia. Le bollette di luce e gas hanno infatti subito dei rincari enormi che hanno spinto in molti a gettare la spugna.
Interventi necessari
Se non si vuole continuare a perdere unità di lavoro indipendente anche in futuro, occorre invertire in fretta la tendenza, ritoccando l'imposizione fiscale e spingendo sul rilancio dei consumi. Ma anche tagliando una parte del peso della burocrazia. Su tutto però occorre fare una rivoluzione culturale, per ridare dignità valore sociale e un riconoscimento economico equo alle tante professioni artigianali, che rappresentano da sempre una virtù del nostro paese.
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