lunedì 28 aprile 2025

Mercati finanziari, dazi in focus ma dagli USA arrivano anche il report su inflazione e lavoro

l tema dei dazi rimarrà ancora cruciale in questa settimana. I mercati finanziari sperano di vedere segnali di de-escalation tra USA e Cina. Intanto sul fronte macro sono attesi alcuni report interessanti (soprattutto quello sul lavoro USA), e inoltre continuerà ancora la stagione delle trimestrali.

Appuntamenti negli USA per i mercati finanziari

Come detto, ancora una volta i riflettori dei mercati finanziari saranno puntati sulla Casa Bianca, per capire che direzione prenderà Trump sulla questione dazi. Negli ultimi giorni ci sono stati alcuni segnali di apertura a possibili accordi con la Cina e anche con l'UE. Segnali che sono stati confermati dagli incontri informali avuti dal presidente USA con altri leader mondiali, in occasione dei funerali di Papa Francesco.

Ma dagli USA sono attesi anche degli importanti dati macro. Quelli più interessante sono relativi al PIL del primo trimestre 2025, che dovrebbe mostrare un rallentamento significativo se non addirittura una possibile contrazione. L'altro report molto atteso riguarda l'occupazione: si prevede che l'economia statunitense avrà aggiunto 130 mila posti di lavoro ad aprile, in calo rispetto ai 228 mila di marzo. Il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere stabile al 4,2%, mentre la crescita dei salari è vista allo 0,3% su base mensile. Anche il rapporto sull'inflazione PCE è sul radar. Tutto ciò influenzerà il dollaro, che negli ultimi giorni sembra disegnare un uncino di Ross 123 high low.

Il programma in Europa

Nel vecchio continente, gli operatori dei mercati finanziari analizzeranno i dati flash sul PIL e sull'inflazione per l'Eurozona. Si prevede che l'economia sia cresciuta dello 0,2% su base trimestrale. Sul fronte dell'inflazione, il tasso è probabilmente sceso al 2% ad aprile dal 2,2% di marzo, in linea con l'obiettivo della BCE.
Il calendario del Regno Unito è leggero, con solo poche pubblicazioni in programma, l'indice nazionale dei prezzi delle case e gli indicatori monetari e creditizi della Banca d'Inghilterra.

Asia e resto del mondo

In Cina, tutti gli occhi saranno puntati sui PMI ufficiali delle NBS e sul PMI manifatturiero Caixin di aprile, indicatori chiave di come i recenti dazi statunitensi e le contromisure cinesi stiano influenzando il settore manifatturiero. Nel frattempo, si prevede che la Banca del Giappone manterrà i tassi di interesse invariati.
Altrove nelle Americhe, l'attenzione dei mercati finanziari si sposterà sulla crescita del PIL messicano, sulla crescita mensile del PIL per il Canada e sui PMI manifatturieri globali di Canada, Brasile e Messico.

Il mercato azionario

Questa settimana sarà ancora intensa sul mercato azionario, viste le numerose trimestrali in uscita (alcuni di questi titoli si possono negoziare facendo trading con paypal broker). Sono attesi rapporti da Apple, Microsoft, Amazon, Meta, Eli Lilly, Qualcomm, Visa, Coca-Cola, Honeywell, Mastercard, McDonald's, Exxon Mobil e Chevron.

mercoledì 23 aprile 2025

Banche italiane, i fattori ESG scavano un solco tra quotate e non

Quando si parla di fattori ESG (enviromental, social e governance) si fa riferimento ad alcuni aspetti estremamente importanti, che sono sempre sotto la lente di ingrandimento delle banche italiane quotate in borsa. Devono infatti rispettare dei paletti rigidi riguardo l'impegno in tati ambiti. Ma se il focus si sposta sugli istituti non quotati, la situazione diventa particolarmente deludente.

Quanto sono indietro le banche italiane

Un rapporto di Standard Ethics ha messo infatti in evidenza che le banche italiane che non sono quotate in borsa risultano essere largamente insufficienti sui fattori ESG non soltanto se li confrontiamo rispetto alle banche quotate, ma anche rispetto allo scenario internazionale.

Alcuni numeri

L'analisi è stata condotta su 43 istituti, sia gruppi che singoli aziende, studiando per ognuno di loro ben 23 marcatori che sono distribuiti in quattro macro aree di appartenenza. La prima è quella delle procedure e Policy ESG. La seconda sono i target ESG, poi le valutazioni e infine la Policy ESG attinente al settore bancario.

I risultati di questa analisi hanno evidenziato uno scenario particolarmente deludente. Soltanto 1 banca su 7 pubblica una Policy ambientale, soltanto 1 su 11 ha una Policy sui diritti umani, e addirittura nessuna ha una Policy sull'intelligenza artificiale. Riguardo invece alla Policy sulla parità di genere ce l'hanno solamente il 19% delle banche italiane esaminate, mentre il 26% pubblica una Policy su diversità e inclusione.
Gli unici risultati che si avvicinano a quelli degli istituti quotati riguardano la parte ambientale. Ma questo probabilmente deriva dal fatto che si tratta della Policy che più è inodore di futura regolamentazione.

L'uguaglianza di genere

Ciò che invece delude notevolmente riguarda il tasso di rappresentanza del genere femminile nel CdA, che è di circa il 30%. E soltanto in 1 banca su 6 viene raggiunta la parità di genere nei consigli amministrazione. Un altro fattore di enorme divario rispetto alle banche italiane quotate riguarda i diritti umani, perché mentre il 100% degli istituti quotati a una Policy sui diritti umani, per gli istituti non quotati questa percentuale scende addirittura al 9%.

mercoledì 16 aprile 2025

Prezzo dell'oro ancora da record: superati i 3.300 dollari per oncia

Lo scenario economico globale continua a fornire un terreno fertile per l'oro, le cui quotazioni hanno superato anche i 3.300 dollari per oncia. La turbolenza innescata dalla politica commerciale aggressiva di Donald Trump, e i suoi dietrofront improvvisi che alimentano l'incertezza, sono il vero motore del prezzo dell'oro, che ha piazzato un nuovo scatto fulmineo negli ultimi giorni.

Cosa sta muovendo il prezzo dell'oro

Settimana scorsa il prezzo dell'oro era temporaneamente calato dopo che il presidente degli Stati Uniti aveva deciso di congelare per 90 giorni le "tariffe reciproche" per alcuni partner commerciali. Tuttavia ci sono forti dubbi che durante questo periodo di tempo possono essere chiusi dei negoziati, visto che i primi approcci non sono stati infruttuosi.

La tensione con la Cina

Peraltro restano ancora in vigore i dazi contro la Cina, che anzi sono stati aumentati al 145% dopo che Pechino a sua volta aveva reagito alzando le proprie tariffe sui beni statunitensi. La tensione tra Washington e Pechino rimane altissima, e nemmeno i timidi segnali mandati dall'amministrazione USA sulla possibilità di negoziare finora hanno spento i timori di recessione per l'economia a stelle e strisce. Ad aggravare lo scenario sono i nuovi provvedimenti commerciali di Trump, che stavolta se l’è presa con le esportazioni di chip di Nvidia verso la Cina.

L'asset rifugio

Ciò che in questo momento alimenta la corsa del prezzo dell'oro è sicuramente il suo ruolo di bene rifugio per eccellenza, quello sul quale gli investitori si fiondano nei periodi di incertezza. Tale ruolo è stato perso sia dal dollaro che dai titoli di Stato USA, che almeno temporaneamente sembrano essere trattati dal mercato come prodotti rischiosi. Il biglietto vede viene penalizzato anche dai fornitori di segnali forex gratis in tempo reale.

Il mercato

Sul mercato delle materie prime il prezzo dell'oro ha superato anche la soglia dei 3300 dollari, dopo aver guadagnato oltre il 20% nel corso di questo 2025. L'indicatore RSI del lingotto segala nuovamente ipercomprato.
La marcia rialzista del metallo prezioso è alimentata anche dagli acquisti delle banche centrali e dalla prospettiva che ci saranno nuovi stimoli monetari da parte  della Federal Reserve (tassi di interesse più bassi sono favorevoli per il lingotto che non produce rendimento), soprattutto dopo che i dati sull'inflazione americana hanno mostrato un raffreddamento nel mese di marzo.

lunedì 14 aprile 2025

Tasse, due volte su tre a non pagare sono le grandi imprese

Un recente report pubblicato dall'ufficio studi della CGIA Mestre ha messo in evidenza un aspetto interessante riguardante le tasse in Italia. Nel 64,3% dei casi, la mancata riscossione da parte del fisco riguarda le persone giuridiche, ossia le imprese di maggiori dimensioni (che assumono la forma di Spa, Srl, consorzi, cooperative, etc).

I numeri della mancata riscossione delle tasse

L'analisi è stata condotta sui dati relativi all'intero millennio che stiamo vivendo. Ebbene in questi 25 anni il fisco ha reclamato inutilmente 1279 miliardi tra tasse, contributi, bollette, multe, etc. Di questa cifra, ben 822 miliardi sono in capo alle grandi aziende

Si tratta quasi del triplo rispetto alla somma che invece è stata inutilmente reclamata nei confronti delle persone fisiche (300 miliardi), e 5 volte la somma che invece riconducibile alle persone fisiche con attività economica (ossia artigiani, commercianti, esercenti, liberi professionisti, etc).
L'infedeltà fiscale sembra quindi essere soprattutto una prerogativa dei grandi contribuenti e non i piccoli, che invece sono più ligi al rispetto delle normative riguardo le tasse.

Il credito non riscosso dai lavoratori autonomi

Circa i lavoratori autonomi, bisogna inoltre aggiungere inoltre che c'è un carico residuo non riscosso che equivale a poco più della metà del dato riferito alle persone fisiche. E dire che normalmente, quando si parla di evasione delle tasse, una delle prime categorie che finisce sul banco degli imputati è proprio quella dei lavoratori autonomi. 

Anche se è vero che in questa categoria si nascondono anche molti che non adempiono agli obblighi fiscali, le statistiche ufficiali quindi raccontano che negli ultimi 25 anni solo 13 evasori su 100 hanno una partita Iva, e l'incidenza della loro evasione sul totale è appena del 12,2%.

L'evasione per zona territoriale

Per quanto riguarda la collocazione geografica delle sacche di evasione dalle tasse, il debito fiscale pro capite più elevato maturato in questi ultimi 25 anni è in capo ai residenti del Lazio con 39.673 euro. Seguono i campani con 27.264 euro e i lombardi con 25.904 euro. Il Nord è il territorio più virtuoso, con il Trentino Alto Adige in fondo alla classifica delle cifre non riscosse, appena 6.964 euro.

martedì 8 aprile 2025

Prezzi del petrolio, il crash dei giorni scorsi ha un precedente... sempre con Trump

La settimana scorsa è stata un vero e proprio disastro per il mercato petrolifero. L'impatto economico globale che potrebbe avere la battaglia commerciale innescata da Donald Trump ha infatti provocato un crollo dei prezzi del petrolio, che sono scivolati di oltre il 10%. Addirittura in una singola giornata la marcia indietro del prezzo è arrivata ad essere del 7%, evento rarissimo.

Il precedente negativo di Trump con i prezzi del petrolio

Ma quello al quale stiamo assistendo non è un caso isolato, perché ci sono altri esempi in cui la deviazione standard di volatilità del petrolio è stata enorme. Basta andare indietro di pochi anni per ritrovare una situazione simile. Per la precisione ad agosto 2019. Ed anche allora, come oggi, tutto nacque dalla minaccia tariffaria di Donald Trump, che all'epoca era all'inizio del suo primo mandato presidenziale. 

Il tycoon scrisse annunciò dazi del 10% su 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi. Fece così sprofondare i mercati dal panico, facendo temere un rallentamento della domanda globale di greggio. I prezzi del petrolio crollarono del 7%, con il WTI che arrivò al 7,9% di perdite in un solo giorno.

Record nel periodo del Covid

Il capitombolo più forte dei prezzi del petrolio è stato registrato però durante la pandemia da Covid. All'inizio di marzo 2020, il fallimento dei colloqui tra i paesi produttori che fanno parte dell'Opec+ provocò un crollo verticale delle quotazioni. I prezzi del petrolio scivolarono quasi del 25% in un giorno, segnando il secondo maggior calo storico. 

Il primo sarebbe avvenuto appena un mese dopo, più o meno sempre per le stesse ragioni, e fu ancor più eclatante perché spinse i prezzi di Brent e WTI addirittura in territorio negativo, con un calo del 300 per cento in poche ore (si veda l'andamento storico su Pocket Option nuovo link).

I recenti capitomboli

La storia recente dei prezzi del petrolio è comunque caratterizzata da altri scivoloni scioccanti. Nel novembre 2021 la notizia di una nuova variante Omicron del covid provocò un calo superiore al 10% dei prezzi del petrolio, perché si temette di sprofondare nella crisi sanitaria.

I giorni nostri

Da quel giorno di tre anni e mezzo fa, il petrolio ha vissuto fasi altalenanti, durante le quali però non c'era mai stata una settimana così negativa come quella appena trascorsa. 
I dazi di Trump hanno innescato la paura di una recessione globale, che ovviamente porterebbe a un crollo della domanda di barili di greggio. Ma a peggiorare la situazione è stato il contemporaneo aumento della produzione programmata dall'Opec+. Due schiaffoni che sono giunti pressoché contemporaneamente, e che il mercato non ha saputo assorbire.

giovedì 3 aprile 2025

Investimenti, gli italiani continuano a preferire il mattone

C'è una costante che riguarda il rapporto tra il nostro paese e gli investimenti. La preferenza delle famiglie italiane infatti continua ad andare verso il settore immobiliare, al punto tale che il mattone rappresenta quasi la metà dell'intera ricchezza lorda complessiva.

Il mattone e gli investimenti

Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat, l'istituto statistica europeo, circa il 71% delle famiglie italiane è proprietaria dell'abitazione in cui vive. Se escludiamo i paesi dell'ex blocco sovietico, siamo primi nella classifica. In Francia questa percentuale arriva al 65%, nel Regno Unito al 63%, in Germania arriva soltanto al 50%

Quello che si può dire è che ad oggi il mattone rimane ancora l'investimento preferito delle famiglie italiane, che nel 69% dei casi lo ritiene il più sicuro di tutti.

Asset sicuro, vero o falso?

Bisogna evidenziare che dietro questa preferenza per il mattone c'è sicuramente un fattore emozionale importante e il fatto comunque che si tratta di un bene tangibile. La casa è là, la puoi vedere la puoi toccare, a differenza dei titoli azionari o di altri asset finanziari. 

Tuttavia proprio questo legame emotivo così forte può indurre in confusione e far sì che agli investimenti nel mattone non vengano applicati gli stessi parametri razionali utilizzati per gli altri tipi di impiego del proprio capitale.
Basta pensare ad esempio che, malgrado il mattone rimanga l'investimento preferito, pochi sanno che la crescita di valore delle abitazioni nell'ultimo decennio è stata minore rispetto all'aumento dell'inflazione.

Alcuni numeri

Ad eccezione di alcune grandi località turistiche o metropoli, chi ha fatto investimenti per 1 milione di euro in immobili nel 2013, oggi avrebbe mediamente 1,08 milioni. In pratica avrebbe guadagnato l'8% in dieci anni. Ma se consideriamo l'inflazione, allora il suo investimento ha perso circa il 15%. Facendo un confronto con i principali indici azionari globali, un investimento di un milione fatto nel 2013 avrebbe portato al raddoppio del capitale.

Conclusioni

Bisogna precisare che gli investimenti nel settore immobiliare possono essere fruttiferi quanto o più degli altri tipi di impiego del capitale, ma bisogna sottolineare e che prima di effettuare investimenti in immobili bisogna analizzare la composizione del proprio patrimonio e lo scenario generale.