domenica 26 agosto 2018

Mercati finanziari, lo scenario rimane molto eterogeneo

Fino a qualche tempo fa credevamo che la crescita economica globale fosse abbastanza sincronizzata, mentre adesso ci si sta rendendo conto di un discreto disallineamento. Questo vale soprattutto per i mercati finanziari e in special modo l'andamento delle Borse. Gli Stati Uniti fanno festa, visto che dopo un decennio brillante lo S&P500 ha addirittura aggiornato il massimo storico. Inoltre il Nasdaq rimane l'unico indice che dallo scorso mese di gennaio è riuscito a piazzare un rialzo in doppia cifra, +14%. Molto differente è il discorso per alcuni paesi deboli dell'Europa, per il Giappone e per i paesi emergenti, dove arrivano segnali di difficoltà (e in alcuni casi in pieno crollo, come accade per Turchia e Venezuela).

Lo scenario futuro per i mercati finanziari

All'orizzonte però ci sono fattori che potrebbero essere insidiosi sui mercati finanziari, anche per gli USA. L’escalation di una guerra commerciale potrebbe incidere in modo negativo sulle quotazioni delle azioni Usa, in special modo per quelle aziende che hanno delocalizzato la produzione oltre i confini nazionali (peraltro in molti casi proprio in Cina e in altri Paesi asiatici).

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Va messo in conto anche il futuro approccio di politica monetaria delle banche centrali. Siamo infatti entrati nella fase finale degli stimoli monetari straordinari, ma di fronte a questi eventi recenti (guerra dei dazi, il possibile impeachment di Trump, l'impennata dello spread italiano) le autorità monetarie potrebbero continuare a fornire una guida assistita ai mercati finanziari. Lo stesso governatore della FED Powell nel recente simposio di Jackson Hole da una parte ha detto che il rialzo dei tassi andrà avanti, ma dall'altra ha lasciato in dubbio un eventuale quarto ritocco a dicembre. Questa prudenza della Fed ha immediatamente indebolito il dollaro, col cambio euro-usd passato da 1,14 a 1,16 (si veda in proposito l'andamento dell'indicatore alligator trading forex).

Vanno guardati con attenzione anche due aspetti. Il primo relativo ai report PMI, che hanno tracciato un rallentamento per i prossimi mesi. E non vale solo per l'Eurozona, ma anche per gli Stati Uniti. Inoltre i rendimenti obbligazionari sono rimasti stabili per le lunghe scadenze, il che è sintomo di una crescita che non mette pressione a vendere. Anche in questo caso, il discorso vale sia per gli Stati Uniti, sia per l’Europa.

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