Produzione flop nelle mani turche
L'azienda di produzione dolciaria fondata nel 1860 era passata al gruppo turco Tuksoz nell'estate del 2013, ceduta dalla Fratelli Averna. All'epoca parlando dello storico marchio che identifica nel mondo la gianduia e il torrone italiano, la nuova proprietà annunciò la volontà di sviluppare l'attività in nuove e interessanti aree geografiche, sfruttando la forza del marchio Pernigotti.Il punto è che nello stabilimento italiano non è stato mai investito un solo euro. Inoltre in 5 anni sono stati accumulati 13 milioni di perdite. Un fatto che il Sindaco ha definito "inspiegabile, visto che il settore dolciario tira ancora". Inoltre in questi ultimi anni diversi tipi di produzione erano già state trasferite in Turchia, e c'erano state flessioni anche nel comparto dei preparati per gelato, di cui la Pernigotti ha sempre vantato la leadership.
Fa ancora più male sapere che non sono stati i proprietari a comunicare la decisione, ma semplici emissari di uno studio milanese ingaggiato poche settimane fa dopo l’allontanamento dell’amministratore delegato Massimiliano Bernardini.
I danni degli investitori stranieri
La gestione turca in sostanza è stata drammaticamente disastrosa. E l'epilogo è identico a quello visto per altre storiche aziende italiane: le proprietà straniere prima comprano e poi licenziano e chiudono, mantenendo però la proprietà del marchio che spesso è prestigioso (come in questo caso), e vanno poi a produrre all'estero. Il tutto a danno dei lavoratori e della qualità dei nostri prodotti. E' recentissima ad esempio Cla chiusura della fabbrica di Torino HAG e Splendid.Di tutti gli impiegati nella fabbrica di viale Rimembranza, soltanto pochi si salveranno. Sono quelli del settore commerciale, che però dovranno trasferirsi a Milano. In città è già partita la mobilitazione della città che non ci sta a perdere un patrimonio di storia e tradizione, mentre i sindacati stanno intraprendendo tutte le iniziative volte a contrastare questa scelta. I lavoratori hanno indetto uno sciopero a oltranza e l'assemblea permanente. Ma intanto l'azienda ha già fatto partire la richiesta di cassa integrazione straordinaria da dicembre fino al novembre del prossimo, per «parziale cessazione dell’attività aziendale».
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