giovedì 1 aprile 2021

Industria del benessere: con il Covid sono andati in fumo 2,1 miliardi di euro di ricavi

L'industria del benessere ha subito una mazzata clamorosa a causa del Covid. Tutte le misure di lockdown hanno praticamente sempre incluso questo settore nelle mosse restrittive, finendo per renderlo il più bersagliato dall'emergenza.

Stroncata l'ascesa dell'industria del benessere

Un danno al quale si aggiunge una beffa, visto che prima della crisi il settore del wellness era in forte crescita. Secondo il Global Wellness Institute (GWI), il tasso medio di crescita per il periodo 2017-2022 avrebbe dovuto essere del 6,5%.
Secondo una analisi di Banca d’Italia, le famiglie hanno drasticamente ridotto (un po' per necessità, un po' per via dei lockdown) la spesa in servizi di cura della persona. Una famiglie su tre ha del tutto smesso di ricorrere a questa tipologia di servizi.

Numeri del settore

Va ricordato che in Italia l'industria del benessere produce tanta ricchezza e tanto lavoro. Nel settore dell’acconciatura ed estetica, infatti, esistono quasi 150mila imprese. Nel complesso ci lavorano 263 mila addetti. Per la stragrande maggioranza si tratta di imprese artigiane (86,5%), quindi anche meno in grado di fronteggiare tempeste così brusche. Secondo un sondaggio di Confartigianato, nel 2020 questo ha avuto una perdita di ricavi per 2.104 milioni di euro, pari al 33,6% in meno.

La piaga dell'abusivismo

A peggiorare il quadro c'è il fenomeno dell'abusivismo. Già prima della emergenza pandemica questo fenomeno era molto diffuso (ISTAT stimava un lavoro indipendente irregolare del 27,8%, con picchi soprattutto nel Mezzogiorno), e generava una concorrenza sleale oltre che und anno economico all'erario. Ma il fenomeno si è poi ampliato con i lockdown e la chiusura delle attività del benessere nelle aree a maggiore rischio. L'esercito di operatori abusivi nell'industria del benessere potrebbe essere di 42 mila soggetti.
Bisogna inoltre considerare che l’abusivismo crea anche un potenziale danno sociale, visto che la qualità e la sicurezza dei trattamenti spesso non sono conformi ai protocolli Covid-19 per distanziamento e sanificazione.

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