mercoledì 14 maggio 2025

Tassi di interesse, la BCE proseguirà al ritmo di 25 punti base

I continui segnali favorevoli che giungono dal fronte caldo dell'inflazione dovrebbero spingere la Banca Centrale Europea a tagliare nuovamente i tassi di interesse nella prossima riunione. Probabilmente a giugno verrà fatta un'altra sforbiciata per 25 punti base.

Inflazione, dazi e tassi di interesse

La banca di Francoforte ha due esigenze importanti quando decide di muovere i tassi di interesse. Quella prioritaria è riportare l'inflazione stabilmente verso l'obiettivo del 2%, ma al tempo stesso i policy makers europei non devono deprimere l'economia che già manifesta segnali di incertezza. 

Sotto questo aspetto sono molto importanti le novità giunte negli ultimi giorni dal fronte della battaglia commerciale. Gli accordi Stati Uniti con UK e Cina fanno pensare che l'Europa possa essere la prossima a trovare un'intesa con Trump. Ciò eliminerebbe un fattore di rischio dell'economia.

Nessuna necessità di accelerare

La conseguenza sarebbe che la Eurotower avrebbe molte meno pressioni di ridurre più rapidamente possibile il costo del denaro per stimolare la crescita. Nell'ultimo periodo infatti diversi analisti hanno considerato come concreta la possibilità che la BCE potesse spingere sull'acceleratore dei tagli, dopo le sette riduzioni consecutive già effettuate. Il tasso di interesse attualmente è al 2,25%, e dovrebbe essere portato al 1,75%, subito dopo l'estate. Entro fine anno è atteso un altro taglio fino al 1,5%.

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Gli ultimi report sull'inflazione

Come dicevamo, la priorità della Eurotower è l'inflazione, che sta marciando da diverso tempo verso il target. Nel mese di marzo il tasso annuo è sceso al 2,2%, con un raffreddamento evidente anche nella sua componente core. La stessa BCE ha ammesso che il percorso di disinflazione è ben avviato.

L'euro rispetto al dollaro

C'è però da considerare anche il ruolo dell'euro. La valuta unica negli ultimi mesi si è apprezzata rispetto al Dollaro. Il cambio EUR/USD viaggia verso 1,10 dopo aver disegnato un testa e spalle trading, e questo rafforzamento ha reso più convenienti le importazioni aiutando anche a contenere l'inflazione. Tuttavia una valuta troppo forte frena la competitività dell'export. Proprio per questo motivo i segnali di schiarita dal fronte della battaglia dei dazi sono molto importanti, perché riducono questo effetto negativo dell'apprezzamento valutario.

lunedì 12 maggio 2025

Prezzi sempre più alti, anche la pizza diventa un prodotto molto caro

C'era una volta un prodotto alimentare che caratterizza il nostro Paese in tutto il mondo, e che era sinonimo di convivialità ed economicità. Ma la pizza almeno quest'ultima caratteristica sembra averla persa, perché i prezzi sono cresciuti e il conto da pagare sta diventando sempre più salato.
Vale la pane ricordare che in Italia il business delle pizzerie continua ad essere enorme, visto che vale circa 25 miliardi di euro l'anno. In media ognuno di noi consuma circa 7,8 kg di pizza ogni anno.

L'aumento dei prezzi

Non c'entrano niente le pizze cosiddette "gourmet", che sono sempre state care ma per altri motivi. Sono i prezzi delle pizze più tradizionali, quelle che erano alla portata di tutti, ad essere diventati più alti un po' ovunque. E' quanto emerge da un'indagine condotta dal centro formazione e ricerca sui consumi (CRC), ha analizzato i dati Istat pubblicati dal Mimit (Ministero delle imprese e del Made in Italy).

Negli ultimi sei anni i prezzi di un pasto in pizzeria sono saliti in media del 18,3%. Il costo medio a persona è salito infatti a 12,14 euro (una pizza e una bevanda, con coperto e servizio se previsti). Colpa soprattutto dell'aumento dei costi di materie prime ed energia (soprattutto dopo l'invasione dell'Ucraina).

L'andamento dei prezzi a livello geografico

A livello geografico la situazione rimane comunque molto variegata e disomogenea. I prezzi più alti sono per lo più nel Nord Italia. In particolare spicca Reggio Emilia, dove il costo medio di un pasto in pizzeria è di 17,58 a persona. Leggermente di meno si paga a Siena, 17,24 euro a persona, mentre sul gradino più basso del Podio delle città più salate dove mangiare la pizza si colloca Macerata, con 16,25 euro. Rispetto alla media nazionale sono sette le province dove il prezzo è più elevato rispetto ai 14 euro a consumazione.

Conto basso: vince Livorno

E le città più economiche? Chi sta pensando a Napoli sbaglia. Anche nel capoluogo partenopeo, soprattutto per l'enorme afflusso di turisti degli ultimi tempi, i prezzi della pizza sono andati in crescendo. Sul gradino più basso della classifica si siede Livorno, dove il pasto medio in pizzeria costa appena 8,75 euro. Seguono Reggio Calabria con 9,15 e Catanzaro dove si spendono poco meno di 10 euro.

martedì 6 maggio 2025

Criptovalute, il Bitcoin torna più vicino alla soglia dei 100.000 dollari

Il mercato delle criptovalute ha ritrovato di nuovo slancio negli ultimi tempi, grazie soprattutto al rinnovato appetito al rischio che si respira tra gli investitori. Nonostante il clima resti incerto per via della battaglia commerciale innescata dagli USA, qualche segnale distensivo ha favorito il ritorno verso gli asset più rischiosi.

Lo scenario sul mercato delle criptovalute

Venerdì scorso la notizia che la Cina sta valutando la possibilità di aprire a colloqui commerciali con gli Stati Uniti ha dato una spinta al mercato. Il Bitcoin è risalito così fino a 97.000, dopo aver fatto un deciso breakout oltre la resistenza chiave a quota 95.000. 

Anche se in questo avvio di settimana c'è stata una piccola marcia indietro, abbozzando un uncino di Ross 123 high low, se lo slancio rialzista dovesse riprendere allora il Bitcoin potrebbe avvicinarsi alla soglia dei 100mila dollari.

L'importanza del fattore tassi di interesse

Una spinta al prezzo della criptovaluta più importante è arrivata anche dalla prospettiva di futuri ulteriori tagli dei tassi da parte delle banche centrali. Con i costi di finanziamento che si abbassano, l'investimento nel reddito fisso diventa meno remunerativo e questo aumenta l'attrattività degli asset finanziari più rischiosi.

Nel frattempo, l'interesse verso gli etf spot su Bitcoin continua ad essere crescente. Sono ormai tre settimane che gli afflussi di capitale sono in crescita costante. Questa tendenza rappresenta una spinta rialzista importante per le criptovalute.

NB. Le criptovalute sono asset che si prestano bene all'utilizzo del demarker indicator, uno strumento di trading molto efficace.

La grande novità in Arizona

Un piccolo slancio al Bitcoin è arrivato anche dalla decisione dello stato americano dell'Arizona di approvare un disegno di legge che autorizza il tesoriere dello Stato ed il sistema pensionistico un investimento fino al 10% dei propri fondi disponibili in asset digitali, in particolare Bitcoin. 
Il disegno di legge adesso dovrà essere firmato dalla governatrice democratica Katie Hobbs, che potrebbe così prendere l'Arizona il primo stato americano a detenere Bitcoin come asset di riserva. Questa autorizzazione ha rafforzato la domanda istituzionale di criptovalute.

Incertezze

È chiaro tuttavia che lo scenario attuale potrebbe cambiare radicalmente in relazione all'evoluzione dei negoziati commerciali, soprattutto quelli tra Stati Uniti e Cina. Una guerra a colpi di tariffe potrebbe spingere l'economia americana in una fase di stagflazione, ossia crescita stagnante e inflazione elevata. Tale condizione probabilmente finirebbe per alimentare l'avversione al rischio, con inevitabili conseguenze sugli asset come Bitcoin e le valute digitali. Peraltro l'inflazione elevata potrebbe rallentare il percorso accomodante della Federal reserve, e tassi più alti non favoriscono gli asset più rischiosi.

giovedì 1 maggio 2025

Imprese italiane, ecco la strategia per attenuare i dazi di Trump

La temporanea sospensione dei dazi da parte dell'amministrazione Trump ha offerto una piccola boccata di ossigeno alle imprese italiane, che tuttavia si stanno preparando anche allo scenario peggiore e corrono ai ripari.

I timori delle imprese italiane

Come ha evidenziato un sondaggio che è stato realizzato da Unioncamere e dal Centro Studi Tagliacarne, una grossa fetta delle imprese italiane sta cercando delle soluzioni per affrontare le possibili conseguenze dovute alle tariffe commerciali statunitensi. Il mercato a stelle e strisce infatti rappresenta una quota fondamentale del nostro export ed un mercato di sbocco molto remunerativo.

L'indagine evidenzia che il 56% delle aziende italiane è convinta che ci sarà una riduzione delle vendite verso il mercato americano. Il 26% delle imprese teme inoltre che ci sarà un incremento dei costi di approvvigionamento, e una quota simile evidenzia il pericolo che ci sia una flessione di vendite di beni intermedi e semilavorati, che spesso transitano per la trasformazione in altri paesi prima di finire sul mercato USA. Il 19% inoltre collega ai dazi un incremento della concorrenza di aziende di altri paesi, che non potendo più esportare degli USA lo faranno verso l'Europa.

La strategia della diversificazione

Tutti questi timori stanno spingendo le imprese italiane a diversificare i mercati di destinazione dei loro prodotti, così da attenuare in parte gli effetti dei dati. Le nostre aziende esportano mediamente in 11 paesi, e questo in parte già è un dato positivo in questa battaglia che si apprestano ad affrontare. Soprattutto le imprese del Nord Italia possono vantare una maggiore diversificazione, mentre quelle che hanno più difficoltà in tal senso sono quelle del Meridione, dove in media l'export si indirizza verso 6 Paesi stranieri.

Più export verso l'UE

Il 25% delle imprese contattate nelle indagini e si appresta a espandersi verso ulteriori mercati all'interno dell'Unione Europea e quasi un quinto lo farà anche fuori dall'Unione Europea. Soltanto il 3% invece vede come possibile soluzione anche quella di spostare la produzione direttamente negli Stati Uniti. Un terzo delle aziende ritiene invece che alla fine sarà costretta ad aumentare i prezzi di vendita per compensare l'effetto dei dazi.