martedì 29 luglio 2025

Investire in azioni, ecco perché le small cap USA sono attraenti

Dopo un semestre molto proficuo per il mercato azionario, adesso è il momento di porsi delle domande per chi intende investire in Borsa. Dove potrebbero essere le migliori occasioni del secondo semestre? 

Dove si può investire

Ci sono dei dati interessanti che potrebbero suggerire delle opportunità ai trader. Ad esempio, si può investire nelle small cap statunitensi, visto che trattano fortemente "a sconto" rispetto alle large cap. Se è vero che questo trend dura ormai da diversi anni, è altrettanto vero che questo scarto raramente è stato così marcato.

A fine maggio il Russell 2500 quotava a 17,5 volte il multiplo P/E prospettico a 12 mesi, contro le 22,2 volte dell’S&P 500. Questo divario di circa 5 punti è una finestra d’ingresso molto accattivante per chi vuole investire nel mercato statunitense.

L'instabilità genera un'occasione

Ma perché questo scarto è così ampio? Fondamentalmente, il divario è stato accresciuto dalle incertezze macroeconomiche. Normalmente, nei periodi di incertezza chi vuole investire nell'azionario si rivolge alle mega cap, perché sono considerate rifugio sicuro. Ma se uno ha la capacità di andare oltre la volatilità di breve termine, le small cap evidenziano grandi potenzialità.

NB. Quando vi tuffate nel mercato azionario, attenzione a investire con la leva finanziaria, perché presenta anche dei rischi.

Gli utili societari

C'è anche un altro aspetto importante da sottolineare. Secondo le ultime stime, la crescita dell’utile per azione (EPS) prospettico del Russell 2500 supera quella dell’S&P 500 su orizzonti di uno, due e tre anni. Ciò conferma che c'è un grosso potenziale di crescita.
Questa impressione è confermata anche dal trend dei ricavi, perché le proiezioni indicano che la crescita prevista per le small cap sarà più ampia.

Conclusioni

Premesso che se intendete investire, la prima cosa da chiedersi è come sapere se un broker è affidabile, a quel punto se si combinano valutazioni storicamente attraenti e una dinamica di utili molto solida, allora investire nelle small cap statunitensi può essere una scelta da considerare. Ciò vale soprattutto per chi intende diversificare il portafoglio in vista della prossima fase del ciclo di mercato.

giovedì 24 luglio 2025

Banche, cresce ancora il numero di conti correnti e dal Parlamento arriva una novità...

Il numero di conti correnti attivi in Italia continua a crescere. Secondo un recente report, nelle nostre banche, dal 2019 alla fine del 2024 c'è stata una crescita del 13,2%. Oltre 48 milioni di conti attivi, ossia 5,6 milioni in più rispetto al 2019.

I numeri delle nostre banche

L'incremento dei conti correnti presso le banche è un fenomeno che viaggia trasversalmente lungo tutto il paese, come evidenzia il report dellla Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani

Il maggior numero di conti si trova a Nord-Ovest, con oltre 18,2 milioni (quasi un quinto in più rispetto a 5 anni prima). Segue il Nord-est con 10,4 milioni. Il Centro sfiora i 10 milioni mentre al Sud risultano 6,3 milioni di conti correnti attivi. Balza all'occhio il fatto che nel nord-ovest del paese ci sia il triplo dei conti correnti rispetto a quelli del Meridione, dove pure negli ultimi cinque anni c'è stata una crescita che sfiora il 10%. Fanalino di coda della classifica sono le Isole, con 3,1 milioni di conti.

Un sesto dei conti è aperto a Milano

Le aree metropolitane si confermano quelle con il maggior numero di conti correnti attivi presso le banche. A Milano ci sono 8,1 milioni di punti, ossia il 17% del totale nazionale, un sesto. Più di quanti ce ne sono nell'intero Sud Italia e il doppio di quelli della capitale Roma, dove se ne contano 4,3 milioni.

Al terzo posto c'è Torino con 1,8 milioni, poi Napoli con 1,3 milioni. Seguono Brescia, Bergamo, Firenze, Bologna, Palermo e Bari. Come si può notare, sono tutte città che hanno una forte presenza industriale commerciale o amministrativa, oltre ad avere una popolazione residente molto numerosa.

La grande novità che arriva dal Parlamento

L'importanza di questi numeri aumenta se si considera che è stato appena dato il primo via libera ad una grande novità nel rapporto tra banche e clienti. 

La camera ha infatti approvato il testo che impedisce agli istituti di credito di rifiutarsi di aprire un conto corrente e impedisce altresì di chiuderlo se ha un saldo anche minimamente attivo. L'unica motivazione che può giustificare il diniego riguarda eventuali violazioni delle disposizioni nazionali ed europee sul riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. In pratica, l'apertura di un conto corrente diventa un diritto che non può essere negato dalle banche, se non per motivi assolutamente gravi.

lunedì 21 luglio 2025

Mercati finanziari, fari puntati sulla BCE

Ci stiamo avvicinando al periodo estivo, e gli appuntamenti macro cominciano ad essere più rarefatti. Nonostante questo, sui mercati finanziari ci sarà molta carne a cuocere. Al di là del conto alla rovescia sulla questione dazi, c'è il meeting della BCE a tenere banco.

Gli eventi clou per i mercati finanziari

Durante i prossimi giorni, l'attenzione del mercato rimarrà focalizzata soprattutto sugli sviluppi commerciali. Entro l'1 agosto bisognerà raggiungere un accordo tra Stati Uniti, Europa e altri partner, altrimenti secondo Trump scatteranno nuovi dazi che renderanno le vacanze estive più amare a tutti.
Sul fronte macroeconomico, il calendario prevede i dati sugli ordini di beni durevoli, gli indici PMI globali di S&P e le vendite di case nuove ed esistenti.

I mercati finanziari presteranno molta attenzione al discorso del presidente della Fed Jerome Powell. Tutto ciò indirizzerà il dollaro, che nell'ultima settimana ha guadagnato un altro po' di terreno. Il Dollar Index è rimasto oltre quota 98, ma l'indicatore alligator trading non segnala alcunché.

Cosa accadrà in Europa

Nel vecchio continente l'appuntamento più importante è il meeting BCE che si riunisce giovedì. I mercati finanziari non prevedono alcuna modifica dei tassi dopo otto tagli consecutivi, visto che l'inflazione nell'Eurozona è tornata all'obiettivo del 2% a giugno. Nel frattempo, sono attesi gli indici PMI flash per l'Area Euro, Germania, Francia e Regno Unito, con modesti miglioramenti previsti sia nel settore manifatturiero che nei servizi.

Nel Regno Unito, l'ONS pubblicherà i dati sulle vendite al dettaglio a seguito di una lettura positiva del British Retail Consortium.
Nel frattempo, si prevede che la Banca Centrale di Turchia avvierà un nuovo ciclo di allentamento, con un taglio del tasso di 250 punti base al 43,50%, mentre la Banca Centrale di Russia dovrebbe anch'essa ridurre il tasso di 100 punti base.

Il calendario in Asia e Australia

Altra banca che si riunisce è quella della Cina, che dovrebbe mantenere invariati i tassi di interesse principali sui prestiti a uno e cinque anni. Ciò dovrebbe avere un minimo impatto sullo Yuan, anche se suggeriamo di osservare l'andamento del OSMA oscillator.
In Giappone, l'attenzione sarà rivolta agli indici PMI preliminari di luglio e ai dati sull'inflazione di Tokyo. I mercati finanziari aspettano con interesse anche i risultati delle elezioni della Camera alta. 

La stagione delle trimestrali

Questa settimana proseguirà la stagione degli utili negli Stati Uniti, con importanti aziende come Alphabet, Tesla, Verizon, Coca-Cola, T-Mobile e IBM pronte a pubblicare i loro risultati trimestrali.

mercoledì 16 luglio 2025

Vendite in calo nel settore auto? Con questi prezzi sono un lusso

Nell'arco di una dozzina di anni, il mercato dell'auto ha riservato una bruttissima sorpresa ai clienti. I prezzi infatti sono cresciuti del 52%. Non c'è da meravigliarsi allora se le vendite sono in calo e la crisi in cui questa industria è precipitata non sembra avere via di uscita.

Prezzi alti, giù le vendite

Un tempo le auto erano disponibili per ogni fascia di clienti, dal più esigente e spendaccione fino a quello che cercava semplicemente una macchina per risolvere la sua esigenza di mobilità. E le vendite andavano benone. Poi però lo scenario è cambiato, e oggi un’auto nuova resta solo un miraggio per molti italiani.

Se nel 2013 il prezzo medio di una vettura era 19.000 euro, oggi il prezzo medio è salito a 30.000 euro. Un aumento del 52%. Il guaio è che nel frattempo i redditi familiari sono saliti del 29%. Fatta eccezione per la Dacia Sandero, la soglia dei 15mila euro è ormai solo un ricordo.

Da bene di massa a bene di lusso

Questo disallineamento ha trasformato l’automobile da bene di massa a bene quasi di lusso, spingendo al ribasso le vendite. Di fronte a uno scenario così negativo, due italiani su tre rinunciano o rimandano l’acquisto dell'auto. Ciò porta alla conseguenza che il nostro parco auto in circolazione invecchia. Ha superato i 13 anni di media, e oltre la metà delle auto usate acquistate ha più di dieci primavere.

I driver della crescita dei prezzi

Va detto che i grandi marchi dell'industria automobilistica non sono sciocchi a spingere i prezzi all'insù, facendosi del male da soli. I listini delle auto si sono impennati per diverse ragioni.
Il primo è la transizione elettrica, che ha comportato un sistema di regole severe e scadenze così imminenti da costringere le imprese a investire tanto e in fretta, senza avere numeri chiari e sicuri riguardo alle future tendenze di mercato. Le vendite di auto elettriche hanno avuto un boom passeggero, soprattutto grazie agli incentivi. Finiti quelli, per le industrie dell'auto è cominciata la crisi dell'auto elettrica. L’elettrificazione, più che un’opportunità, è diventata un moltiplicatore di costi. 

Come se non bastasse questo, si sono aggiunti in sequenza altri problemi: la pandemia ha inceppato la produzione, la crisi dei chip ha ridotto l’offerta, la guerra in Ucraina ha fatto esplodere i costi energetici e le materie prime.

sabato 12 luglio 2025

Valute, la svalutazione strategica dello Yuan è un bel problema

Nel primo semestre del 2025, sul mercato delle valute abbiamo assistito ad una progressiva perdita di valore dello Yuan cinese, in special modo riguardo all'euro. Si tratta di uno scenario che, come vedremo a breve, apparentemente non avrebbe giustificazioni e che dovrebbe metterci sull'allerta.

L'andamento delle valute

Se pensiamo alla politica di tagli dei tassi che ha cominciato la BCE, cosa che normalmente fa abbassare la forza delle valute, avremmo dovuto aspettarci una svalutazione dell'Euro rispetto allo Yuan, o quantomeno un bilancio sostanzialmente invariato. 

Del resto è così che sta succedendo tra la valuta cinese e il Dollaro statunitense, di cui rapporto di cambio ha mantenuto effettivamente una certa stabilità nel primo semestre di quest'anno. Invece l'andamento tra euro e yuan è cambiato, visto che l'EUR/CNY è cresciuto e all'orizzonte non si vedono pattern di inversione candlestick.

Che cosa sta facendo la Cina

A partire dal 2017 Pechino sta incrementando notevolmente le proprie riserve di valute sotto forma di depositi. Anche i crediti concessi all'estero stanno crescendo, così come gli investimenti cinesi in titoli stranieri. Soprattutto la crescita delle "shadow reserves" evidenzia che la Cina si trova in una posizione di forza, che dovrebbe stimolare l'apprezzamento dello yuan in condizioni di libero mercato. E allora perché sta accadendo l'opposto rispetto all'Euro?

Il ruolo di Pechino e i pericoli per l'Europa

La svalutazione della divisa cinese è frutto di una specifica strategia del governo, almeno in questa fase. La Cina sta utilizzando il cambio tra valute come un'arma per guadagnare quote di mercato all'estero (cosa che scombussola i piani di chi vuole fare scalping Forex sulla valuta cinese). 

Una volta che lo Yuan si svaluta rispetto all'Euro, le esportazioni cinesi diventano molto più competitive mentre le importazioni più costose. La bilancia commerciale quindi si squilibra e questo può mettere pressione alle industrie del vecchio continente. Le difficoltà delle aziende europee saranno crescenti se non viene arginato questo fenomeno.

lunedì 7 luglio 2025

Turismo, l'Italia sta cambiando volto: meno alberghi e più affitti brevi

La buona notizia di questo periodo è che il turismo italiano continua a viaggiare al ritmo spedito, e le previsioni per questa estate confermano una tendenza molto incoraggiante. Tuttavia c'è anche un aspetto che merita di essere evidenziato, riguardo una trasformazione che sta agendo in modo radicale in uno dei settori più importanti dell'economia italiana.

La nuova tendenza del turismo

Quello di cui stiamo parlando è la crescente richiesta di affitti brevi, che si accompagna alla riduzione del numero di alberghi sul nostro territorio. Dal 2008 oggi sono calati del 5,5%, scendendo da 34 mila unità a circa 32.000 (parliamo delle strutture che sono ufficialmente censite da Istat). 

Nello stesso periodo di tempo invece gli annunci italiani su Airbnb sono passati da una cinquantina ad oltre 600mila, con una crescita superiore al 1150%.

La rivoluzione strutturale

Questi dati confermano che nel turismo italiano è in atto una vera e propria rivoluzione strutturale, perché sta cambiando il modo in cui i turisti vivono il nostro paese. Se nel 2010 il fenomeno degli affitti brevi era una novità che per lo più riguardava i giovani, le cose sono cambiate notevolmente nel corso degli anni. Oggi infatti il fenomeno degli affitti brevi è un industria globale che supera di quasi venti volte il numero degli alberghi.

Il successo degli affitti brevi

Il turismo fondato sugli affitti brevi ha avuto terreno fertile grazie a diversi fattori, a cominciare dall'innovazione digitale passando per la flessibilità dell'offerta. Ma soprattutto ha ampliato notevolmente la platea dei possibili offerenti, dal momento che chiunque possiede una seconda casa oppure una stanza libera può monetizzare grazie agli affitti brevi.

I problemi da risolvere

Questo scenario porta anche un sè anche numerosi interrogativi e problemi, che riguardano anzitutto la regolamentazione degli affitti brevi, la sostenibilità e la tenuta dell'intero sistema. Non ci sono delle regole armoniche a livello nazionale, e questo crea problemi in primo luogo all'industria alberghiera, che sta subendo una progressiva erosione delle quote di mercato, con inevitabili di cadute anche sul piano occupazionale. Senza contare l'aspetto fiscale degli affitti brevi, visto che il fenomeno spesso sfugge all'occhio dell'Erario.

mercoledì 2 luglio 2025

Prezzo dell'oro, c'è qualche analista che lo vede a 4000 dollari

Nonostante la corsa del prezzo dell'oro sembri aver rallentato il suo ritmo, molti analisti ritengono che ci siano numerosi fattori che agiranno ancora da forza propulsiva, spingendo il lingotto verso nuovi record nel breve e medio periodo.

Il rally del prezzo dell'oro

Dall'inizio del 2024 le quotazioni del metallo pregiato sono andate in salita in modo pressoché costante. Il prezzo del loro spot è salito dalla già ragguardevole cifra di 2600 dollari per oncia a quasi 3.400 dollari (a metà giugno). L'aumento complessivo è stato quasi del 65%. Chi conosce il sistema Fibonacci trading, ha visto cadere molti ritracciamenti ed estensioni durante questo periodo di tempo.

Per rendere l'idea di quanto forte sia stato questo rally, basta pensare che l'indice S&P 500 è cresciuto nello stesso periodo del 28% (facendo comunque felici tantissimi investitori).

Perché dovrebbe crescere ancora?

Ma per quale motivo molti analisti ritengono che la corsa del prezzo del loro proseguirà? I fattori di crescita individuati sono diversi. Ad esempio l'inflazione strutturalmente più elevata in tutto il mondo. Oppure la politica fiscale accomodante negli Stati Uniti, dove c'è anche il problema dell'elevato indebitamento. La debolezza del dollaro, che ha perso in parte il suo ruolo di status di bene rifugio, proprio a beneficio dell'oro. Senza dimenticare poi le tensioni geopolitiche che ci sono in tutto il mondo. Sono tutti driver rialzisti del prezzo dell'oro.

NB. E' interessante vedere anche l'andamento del prezzo dell'oro rispetto alle valute, tenendo sotto mano una tabella correlazione valute Forex.

Gli accumuli delle banche centrali

Ma uno dei motivi più importanti per la crescita delle quotazioni del lingotto è il continuo accumulo da parte delle banche centrali. In maniera pressoché costante, i dati del World Gold Council evidenziano una crescita di oro fisico nei forzieri delle banche centrali di tutto il mondo. Inoltre guardando al futuro, un recente sondaggio evidenzia che il 95% delle autorità monetarie prevede di aumentare le riserve auree ulteriormente nei prossimi 12 mesi.

Tutto questo spiega perché gli analisti ritengono ancora molto probabile ulteriore aumenti del prezzo dell'oro in futuro. Alcuni ritengono che il metallo pregiato possa arrivare ai 4.000 dollari per oncia già entro quest'anno.