venerdì 27 settembre 2019

Economia italiana: delude il clima tra le imprese, si risolleva per i consumatori

L'economia italiana fa registrare ancora una volta dei dati in chiaroscuro. Se da un lato infatti è salita la fiducia dei consumatori, dall'altra è calata quella delle imprese.

Dati in chiaroscuro sull'economia italiana

economia italianaSecondo gli ultimi indicatori Istat sull'economia italiana, a settembre c'è stata una lieve ripresa del sentiment dei consumatori. L'indice infatti segna un aumento da 111,9 a 112,2, anche se questa crescita è la sintesi del diverso andamento delle varie componenti. Infatti il clima economico registra un calo da 127,7 a 127, mentre quello corrente resta stabile a quota 110. Crescono invece la componente personale e quella futura.

Preoccupa la manifattura

Nel mondo delle imprese invece il sentimento di fiducia è sceso, sia pure in modo lieve. E' infatti passato da 98,8 a 98,5, con la preoccupazione maggiore che arriva dal nuovo calo della manifattura. In questo comparto dell'economia italiana infatti la riduzione - per il quarto mese consecutivo - è stata più marcata, fino a toccare il livello più basso dall’ottobre del 2014. Il calo è sgtato innescato da una dinamica negativa sia dei giudizi sugli ordini sia delle attese di produzione.
Riguardo agli altri comparti, c'è un decremento anche nel commercio al dettaglio (da 99,6 a 98,8 e da 109,9 a 107,6, rispettivamente). In questo caso il calo sintetizza giudizi sulle vendite e sulle scorte in marcato peggioramento a cui si unisce un aumento delle attese sulle vendite. Si segnala che l’indice di fiducia è in diminuzione sia nella grande distribuzione sia in quella tradizionale.

Dove cresce il sentiment delle imprese

La crescita invece c'è stata nei servizi (da 97,4 a 98,5) e soprattutto nelle costruzioni (da 140,4 a 143,2). Nel primo caso il miglioramento riguarda sia gli ordini sia l'andamento degli affari; le attese sugli ordini sono invece in deterioramento. Nelle costruzioni l’evoluzione positiva dell’indice è determinata da un deciso miglioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle attese sull’occupazione.

mercoledì 25 settembre 2019

Costo del denaro, la banca della Nuova Zelanda non cambia rotta

Come era ampiamente previsto dai mercati, la banca centrale della Nuova Zelanda - la RBNZ - ha deciso di mantenere immutato il costo del denaro all'1%, ovvero il livello minimo storico toccato lo scorso agosto, quando venne effettuato un taglio di 50 punti base (a maggior c'era stato un altro taglio, ma di 25 punti base).

La scelta della RBNZ sul costo del denaro

L'organo di politica monetaria della RBNZ, ovvero il Monetary Policy Committee, non ha visto nei recenti dati economici alcun motivo per modificare la rotta della propria azione, neì cambiare le prospettive di politica monetaria. Secondo l'istituto, il costo del denaro globale a lungo termine resta vicino ai livelli storicamente bassi. Inoltre ha evidenziato che i tassi di interesse della Nuova Zelanda potrebbero rimanere a questo basso livello ancora a lungo. Malgrado questo, non ha affatto escluso la possibilità che in futuro possa esserci spazio per ulteriori stimoli fiscali e monetari, al fine di supportare l'economia in frenata.

Tenuto conto anche dell'intensificazione delle tensioni riguardo al commercio globale, secondo gli analisti c'è una possibilità del 66% che la RBNZ abbassi il costo del denaro di 25 punti base nel mese di novembre.

Appunti: qui parliamo del dollaro neozelandese, qui invece trovate trattato l'argomento cambio euro try previsioni.

La reazione degli investitori

La mossa della RBNZ, apparentemente meno accomodante di prima, ha inizialmente spinto il dollaro neozelandese sul mercato valutario, con un accumulation distribution forex che segnalava rialzi in vista. Il cambio NZDUSD infatti è salito fino a un nuovo massimo settimanale di 0,6350, ma in seguito ha avuto un forte rimbalzo fino a scendere in territorio negativo. Gli esperti infatti non vedono abbastanza prove di un'economia più forte, come apparentemente fa intendere la RBNZ.

Inoltre ci si è messa anche la forza dell'USD a completare il quarto. Infatti la valuta americana, dopo essere finita sotto pressione sulle notizie di un possibile impeachment contro il presidente Trump, ha invece ripreso vigore nella giornata odierna.

lunedì 23 settembre 2019

Banche e tiering, che cos'è questo strano meccanismo?

Nell'ultima riunione di politica monetaria, la BCE ha deciso di tornare ad armare il suo bazooca e riproporre il quantitative easing. Lo scopo è sostenere la crescita e stimolare gli investimenti. Tuttavia, questo genere di politiche può essere dannoso per gli utili delle banche, ed è per questo si sente parlare di tiering.

Banche, QE e tiering

Per capire il significato del termine, occorre fare una premessa. Quando una banca centrale decide di stimolare un’economia in fase di rallentamento, lo fa rendendo il denaro più a basso costo. Il che non è positivo per le singole banche, che in definitiva sono "venditrici" di denaro. Le banche europee inoltre sono obbligate a detenere nella BCE un certo ammontare di fondi, che prendono il nome di riserve obbligatorie minime. Quando la BCe ha varato il suo programma di quantitative easing, ha cominciato a comprare titoli dalle banche stesse (fino al ritmo di 80 miliardi al mese), che quindi sono state innaffiate con fiumi di denaro liquido.

Il costo delle riserve


Questa situazione ha spinto le banche a detenere in BCE più riserve del dovuto, pagando i relativi tassi di deposito che nel frattempo sono scesi in territorio negativo. In sostanza le banche pagano la BCE per tenere depositati i fondi. Bisogna tenere conto che parliamo di montagne di denaro, circa 2 trilioni di euro. Tali depositi rappresentano un costo importante per le banche del vecchio continente, circa 7.5 miliardi di euro. Per questo motivo, quando la BCE ha aperto le porte a un secondo round di QE, le banche hanno tremato.

Cosa accade con il tiering

Ed è qui che entra in scena il tiering. Grazie ad esso infatti, gli istituti di credito non dovranno più pagare i tassi negativi sui depositi in eccesso. Quindi ne' verseranno ne' percepiranno interessi. L'esito quindi è eliminare un costo per le banche, e di conseguenza ridurre l’impatto negativo delle nuove politiche monetarie sugli utili.