venerdì 29 giugno 2018

Dollaro Nzd-Usd in ascesa. Il kiwi approfitta della debolezza del biglietto verde

Dopo qualche tempo di sofferenza, il dollaro neozelandese sembra avere imboccato la via del rialzo contro quello americano. L'impronta della coppia dollaro NZD-USD sembra infatti abbastanza rialzista, come confermato dagli scambi di oggi. Una spinta che è maturata grazie ai rapporti economici di questa settimana, ma soprattutto a causa della debolezza del biglietto verde, innescata dai report economici peggiori delle attese.

I driver della coppia dollaro Nzd-Usd

dollaro nzd-usdDopo essere stata dominata dall'USD - da quando il prezzo ha rotto al ribasso l'area 0,7250 - la NZD sembra potersi rialzare (per un esame suggeriamo di osservare il grafico sulle trading online piattaforme migliori). Come detto hanno inciso i buoni dati macro usciti in settimana. Il rapporto sulla bilancia commerciale neozelandese ha registrato un aumento di 294 milioni rispetto alla precedente lettura di 193 milioni. La fiducia delle imprese è aumentata e il rapporto ufficiale sul tasso di liquidità ha riportato un dato invariato all'1,75%. Il rapporto del Consenso costruttivo ha evidenziato con un aumento al 7,1% rispetto al precedente valore negativo di -3,6%.

Dal lato del dollaro, dopo una diminuzione del PIL finale dal 2,2% al 2,0% il biglietto verde ha perso terreno contro le altre valute principali. Si attendono nel corso della giornata ulteriori report che comunque non sembra possano invertire il destino di una settimana difficile per la valuta americana. A pesare di più in questa fase sono comunque le novità riguardo la guerra commerciale USA-Cina.

Per chi è alla ricerca della migliore strategia forex intraday trading, diamo ora uno sguardo dal punto di vista tecnico. Il prezzo è attualmente impostato al rialzo, e dovrebbe spingere verso l'area di resistenza tra 0,68 e 0,69. Se dovesse avvenire il superamento di quota 0,69 con una chiusura giornaliera, si avrebbe una ulteriore pressione rialzista (forse fin verso 0,7150). Avendo una forte divergenza rialzista a sostegno del momentum rialzista, il prezzo dovrebbe spingere al rialzo in quanto rimane sopra lo 0,67 con una chiusura giornaliera.

mercoledì 27 giugno 2018

Economia: in Italia cresce la fiducia di consumatori e imprese

Arrivano buone notizie per l'economia italiana. Secondo i dati diffusi dall'istituto di statistica, sono cresciute sia la fiducia dei consumatori (dopo il peggioramento registrato nel mese precedente) che delle imprese. In base al report infatti a giugno c'è stato un aumento del primo indice dai 113,9 precedenti agli attuali 116,2. Mentre per l'indice composito del clima di fiducia delle imprese si stima una crescita da 104,6 a 105,4.

Economia: ecco i dati sulla fiducia

Il miglioramento è frutto soprattutto delle aspettative migliori riguardo la propria situazione economica familiare, unite ad una prospettiva più rosea circa la situazione economica del Paese. Queste due componenti bilanciano il fattore invece peggiorativo, che riguarda la visione generale sulla situazione dell'economia italiana. Dopo la caduta registrata a maggio, la fiducia dei consumatori recupera quasi integralmente terreno. Sono andate in aumento la componente economica e quella futura (rispettivamente da 133,4 a 142,9 e da 116,7 a 122,4). Restano invece negative sia Il clima personale che quello corrente (da 107,7 a 107,1 e da 112,4 a 111,8). Si tratta del terzo mese consecutivo con intonazione lievemente negativa.

Anche riguardo alle imprese si registra un miglioramento della fiducia. Tuttavia se a livello complessivo il dato è buono, a livello settoriale arrivano segnali eterogenei. Nel settore manifatturiero la fiducia è diminuita, passando da 107,6 a 106,9 (peggiorano i giudizi sugli ordini e le attese sulla produzione che sono in calo da cinque mesi consecutivi). Male anche il settore delle costruzioni (si passa da 134,1 a 132,9, a causa soprattutto dei giudizi sugli ordini).
Migliora invece il clima nei servizi (da 106,0 a 107,8), dove c'è un diffuso ottimismo sia dei giudizi sia delle attese sugli ordini. Migliora la fiducia anche nel commercio al dettaglio (da 100,1 a 103,9), soprattutto per la grande distribuzione.

lunedì 25 giugno 2018

Euro-dollaro, all'orizzonte c'è una settimana in range

L'euro è riuscito a chiudere la scorsa settimana con un rimbalzo positivo (dal supporto fissato a 1.1550), dopo giorni dominati da questioni politiche più che macroeconomiche. Questa settimana potrebbe essere importante perché l'euro-dollaro continui a muoversi in range, al più spingendosi un poco verso quota 1.17. Anche se comunque va evidenziato che la tendenza al ribasso è ancora presente sul mercato.

I driver dell'euro-dollaro

L'aspetto più attenzionato dai mercati è l'escalation delle tariffe commerciali, che potrebbe scatenare delle reazioni considerevoli sull'euro-dollaro. Tuttavia finora la decisione della UE di rispondere alle bizze di Trump è stata relativamente contenuta. Si sente però ancora l'eco della caduta avuto qualche tempo fa, dopo che la BCE ha annunciato il piano per fine del QE, rinviando il rialzo dei tassi almeno fino a luglio 2019. Con l'inflazione attesa alla fine della settimana, gli analisti di ING ritengono che ci siano possibilità rialziste per la coppia EUR / USD. Questo nel caso in cui si raggiungesse l'obiettivo del 2% o giù di lì. Prima di allora è possibile che la coppia rimanga in range. Lo scenario potrebbe essere favorevole a chi adotta una strategia breakout pullback trading forex nell'intraday.

Proprio come accaduto la scorsa settimana, anche in questa saranno assenti dei dati molto importanti per l'economia statunitense. Questo potrebbe mettere un freno alla volatilità della coppia euro-dollaro. Ciò a maggior ragione rafforzerà l'impatto di eventuali novità sul fronte delle guerre commerciali, che potrebbero dominare la scena. Gli Stati Uniti stanno ora minacciando il 20% di tariffe per le auto importate dall'UE.

Consiglio: se cercate un conto zero spread forex broker, siate sicuri di aver accumulato una discreta esperienza sui mercati. Si tratta infatti di conti che non sono alla portata di tutti

Chiudiamo con una breve occhiata tecnica. Il prezzo sta attualmente rifiutando il livello dinamico di 20 EMA al di sotto dell'area di resistenza di 1.1700-50. Poiché il prezzo rimane al di sotto dell'area 1.1700-50 con una chiusura giornaliera senza che si evidenzia un momentum rialzista impulsivo, il prezzo potrebbe spingere leggermente di nuovo verso il basso.

venerdì 22 giugno 2018

Banche USA ok, la prova degli stress test è superata

La prova degli stress test è stata superata alla grande dalle banche americane. Secondo la FED gli istituto statunitensi sono abbastanza robuste da poter fronteggiare, qualora accadessero, delle crisi finanziarie. Ad essere finite sotto la lente dell'istituto centrale sono state 35 holding, che rappresentano l'80% dell'intero settore negli USA. Avrebbero dovuto essere 38 banche, ma la FED ha anticipato l'esecuzione della riforma che alza la soglia di capitale per l'esame ad almeno 100 miliardi.

Prova superata dalle banche

Dalla prova di solidità è emerso che tutti gli istituti sono fortemente capitalizzati, al punto da renderli sicuri di fronte ad eventi avversi. Tuttavia è chiaro che ci sono casi e casi. Ad esempio, due degli istituti più famosi al mondo come Goldman Sachs e Morgan Stanley, hanno superato la prova per un soffio.

Va anche aggiunto che quelli fatti ieri sono solo la prima parte degli stress test, che andranno completati settimana prossima con una seconda fase. Questa sarà mirata a valutare con maggiore accuratezza le condizioni qualitative dei singoli istituti, e in definitiva a rendere possibili o meno i dividendi e buyback attesi dagli investitori. Lo scorso anno, quando vennero superati anche i test della seconda fase, venne dato il via libera al pagamento sotto forma di cedole e riacquisti di titoli vicini al 100% degli utili. Quest'anno si prevede che le banche nei payouts potrebbero superare anche il 100%, tenuto conto che è stato un anno da utili record. Il "ringraziamento" va fatto alla riforma delle tasse, che abbassando le aliquote ha consentito da sola ben 7 miliardi ai profitti aggiuntivi.

La FED ha messo sotto la lente anche delle banche non americane. Infatti i test sono stati condotti anche su gruppi stranieri con forti attività Usa: Deutsche Bank, Ubs, Rbc, Credit Suisse, Bnp Paribas e Barclays. Anche in questo caso l'esame è stato passato da tutte quante. Il migliore è risultato essere Credit Suisse.

mercoledì 20 giugno 2018

Euro-dollaro, la ripresa dura poco. Ancora sotto 1.16

La pressione al ribasso sulla coppia euro-dollaro continua a sentirsi. Dopo aver tentato inutilmente il recupero a inizio ottava, l'euro torna a stentare. Sono diversi i fattori che stanno incidendo negativamente sulla moneta unica, rendendo incerto il mercato e disorientando i rialzisti dell'euro.

La situazione dell'euro-dollaro

Come detto, l'euro-dollaro ha illuso tutti a inizio settimana, con un recupero nelle prime due sedute che l'aveva portato oltre l'area 1,16. Anche la media mobile trading sembrava lasciar intravedere qualche ulteriore spunto rialzista, che invece è stato disatteso. La moneta unica ha ripreso a indietreggiare rispetto al biglietto verde, finendo nuovamente sotto il livello 1.16. Siamo quindi in presenza di un nuovo tentativo di assalto alla importante soglia psicologica di 1.15? Forse. Di sicuro oltre questo livello ci sarebbe il rischio di una forte deriva ribassista.

Molti trader stanno già scandagliando il mercato alla ricerca del broker con spread più basso forex, proprio in vista di un ingresso forte sul mercato se ciò dovesse succedere.

I fattori che zavorrano l'euro

La pesantezza dell'euro dipende da diversi elementi. Prima tra tutte è la differente impostazione di politica monetaria tra le due sponde dell'Atlantico. La FED ha appena effettuato il secondo ritocco dei tassi, mentre la BCE ha rinviato questo tipo di discorsi all'estate 2019. Il mercato prevedeva invece una prima stretta monetaria nel secondo trimestre del prossimo anno. A questo vanno aggiunti anche i timori relativi all'incertezza politica del Governo Merkel in Germania, nonché le gravi preoccupazioni per l'escalation della guerra dei dazi tra Cina e Usa.

Ecco perché gli analisti di diversi istituti famosi (come Bank of America-Merrill Lynch), ritengono che sia il caso avere una view ribassista sull'euro, consigliando di vendere la moneta unica sui rialzi. Stessa posizione di quelli di Commerzbank. Non manca però chi considera l'attuale trend rialzista del biglietto verde un evento transitorio. Chi avrà ragione?

lunedì 18 giugno 2018

Banche USA, dividendi troppo generosi ai soci. Scoppia la polemica

Per la prima volta dalla grande crisi finanziaria di un decennio fa, l'intero settore bancario americano distribuirà ai suoi azionisti più soldi rispetto agli utili realizzati. E' quanto mette in evidenza uno studio realizzato da Barclays del quale si discute nel prestigioso Financial Times. Finora era già successo che qualche banca fosse generosa con i propri soci, distribuendo più soldi di quanti non ne facesse con il suo business. Ma non era ancora mai successo che questo avvenisse a livello di intero settore.

Lo studio di Barclays sulle banche USA

L'analisi di Barclays ha riguardato i 22 maggiori istituti degli USA, e ha evidenziato che la crescita di distribuzione di denari rispetto al 2017 è di circa un quarto (addirittura per Citigroup la quota di distribuzione di utili e capitale ai soci arriva a sfiorare il 130% del profitto registrato sul conto economico). Per la prima volta dalla crisi del 2008, il ritorno di capitale in dividendi e buyback dell'intero settore sarà superiore ai profitti annuali (peraltro a giorni si aspettano i risultati del primo giro di stress test annuale della Federal Reserve).

Chiaramente questo evento apre la strada a una polemica velenosa. Gli addetti ai lavori si interrogano su quanto sia stata appresa la lezione della crisi finanziaria, dal momento che dopo anni in cui erano stati tutti molto "formiche", improvvisamente sono tornate ad essere "cicale". Il discorso vale soprattutto per le banche di grosse dimensioni. Quelle che per intenderci vengono considerate "too-big-to-fail". Molti ritengono che proprio ad esse non dovrebbe esser permessa una simile distribuzione di denari. A meno che non si dimostri senza alcun dubbio che non ci sa un pericolo per la società.

In sostanza, la critica dice che prima di rendere ancora più ricchi i soci, i banchieri dovrebbero preoccuparsi di rafforzare il capitale degli istituti in vista di eventuali future crisi. E si ritiene che il Governo dovrebbe intervenire, dal momento che queste crisi finirebbero poi per richiedere i soldi dei contribuenti per la loro gestione.

giovedì 14 giugno 2018

Dollaro australiano in calo dopo i dati deludenti sull'occupazione

I dati deludenti sull'occupazione australiana spingono ad una nuova ondata di vendite il dollaro australiano, dopo la instabile azione dei prezzi vista nella giornata di ieri caratterizzata dall'attesa per il meeting del Fomc (e per effetto anche delle dichiarazioni di Trump sulla guerra commerciale). Ricordiamo che l'ultimo taglio della RBA ha portato il tasso al minimo dell'1,5 percento (agosto 2016), e si ritiene che manterrà la politica invariata per un altro anno.

I driver del dollaro australiano

Secondo l'Australian Bureau of Statistics (ABS) l'economia australiana ha creato soltanto 12.000 posti di lavoro a maggio, al di sotto del consensus che indicava una crescita di 19mila. In aggiunta a questo dato, va detto che i lavori a tempo pieno sono diminuiti di 20,6 K rispetto a un aumento di 32,7 K visto ad aprile. Il tasso di disoccupazione, rettificato stagionalmente, è calato in maggio al 5,4% dal 5,6% di aprile (5,5% in gennaio, febbraio e marzo) e contro il 5,5% atteso dagli economisti. Ad esercitare una pressione al ribasso sul dollaro australiano ci ha pensato anche il dato delle vendite al dettaglio cinesi e quello sugli investimenti fissi, visto lo stretto legame tra le due economie. I prezzi del rame hanno poi ulteriormente acuito la situazione al ribasso.

I movimenti del cambio dollaro Australia-USA


La coppia AUD / USD ieri ha avuto un sussulto al ribasso dopo la decisione della FED di alzare i tassi. Ha raggiunto i minimi a 0.7530, mentre poi è rimbalzata verso 0.7581 con l'oscillatore stocastico lento (parametri base) che è entrato rapidamente in ipervenduto per poi risalire. Il dollaro non ha proseguito nel suo rally visto che Trump ha annunciato "una stretta forte contro la Cina", alimentando così il timore dei mercati circa una guerra commerciale aspra.

Questa mattina la coppia Aud-Usd è nuovamente in discesa verso 0.7560 (Suggeriamo di leggere prima una guida ai migliori forex broker italiani autorizzati prima di avventurarsi nel trading sulle valute). L'area 0,7530-25 potrebbe continuare a fungere da supporto contro un ulteriore al ribasso. Al di sotto di essa la coppia potrebbe dirigersi verso la sfida del profondo valore psicologico di 0,75. Al contrario, la regione 0,7575-80 sembra ora essere emersa come una resistenza immediata, che se infranta potrebbe sollevare la coppia oltre la maniglia 0,7600 indietro per testare la zona 0,7625-30.

martedì 12 giugno 2018

Lavoro In Italia, occupati a +147mila ma sono tutti a tempo determinato

L'Istat ha reso noti i dati relativi al mondo del lavoro in Italia del primo trimestre del 2018. Rispetto al trimestre precedente non ci sono state variazioni, visto che il tasso di occupazione è rimasto invariato al 58,2%. Invece al primo trimestre dello scorso anno ci sono 147mila occupati in più nel nostro paese. Tuttavia, si tratta di un incremento generato dal forte aumento dei lavori a tempo determinato (+385 mila). Invece nel corso di quest'anno c'è stato un ulteriore calo della quota sia dei lavoratori a tempo indeterminato che degli indipendenti, complessivamente per oltre 200mila unità.

I dati sul lavoro in Italia

Alla fine del primo trimestre il numero totale degli occupati è giunto al valore record di 23,2 milioni circa (dati destagionalizzati), mentre i disoccupati sono 2 milioni 893 mila (dato destagionalizzato). Il mondo del lavoro in Italia segna una crescita della disoccupazione, ora all'11,1 per cento (+0,1 punti rispetto al trimestre precedente ed in calo di 0,5 punti rispetto allo stesso periodo del 2017). Calano ancora gli inattivi. 

A livello di tipologia contrattuale, i dipendenti sono 17,8 milioni in crescita del 1,9% rispetto al primo trimestre 2017. I lavoratori a tempo indeterminato sono 14.9 ed evidenziando un calo dello 0,3% sul primo trimestre 2017. I lavoratori a termine invece crescono fino a 2,9 milioni. In questo caso addirittura c'è stata una crescita del 16,2% sul primo trimestre del 2017.

Aumenta la domanda di lavoro da parte delle imprese, così come aumentano le posizioni lavorative dipendenti dello 0,8% sul trimestre precedente e del 3,3% su base annua. A testimoniare uno scenario in crescita per il lavoro in Italia c'è anche il calo del ricorso alla cassa integrazione. Riguardo alle retribuzioni invece, si assiste a un lieve aumento rispetto all’ultimo trimestre (+0,1%), anche se rimangono stabili su base annua. Cresce il costo del lavoro (0,3%).

sabato 9 giugno 2018

Dollaro USA, secondo Wells Fargo si avvicina un'altra discesa

Dopo i saliscendi dell'ultimo periodo, cosa succederà alla quotazione del dollaro USA. Secondo gli analisti di Wells Fargo (una delle quattro più grandi banche degli Stati Uniti insieme a Bank of America, Citigroup e JP Morgan Chase) il biglietto verde potrebbe scendere nei prossimi mesi contro la maggior parte delle principali valute. Questo dovrebbe avvenire in scia alle evoluzioni della politica monetaria.

I driver del dollaro USA

Il dollaro USA ha recuperato buona parte delle perdite dovute alla debolezza manifestata negli ultimi mesi, dopo aver avuto un calo di circa l'8 per cento nel corso del 2017. La crescita economica è rimasta in buona sostanza stabile negli Stati Uniti, anche se marcia ad un ritmo più lento di quello visto alla fine del 2017. Al contempo, in altre economie avanzate la crescita ha sorpreso al ribasso. La convergenza della politica monetaria globale intanto si è interrotta a fronte di dati del Q1 più moderati, a fronte dell'aumento dell'incertezza politica e delle preoccupazioni di un crescente protezionismo globale.

Consiglio: se volete fare investimenti nel settore valutario, non focalizzate la vostra attenzione soltanto sulle piattaforme trading bonus senza deposito

L'analisi di Wells Fargo

Secondo gli analisti di Wells Fargo, la politica monetaria globale potrebbe accelerare verso la normalizzazione nel corso del 2018. Il FOMC potrebbe alzare i tassi altre tre volte (sarebbero quindi 4 i rialzi complessivi), e contemporaneamente anche la BoE potrebbe farne uno, mentre altri due potrebbero arrivare dalla Bank of Canada entro la fine dell'anno. Discorso diverso per la BCE, dove di aumenti dei tassi non se ne parlerà fino al 2019. Tuttavia l'aspettativa è che verrà concluso il programma di quantitative easing entro la fine dell'anno, anche dopo la recente incertezza politica in Spagna e in Italia. Tra le banche centrali discorso a parte merita la Banca del Giappone, che sta viaggiando per fatti suoi e difficilmente rinuncerà ad una politica accomodante nei prossimi mesi.

Per questi motivi il team di Wells Fargo ritiene che il dollaro riprenderà la sua tendenza al ribasso nei confronti della maggior parte delle principali valute entro la fine dell'anno (chi adotta strategie spread trading forex - guida esempi - dovrebbe tenerne conto). Eventuali aumenti dei tassi da parte delle altre principali banche centrali dovrebbero essere più favorevoli all'andamento delle valute estere, specialmente in considerazione della fase successiva del ciclo di restrizione del FOMC.

venerdì 8 giugno 2018

Brexit e Irlanda, la May prova il "piano B". Bruxelles lo boccerà

La questione Brexit continua a infuocare il clima politico in Gran Bretagna. Londra ha presentato ieri un piano per gestire uno dei temi caldi, ovvero la frontiera interna irlandese. Questo piano prevede un “accordo doganale temporaneo”, che sostanzialmente non cambia nulla rispetto allo status quo. Regno Unito e Irlanda rimarranno unite a livello doganale de facto, per un periodo di un anno dopo i 21 mesi di transizione già concordati dopo Brexit.

La mossa di Londra su Brexit

Questa mossa è finalizzata a calmare le acque all'interno del Regno Unito, evitando una crisi di Governo su Brexit. Ciò grazie alla scadenza finale di questo piano, che coincide col dicembre 2021, data in cui la Gran Bretagna lascerà il mercato unico e l’unione doganale in ogni caso. Proprio l'aver messo nero su bianco un termine preciso, ha fatto sì che i sostenitori di Brexit si siano calmati dopo le agitazioni degli ultimi giorni. Secondo loro infatti, una soluzione temporanea senza una fine prestabilita sarebbe equivalsa alla firma di un “assegno in bianco” a Bruxelles.

Ma il problema della scadenza fissata dalla May, è che se piace sul fronte interno non piacerà a Bruxelles. Sebbene il capo negoziatore Ue Michel Barnier abbia comunque detto che verrà valutata, il problema è che proprio la scadenza precisa di fatto lascia "scoperto" il periodo successivo. La UE non vuole che sia ignoto cosa accadrà in assenza di un accordo permanente tra le parti. Questo piano britannico invece fa sì che il problema del confine irlandese sia solo rimandato.

A dicembre scorso Londra e Bruxelles erano arrivati a un punto di intesa su questo aspetto di Brexit, concordato sul fatto che fosse impossibile tornare a controlli al confine tra le due Irlande. Londra aveva accettato, in teoria, di restare nell’unione doganale fino al raggiungimento di un accordo permanente. Adesso invece la mezza marcia indietro, che lascia il problema senza soluzione. Oggi Barnier darà il suo verdetto sulla proposta britannica, ma l'esito negativo è scontato.

martedì 5 giugno 2018

Criptovalute e il rischio delle manipolazioni di mercato

Al di là del dibattito sulla loro validità dal punto di vista finanziario, le criptovalute alimentano altri tipi di discorsi legati soprattutto alla loro sicurezza. Il Dipartimento di giustizia americano ha dovuto aprire tantissimi casi di frode in qualche modo legati all'utilizzo di questo controverso asset. Eppure le valute virtuali si basano su sistemi che teoricamente dovrebbero proteggere in misura maggiore rispetto al solito le transazioni. E invece spesso sono strumenti per perpetrare dei crimini finanziari.

Molti di coloro che vogliono sapere come funziona trading con i bitcoin, in Italia, dovrebbero conoscere i pericoli di chi si avventura da neofita in questo mondo. O almeno conoscere i casi più eclatanti di frode ad esso legati, dal momento che finiscono per incidere sul valore di mercato di questo asset.

Le manipolazioni del mercato delle criptovalute

Secondo il Dipartimento di Giustizia americano, molti problemi sorgono per il fatto che le criptovalute non vengono viste dai possessori come mezzo di pagamento - quindi come alternativa alle monete tradizionali - ma come strumento speculativo. Analogamente alle azioni o obbligazioni, si tratta il Bitcoin sperando che produca valore. Per cui si prendono, si guardano i grafici, si fanno le analisi di prezzo, si vede se ci sonno piercing line pattern trading, come si dispongono le bande di Bollinger. Rifletteteci, con l'euro non facciamo lo stesso. Lo teniamo in tasca e quando serve lo usiamo per pagare. Se Bitcoin fosse una valuta dovremmo fare lo stesso.

Proprio questa view speculativa sulle monete virtuali fa sì che vengano alimentate le frodi. Come la manipolazione di mercato detta "spoofing”, in cui gli investitori fanno gli ordini ma poi li annullano prima che l’affare sia finalizzato. Questo fa sembrare che ci sia più richiesta di valuta virtuale di quanta non ce ne sia in realtà, aumentandone il valore. Cosa fattibile visto che i più grandi 1.000 conti in Bitcoin detengono il 40% di tutti quelli esistenti e quasi il 20% è detenuto in soli 100 conti. Tenuto poi conto che molti di questi soggetti si conoscono, è ancora più facile mettere in atto delle azioni coordinate per aumentare o diminuire i prezzi artificiosamente.

Un altro tipo di frode è la “wash trading”. In pratica un soggetto compra o vende a se stesso al solo scopo di far pensare che ci sia più attività sul mercato di quanta ce ne sia in realtà, aumentando artificialmente la domanda e il valore.

sabato 2 giugno 2018

Finanziamenti all'agricoltura, la UE taglia 2,7 miliardi all'Italia

La bozza di riforma della Politica Agricola Europea prevede un taglio dei fondi per l'agricoltura italiana. Riceveremo 2,7 miliardi in meno nel periodo 2021-2027. La presentazione del nuovo piano da parte della Commissione Europea è stata fatta ieri a Bruxelles. Il nuovo piano tiene conto dell'uscita della Gran Bretagna dalla UE, che ha richiesto un ricalcolo dei contributi.

I nuovi finanziamenti all'agricoltura

Scenderà quindi il budget complessivo a disposizione dei Paesi membri, che sarà di 365 miliardi di euro (-5% rispetto a quelli previsti per il periodo 2014-2020). L'Italia è destinataria di 36,3 miliardi, ovvero il 6,9% in meno di quanto calcolato in precedenza. Di questa cifra, la maggior parte (24,9) verrà erogata sotto forma di pagamenti diretti (che scenderanno di 1,9 miliardi), un'altra quota andrà allo sviluppo rurale (8,9 miliardi) mentre in piccola parte (2,5 miliardi) sarà destinata alle misure di mercato.

Malgrado i tagli, l'Italia rimarrà il quarto paese europeo per finanziamenti ottenuti. Più di noi ricevono soltanto Francia (62,3 miliardi), Spagna (43,7) e Germania (quasi 41 miliardi).
In base a questa nuova riforma di PAC, gli Stati membri potranno godere di maggiori spazi di libertà per utilizzare i fondi assegnati. In questo modo potranno elaborare dei programmi mirati in relazione alle proprie specifiche esigenze. Inoltre sarà possibile trasferire fino al 15% dei fondi Pac dai pagamenti diretti allo sviluppo rurale e viceversa, in modo tale da poter agire in maniera più efficace in base alle proprie specifiche priorità. Sarà tuttavia necessario definire dei piani strategici per l’intero periodo, piano che saranno oggetto di valutazione da parte della Commissione, che monitorerà anche i risultati ottenuti.

Dal momento che i tagli al plafond complessivo rischiano di penalizzare soprattutto le realtà imprenditoriali più piccole, Bruxelles ha proposto di mettere un tetto agli aiuti a 100mila euro, con riduzioni progressive che cominciano da 60mila euro e l'obbligo per i Paesi di usare le risorse risparmiate per indirizzarle alle aziende di taglia più piccola.