E' quanto emerge da una analisi dell'Ufficio Studi sull'universo giovanile e il lavoro nel ventennio tra il 2000 e il 2019.
Due milioni in meno di giovani al lavoro
Secondo l'organismo che rappresenta Imprese, Attività Professionali e Lavoro Autonomo, tra il 2000 e il 2019 i giovani occupati nella fascia d’età 15-34 anni sono diminuiti di 2 milioni e mezzo (da 7,7 a 5,2). Peraltro è cresciuta la quota di quelli che, pur potendo lavorare, non cercano un’occupazione (è passata dal 40% del totale di quella classe di età, al 50%).Per fare un confronto, durante lo stesso stesso periodo in Germania sono stati persi appena 235mila occupati giovani, rimanendo una quota costante del 30% rispetto al totale dei giovani rientranti in quella fascia di età.
Prospettive di guadagno
Analizzando questi dati sul lavoro, è evidente che non c'entra nulla in questo caso la pandemia. In Italia infatti questo negativo rapporto tra giovani e lavoro era già antecedente alla crisi coronavirus.
C'entra forse la prospettiva di guadagno di un giovane italiano, che non è affatto rosea. Tra il 1997 e il 2016, il reddito d’ingresso per i giovani lavoratori fino a 30 anni è calato del 7,5% per i dipendenti e ha registrato un crollo del 41% per gli indipendenti (imprenditori, lavoratori autonomi, liberi professionisti).
Anche così si spiega perché 345mila giovani sono scappati all'estero.
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Difficoltà a diventare imprenditori
Peraltro Confcommercio evidenzia pure che le cose non vanno meglio se si analizzano i dati di chi un lavoro ce l’ha.
Si sono infatti ridotti di oltre un quarto i giovani lavoratori dipendenti (-26,6%), ma soprattutto si è dimezzata la quota di giovani indipendenti (-51,4%). questo dato in particolare, mette in risalto quanto sia difficile e scoraggiante per i nostri giovani avviare una impresa. Non a caso nel ventennio sono sparite 156mila imprese giovanili.
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