mercoledì 29 ottobre 2025

Produzione di castagne, questo 2025 è l'anno del riscatto

Dopo dopo la crisi vissuta nel 2024, per la produzione di castagne l'anno in corso è un vero e proprio boom. Sia dal punto di vista numerico che dal punto dii vista qualitativo, erano anni che non si vedeva un prodotto così.

Come procede la produzione di castagne

Questo scenario attraversa tutte le principali regioni produttive italiane: dalla leader nazionale Campania (dove però procede a macchia di leopardo), al Piemonte e alla Toscana. Pressoché ovunque c'è entusiasmo per come sta procedendo la stagione di produzione della regina del bosco. Entro la prossima settimana dovrebbero essere disponibili le prime stime produttive regionali.

Il merito principale è del clima più favorevole, che consente un incremento del raccolto nell'ordine di alcune decine di punti percentuali. Le piogge generose che sono cadute nel mese di agosto hanno agevolato la fruttificazione, dopo la grande fioritura che c'era stata in primavera. Uno scenario praticamente opposto a quello che c'era stato nel 2024, quando la siccità aveva provocato la caduta a terra dei frutti. Sono gli effetti del climate change che stiamo vivendo. Quest'anno la produzione di castagne ha ricevuto anche un altro regalo, ossia la minore diffusione di insetti patogeni come il cilipede galligeno, che negli anni scorsi aveva creato danni enormi.

Più prodotto, minor prezzo

La grande produzione di castagne comporta anche una conseguenza: il maggiore raccolto comporta anche una pressione ribassista sui prezzi, che dovrebbero spingere i consumatori a sfruttare questa maggiore abbondanza sul mercato. Peraltro, a causa delle temperature ancora calde per la media del periodo, gli acquisti verso prodotti tipicamente autunnali ancora sono limitati.

Secondo l'analisi di Borsa Merci telematica italiana, c'è un calo di prezzo per tutte le pezzature, ma in particolare per quella media (60-65 unità /kg) dove la discesa è stata di circa il 17%, passando da 4,70 euro a 3,90 euro. Per quella da 48-50 unità per chilogrammo, che è la più pregiata, il prezzo è sceso dai 5 euro al chilo del 2024 ai 4,70 euro della campagna 2025, con una diminuzione su base annua del 6%.

La vivacità imprenditoriale

La speranza espressa da Coldiretti è che questo boom possa alimentare anche un ritorno alla castanicoltura da parte di giovani imprenditori e imprenditrici, dal momento che ci sono numerosi castagneti abbandonati che non aspettano altro che essere riportati alla produzione e alla fruttificazione.

mercoledì 22 ottobre 2025

Fisco brasiliano manda KO Netflix in borsa

Nonostante i numeri operativi siano ancora dalla parte di Netflix, i problemi che il colosso mondiale dello streaming ha avuto con il fisco brasiliano hanno provocato un contraccolpo sugli ultimi numeri trimestrali. E Wall Street ha reagito male.

Cosa succede con il fisco brasiliano

Sul bilancio trimestrale dell'azienda statunitense si è abbattuto un onere da 619 milioni di dollari, derivanti da un tributo straordinario reclamato dal Brasile nel 2022. Questa cifra nasce da una controversia con il fisco brasiliano che da tempo colpisce le multinazionali tech e streaming, ossia alcune delle aziende più famose al mondo, per garantire un equo gettito fiscale a livello nazionale. 

L'amministratore delegato di Netflix, Spencer Neumann, ha sottolineato che nessun altro mercato mondiale ha una tassazione analoga a quella imposta dal Brasile. L'azienda aveva segnalato nei precedenti documenti questo onere, ma non l'aveva incluso nelle sue previsioni sugli utili (da qui l'amara a sorpresa per Wall Street).

I risultati operativi

Al netto della controversia con il fisco brasiliano, l'andamento di Netflix continua ad essere molto positivo. Il colosso dello streaming continua a crescere sia in termini di ascolti che di ricavi. L'azienda dichiara di aver registrato il suo miglior trimestre di sempre in termini di vendite pubblicitarie, e che è sulla buona strada per più che raddoppiare i ricavi pubblicitari quest'anno.

Netflix ha registrato un utile operativo trimestrale di 3,24 miliardi di dollari ed un utile netto di 2,5 miliardi, ossia l'8% in più rispetto allo scorso anno. Bene anche il MFI Money Flow index. Tuttavia l'utile per azione di 5,87 dollari è stato inferiore alle aspettative del mercato ed anche della stessa azienda, che puntava a un dollaro in più circa.

La reazione in borsa

Dopo la lettura dei conti trimestrali, Wall Street ha punito le azioni Netflix con un'ondata di vendite. Sicuramente la questione con il fisco brasiliano ha inciso in gran parte su questa vendita, che ha portato il titolo a perdere circa il 6% inizialmente, per poi chiudere la seduta di martedì in calo del 4,8%.
A giugno scorso il titolo Netflix aveva toccato nuovo massimo storico a €1.341,15 dollari. Negli ultimi mesi però si è leggermente indebolito.

lunedì 20 ottobre 2025

Imprese, in Germania le insolvenze corrono a ritmo record. La locomotiva d'Europa deraglia

La locomotiva tedesca sta deragliando. E non da oggi, ma da un bel po' di tempo. Solo che adesso il numero delle imprese in crisi è diventato così alto da non potersi più illudere che sia solo un periodo passeggero.

I numeri shock sulle imprese

Le crepe dell'economia tedesca, che un tempo era il vero motore dell'Europa, si stanno mostrando con sempre maggiore evidenza. Lo raccontano i dati dell'Ufficio Federale di Statistica tedesco (Destatis, ossia l'ISTAT tedesco): le imprese in stato di insolvenza a settembre sono cresciute del 10,4% rispetto a settembre del 2024

Anche se è un dato ancora da confermare, pur volendo sperare che il report definitivo sarà più basso, comunque è un campanello d’allarme che non si può più ignorare.

Anche perché - lo dice proprio Destatis -  i numeri si riferiscono alle imprese che formalmente hanno avviato una procedura concorsuale. Non vengono incluse nel calcolo quelle imprese che hanno cessato o stanno cessando la loro attività “silenziosamente”.

Un buco da 3,7 miliardi

Ci sono altri numeri che rendono bene l'idea della situazione. Sono quelli di luglio, che sono definitivi. Le imprese in stato di insolvenza risultavano 2917, il 13,4% in più rispetto a luglio dell'anno prima.
E' imponente soprattutto l'ammontare dei crediti che venivano vantati verso quelle aziende, circa 3,7 miliardi di euro (rispetto ai 3,2 miliardi del luglio 2024). Si tratta di un buco finanziario enorme, che sta rendendo il sistema economico tedesco molto incline alla sfiducia reciproca. In sostanza la certezza di incasso del credito sta venendo a mancare.

I settori più esposti alla crisi

Tra le imprese più colpite spiccano quelle del settore "Trasporti e Stoccaggio", dove su 1000 imprese in media 12,7 sono in insolvenza. Essendo la Germania un paese molto orientato all'export, trasporti e logistica giocano un ruolo fondamentale. Seguono il settore alberghiero e altri servizi (9,9), che sono molto colpite dal rallentamento generale dei consumi.

Come detto, non è tanto il numero di insolvenze che deve preoccupare, ma il fatto che la crescita stia avvenendo in modo costante. Si tratta di un segnale recessivo molto forte, che deve allertare anche l'Italia, visto che abbiamo un legame economico strettissimo con la Germania, il nostro primo partner commerciale

mercoledì 15 ottobre 2025

Prezzo del metallo: argento più performante dell'oro nel 2025

Erano decenni che non si vedeva una corsa dell'argento così impetuosa. Il prezzo del metallo grigio ha superato i 50 dollari per oncia, livello che riporta alla mente le speculazioni degli anni 80. Neppure l'oro, protagonista quotidianamente per via dei suoi record continui, è riuscito quest'anno a tenere un passo simile a quello del Silver metal.

Cosa spinge il prezzo del metallo

Quello dell'argento è da sempre considerato una specie di mercato secondario, visto che raramente si trova sotto i riflettori. Ciò che sta spingendo il prezzo del metallo, che in questo 2025 ha guadagnato il 75%, è frutto di una tempesta perfetta, che mescola fattori macroeconomici a questioni di tipo tecnico. E poi c'è l'immancabile fattore speculativo.

La sfiducia verso le valute Fiat

Uno dei motori principali della corsa del prezzo dell'argento è la crescente sfiducia verso le valute Fiat, in primo luogo il dollaro (si guardi in proposito l'andamento del biglietto verde su qualsiasi piattaforma forex italiana). Limitandoci agli Stati Uniti, possiamo solo sottolineare i rischi fiscali che un debito pubblico fuori controllo prima o poi porterà ad emergere. Tutto ciò fa temere agli investitori una progressiva erosione dei loro risparmi nel prossimo futuro.

Il mercato azionario troppo forte

La virata dei mercati verso i beni rifugio è un altro fattore che sta spingendo il prezzo dell'argento (nonché il principale motore della corsa dell'oro). Le valutazioni che si vedono sull'azionario sono talmente elevate da aver ampliato a dismisura il divario con la realtà economica concreta. Per questo si cerca di diversificare il rischio e portare una parte dei propri capitali verso i porti sicuri.

Il fattore industriale 

C'è poi un altro aspetto importante da sottolineare. A differenza dell'oro, l'argento è un metallo di larghissimo utilizzo industriale. Le sue caratteristiche peraltro lo rendono insostituibile. La transizione energetica aumenta la domanda di argento, tanto che le previsioni del 2025 Indicano un surplus di richiesta rispetto all'offerta per il quinto anno consecutivo. Ciò esercita una pressione rialzista sul prezzo del metallo, incoraggiando una strategia trend following

Il ruolo del mercato fisico

Se fattori di tipo macroeconomico hanno creato un terreno fertile per la corsa del prezzo del metallo, la vera scintilla si è avuta sul mercato fisico, in special modo a Londra, che è il fulcro del commercio di lingotti. 

Il mercato londinese è finito sotto pressione per la carenza di argento disponibile, perché il timore dei dazi ha spinto le spedizioni oltreoceano, finendo per prosciugare le scorte disponibili nel Regno Unito. In secondo luogo l'argento fisico dei caveau londinesi e detenuto come collaterale per gli ETF, per cui è sostanzialmente bloccato. Di conseguenza il prezzo è salito alle stelle.

lunedì 13 ottobre 2025

Economia italiana, l'agenzia S&P conferma il miglioramento del rating

La scorsa primavera l'economia italiana aveva ottenuto un bel riconoscimento, quando l'agenzia americana Standard & Poor's era stata la prima a migliorare il rating del nostro Paese, alzandolo a BBB+ dal precedente livello BBB (in seguito lo avrebbe fatto anche Fitch). Prima del weekend lo ha confermato, con outlook stabile

Cosa dà ottimismo circa l'economia italiana

Anche se la nostra economia continua a presentare luci ed ombre, secondo l'agenzia ci sono due fattori importanti che giustificano il miglioramento del giudizio sui nostri Titoli di Stato: la stabilità politica e il miglioramento dei nostri conti pubblici. Se prendiamo come riferimento il Dpfp, il nostro deficit dovrebbe essere attorno al 3% (Fitch ha basato il suo cambio di giudizio sulla nostra economia stimando una discesa del deficit al 3,1%). 

Secondo gli analisti dell’agenzia S&P, l'evoluzione positiva è figlia anche di "continuo slancio riformatore", che insieme alla "riduzione degli squilibri esterni migliorano ulteriormente gli indicatori di credito dell’Italia". Grazie a questi fattori, i rischi che derivano dall'esistenza di un debito pubblico ancora elevato vengono mitigati, così come quelli che derivano dalle "crescenti sfide esterne".

Le ombre ancora presenti

Va detto che il quadro generale dell'economia italiana manifesta ancora luci e ombre. In particolare, il settore manifatturiero continua a mostrare segni di sofferenza e la produzione industriale è nuovamente peggiorata ad agosto, dopo due mesi in cui era migliorata. Anche se il mese di agosto è particolare, viste le chiusure per ferie e l'attività limitata dal periodo vacanziero, comunque manda un segnale delle difficoltà della nostra economia ad uscire dalla fase di stallo che stiamo attraversando.

Il giudizio di Moody's

La prossima agenzia di rating che si esprimerà sull'economia italiana sarà Dbrs (venerdì prossimo), ma i fari sono puntati soprattutto su Moody’s, la cui valutazione è attesa per il 21 novembre. Lo scorso maggio l'agenzia confermò per l'Italia il rating Baa3, appena un gradino sopra ’junk’, il livello spazzatura (ma alzò l’outlook da stabile e positivo).

martedì 7 ottobre 2025

Prezzo del petrolio in ripresa dopo aver schivato il pericolo del maxi aumento Opec

Dopo il calo dell'ultimo periodo, il prezzo del petrolio si risolleva lentamente. La spinta giunge dalla riunione dei produttori, che decide di procedere a un incremento della produzione più contenuto rispetto alle previsioni, per evitare che un’ondata di nuovi barili potesse sopraffare una domanda fragile. 

La decisione OPEC e il prezzo del petrolio

Nella riunione che si è svolta online domenica scorsa, i paesi dell’OPEC hanno deciso di incrementare le loro quote di produzione di 137.000 barili al giorno nel mese di novembre (rispetto ai tagli volontari di 1,65 milioni di barili al giorno). E' una conferma dell'incremento approvato per il mese di ottobre, ma gli esperti si aspettavano un incremento più sostanzioso, pari a 500mila barili al giorno.

Parola d'ordine: prudenza

Il cartello dei produttori ha voluto evitare un'ulteriore pressione sul prezzo del petrolio in una fase in cui la domanda è debole. Settimana scorsa sia il Brent che il West Texas Intermediate (WTI) sono crollati di oltre l’8%, registrando il calo settimanale più ripido in quasi tre mesi.

I paesi continueranno a monitorare e valutare attentamente le condizioni di mercato - si legge nel comunicato OPEC - e hanno ribadito l’importanza di adottare un approccio cauto e di mantenere la massima flessibilità per sospendere o annullare gli ulteriori aggiustamenti volontari della produzione”.Gli otto paesi dell’organizzazione si riuniranno di nuovo il prossimo 2 novembre. 

La pressione ribassista sul mercato

Proprio questa sorpresa ha dato sostegno al prezzo del petrolio. Il Brent dicembre è tornato oltre i 65,5 dollari al barile mentre il WTI risale verso i 62 dollari. Entrambi i benchmark si trovano adesso schiacciati tra livelli di supporto resistenza trading molto importanti.

I mercati petroliferi rimangono sotto pressione a causa dell’aumento della produzione di shale negli Stati Uniti e di un’outlook economico globale contenuto. Il mercato petrolifero potrebbe registrare un surplus record il prossimo anno, stando alle previsioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE). Secondo le stime dell’AIE, la produzione mondiale supererà i consumi in media di 3,33 milioni di barili al giorno nel 2026, raggiungendo un record storico di surplus.

giovedì 2 ottobre 2025

Tasso di interesse sui mutui, ora quello variabile conviene di più

Anche se il ciclo di allentamento è stato messo in pausa, i tagli effettuati dalla BCE nelle riunioni precedenti stanno facendo sentire ancora i loro effetti sul tasso di interesse dei mutui. Quello variabile infatti adesso è diventato molto più conveniente rispetto a quello fisso.

Il divario fisso-variabile del tasso di interesse


La fotografia della situazione è stata fatta dall’Osservatorio MutuiOnline, che evidenzia come il divario tra tasso di interesse fisso e variabile si è fatto più marcato. 

Il TAN medio per un mutuo a tasso variabile è sceso a 2,67%, mentre quello fisso si trova oltre mezzo punto percentuale più sopra, a 3,24%. Ciò significa che contrarre un mutuo a tasso variabile è ora molto più interessante, ribaltando la situazione che c'era fino a pochi mesi fa.

Prospettive ancora migliori per il futuro

La Banca Centrale Europea (BCE) ha cominciato il suo ciclo di allentamento monetario nel giugno dello scorso anno, e da allora ha tagliato il costo del denaro del 2%. Adesso che gli Euribor si sono stabilizzati attorno al 2%, il mutuo a tasso di interesse variabile dovrebbe rimanere conveniente ancora per un po' di tempo. Peraltro c'è la possibilità che questa forbice di convenienza si allarghi ancora, qualora fosse deciso un altro taglio al costo del denaro a dicembre.

Per il tasso fisso invece lo scenario è incerto, perché il suo andamento si lega alle turbolenze geopolitiche e agli scossoni dei mercati. Sceglierlo quindi significa incorporare questo rischio nel costo del proprio mutuo.

Il risparmio per i consumatori

Tradotto in soldoni, quanto costa un tasso di un tipo e dell'altro? Se consideriamo un mutuo di 140mila euro a 20 anni, la rata mensile a tasso variabile è scesa a 753 euro, contro gli 827 euro di inizio anno. Un muto a tasso fisso dello stesso importo e durata, comporta invece una rata mensile di 793 euro. Ciò significa che, in questo momento, chi sceglie il fisso pagherebbe 39 euro in più al mese rispetto al variabile, un extra che, sull’arco dei 20 anni, ammonterebbe a circa 9.500 euro.

Ma gli italiani preferiscono ancora la stabilità

Eppure gli ultimi dati raccontano che gli italiani continuano a scegliere il tasso fisso, confermando una preferenza storica per la stabilità della rata. Va detto però che l’interesse per il mutuo a tasso variabile è quasi raddoppiato, arrivando quasi al 5%, quota massima dall’inizio del 2023. Significa che gli italiani cominciano ad aprirsi a soluzioni più flessibili e potenzialmente vantaggiose.