Le grandi banche strizzano l'occhio al bitcoin, ovvero la moneta virtuale più famosa la mondo, quella che non è governata da nessuna banca centrale, ma solo da un algoritmo e da quello che fanno i singoli utenti.
In realtà non è proprio al bitcoin che stanno cominciando a guardare i colossi della finanza come Ubs, Deutsche Bank, Santander e Bny Mellon bensì alla tecnologia che ne è alla base, ovvero il blockchain.
I quattro istituti su detti, entro l'inizio del 2018 intendono lanciare una nuova infrastruttura di scambio, regolata con una moneta virtuale, che servirà a regolare le rispettive pendenze finanziarie. Se questi colossi pensano al blockchain, intanto altri istituti come CityGroup, Jp Morgan e Goldman Sachs lavorano ad una loro moneta.
Non solo. Nel 2017 dovrebbe prendere il via R3, un consorzio di cui faranno parte circa 40 società (tra cui Intesa Sanpaolo e Unicredit) che si configura come polodi innovazione tecnologica
nel settore finanziario. R3 opera a New York, Londra e San
Francisco per sviluppare tecnologie basate su blockchain. R3 inoltre userà i servizi di Microsoft Azure per consentire alle banche e
partner del consorzio R3 di sfruttare gli strumenti, servizi e
infrastruttura cloud-based.
Perché le banche guardano con sempre maggiore interesse a questa prospettiva? Il motivo è soltanto uno: risparmiare denaro. Gli attuali sistemi di compensazione costano infatti qualcosa come 80 miliardi di euro l'anno. Per fare un esempio: un trasferimento fatto in un paese orientale oggi richiede giorni e la presenza di un partner locale. con il clockchain sarebbe immediato e sicuro.
A prescindere da tutto, il grande obiettivo delle banche è quello che i loro protocolli diventino uno standard, magari con l'approvazione delle stesse banche centrali.
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