mercoledì 28 marzo 2018

Lira Italiana, per i nostalgici ecco la criptovaluta che la riporta in vita

I nostalgici della vecchia Lira Italiana potranno riaverla come moneta. Anche se si tratterà non della valuta tradizionale, bensì di una valuta elettronica. Il progetto è stato messo a punto da un team di sviluppatori provenienti da 5 paesi diversi, che si occupano di dare vita alla "Italian Lira - ITL". Il progetto prevede la creazione di una moneta digitale che sfrutta la Blockchain di Ethereum. I principi di fondo sono i soliti: creare un sistema di pagamento che sia indipendente dal controllo dei governi e delle banche centrali.

Il ritorno della Lira Italiana

Chiaramente i destinatari principali di questo progetto sono italiani. In special modo quelli che vedono nell'euro una delle cause dei problemi del Belpaese, e che vorrebbero un Governo capace di attuare una "Brexit made in Italy", dicendo addio alla UE e riprendendosi la propria identità a cominciare - appunto - proprio dalla moneta. Per loro il bilancio di questi decenni con l'euro sono negativi. Anche se soltanto virtuale.

La nuova Lira Italiana è disponibile su diverse piattaforme di scambi: Stocks Exchange, Token Store, ForkDelta fino, EtherDelta. Il meccanismo di compravendita è identico a quello di tutte le altre altcoin. Si effettuano attraverso i token, così come avviene per Bitcoin e le sue sorelle digitali. Il progetto comunque è ancora in fase di sviluppo, dopo aver concluso la prima fase alla fine del 2017 adesso entrerà nella seconda. Questa prevede la creazione del sito internet (passo già compiuto) e quindi il listing dei token creati e la loro vendita. Secondo il crono-programma degli sviluppatori, a partire dal 2019 ci sarà la distribuzione ai clienti e, per finire, lo sviluppo dei primi POS per i pagamenti.

Il progetto è molto ambizioso quindi, anche se il futuro delle criptovaluta è tutto da decifrare. Basterà fare leva sui nostalgici per ridare appeal alla vecchia Lira Italiana?

lunedì 26 marzo 2018

Dati macro della settimana, ecco quelli più attesi dai mercati

Sono eventi di media entità, quelli che riguarderanno il fronte macroeconomico di questa settimana. Il calendario dei dati macro comunque propone diversi elementi per approntare le strategie sui mercati, anche se l'attenzione maggiore continua ad essere rivolta all'evoluzione della questione dazi (con la battaglia tra USA e Cina) e anche agli eventi politici tanto in Europa quanto negli Stati Uniti. 

La settimana dei dati macro

Partendo dagli appuntamenti dell’area euro, la settimana si focalizza sui dati macro relativi alle indagini congiunturali (indice Commissione UE e Istat) e le stime preliminari di inflazione di marzo nei principali Paesi. Elementi ritenuti importanti marke mover da parte dei trader, pronti a sfruttare la loro strategia ADX e stocastico nel Forex. Per quanto riguarda i primi dati, ci si aspettano delle conferme. Dovrebbero essere in linea con i recenti indici PMI, IFO e INSEE. I report riguardanti l'inflazione potrebbero fornire un quadro più disomogeneo a seconda dei vari paesi. La spesa per consumi è invece vista in recupero.

Riguardo i dati macro provenienti dagli USA, la settimana dovrebbe scorrere con una certa tranquillità. Dalla diffusione di diversi report non dovrebbero scaturire particolari impatti sui mercati valutari, per cui molti non avranno bisogno di innescare la loro Forex Parabolic SAR strategia. L'attenzione maggiore riguarda la spesa personale, che a febbraio dovrebbe essere in aumento modesto. Dovrebbero invece scaldare molto di più i trader i dati relativi ai deflatori, con indice totale stimato in aumento di 0,1% m/m, core in variazione di 0,2% m/m. Dagli Stati Uniti continuano quindi a giungere dei segnali che evidenziano una dinamica inflazionistica moderata.

Dagli Stati Uniti è in arrivo anche il dato sulla fiducia dei consumatori di marzo, che dovrebbe confermare i recenti positivi livelli. Infine ci sarà il dato di stima del PIL del 4° trimestre 2017, per il quale gli analisti si aspettano un modesto rialzo rispetto alla seconda stima. A incidere saranno gli investimenti fissi non residenziali.

venerdì 23 marzo 2018

Wall Street scivola sulle tensioni per una guerra commerciale

La guerra dei dazi dà un brutto colpo a Wall Street, che è andata in deciso calo. La Borsa americana ha chiuso la peggiore sessione dell'ultimo mese e mezzo dopo che il Presidente Donald Trump ha firmato il provvedimento che impone nuovi dazi su alcuni prodotti cinesi, annunciando peraltro che questa sarà solo la prima di molte iniziative simili. Al momento non si conosce ancora la composizione della lista di prodotti colpiti dalle nuove imposte, ma è solo questione di giorni.

L'ansia a Wall Street

Se alla questione dazi si aggiunge poi la bufera che ha colpito il settore tecnologico dopo il caso Facebook, e i segnali non univoci arrivati dalla FED circa il crono-programma di aumento dei tassi, è chiaro che il quadro ha messo in allarme gli investitori. A Wall Street l’indice Dow Jones chiude a -2,93% e il Nasdaq a - 2,43 (S&P500 -2,52%). Non è andata meglio in Europa, dove Piazza Affari è  stata la peggiore (FTSE MIB -1,85%). Chiaramente le vendite si sono concentrate sui titoli delle materie prime e quelli tecnologici e auto. Nel resto d'Europa, Francoforte ha lasciato sul terreno l'1,7% nell'indice Dax30.

Tornando alla questione dei dazi americani su acciaio e alluminio, il rappresentante per il Commercio Usa - Robert Lighthizer - ha chiarito che anche la Ue verrà esclusa dall'applicazione. Altresì "graziati" sono Brasile, Corea del Sud, Argentina e Australia. Le restrizioni imposte dal governo americano hanno un controvalore di 60 miliardi di dollari sui prodotti cinesi.

Una misura che Pechino è già pronta a contrastare. Anche se la portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, ha ribadito che "la Cina non vuole combattere una guerra commerciale con nessuno", è chiaro che il livello di tensione sta aumentando. Secondo il Wall Street Journal, Hua Chunying avrebbe riposto: "Se ci sono forze che ci costringono a combatterne una, non saremo spaventati, né ci nasconderemo".

mercoledì 21 marzo 2018

FED, oggi è il giorno del primo rialzo dei tassi del 2018

Per i mercati internazionali, oggi è il giorno più atteso. Tra poche ore la parola passerà al FOMC, ovvero l'organo di politica monetaria della FED, cui spetterà il compito di annunciare il rialzo del costo del denaro. Verso le 19.00 ora italiana il braccio operativo della Federal Reserve dovrebbe ritoccare i tassi di 25 punti base rispetto al livello attuale pari all'1,25-1,5%. Nulla di sorprendente per i mercati, che già stanno prezzando questo avvenimento da un bel po' di tempo. La probabile stretta sarebbe la prima del 2018 e la sesta dal dicembre 2015.

Quanta attesa per la FED

Molti analisti della miglior piattaforma di trading online gratuita hanno però sottolineato che l'attenzione concreta è rivolta alle prime previsioni economiche che la FED diffonderà riguardo al nuovo anno. Si tratta di dati su PIL, PCE price index e tasso di disoccupazione. Le successive arriveranno invece a giugno, settembre e dicembre. Da queste prime previsioni gli investitori cercheranno di desumere un quadro più completo circa le tempistiche con cui la FED alzerà i tassi nei prossimi mesi. Il dubbio riguarda essenzialmente se saranno 3 oppure 4.

C'è poi molta attesa per il discorso del Chairman, Jerom Powell, nella conferenza stampa che seguirà l'annuncio. Nel suo primo discorso pubblico tenuto a fine febbraio, Powell disse al Congresso USA che le sue previsioni dell'andamento dell'economia USA erano migliori rispetto a quelle di dicembre, ampliando così la probabilità di quattro aumenti dei tassi nel 2018. Questo innescò un sell-off dell'azionario e spinse al rialzo il dollaro. Se prendiamo una lista broker forex regolamentati Consob e vediamo i grafici, possiamo verificarlo senza difficoltà.

Infine c'è un'altra questione molto importante che interessa ai mercati, e riguarda l'inflazione. Si vuole cioè capire se sono fondate le vico circolate a inizio anno riguardo l'ipotesi che la Fed avrebbe potuto modificare il proprio target relativo ai prezzi al consumo dal 2% alla forchetta che va dall’1,5% al 2,5%.

lunedì 19 marzo 2018

Rating, Fitch conferma la valutazione sull'Italia ma ci mette in guardia

Il giudizio dell'agenzia di rating Fitch sull'Italia non cambia. Venerdì scorso ha confermato la valutazione BBB con outlook stabile, e non ci sono downgrade all'orizzonte. Tuttavia ha pure messo in evidenza un paio di punti molto critici. In primo luogo il pesante debito pubblico che proprio non si riesce ad abbassare in modo deciso. In secondo luogo le prospettive di incertezza politica dopo le elezioni del 4 marzo.

La valutazione dell'agenzia di rating

Una delle tre principali agenzie di rating internazionali ha sottolineato come ci siano «elevati rischi politici legati alle recenti elezioni». Infatti le elezioni politiche del 4 marzo hanno reso difficile la formazione di un governo stabile e limiteranno probabilmente la capacità del prossimo esecutivo di rispettare le promesse elettorali. Questo aumenta le possibilità di un allentamento di bilancio e di un ulteriore indebolimento delle prospettive sul fronte delle riforme strutturali. Le trattative per una coalizione «saranno difficili e probabilmente prolungate, e non è chiaro» come le piattaforme dei diversi schieramenti «possano convergere, rendendo la composizione del prossimo governo incerta».

Il grosso problema economico dell'Italia è l'elevato debito pubblicoL'agenzia USA prevede che il rapporto debito/PIL giungerà al 128,8% nel 2019, una flessione ritenuta troppo lieve. Di buono però c'è il fatto che la ripresa è superiore alle attese. Il PIL è salito dell’1,5% nel 2017 dopo il +0,9% del 2016. Per quest’anno Fitch stima una crescita dell’1,5%, mentre per il 2019 dell’1,2%. A trainare la crescita sono gli investimenti e i consumi privati, saliti del 3,7% e dell’1,3% nel 2017.

Riguardo al settore bancario, Fitch sottolinea che la qualità degli asset è "debole", malgrado il calo innegabile dei "non performing loan". Anche la redditività è una debolezza per il sistema bancario italiano, con l’impatto negativo dei bassi tassi di interesse e la modesta crescita del credito compensati solo in parte dalle commissioni e dalla riduzione dei costi.

mercoledì 14 marzo 2018

Valute, i trader si chiedono che direzione prenderà l'Eur-Usd

La coppia di valute più scambiata a livello globale è stata anche quella che ieri ha animato di più le piazze di trading. L'inflazione Usa e il licenziamento via Twitter del segretario di stato Tillerson sono i due eventi clou del giorno. Anziché imprimere una decisa rotta al cambio Euro Dollaro, però hanno solo finito per alimentare la situazione di incertezza. La giornata di ieri è stata molto movimenta, ma ha finito per non intaccare il canale dentro il quale la coppia si muove da tempo.

I market mover delle valute

Questa mattina il cambio Eur-Usd si muove in area 1,2391, premiando l'euro tra le due valute. Gli analisti dei broker con spread bassi forex continuano a non sbilanciarsi. Dal punto di vista tecnico si può identificare una resistenza verso quota 1,2410, che comunque sembra essere un target non facile da raggiungere. L'eventuale nuova accelerazione della valuta comunitaria infatti dipende anche dall'attivazione di una fase laterale di accumulazione. Cosa che finora non è avvenuta.

I trader che fanno Forex sono stati ieri alle prese con il report sulla inflazione americana. I dati sono stati coerenti con le aspettative: a febbraio è salita al 2,2% dal 2,1% del mese precedente mentre la crescita dei prezzi depurati dalle componenti più volatili (inflazione core) è stata dell'1,8%. Assolutamente inattesa invece è stata la notizia del licenziamento di Tillerson da parte di Trump. L'allontanamento del Segretario di Stato è una mossa da interpretare. C'è chi dice che sia un segnale di perseveranza riguardo alla guerra sui dazi, altri dicono che sia un segnale rivolto all'Iran.

Ad ogni modo, l'andamento del cross Eur/Usd viene visto ancora incerto dagli analisti nel breve periodo. Un dilemma più arduo di quale broker forex scegliere. Ci sono segnali trading molto divergenti tra loro, e proprio per questo non è facile stabilire quale direzione potrebbe essere intrapresa dalla coppia più famosa del mondo del trading online.

lunedì 12 marzo 2018

Agricoltura italiana, danni per 300 milioni per il freddo invernale

L'agricoltura italiana pagherà un prezzo carissimo per il maltempo del periodo invernale. Secondo le stime di Coldiretti, il conto finale da pagare potrebbe essere di oltre 300 milioni di euro. L'ondata di freddo siberiano che ha colpito l'Italia ha dato il primo duro colpo, il resto lo ha fatto la nuova ondata di piogge e freddo degli ultimi giorni. In base ai dati ISAC - CNR (Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima) tra pioggia, gelo e neve al Nord nel corso dell'inverno si sono registrate prpecipitazioni che hanno rovesciato il 16% di acqua in più rispetto alla media.

I danni causati all'agricoltura italiana

agricoltura italiana gelicidioA causa del freddo, da nord a sud danni agli ortaggi come cavoli, verze, cicorie e broccoli, mentre il tepore primaverile delle scorse settimane ha provocato un risveglio vegetativo delle piante da frutto particolarmente sensibili al freddo. La nuova ondata di maltempo ha flagellato zone dell'agricoltura italiana che già erano state duramente colpite dalla devastante gelata provocata da Burian.

Il gelo sui campi è stato devastante: la sopportazione media delle piante al freddo va da -3 a -5 per gli agrumi, da -10 a -12 per kiwi e l'ulivo, da -16 a -18 per la vite, da -18 a -22 per ciliegio, albicocco e mandorlo, da -22 a -25 per pero e melo. Preoccupazione anche per i vigneti se le temperature minime dovessero scendere per lungo tempo su valori estremamente bassi. Peraltro i danni alle piante sono destinati a compromettere le produzioni nel tempo poiché - conclude Coldiretti - occorrono anni prima che prima che si possa sostituire la pianta e che quella nuova inizi a produrre.

Inoltre Coldiretti ha messo in evidenza un altro problema per l'agricoltura italiana. Ai danni diretti per le coltivazioni distrutte, bisogna sommare anche quelli indiretti legati al blocco della circolazione che ostacola le consegne. Una stima dice che in Italia c'è stato 1/5 di consegne di verdure in meno per effetto del gelicidio che ha ostacolato i trasporti.

domenica 11 marzo 2018

Oro, cosa ci aspetta dopo una settimana in altalena?

La settimana dell'oro è andata via all'insegna del segno positivo, con il trading sul metallo prezioso verso quota 1320 dollari. Il sentimento di cautela prevalente sui mercati azionari europei ha dato un certo sostegno al ricorso al sicuro rifugio del metallo prezioso. Tuttavia prima di poter dire che si tratta di un valido trend rialzista occorre andarci cauti. Infatti negli ultimi tempi si è vissuto un periodo molto volatile. Si è infatti passati bruscamente dal supporto chiave della scorsa settimana ai prezzi correnti che invece stanno lottando per testare alte resistenze.

Lo scenario sull'oro

Quel che è successo in chiusura di settimana scorsa, con un report USA sul lavoro a tinte in chiaroscuro, dà il senso di un mercato dell'oro che stenta a trovare una direzione precisa. Il dato sui non-Farm Payrolls (NFP) e quello successivo (deludente) sulle retribuzioni orarie medie, hanno mandato su il valore dell'oro che però poi non è riuscito a cavalcare l'onda fino in fondo. Se prendiamo la classifica migliori piattaforme di trading online e poi esaminiamo il futuro calendario economico, possiamo notare come gli occhi saranno puntati sul rapporto U.S. Consumer Price Index (CPI) di martedì per una valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, della politica economica della FED e in definitiva anche dei riflessi che ci saranno sull'oro.

Se andiamo a vedere le posizioni assunte dai trader questa settimana, possiamo notare che il 68,8% dei trader sull'oro è lungo ma non c'è la stessa fiducia di qualche giorno fa. Tali posizioni sono calate del 5,8% rispetto alla scorsa settimana, mentre le posizioni corte sono superiori del 14,6% rispetto alla scorsa settimana. I recenti cambiamenti dell'umore avvertono che l'attuale tendenza dei prezzi dell'oro spot potrebbe presto invertirsi. Dopo l'apertura conto Plus500 registrazione si può quindi ipotizzare di seguire una strategia del genere.

Occhio soprattutto a un probabile nuovo interesse dei trader all'acquisto del dollaro USA, supportato da una ripresa positiva dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA. Questo potrebbe continuare a bloccare il rialzo significativo delle commodity denominate in dollari, come l'oro. O addirittura provocarne l'inversione di tendenza.

giovedì 8 marzo 2018

Bilancio del Comune di Napoli: rischio dissesto per un debito degli anni 80

Arriva un durissimo colpo per il bilancio del Comune di Napoli. Ed è un colpo che arriva da lontano, addirittura dagli anni Ottanta. Infatti la Corte dei conti a sezioni Riunite ha deciso di condannare l'amministrazione partenopea al pagamento di 114 milioni di euro. Tale è l'importo del debito nei confronti di due consorzi di ricostruzione edilizia dopo il terremoto dell'Irpinia nell'80, che sono concreti ma non figurano nel bilancio del Comune. E che sono oggetto di un contenzioso che dura da trent'anni.

Facciamo allora un passo indietro. Palazzo San Giacomo aveva presentato ricorso contro una decisione della Corte dei Conti, secondo la quale il pareggio di bilancio del 2016 - obbligatorio per gli enti comunali - era stato raggiunto solo sulla carta. In realtà il saldo reale era in rosso per 114 milioni, appunto la cifra dovuta ai consorzi per la ricostruzione. La parte maggiore va al consorzio CR8, ben 83 milioni (sentenza 39/2016) in virtù del quale è già scattato un pignoramento contro il comune partenopeo. Il resto spetta al consorzio CR10.

La sfida impossibile del bilancio

Secondo le normative di finanza pubblica ogni sforamento dal pareggio va recuperato nel primo anno utile. Ma ipotizzare che il già traballante Comune di Napoli possa recuperare 114 milioni in un anno è follia. A maggior ragione se si pensa che dal 2012 esiste un piano anti-default che a sua volta è già stato bocciato dalla stessa Corte dei conti. A poco giova al Comune di Napoli che nell’ultima legge di bilancio sia stata infilata una norma che consente di recuperare lo sforamento non in un anno bensì in due, perché comunque 114 milioni sono una cifra troppo elevata per riuscirci. Insomma il rischio dissesto - dopo quello del 1993 - si fa sempre più concreto per Palazzo San Giacomo.

Si tratta quindi di una sfida impossibile per il bilancio, che va chiuso entro fine mese. Peraltro tra le conseguenze di questa decisione c'è il taglio dei trasferimenti statali pari "all'elusione del saldo di finanza pubblica". In pratica un taglio di 114 milioni di euro. Duro il commento del Sindaco della città: "Una storia che mi fa rivoltare lo stomaco perché sono circa due anni che devo discutere per un debito del 1981". Peraltro qualche mese fa ci fu proprio un incontro tra De Magistris e il premier Gentiloni per discutere di un probabile sostegno del Governo per il pagamento del debito a CR8. De Magistris vuole attendere di leggere le motivazioni della sentenza - ci vogliono 15 giorni - ma ha preannunciato una mobilitazione importante affinché interventa l'Esecutivo.

martedì 6 marzo 2018

Banca NS, guadagno super con il trading discrezionale

Giornata interessante e ricca di spunti per la Svizzera e per la Banca NS. Anzitutto questa mattina era atteso il dato riguardante l'inflazione. Secondo il Bundesamt für Statistik (Bfs, l'ufficio nazionale di statistica elvetico), nel corso dell'ultimo mese la dinamica dei prezzi al consumo ha registrato un calo allo 0,6% annuo dallo 0,7% registrato in gennaio. Valore comunque in linea con le attese degli economisti. Su base mensile invece l'inflazione sale dello 0,4% contro lo 0,3% del consensus.

Dopo questa rilevazione, il valore del franco sul mercato valutario è andato in lieve discesa. Come abbiamo visto sul miglior Forex broker trading il franco ha perso leggermente sia contro l'euro che contro il dollaro. Rispetto al biglietto verde comunque c'è da ricordare un trend crescente in corso da un mesetto circa. L'inizio di marzo invece ci sta consegnando un euro in deciso apprezzamento rispetto alla valute elvetica. Il CHF si è mosso sull’onda dell’avversione al rischio generata dal voto per posta in Germania e dalle elezioni in Italia.

Il trading discrezionale della Banca NS

C'è anche un'altra notizia che riguarda la Svizzera. Il 2017 infatti è stato un anno eccellente per il trading discrezionale della Banca NS. L'istituto centrale Svizzero infatti ha messo su un guadagno pari a 54,4 miliardi di franchi nel 2017. Il guadagno è addirittura pari al 29% rispetto a quello del 2016 (CHF 24,476 mld). Questo straordinario risultato si deve soprattutto ai rialzi sulle posizioni in valuta estera, pari a 49,7 miliardi, e alle plusvalenze sulle disponibilità in oro (che sono state di 3,1 miliardi). Roba che chi le app bonus trading senza deposito se lo sognano.

A favorire un rally rialzista è stato proprio il massiccio portafoglio in azioni detenuto dalla Banca svizzera (21,5 miliardi netti). I Cantoni possono brindare visto che in base alla legge potranno ottenere dalla distribuzione dei profitti circa 1 miliardo di franchi più un altro ancora come distribuzione supplementare.

domenica 4 marzo 2018

Dazi, Trump minaccia anche il settore automobilistico

La guerra commerciale rischia di essere appena cominciata. Donald Trump infatti non solo fa capire che andrà dritto per la sua strada, che prevede dazi notevoli su acciaio e alluminio. Ma addirittura minaccia la UE di ulteriori ritorsioni nel caso in cui l'Europa dovesse decidere di aumentare le tariffe e barriere commerciali contro le imprese americane. Senza giri di parole, ormai è guerra. E Trump alza il tiro, minacciando di applicare una tassa sulle automobili che vengono esportate negli Usa.

Secondo Trump l'Europa rende "impossibile per le nostre automobili, e non solo, di essere vendute". Poi aggiunge: "Gli USA hanno 800 miliardi di dollari l’anno di deficit commerciale a causa dei nostri stupidi accordi e delle nostre stupide politiche. I nostri posti di lavoro e la nostra ricchezza vanno a finire in Paesi che si sono approfittati di noi per anni. Loro ridono di quanto sciocchi sono stati i nostri leader. Mai più". Un attacco a tutto campo che sta alzando il livello di tensione rapidamente.

Vantaggi e danni provocati dai dazi

C'è chi s'è messo a far due conti, per capire se questa guerra contro l'import di acciaio e alluminio sia davvero così sensata. I due settori sono in declino negli USA, e i dazi che introdurrà Trump forse non riusciranno a tenerli a galla. Il guaio è che potrebbero invece affossare altri settori, visto che oggi per ogni addetto impiegato nel settore dell'acciaio e alluminio, ce ne sono 57 che lavorano in settori che usano questi due metalli (auto, aerospazio, costruzioni, macchinari, bevande).

Le imprese domestiche producono 741mila tonnellate di alluminio, le importazioni arrivano quasi a 5 milioni. L'acciaio produce 65 milioni di tonnellate, mentre 35 vengono importate. C'è poi da considerare l'effetto "contagio" in altri settori, dovute alle ritorsioni. Per questo molti ritengono che i danni di una guerra commerciale saranno maggiori dei vantaggi.

C'è poi un precedente da tenere a mente. Nel 2002 delle “sanzioni” del 30% sull’acciaio vennero varate sotto l'amministrazione George W. Bush. Non sono bastate a frenare il declino della produzione, e inoltre comportarono la perdita di circa 200mila posti di lavoro. Un anno dopo questi dazi vennero eliminati.

venerdì 2 marzo 2018

Mercato del petrolio in calo. Il target del 2018 diventa un miraggio

Sul mercato del petrolio è in atto una tendenza ribassista da diversi giorni, che viene confermata anche dai primi dati di oggi. WTI e Brent sono infatti entrambi in calo, con il prodotto americano che registra un calo dello 0,16% mentre quello europeo accusa una flessione minore. Questo andamento testimonia il periodo difficile che sta attraversando il mercato. Ci muoviamo attorno ai 63-64 dollari per il Brent, mentre il WTI è poco sopra la soglia dei 60 dollari.

Siamo quindi molto distanti dal target fissato per il 2018. Ricordiamo che quasi ogni migliore piattaforma trading online gratis aveva detto tramite gli analisti che si sarebbe potuta raggiungere la quota di 80 dollari. Certo, siamo appena a marzo e tutto potrebbe succedere, ma i tempi attuali non sembrano convergere con l'ottimismo di qualche tempo fa. Per questo motivo molti trader stanno rivedendo le loro strategie di lungo periodo sul mercato del petrolio, sia che essi puntino su prezzo del greggio futures, sia quelli che investono tramite contratti per differenza (CFD). Inutile negare che le prospettive sono cambiate. Non sono più rosee come qualche tempo fa.

Le cause che frenano il mercato del petrolio

Ma quali sono le cause della discesa? Diverse, la responsabilità non è di un solo fattore. In primo luogo c'è la questione dei cambi. Dopo aver volato per diverse settimane, l'euro è andato in retromarcia contro il dollaro. Abbiamo preso in esame i dati di un broker forex trading con postepay paypal e abbiamo visto che il cambio eur-usd da 1,25 è sceso verso 1,22. La correlazione tra l'andamento del prezzo del petrolio e quello del dollaro spinge chiaramente al ribasso le quotazioni del petrolio. Tenuto conto che molti si aspettano un dollaro ancora più forte nei prossimi mesi, si può ritenere che la quotazione del petrolio possa ancora scendere.

C'è poi un altro fattore che gioca contro il petrolio. La produzione americana è in costante aumento. Questo non fa altro che vanificare (almeno in parte) gli sforzi compiuti dal Opec per arrivare al taglio dei livelli produttivi. Le ultime rilevazioni dell'EIA hanno mostrato un incremento delle scorte di greggio, molto oltre le previsioni degli economisti. Secondo l'EIA inoltre la produzione di petrolio ha raggiunto un nuovo record storico. Chiaramente questo pesa moltissimo sulle quotazioni del petrolio. e il futuro non sembra essere molto diverso da quel che accade ora...