sabato 29 settembre 2018

Manovra economica, un conto da 40 miliardi di euro (metà in deficit)

L'Italia sta vivendo giorni caldissimi e altri ancora ne arriveranno. La nuova manovra economica del Governo dovrebbe avere dei numeri davvero imponenti, pari a circa 40 miliardi di euro (Per la legge di Bilancio vera e propria, comunque, c'è ancora quasi un mese di tempo). E si preannuncia una battaglia durissima con l'Europa.

Quanto costano le voci della manovra economica

Il conto arriva a tanto considerando solo le misure annunciate finora da Lega e M5S nella manovra economica. Per il reddito di cittadinanza ci vorranno 10 miliardi, per mandare in soffitta la riforma Fornero ne occorreranno alti 7-8, ne servono altri 3-4 per il decreto fiscale e 1,5 miliardi per i risparmiatori truffati dalle banche. Il carico maggiore arriva però dalla sterilizzazione dell'Iva: 12,4 miliardi. Senza dimenticarsi anche dei 3,6 miliardi di spese indifferibili. Ecco che il conto schizza voce dopo voce verso l'altro, fino ad arrivare a circa 40 miliardi. Metà di questi saranno finanziati in deficit.

Nel conto peraltro non si può inserire con una misura precisa la voce interessi, che resta l'incognita della maggiore. Infatti a seconda della lievitazione dello spread potrebbe arrivare anche sui 9 miliardi (ipotizzando che il differenziale Btp Bund arrivi in area 300 punti). Dopo l'annuncio dell'intesa, lo spread ha fatto un balzo di oltre 30 punti arrivando a 280 punti, prima di scendere un pochino. Il tasso sul decennale torna, dopo alcuni mesi, sopra il 3% al 3,13%. La Borsa dal canto suo è scivolata in modo pesante bruciando circa 22 miliardi di capitalizzazione. A finire sotto tiro sono in particolare i bancari con perdite comprese tra il 9,43% di Banco Bpm e il 6,73% di Unicredit.

Gli attriti con la UE


Lo sforamento del deficit ci sarà, quindi, anche se non si arriverà alla soglia del 3% tanto temuta dai mercati. Soli il 2,4% per il prossimo triennio (contro l'1,6% previsto). Resta il fatto che il rapporto con la UE non sarà certo rose e fiori. Il ministro dell'economia Tria, dopo un lunghissimo braccio di ferro con il premier pentastellato Di Maio, dovrà andare a Bruxelles a spiegare questi numeri alla Ue lunedì all'Eurogruppo. Peraltro la Commissione europea ha già sottolineato, attraverso Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici, che l'Italia così non rispetta le regole. Insomma la Legge di Bilancio del 2019 non ha ancora visto la luce, ma già si parla di una possibile bocciatura da parte della Commissione europea.

giovedì 27 settembre 2018

Petrolio, il rally sul mercato è destinato a durare ancora?

La corsa del petrolio sta entusiasmando molti investitori amanti dell'oro nero. C'è chi dice che la corsa dei prezzi potrebbe presto arrivare alla quota di 100 dollari al barile, ma c'è anche chi avverte non di farsi prendere troppo dagli entusiasmi. Il rally non è quindi detto che durerà a lungo.

I dati di fatto evidenziano che ad inizio settimana il Brent è salito sopra gli 80 dollari al barile, con l'indicatore Supertrend trading system che punta dritto al rialzo. La spinta all'oro nero è arrivata dall'OPEC e dai suoi alleati, che hanno segnalato una minore urgenza nell’aumentare la produzione, malgrado dagli USA stiano giungendo delle pressioni in merito per moderare i prezzi.

L'analisi del mercato del petrolio

L'elemento attorno al quale occorre focalizzarsi è la questione iraniana. La perdita delle forniture iraniane a causa delle sanzioni statunitensi sarà sicuramente importante, e genererà un brusco calo dell'offerta di petrolio. Ma bisogna fare attenzione nel ritenere che tutto ciò creerà uno squilibrio sul mercato, dal momento che anche la domanda potrebbe abbassarsi a causa di fattori geopolitici. In particolare facciamo riferimento alla guerra commerciale tra le due maggiori economie del mondo (circa 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi sono divenuti soggetti alle maggiori tariffe statunitensi, oltre a 50 miliardi di dollari di beni che erano stati individuati all'inizio di quest'anno.). Se non si femerà questa escalation, con ogni probabilità ne risentirà l'intera economia mondiale. E in definitiva anche la domanda di petrolio si abbasserà.

Suggerimento: se amate fare trading, considerate l'ipotesi di abbandonare le tradizionali candlestick e passare a un grafico Heikin ashi strategie.

Nelle ultime settimane, il sentiment del mercato è stato indirizzato soprattutto dalla questione delle sanzioni all'Iran (lato offerta) mentre i prezzi hanno in gran parte attenuato le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti (lato domanda). Ecco spiegato il rally dell'oro nero. Il mercato ha trascurato i risultati della guerra commerciale USA - Cina, in che modo ciò potrebbe avere un impatto sull'economia globale, sulla crescita della Cina e sull'economia regionale in Asia. Cosa ancora più insolita, s'è venuta a creare una divergenza rispetto all'andamento delle altre materie prime come il rame, che sono invece state trascinate al ribasso proprio dai timori innescati dalla guerra commerciale. Miopia speculativa oppure no?

martedì 25 settembre 2018

BCE, Draghi ribadisce: "le parole del Governo hanno fatto danni"

Il numero uno della BCE, Mario Draghi, è tornato a parlare della situazione economica dell'Italia e dell'affermazione fatta qualche giorno fa: "le parole hanno fatto danni".

Le risposte di Draghi a difesa della BCE

Draghi spiega di aver detto quelle cose "perché le famiglie e le imprese pagano tassi più alti di prima". Il capo dell'istituto centrale europeo evidenzia inoltre che per le famiglie sono anche saliti i tassi sul credito al consumo, mentre "per i mutui il processo è più lento". Questo fenomeno è tipicamente italiano, mentre altrove non si è verificato. Inoltre circa le imprese, il capo della BCE specifica che hanno "garanzie e clausole contrattuali diverse da quelle degli altri Paesi, che pagano ai tassi di prima o anche più bassi".

A chi ha accusato la BCE di usare pesi e misure differenti tra i vari paesi (soprattutto Italia e Germania), Draghi difende strenuamente il proprio istituto: "non è vero, punto e basta". La dimostrazione è che la Bce non ha fornito prestiti, ma ha comprato i titoli sovrani in ogni Paese a seconda della chiave di sottoscrizione dei capitali della Bce. Il vertice della Eurotower ha precisato che "facciamo una politica monetaria in tutti Paesi, non in uno o in un altro". A chi gli chiedeva se fosse il caso inserire dei limite ai pagamenti della Bce, il banchiere italiano a risposto che una scelta simile "sarebbe fatale" per l'eurozona, "non avrebbe nessun senso".

La BCE e la crisi

Parlando del percorso fatto dalla Eurotower a partire dalla crisi cominciata un decennio fa, Draghi sostiene che si stanno raccogliendo i frutti di tanti sforzi, ma che comunque il lavoro non si può ancora dire che sia finito. I frutti di cui parla il capo dell'istituto di Francoforte sono la crescita positiva da oltre 5 anni, la disoccupazione che è al minimo da novembre 2008 nonché l'aumento del reddito disponibile delle famiglie al livello più alto da 10 anni.

Riguardo ai futuri comportamenti di politica monetaria, Draghi conferma l'intenzione della BCE di cessare il quantitative easing a partire dal prossimo mese. Tuttavia ha precisato ancora una volta che è necessario che i dati in arrivo confermino le previsioni a medio termine dell'inflazione. Inoltre ha ribadito che malgrado la fine del QE, non vuol dire che "la nostra politica monetaria cesserà di essere accomodante".

domenica 23 settembre 2018

Yen, settimana blanda e calo contro euro e dollaro

E' proseguita anche questa settimana la svalutazione dello Yen giapponese, che ha perso terreno sia contro l'euro che (sia pur di poco) contro il dollaro.

Dati macro del Giappone

L'evento clou degli ultimi giorni è stato il rilascio dei dati sull'inflazione nipponica. Si è trattato di un report sostanzialmente in linea con le aspettative. L’inflazione generale è andata oltre le previsioni degli analisti, visto che è salita all’1,3% annuo contro l’1,1% previsto. Il dato core però si è mosso poco, e comunque l'inflazione rimane ben lontana dell'obiettivo della Banca del Giappone, che è al 2%. Negli ultimi giorni peraltro sono stati resi noti altri due indicatori che sono rimasti in sordina.

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Tutto questo fa pensare che la Banca del Giappone non ha al momento ragioni per cambiare la sua politica. L'istituto centrale ha nel frattempo ridotto l'ammontare dei titoli di stato con scadenza superiore ai 25 anni che acquista nell'ambito delle sue misure di politica monetaria espansiva di 10 miliardi di yen, a 50 miliardi di yen. Nell'ultima sua operazione di Quantitative easing, la BoJ aveva effettuato acquisti per 60 miliardi di yen.

L'andamento dello Yen

A livello valutario, lo Yen in settimana ha perso oltre un punto percentuale contro l'euro. Basta aprire la classifica migliori piattaforme trading online autorizzati e prendere i dati per rendersene conto. La coppia Eur-Jpy ha toccato anche i massimi di 5 mesi ed è oltre quota 132 (Il cambio ha segnato il massimo annuale a 137,51 il 2  febbraio ed il minimo a 124,62  il 29 maggio). Il rapporto di cambio con il dollaro invece segna un deprezzamento meno forte. L’USD/JPY è salito dello 0,40% nel corso della settimana e viaggia sui 112.55, dopo aver sfiorato quota 113.

Riguardo ai prossimi giorni, la sensazione è che lo yen giapponese dipenderà molto da quello che acadrà sul fronte delle tensioni dello scontro commerciale tra USA e Cina, ma anche sulle novità che emergeranno dall'imminentne meeting della FED.

giovedì 20 settembre 2018

Lavoro, il colosso Alibaba scarica Trump: niente milione di posti negli USA

Un milione di posti di lavoro in meno. La guerra dei dazi iniziata da Trump contro la Cina produce uno spiacevolissimo effetto collaterale per gli americani. Il colosso Alibaba ha infatti deciso che non procederà più all'insediamento negli USA, che aveva preannunciato appena un annetto fa. Quell'insediamento avrebbe dovuto produrre in 5 anni un incremento occupazionale di un milione di lavoratori.

Addio milione di posti di lavoro

lavoro trump maIl colosso dell'e-commerce cinese a gennaio 2017, per bocca del suo fondatore Jack Ma, aveva annunciato la grande notizia proprio in un incontro col presidente americano Donald Trump. Proprio il tycoon (che allora non si era ancora insediato alla Casa Bianca) aveva dichiarato con entusiasmo: "Io e Jack faremo grandi cose". Evidentemente non sarà così, anche se va pure precisato che l'audace progetto di creare un milione di posti di lavoro era stato accolto già all'epoca con scetticismo dagli analisti, secondo cui la mossa era più di pubblicità che di sostanza.

Il fondatore del colosso cinese che ha annunciato il passo indietro dalla guida operativa della sua creatura, ha spiegato che non esistono più le condizioni per dare concretezza alla sua promessa di creare lavoro negli USA. "L'esistenza di relazioni commerciali amichevoli tra i due Paesi - ha detto in un'intervista all'agenzia di stampa cinese Xinhua - era la premessa necessaira per mantenere il nostro impegno. Adesso che non ci sono più, la nostra promessa non può essere mantenuta". Alla base di tutto c'è quindi la guerra dei dazi Usa-Cina.

Jack Ma ha pure dato una lezione al presidente USA: "Il commercio non è un'arma e non dovrebbe essere usato per cominciare le guerre, ma dovrebbe essere un fattore chiave per la pace. Da parte nostra però continueremo a lavorare duramente per contribuire a uno sviluppo di sane relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina". La sua intervista contiene anche una previsione molto funesta: "Preparatevi a vent'anni di geuerra commerciale".

martedì 18 settembre 2018

Yen giapponese, settimana delicata con tre eventi importanti

Questa settimana si giocano delle partite molto importanti per lo Yen giapponese. La valuta nipponica si aggira verso quota 112 contro il dollaro, e questo test al rialzo potrebbe proseguire con successo nei prossimi giorni. Molto dipenderà dal tenore di alcuni appuntamenti chiave sotto il profilo macro.

Gli eventi clou per lo Yen giapponese

Anzitutto ci sarà l'incontro della Bank of Japan mercoledì, mentre prima del week end saranno pubblicati i dati sulla crescita dell'inflazione. Per concludere nel fine settimana si terranno i colloqui commerciali con gli Stati Uniti. Se questi appuntamenti non riusciranno a fornire degli spunti positivi per l'economia giapponese, allora la coppia USD / JPY non solo può aggiornare i massimi annuali, ma anche avvicinarsi alla linea superiore dell'indicatore Bollinger Bands sul grafico mensile (senza considerare l'andamento rialzista di alcune figure di continuazione trading).

Bisogna però sempre ricordare che i tori della coppia dollaro-yen giapponese spesso vengono all'improvviso da fattori esterni che ridanno impulso alla valuta giapponese. Ad esempio è sufficiente che compaiano voci sull'escalation del conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina, oppure sulla Brexit, o sulla crisi turca o sul NAFTA, per spingere nuovamente verso il basso il "Ninja". Per questo motivo non è affidabile fare previsioni su questa coppia basandosi unicamente sui fattori fondamentali, poiché lo sviluppo di molti altri eventi (anche impossibili da prevedere) può sempre incidere.

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La Banca del Giappone

Tuttavia, nei prossimi giorni l'attenzione degli operatori sarà in gran parte focalizzata sugli eventi della "interni". Sebbene il mercato non si aspetti decisioni dalla Banca del Giappone, il tono della sua retorica può provocare una forte volatilità della coppia dollaro-yen giapponese. Il governatore Haruhiko Kuroda ha chiarito che un ulteriore allentamento della politica monetaria è una delle opzioni di lavoro della banca centrale.

Molto però dipenderà dalle ulteriori dinamiche della crescita economica e dell'inflazione. Il PIL del Giappone nel secondo trimestre è aumentato del 3%, e l'indicatore del terzo trimestre svolgerà un ruolo importante. Gli esperti nella maggioranza sono pessimisti, tenuto anche conto dell'impatto del tifone più potente degli ultimi 30 anni, delle gravi inondazioni e del terremoto a Osaka. Per gli stessi motivi, l'inflazione potrebbe anche rallentare.
Si tratta di fattori che bisogna tenere a mente per fare delle previsioni sull'andamento futuro della coppia dollaro-yen giapponese.

domenica 16 settembre 2018

Mercato immobiliare italiano più lento che nel resto d'Europa

Il mercato immobiliare viaggia a due velocità. Se in Europa marcia spedito, in Italia ancora arranca. Lo rivela l'European Outlook 2019 di "Scenari Immobiliari", che è stato presentato a Santa Margherita Ligure.

I numeri del mercato immobiliare

A livello continentale il fatturato dovrebbe registrare una bella crescita, probabilmente nell'ordine dei dieci punti percentuali ed oltre. Migliorerà quindi ulteriormente la performance dell'anno scorso per il mercato immobiliare, quando la crescita fu del 6%. Per l'anno prossimo invece è previsto un calo fisiologico, ma comunque nel quadro di una crescita che dovrebbe essere di circa il 7%.

Se questo è il dato complessivo, a livello di singole Nazioni il panorama è meno omogeneo. In Francia e Germania il fatturato del mercato immobiliare ha infatti segnato una forte accelerazione, facendo poco meglio di Spagna e Inghilterra. In ordine in crescita invece l'Italia è l'ultima tra le grandi economie europee, visto che è cresciuta del 5,3 per cento nel 2018 ed è previsto che ci sia un rallentamento nel 2019 fino al 4,8%.

Il mercato immobiliare italiano  

A mettere il freno al mercato italiano sono alcuni aspetti. Anzitutto l'incertezza sulle politiche fiscali e occupazionali del nuovo governo, che invita ad essere molto prudenti. In secondo luogo manca il prodotto nuovo e di qualità (sia nel nuovo residenziale che nel non residenziale, soprattutto nelle grandi citta). Va poi aggiunto che l'Italia è l'unico paese tra i maggiori d'Europa dove i prezzi medi residenziali sono andati in calo. Altrove c'è stato un aumento medio intorno al 5%.

A livello di investimenti nel mercato immobiliare, in Italia sono stati molto attivi quelli esteri. Nel primo semestre hanno acquisto per quasi due miliardi di euro, più o meno come lo scorso anno. Gli investitori istituzionali italiani invece hanno comprato per poco più di un miliardo, ed è proprio qui che si registra una grave contrazione, pari al 48,2%.

venerdì 14 settembre 2018

Cina, crescita investimenti fissi ai minimi storici. Ma almeno riprendono i negoziati con gli USA

Gli ultimi dati sull'economia della Cina evidenziano un peggioramento forte per quanto riguarda la crescita degli investimenti fissi, ma un passo avanti per produzione industriale e vendite al dettaglio.

Il report sull'economia della Cina

Secondo i dati diffusi dall'Ufficio nazionale di statistica di Pechino, infatti i fixed asset (dato che comprende infrastrutture, apparecchiature industriali e costruzioni) sono saliti soltanto del 5,3% annuo nei primi otto mesi del 2018. L'attesa degli economisti era per il 5,5%, ovvero lo stesso tasso rilevato durante il periodo tra gennaio-luglio.
La cosa più rilevante però è che si tratta del peggiore dato rilevato dal 1992, quando era iniziata l'elaborazione della statistica. Se dagli investimenti fissi arriva una brutta notizia, migliori giungono dalla produzione industriale e dalle vendite al dettaglio di agosto. E' stata infatti evidenziata una crescita rispettivamente del 6,1% e del 9% su anno, in entrambi i casi superiore alle attese.

La guerra commerciale minaccia l'economia


Cosa ci racconta tutto questo? Che la seconda economia mondiale sta continuando a rallentare. La cosa preoccupa ancora di più se si considerano i rischi derivanti dalla guerra commerciale con gli Usa (basta aprire una delle migliori piattaforme trading demo per vedere gli effetti sullo Yuan). Proprio per questo motivo, negli ultimi mesi le autorità di Pechino hanno puntato forte sulle misure di stimolo alla crescita. Esempi ne sono l’incremento della spesa per infrastrutture o il taglio di tasse e tariffe. Tuttavia non si tratta certo d misure in grado di generare effetti mmediati. Inoltre sono misure che soltanto parzialmente potranno assorbire le conseguenze negative di una guerra commerciale prolungata da parte di Washington.

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Per questo motivo i mercati dell’area Asia/Pacifico hanno tirato il fiato dopo l’annuncio della ripresa della trattativa sul commercio mondiale fra Cina e Stati Uniti, facendo sperare che l’annunciata entrata in vigore dei dazi per 200 miliardi sull’import cinese possa essere rinviata. Resta però il fatto che i segnali inviati dall'amministrazione Usa sono contrastanti, per cui gli investitori ci vanno molto cauti. Proprio Trump via Twitter ha infatti sottolineato che “gli Stati Uniti non hanno fretta di chiudere il negoziato”.

martedì 11 settembre 2018

Lavoro, mezzo milioni di giovani è troppo qualificato rispetto a ciò che fà

Il mondo del lavoro in Italia continua ad essere caratterizzato da un paradosso dannoso: si studia per imparare una professione, ma si finisce per fare tutt'altro e spesso si tratta di qualcosa di meno qualificato rispetto al proprio percorso formativo. Questo gap rimane molto forte soprattutto nei primi anni successivi al completamento del percorso di studi.

I dati sul mondo del lavoro

A fotografare la situazione è l'Istat, che ha analizzato la situazione dei lavoratori laureati tra i 25 e i 34 anni (1,1 milioni) e quelli diplomati tra i 20 e i 24 (678mila). Su un totale di quasi 1,8 milioni di lavoratori, ben 437mila hanno un titolo di studio più elevato rispetto a quello richiesto per svolgere il loro lavoro. C'è il laureato con 110 e lode in scienze politiche che saltuariamente lavora per una cooperativa sociale. C'è il portapizza che possiede una laurea in filosofia, ma poi ci sono baby sitter, badanti, addetti alle pulizie, traduttori di testi e così via... Negli anni più recenti, la maggior parte di essi ha trovato sbocchi nella gig economy, ovvero i “lavoretti”. Sono circa 600-750mila i lavoratori che svolgono questo tipo di attività in Italia.

Peraltro il numero dei "sovraformati" è cresciuto nell'ultimo decennio. Nel 2008 era 372mila, mentre nel 2015 era 398mila. Il fenomeno è più presente per i laureati (28% contro il 18% dei diplomati), ma è logico che sia così dal momento che più alto è il grado di istruzione, maggiore è il rischio di trovare un lavoro sottoqualificato rispetto alle proprie competenze. Nell'abito dei laureati c'è poi una certa variabilità a seconda dell’indirizzo prescelto. Si va dal minimo dei medici (10,6%) al massimo di laureati in area umanistica e nelle scienze sociali (entrambi intorno al 36%).

Esiste quindi un cortocircuito tra il mondo formativo e quello del lavoro. Le imprese cercano soprattutto competenze tecniche e non le trovano, finendo così per utilizzare i giovani con lauree “deboli” per mansioni di basso livello. Dall'altra parte il percorso scolastico e di formazione è troppo lento nel rispondere ai continui cambiamenti del mercato. Da qui nasce un vuoto, nel quale finiscono i giovani italiani che cercano un futuro nel mondo del lavoro.

sabato 8 settembre 2018

Brexit, i lievi progressi spingono la sterlina sui mercati

L'ultimo giorno di negoziazioni è stato positivo per la sterlina britannica, che ha guadagnato terreno contro euro e yen grazie ad alcuni sviluppi positivi riguardo alla questione Brexit.

La Brexit e la sterlina

Il responsabile Ue per i negoziati sulla Brexit, Michel Barnier, ha inviato delle note al Parlamento britannico lunedì scorso che sono state pubblicate in parte da Reuters. In esse viene evocata l’apertura Ue verso altre soluzioni per superare l’attuale controversia sul confine irlandese. “Siamo aperti a discutere altre misure di sostegno - scrive Barnier - possiamo discutere questo testo, possiamo apportarvi modifiche”. L'Unione Europea ha proposto una barriera che potrebbe comportare la permanenza dell'Irlanda del Nord nell'unione doganale. Cosa però che il governo britannico ha rigettato, in quanto la ritiene una ipotesi lesiva della propria integrità territoriale. Barnier però ha affermato che una collaborazione di entrambe le parti potrebbe permettere di gestirle questo tema senza drammi.

Gli effetti del discorso di Barnier

Le posizioni europee espresse da Barnier sono parse più concilianti di altre volte, e per questo i mercati hanno "festeggiato" la notizia comprando sterline. Analizzando i dati della migliore piattaforma per trading online possiamo vedere che la valuta britannica è arrivata a quota 1,3028 sul dollaro, per poi ridiscendere nuovamente sotto questo livello a seguito dei dati sul lavoro USA. La notizia ha inciso in modo ancor più visibile sul cambio con l'euro, sceso dello 0,50%. Questa spinta è evidenziata anche dal posizionamento degli speculatori con i massimi GBP in ascesa dal maggio 2017, cosa che fa ritenere una attrattiva maggiore del GBP.

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La valuta britannica ha complessivamente avuto una settimana instabile, dal momento che le notizie sui progressi dei negoziati sulla Brexit hanno costretto gli operatori a cambiare rapidamente posizione in un mercato valutario che è stato comunque prevalentemente short sulla valute di Sau Maestà.

mercoledì 5 settembre 2018

Wall Street, la corsa di Amazon taglia il traguardo dei 1000 miliardi

Un altro membro si iscrive nell'elite esclusiva delle società giunte a 1000 miliardi di dollari di capitalizzazione a Wall Street. Il traguardo è stato infatti tagliato anche da Amazon, che raggiunge così l'altro colosso hi tech Apple (che aveva superato la storica soglia lo scorso 2 agosto). La conquista della soglia è avvenuta però più velocemente di quanto abbia fatto l'azienda di Cupertino, Amazon infatti ci ha messo 21 anni, mentre Apple 38.

La corsa di Amazon a Wall Street

La società di commercio elettronico statunitense è riuscita nell'impresa in una sessione non brillante per i listini americani, arrivando a superare la quota dei 2.050,27 dollari per azione. La corsa spedita dei titoli Amazon a Wall Street è cominciata un anno fa, quando valevano meno della metà di quel che valgono adesso. Dall'ultimo "black Friday" ad oggi hanno guadagnato il 109%. Da gennaio invece la crescita è stata di circa il 75%, aggiungendo 435 miliardi di dollari di valore alla società.

Questa performance assume ancora più rilievo se si pensa che a Wall Street, l'indice S&P500 nel frattempo è salito "solo" dell’8%. Niente male se si pensa che 24 anni fa, questa azienda nasceva all'interno di un garage di Seattle (come libreria online). Amazon oggi vanta vendite per 200 miliardi di dollari l'anno, con quasi 600mila dipendenti sparsi su tutto il globo. Il successo di questa azienda lo dimostra un dato: ogni americano che spende un dollaro facendo acquisti online, mezzo lo spende su Amazon.

Va detto che a Wall Street sono quasi tutti convinti che la corsa di Amazon non sembra destinata a fermarsi. Il colosso americano infatti si è introdotto nel settore della sanità a stelle e strisce, si sta affermando sulle raccolta pubblicitaria online, e allo stesso tempo alcune indiscrezioni riportano che ha avviato contatti con Hollywood per finanziare alcuni film in cambio dei diritti online.

lunedì 3 settembre 2018

Inflazione ancora in rialzo in Turchia. La Lira continua a sprofondare

Si fa sempre più drammatica la situazione della Turchia. Questa mattina il Türkiye statistik Kurumu (l'Ufficio nazionale di statistica di Ankara) ha reso noto che l'inflazione è andata in salita per il quinto mese consecutivo (dopo aver vissuto un breve rallentamento nei 4 mesi precedenti). L'indice dei prezzi al consumo ad agosto ha segnato una crescita del 17,90% annuo (superiore al 17,60% del consensus di Bloomberg) contro il 15,85% precedente (15,29% in giugno). Siamo a dei valori che non si vedevano dalla fine del 2003. Su base mensile l'inflazione ha invece segnato un balzo del 6,60% contro lo 0,55% precedente (e il 2,61% di giugno).

La Lira turca e l'inflazione

Questo ennesimo dato negativo giunto dall'inflazione, ha spinto ulteriormente al rialzo il dollaro contro la Lira. Il cambio Usd-Try questa mattina è arrivato a 9.58, guadagnando circa un punto percentuale. Chi adotta tecniche di scalping Forex 1 5 minuti sta continuando a puntare la ribasso (ma con molta prudenza visti i potenziali e improvvisi scossoni), visto che il trend ribassista non sembra accennare.

E' ormai da tempo che la Turchia viene tenuta sotto osservazione dagli analisti e dagli investitori professionali. Il problema sono le difficoltà economiche e finanziarie strutturali interne, che non si esauriscono certo ad un valore altissimo dell'inflazione. Su tutto però c'è il timore legato alle politiche economiche poco ortodosse delle autorità del paese (cioè Erdogan) che, complici le tensioni geopolitiche, hanno fatto impennare i premi per il rischio degli attivi turchi.

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Va peraltro sottolineato come la questione turca (assieme a quella Argentina) sta penalizzando l'intero settore delle valute emergenti. L'effetto contagio si sta già facendo sentire. L’entità della volatilità degli attivi turchi probabilmente continuerà a tenere sotto pressione il sentiment degli investitori nei confronti di tutti i mercati emergenti, soprattutto nel breve termine.

sabato 1 settembre 2018

Rating Italia, l'agenzia Fitch non lo tocca ma rivede al ribasso le previsioni

Il rating dell'Italia rimane stabile a BBB, ma le previsioni sono passate a "negative". Questa è la decisione dell'agenzia Fitch che in tal modo ha voluto sottolineare le criticità di fronte alle quali si trova il nostro Governo. Secondo gli esperti della società newyorkese, l'attuale esecutivo rischia di portare ad un allentamento fiscale che "lascerebbe l'alto livello di debito pubblico italiano più esposto a potenziali shock", con "i rischi al ribasso" aumentati rispetto all'ultimo report.

Le valutazioni dell'agenzia di rating

Fitch sottolinea l'esistenza di alcune criticità nel rapporto interno tra le due forze di Governo: Lega e M5S. Le considerevoli differenze politiche fra i due partner sono fonte di tensioni che secondo l'agenzia di rating non è possibile prevedere come saranno risolte. Questo aumenta il pericolo che vadano a rallentare il percorso di riforme di cui il paese avrebbe bisogno. Inoltre esiste una forte contraddizione tra la necessità di ridurre il forte debito pubblico italiano e i grossi costi che richiederebbe l’attuazione degli impegni presi nel “Contratto”. Tra questi vanno segnalate soprattutto i forti tagli fiscali e il reddito di cittadinanza, che nel momento in cui furono promesse ebbero la conseguenza di spingere i rendimenti obbligazionari verso l’alto.

Dal punto di vista politico l'agenzia di rating Fitch si spinge anche oltre, affermando che questa elevata incertezza politica aumenta il rischio di un voto anticipato. "Non ci aspettiamo che questo governo - si legge - possa vedere un intero mandato e prevediamo una crescente possibilità di elezioni anticipate dal 2019". Ed è chiaro che il pericolo che questo scenario si concretizzi, finisce per rendere più complicate le prospettive economiche italiane. Malgrado questo quadro assai fosco, l'agenzia di rating non ritiene elevate le possibilità di una uscita dall'Ue, nonostante "l'avversione di alcune parti del governo nei confronti dell'Ue e dell'euro rappresentano un ulteriore rischio".