lunedì 30 gennaio 2017

Consumi, in Italia si paga il conto (medio) più salato d'Europa


Quasi il 10% in più rispetto alla media del resto d'Europa. Ecco quanto ci costano i consumi in Italia, secondo le rilevazioni di Eurostat. Il guaio è che con la crisi si può provare a tagliare un po' di qua e un po' di là, ma il cibo si può tagliare fino a un certo punto.

Quanto costano i nostri consumi?

Ecco, il cibo. Il paese è più caro è la Danimarca, dove si paga il 45% in più in media rispetto al resto d'Europa. Dall'altro capo della classifica c'è invece la Polonia, dove il cibo costa invece il 37% in meno della media europea. Rispetto alla media UE, in Italia paghiamo il cibo invece il 9% in più (e un discorso analogo vale per bevande non alcoliche e tabacco).



Se guardiamo ai singolo comparti della spesa alimentare, dai dati Eurostat sappiamo che l'asticella si alza del 21% a causa del gruppo alimentare formato da latte, formaggio e uova. Poco sotto (18%) c'è il gruppo di pane e cereali, mentre il 12% è per la carne, l'8% per il pesce e 5%. Il dato negativo (cioè costano meno) riguarda oli e grassi: 3%.

A incidere sulle differenze tra i costi alimentari dei vari paesi sono molteplici fattori. Anzitutto la situazione economica generale del paese, ma poi anche le abitudini a tavola delle persone nonché dalle caratteristiche del sistema agroalimentare delle varie realtà.

domenica 29 gennaio 2017

Economia USA, i dati sul PIL sono modesti e il Dollar Index va in discesa

La settimana finanziaria si è chiusa con dei dati poco esaltanti per gli Stati Uniti, dove il report sul Prodotto interno lordo ha evidenziato un calo del 1,9% nell'ultimo trimestre del 2016. Si tratta di un dato inferiore rispetto alle attese (2,2%) nonché il peggiore dal 2011. E soprattutto si tratta di una rilevazione molto lontana dall'obiettivo fissato da Trump, quello della crescita al ritmo del 4% (l'ultima volta che accadde fu nel 2000).

Il report sull'economia USA

I dati poco incoraggianti hanno subito avuto dei riflessi sul dollaro, che si sta progressivamente indebolendo. Quando il tycoon venne eletto, il biglietto verde schizzò verso l'alto per via della aspettative riguardo la politica fiscale espansiva (taglio delle tasse e spese per infrastrutture).

Questa crescita del dollaro ha finito per danneggiare al tempo stesso la bilancia commerciale americana, tanto che nei giorni scorsi lo stesso Trump ha parlato apertamente di dollaro troppo forte. L'effetto è stato quello di provocare il ritracciamento della valuta USA. Secondo i dati della piattaforma Etoro, il Dollaro Index (DXY) infatti è in discesa da diversi giorni (puoi approfondire qui il discorso riguardo Etoro webtrader).

Dati e inflazione

Tornando ai dati riguardanti il PIL, la componente positiva riguarda i consumi che sono cresciuti del 2,5%. L'aspetto negativo attiene invece alla bilancia commerciale, penalizzata come detto dal dollaro troppo forte. Il 30 dicembre il cross con l'euro secondo la piattaforma Plus500 era pari molto vicino alla parità, a 1,05235 (vedi Come funziona plus500 web trader). Le esportazioni sono scese del 4,3%, mentre le importazioni sono cresciute del 8,3%.

A preoccupare per l'immediato futuro è l'inflazione. Il Price index è salito nel quarto trimestre al ritmo del 2,2% su base annua, ovvero a dei livelli che non si vedevano dal 2012. Ciò è uno stimolo per la FED ad alzare i tassi, ma aggraverebbe proprio la pressione sulla bilancia commerciale.

giovedì 26 gennaio 2017

La Germania vuole "scippare" le banche internazionali a Londra. Vertice a Francoforte

Scatta il mercato... di chi fa il mercato. A inizio settimana prossima partirà l'offensiva della Germania per "scippare" le banche a Londra, sfruttando la loro intenzione di dire addio alla City dopo la Brexit. Una quarantina di banchieri internazionali (in rappresentanza di oltre venti istituti di credito) dovrebbero incontrarsi a Francoforte per ascoltare il pensiero delle autorità tedesche su come sbarcare nella capitale finanziaria della Germania.

La fuga delle banche


Al momento il piano di fuga delle banche non è detto che si tradurrà in una mossa concreta, anche perché fare questo mega-trasloco ha un grosso costo e quindi la decisione va ponderata bene. Ma la Bafin (il supervisore finanziario tedesco) sta giocando d'anticipo per provare a chiarire loro il quadro complessivo.

Del resto è palese che il ministro delle Finanze Wolfgang Schuble si sta muovendo parecchio per la promozione della piazza tedesca come candidata (assieme a Parigi, Dublino, Varsavia) per attrarre eventuali fuggiaschi dalla City.

Secondo l'agenzia Reuters, comunque, all'incontro parteciperanno anche rappresentanti della BCE e della Bundesbank. Non c'è nulla di clandestino o cose fatte sottobanco. Anzi, tutto alla luce del sole. Del resto c'è l'Europa in ballo. Ci saranno anche grandi banche come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup. Perciò la Bafin vuole chiarire alcuni punti a chi intende giungere a Francoforte: il trasferimento, ad esempio, dovrà significativo se una banca vuole il passaporto tedesco, ovvero servirà un impegno consistente di personale, inclusi top manager.

martedì 24 gennaio 2017

Trader delusi dalla Banca di Turchia, lira giàù sui mercati valutari

La banca centrale turca tradisce le aspettative dei mercati, che rispondono punendo la lira in modo pesante (anche se poi c'è stato un recupero). In assenza di grandi appuntamenti macro riguardanti le major pips, è stato il giorno della Turchia nel Forex. In molti si attendevano una svolta restrittiva per contrastare l'aumento dell'inflazione e il crollo della lira a livelli storici. Manovra che però non c'è stata.

La delicata situazione della valuta e la reazione dei trader


L'istituto centrale di Ankara ha deciso di non muoversi, e di conservare i tassi principali e sui depositi overnight rispettivamente all’8% e al 7.25%. Gli unici movimenti hanno riguardato i prestiti overnight (75 punti base al 9,25%), mossa che non è stata ritenuta sufficiente dai mercati, ed ha finito per indurre gli investitori a vendere le quantità di lira in possesso, provocando così la caduta nei mercati valutari, come si può verificare su una qualsiasi piattaforma dei migliori broker forex.

Nel corso della giornata infatti, il cross tra dollaro e divisa turca ha toccato il massimo di 3,8286 secondo la piattaforma OptionWeb, salvo poi rientrare parzialmente fino a quota 3,7623 (per verificarlo basta guardare una qualsiasi guida ai forex broker italiani autorizzati e aprirne uno). La lira, che è già la peggior valuta del 2017, continua quindi a indietreggia ancora.

La Banca turca continua quindi a seguire una linea attendista, visto che l'ultimo aumento dei tassi c'è stato a novembre, ma in misura così ridotta (alzati fino all'8%) che non erano affatto riusciti a contenere il crollo della valuta. Negli ultimi due mesi, la lira ha perso il 9% secco. C'è da dire che qualcosa la BNT l'ha fatta, ma facendo irritare solo gli istituti di credito nazionali. Infatti da due mesi non ci sono più aste di finanziamento, e quindi l'unico modo per ottenere liquidità è quella di ricorrere a prestiti di emergenza, per i quali è in vigore un tasso dell'11%. L'effetto finale è simile ad una stretta monetaria, anche se formalmente non lo è.

Non bastasse questo problema, ce n'è un altro più serio all'orizzonte, visto che ad aprile ci sarà un referendum costituzionale che potrebbe rendere il presidente Erdogan ancora più padrone del paese di quanto non lo sia già ora.

domenica 22 gennaio 2017

Dirigenti Alitalia censurano Espresso: niente rivista a bordo dei loro voli, ecco perché...

Una prima pagina in cui si parla di operazioni fallimentari poste in essere da Alitalia diventa il motivo, da parte della compagnia aerea italiana, per eliminare la prestigiosa rivista dal bouquet a disposizione dei passeggeri sui suoi voli. Il titolo di copertina è "Chi ha ucciso Alitalia", e proprio non è andato giù ai massimi dirigenti della società, anche perché all'interno si usano toni ancora più diretti, parlando di "fallimento" e di "operazioni finanziarie recenti".

L'autogol dei dirigenti 

Così è scattato l'ordine perentorio dall'alto: quella rivista non deve salire a bordo. Le copie gratuite dell'Espresso che vengono distribuite a bordo degli aerei, questa settimana non saranno su Arbus e Boeing Alitalia.
Peccato che lo siano venuti a sapere tutti, e così l'operazione censoria è diventata un boomerang per la compagnia.

Tanto più che si conoscono per filo e per segno anche le direttive impartite dall'alto: "Vi informiamo che qualora venga imbarcata la rivista l'Espresso, non deve essere distribuita ai passeggeri". Ecco cosa recita la nota ufficiale distribuita agli addetti, con tanto di foto segnaletica di riconoscimento (ovvero la copertina). Ci mancava solo la scritta "wanted".

Ma di cosa si occupa l'articolo incriminato? Del rischio fallimento della vecchia Compagnia di bandiera, ovvero prima che ci fosse il passaggio di consegne ai privati. Si parla di investimenti sbagliati, di operazioni finanziarie avventate e di conti in rosso.

venerdì 20 gennaio 2017

Sterlina in calo dopo i deludenti dati sulle vendite al dettaglio

La settimana sui mercati valutari si chiude male per la sterlina, che paga i report deludenti riguardanti le vendite al dettaglio nel mese di dicembre. Secondo l'Office for National Statistics, le vendite al dettaglio espresse in volume, ossia in base alla quantità di merce acquistata, hanno evidenziato un forte decremento dell'1,9% a dicembre. Rivisto in negativo anche il dato di novembre, che passa da -0,1% a -0,2%.

La variazione annua è +4,3% dal +5,7% precedente. Il -1,9% delle vendite al dettaglio è il più grande calo mensile da aprile 2012. Le vendite al dettaglio core, che escludono i carburanti, sono crollate del 2% su mese, dopo il +0,2% del mese precedente ed a fronte del -0,3% del consensus. Su anno si registra un +4,9% rispetto al +6,4% precedente ed al +7,6% atteso.

Tuttavia c'è chi ci vede anche un aspetto positivo. Nel Regno Unito le vendite al dettaglio infatti sono salite del 1,2% negli ultimi tre mesi dello scorso anno, un contributo positivo alla crescita economica. La caduta delle vendite suggerisce infatti che il pubblico del Regno Unito sta reagendo alla decisione di lasciare l'Unione europea.

Sempre più sotto pressione la sterlina

Intanto però, a seguito di questi report, secondo i dati di BDSwiss il cross tra sterlina e dollaro (Gbp-Usd) è sceso dello 0,36% a quota 1,23 (puoi vedere qui BDSwiss opinioni). Si è avuto un crollo improvviso nel giro di mezz'ora appena durante la quale la coppia è passata da 1,2326 a 1.2300. La sterlina si è inoltre indebolita anche contro l'euro, anche se il cross EURGBP passa di mano 0,8663, con un incremento di 0,28%.

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Sul fronte inglese è inutile sottolineare che tiene banco è la posizione della May sulla Brexit. La premier mostra il volto duro nei riguardi di Bruxelles, che però a sua volta vorrà scoraggiare altri stati membri a non seguire l'esempio della Gran Bretagna. Insomma, la partita è ancora tutta da giocare.

Brexit, le grandi banche programmano il trasloco da Londra

Gli effetti della Brexit si vedranno più nitidamente nei prossimi mesi. L'uscita della Gran Bretagna dalla UE potrerà come conseguenza anche la fuga di alcune grandi banche dal Regno Unito, e già qualcosa si è mosso in questo senso. Al punto tale che la premier britannica Theresa May ha preannunciato un viaggio per incontrare i vertici di queste grande banche, in modo da convincerli a puntare ancora su Londra.

L'hard Brexit però fa il suo corso, e visto che Theresa May non vuole negoziare la permanenza di Londra nel mercato unico, neppure le grandi banche vogliono negoziare la permanenza a Londra. Del resto il mercato unico consente alle banche di fare operazioni nella UE pur rimanendo solo nei loro hub nel Regno Unito, senza dover chiedere una licenza specifica ad altri paesi. Ma la Brexit cambia tutto.

Le grandi banche e la Brexit

Il ceo di Hsbc, Steve Gulliver, ha preannunciato che potrebbero essere circa un migliaio i dipendenti che verranno spostati dalla City a Parigi, aggiungendo che sono a rischio un quinto degli investimenti.
Discorso simile per Ubs, il cui numero uno Axel Weber ha parlato di uno spostamento di un migliaio dei circa 5 mila dipendenti del colosso svizzero.

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Jp Morgan invece si spingerà oltre, arrivando a traslocare 4 mila dei 16 mila dipendenti dell'istituto di Wall Street. «Più di quanti avremmo sperato», ha ammesso a Bloomberg Tv.

Infine c'è Goldman Sachs, che si era apertamente schierato con il No-Brexit e adesso fa piani di fuga. Anche se non è stata presa alcuna decisione, in America si vocifera di un dimezzamento dei suoi 6 mila dipendenti nella capitale inglese. Nuova destinazione per loro è Francoforte.

Le operazioni di trasloco potrebbero richiedere fino a 5 anni, nonché 7,5 miliardi di euro di costi per spostare le operazioni sui mercati di capitali fuori da Londra in seguito alla Brexit (la stima è di Jp Morgan).

mercoledì 18 gennaio 2017

Lavoro, anche SKY finisce nella crisi: annunciati 200 tagli e 310 trasferimenti


Nel panorama dell'informazione, SKY sembrava essere l'isola felice, almeno sotto il profilo del lavoro. Appunto, sembrava. Quello che è andato in scena ieri ed era stato presentato come un incontro di routine, in realtà era tutt'altro. 



Il ceo Andrea Zappia e i sindacati dei lavoratori (e dopo anche Cdr di Sky Tg24) hanno cominciato una trattativa che dovrebbe spostare i giornalisti e i tecnici di Sky Tg24 da Roma a Milano, nel dare luogo a un piano di trasformazione organizzativa che impatterà sulle sedi aziendali.

L'impatto delle nuove misure sul lavoro

La sede di Roma sarà quella che subirà il maggiore impatto, visto che per esubero o trasferimento sarà coinvolto il 70% della forza lavoro tra impiegati, tecnici e giornalisti. L'intera redazione del Tg24 verrà spostata a Milano, con le sole eccezioni del settore politica e Centro-Sud Italia.

Complessivamente l'impatto sarà fortissimo: sono infatti previsti 120 esuberi e 300 trasferimenti sui 600 lavoratori attualmente impiegati. Ma anche a Milano non sis cherzerà mica. Saranno mandati a casa circa 80 lavoratori legati alle aree Finance e Controllo Qualità di Service & Delivery, più tagli in altre strutture che verranno comunicate in seguito.

L'azienda ha chiarito le proprie ragioni tramite una nota: «dal 2003 ad oggi Sky Italia ha investito in Italia circa 20 miliardi di euro in contenuti e tecnologie, generando oltre 32 miliardi di euro di impatto positivo sull’economia italiana. Per essere ancora più innovativi è fondamentale continuare a investire in nuove infrastrutture più efficienti che massimizzino il valore delle risorse già impegnate e di quelle previste per il futuro».

Per tutta risposta i giornalisti di Sky Tg24 hanno fissato per oggi una assemblea alle 15.30.

lunedì 16 gennaio 2017

Forex: peso messicano ancora in calo dopo le minacce di Trump a chi investirà in Messico

Donald Trump sta provando a fare terra bruciata in Messico, dando sempre più consistenza alle sue minacce pre-elettorali. E il peso continua così a scivolare sempre di più nel mercato valutario Forex. Stavolta tocca alla Germania incassare un pericoloso aut aut dal neo-presidente USA, che si è rivolto alla BMW intimando di non produrre auto in Messico, altrimenti scatteranno fortissimi dazi alle importazioni dei veicoli negli States.

Trump scuote il Forex

La prima conseguenza si è avvertita in Borsa, dove i titoli dell'auto tedeschi chiudono tutti in rosso: Volkswagen perde oltre il 2%, Daimler e BMW l'1,5% circa. Dall'altro capo del mondo invece continua a piangere il peso messicano, che nel Forex anche oggi ha accusato un forte deprezzamento nei confronti del dollaro americano. Secondo i dati del broker IQ option, infatti il cross Usd-Mxn è arrivato a quota 21,6423, con un rialzo dello 0,80% (approfondisci il discorso su IQoption opinioni).

Lo stesso trattamento era stato riservato a FCA, che alla fine ha dovuto cedere dirottando nel Midwest gli investimenti che inizialmente erano previsti in Messico. Prima ancora anche Toyota ha dovuto mettere sul piatto 10 miliardi, così come anche la Ford ha rinunciato ad investire in Messico.

Adesso, come detto, la scure di Trump si abbatte sulla BMW. Ma stavolta la famosa casa d'auto tedesca ha detto no, confermando che produrrà le sue auto in un impianto messicano, dove pure hanno grossi investimenti anche le sue connazionali Volkswagen e Daimler. La risposta di Trump è stata preannunciare dazi salatissimi, fino al 35% per ogni veicolo importato.

La situazione continua quindi ad essere molto tesa su Forex e nei mercati internazionali, e adesso lo scontro Trump-Messico si allarga fino a coinvolgere altri paesi stranieri.

sabato 14 gennaio 2017

Produzione: presto metà dei lavori al mondo saranno svolti dalle macchine

La metà dei lavori che oggi vengono svolti dall'uomo, ben presto finiranno per essere svolti dalle macchine. E' l'allarme lanciato dal McKinsey Global Institute, che conclude così uno studio fatto sui processi di produzione automatizzati. Quando le tecnologie si saranno diffuse su scala globale, è questo l'esito al quale porteranno.

I risultati dello studio di McKinsey sull'occupazione

Lo studio - condotto su 54 nazioni del mondo, comprendendo il 78% dei lavoratori del pianeta - prende in esame non il lavoro in sé, ma i compiti che esso comporta. Quindi non il lavoro di "agricoltore" per esempio, bensì il compito di “addetto alle macchine agricole”. La conseguenza è che il 5% delle professioni è destinata a scomparire del tutto, ovvero quelle professioni che possono essere integralmente automatizzate.

Riguardo le altre, circa il 60% per un terzo saranno dominate dalle macchine, quindi svolte automaticamente da robot oppure governate da sistemi di intelligenza artificiale.

Quello che sottolinea McKinsey, è che non saremo sostituiti soltanto in quei lavori di routine, che le macchine potranno svolgere meglio e più a buon mercato rispetto agli esseri umani, ma anche alcuni “lavori d’ingegno”. Questo proprio grazie allo sviluppo del campo della robotica, dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico. Ad esempio: prendere decisioni, rilevare emozioni o guidare un’auto.

Attenzione. McKinsey dice che questa ricerca non deve essere vista in una prospettiva catastrofista dal punto di vista dell’occupazione. Si tratterà di un cambiamento importante, ma come già avvenne nel XX secolo, quando nelle nazioni maggiormente sviluppate si è assistito ad un trasferimento del lavoro dal settore agricolo.  Cosa che alla fine non ha portato a una disoccupazione di massa di lungo periodo, ma alla nascita di nuovi tipi di lavoro.

martedì 10 gennaio 2017

Economia e lavoro domestico: cresce il popolo delle badanti, nel 2030 saranno 500mila

Aumenta il numero delle badanti in Italia, ed anzi per come si sta sviluppando questo settore dell'economia, entro il 2030 ci saranno ben 500mila badanti in tutto il paese. Lo evidenzia una indagine di Domina, ovvero l'associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico.

I dati dell'indagine su economia e lavoro domestico

L'indagine ha preso lo spunto dai dati demografici del paese, dove cresce il numero degli italiani con almeno 75 anni. Se lo scorso anno erano l’11%, nel 2050 questa percentuale arriverà al 25%. Di conseguenza, è in crescita la domanda di servizi di collaborazione in casa.

Il numero complessivo di colf e badanti dal 2007 è cresciuto in media del 42%, anche se seguendo un andamento non sempre costante, anche per via del quadro complessivo dell'economia e di misure amministrative e normative.

Allo stato attuale, l'esercito di collaboratori domestici vede in prima fila le colf (510mila), che rappresentano circa il 58% del totale. Al secondo posto (375mila) ci sono le badanti al 42%. Come detto però, secondo questa indagine entro il 2030 le badanti arriveranno a quota 500mila.

C'è poi un interessante dati geografico relativo alla provenienza dei collaboratori domestici. La maggior parte giunge all'est Europa (46%), in special modo per quel che riguarda le badanti (dove si arriva anche al 60%), poi ci sono l’Italia (24%), seguita da Filippine e America Latina. Con la crisi, tra il 2008 e il 2015 è cresciuta la presenza degli italiani a scapito di quelli dell’Est Europa. Gli italiani sono però la maggioranza di quelli che occupano le posizioni più "regolamentate" e professionalmente qualificate (guadagnano oltre 13mila euro l'anno). Il sommerso invece riguarda soprattutto gli stranieri.

Riguardo invece il ricordo ai collaboratori domestici, è soprattutto al Nord (che sotto il profilo dell'economia è molto più ricco) che si offre molto lavoro, visto che circa la metà offre servizio proprio al settentrione. Se però il dato viene esaminato su mille abitanti, si scopre che al Centro ci sono 21 collaboratori ogni 1000 persone, al Nord sono 15-16, al sud invece la media scende a 9,3.

sabato 7 gennaio 2017

Mercato valutario, l'euro non riesce a dare seguito ai rialzi sul dollaro

La settimana del cross Euro-dollaro si è chiusa con un nuovo ribasso sui mercati valutari, dopo un paio di giorni in cui la moneta unica era riuscita a risalire la china. La rimonta era stata innescata dai dati sull'inflazione nell'Eurozona, che hanno confermato una accelerazione e quindi un possibile ritiro degli stimoli BCE (il programma di quantitative easing a marzo potrebbe essere alleggerito).

Anche la lettura dei verbali del FOMC, l'organo di politica monetaria della Federal Reserve, hanno fatto intendere che l'accelerazione della tempistica del rialzo dei tassi USA non sarà poi così decisa. Ricordiamo che erano stati indicati due o tre rialzi dei tassi per quest’anno, ma la Fed si è mostrata incerta su ciò che riguarda l’amministrazione Trump e i suoi effetti sull’economia.

La settimana del cross sul mercato valutario

Alla fine della settimana, secondo i dati della piattaforma Plus500 il cross segna quota 1,0532, con un ribasso del -0,67% segnato nell'ultimo giorno di negoziazioni (puoi approfondire qui Plus500 opinioni) sui mercati valutari. Tutto questo dopo aver fatto segnare ai primi di gennaio i minimi di 1,034 Usd.

Non c'è quindi stata l'inversione tanto attesa su cambi e beni rifugio, e siccome il calendario economico della settimana non prevede grandi appuntamenti, il cambio euro dollaro sarà quindi libero di seguire la direzione che dopo questa altalenante settimana il mercato deciderà di imporre.


Dal punto di vista tecnico, c'è una robusta resistenza a quota 1,0670 (il massimo registrato il 14/12/2016), mentre la coppia ha violato il supporto chiave a 1,0458 (minimo 16/03/2015) per cui potrebbe davvero indirizzarsi verso la parità..

venerdì 6 gennaio 2017

Consumi: gli italiani prevedono di spendere 150 euro con i saldi


La grande stagione dei saldi è ufficialmente cominciata. Tuttavia, come già era accaduto lo scorso anno, non c'è stata alcuna corsa all'acquisto da parte degli italiani. Lo dicono le prime rilevazioni di Confcommercio, dopo che i saldi sono cominciati nelle grandi città come Milano, Roma e Napoli.
Tuttavia, Confesercenti sostiene che c'è qualche segnale buono nelle città  a maggior vocazione commerciale (Milano, Roma, Firenze, Torino e Napoli). 

I dati delle indagini sui consumi

Secondo l'indagine Confcommercio, poco più delle metà degli italiani (58,5%) sono pronti a sfruttare i saldi invernali. Una percentuale leggermente superiore rispetto a quella dello scorso anno (55%) ma decisamente inferiore ai livelli che si registravano cinque anni fa, quando era del 70%.
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La cifra che gli italiani dovrebbero utilizzare per i propri acquisti scontati dovrebbe essere non superiore ai 200 euro, anche se la maggior parte spenderà circa 150 euro. Il fattore più importante nel cercare l'acquisto giusto sarà comunque la qualità dei prodotti.

Secondo il Codacons, a fare affari, in linea con lo scorso anno, sarebbero soprattutto gli outlet e i negozi del lusso. Male i dati per gli altri negozi, a maggior ragione se sono localizzati in provincia e in periferia. In questi esercizi c'è la maggiore diminuzione di clienti (che secondo Codacons diventa "disastrosa" in Campania e Puglia, con cali del 30%).

mercoledì 4 gennaio 2017

Petrolio, il 2017 deve essere l'anno dei fatti dopo le chiacchiere del 2016

Il mercato del petrolio continua a non trovare pace. Il 2016 si è chiuso con un bilancio molto positivo, ma soprattutto con la speranza che l'accordo raggiunto dall'Opec sul taglio della produzione possa davvero sostenere la quotazione dell'oro nero. Brent e Wti erano saliti nel primo giorno di contrattazioni annuali, fino a toccare i massimi da circa un anno e mezzo (a quota 58,37 e 55,24 dollari al barile).

Il 2017 del petrolio

Ma non è tutto oro... nero quello che luccica. Il super-dollaro, ovvero la divisa che esprime la quotazione del petrolio, hanno spinto i prezzi verso una inversione di tendenza per cedere oltre il 2% e dirigersi verso quota 55,50 per il Brent e 52,40 per il nordamericano Wti.
Del resto il rialzo del biglietto verde mette sotto pressione tutte le asset class denominate nella divisa Usa, frenandone gli acquisti.

Al momento il mercato si muove secondo le aspettative che i tagli produttivi concordati in seno al Opec verranno effettivamente realizzati, e quindi contribuiscano a ridurre le elevatissime scorte. Se il 2016 è stato l’anno delle parole, quindi il 2017 deve essere quello dei fatti e pare che qualcosa in tal senso si muova.

L'Arabia Saudita, capofila Opec, ridurrà la propria produzione di 486mila bg a circa 10 milioni di bg. Al di fuori del Opec, anche la Russia sembra pronta a fare la sua parte. Dopo che a dicembre ha fatto viaggiare la produzione a ritmo record (11,2 mbg, il massimo da circa 30 anni), si è impegnata a tagliare l’output di 300mila bg. Qualcosa si muove, quindi, in attesa di capire come potrebbe incidere sul mercato la presidenza Trump.