mercoledì 31 luglio 2019

Credito al consumo sempre più diffuso: +8,8% in un anno (dal 2017 al 2018)

Il credito al consumo continua a crescere, e alla fine del 2018 lo stock di prestiti delle famiglie ha raggiunto quota 96 miliardi di euro. Rispetto all'anno precedente, c'è stato un incremento di ben 7,2 miliardi, che equivale ad una accelerazione dell’8,8% (appena meno rispetto al +9,3% messo a segno nel 2017).

I numeri sul credito al consumo

A evidenziarlo è un'indagine della Confesercenti, che ha analizzato i dati messi a disposizione della Banca d’Italia. Con il credito al consumo si intendono tutte quelle attività di finanziamento delle persone fisiche e delle famiglie che hanno lo scopo di sostenere i consumi o di rimandare o rateizzare i pagamenti. Ebbene questa modalità di pagamento dilazionato continua a diffondersi sempre di più, anche per piccoli importi. Ciò conferma che le famiglie italiane vedano ancora nel credito al consumo uno strumento valido per realizzare un progetto di acquisto, preferendolo ad altre forme di finanziamento.

La distribuzione geografica

Dal punto di vista geografico, è il Nord Ovest a segnare il tasso di crescita più elevato (+10,3%), seguito da Nord Est e Centro (+9,8% e +9,6%). Andamenti lenti, invece, per quanto riguarda le macro-aree del Sud e nelle Isole che segnano un +7,3%. A livello di regioni, la Lombardia è quella dove il credito al consumo è cresciuto in misura maggiore in termini assoluti: +1,4 miliardi in un anno, quasi il 20% dell’incremento totale nazionale. Seguono Lazio (+810 milioni di euro) e Veneto (+591 milioni). Il credito al consumo fa invece registrare variazioni ridotte in Valle d’Aosta (+17 milioni), Molise (+27) e nelle Province autonome di Trento e Bolzano (+98 milioni).

Il credito al consumo sta diventando una opzione molto interessante anche per le piccole imprese, anche perché si stanno diffondendo strumenti per favorire acquisti dilazionati anche per importi relativamente bassi, come nei negozi di abbigliamento, che potrebbero avere un'efficacia per rilanciare le vendite in una fase difficile di crisi per il commercio.

lunedì 29 luglio 2019

Valute emergenti, dalla FED può arrivare un'altra spinta

Qualche investitore ha già cominciato a farlo, qualcun altro potrebbe farlo in questi primi giorni della settimana. Stiamo parlando degli investimenti nelle valute emergenti.
A spiegare la situazione sono stati gli analisti della CNBC, il famoso canale finanziario americano. Gli investitori potrebbero prendere posizione sulle valute emergenti, andando contro il dollaro USD. La motivazione è nell'ormai imminente taglio del costo del denaro da parte della FED. Cosa che dovrebbe avvenire nel meeting di due giorni di domani e mercoledì.

Spostamento dal dollaro alle valute emergenti

In un contesto del genere, per gli investitori si verrebbe a creare una forte convenienza a entrare long sulle valute emergenti. I migliori siti Forex gratis dovrebbero quindi vedere una crescita delle puntate su valute come Rublo, Real, Rand, ecc. Questo per via della parità scoperta dei tassi di interesse. Quel che succede in sostanza è che gli investimenti sul dollaro statunitense finiranno per produrre meno interessi, per via del taglio dei tassi FED funds, e questo spingerà ad un indebolimento del dollaro nei confronti delle valute dove invece i tassi di interesse sono mediamente più elevati. Si creerà quindi uno spostamento di capitali dal dollaro americano verso le valute dei mercati emergenti.

Quando si ha a che fare con le valute emergenti, bisogna però sempre prestare attenzione. Cadere in facili tentazioni è molto pericoloso. Gli analisti di CNBC evidenziano infatti come la situazione che si sta per creare, benché favorevole alle valute emrgenti, non innescherà un crollo del dollaro statunitense su base ampia, tenuto conto che anche altre banche centrali stanno virando verso una politica monetaria più accomodante.

Suggerimento tecnico: tra le figure che bisogna assolutamente conoscere ci sono i morning star evening star pattern.

Possibile carry trade

Potremmo essere vicini a una situazione di "carry trade", quelle cioè in cui si prende in prestito delle valute con tassi di interesse bassi, per acquistare asset denominati in una valuta con tassi di interesse più elevati. Questo al fine di guadagnare da investimenti valutari pagando meno interessi sull’importo preso in prestito.

giovedì 25 luglio 2019

Reddito di cittadinanza, ecco i dati: il 38% dei beneficiari è single

Il reddito di cittadinanza (e la pensione di cittadinanza) è un beneficio concesso finora a 2,2 milioni di persone, facenti parte di uno dei 905mila nuclei familiari che hanno visto accogliere la loro domanda (su 1,4 milioni di domande presentate).

I dati sul reddito di cittadinanza

E’ quello che emerge dal nuovo osservatorio statistico diffuso dall’Inps, il primo che fotografa il passaggio dal Reddito di inclusione a quello di cittadinanza. All'interno del concetto di nucleo, tuttavia, sono i single ad essere il più alto numero di beneficiari. Rappresentano infatti il 38% del totale, ovvero 345mila riceventi. Leggermente indietro sono invece le famiglie che hanno dei minori, il 36% pari a 328mila unità. I nuclei familiari con disabili invece sono il 21%, ovvero 192mila. 

A livello di importi, quelli maggiori spettano ai nuclei familiari con minori. In media infatti ricevono 589 euro, contro i 387 dei single e i 430 dei nuclei senza minori. Nel primo trimestre di erogazione, l'importo medio complessivo mensile è stato pari a 489 euro, ovvero 526 euro per il reddito e 207 per la pensione di cittadinanza. Soltanto l'1% dei nucli familiari percepisce più di 1.200 euro, mentre il 68% non supera i 600 euro.

La maggior parte va al Sud

Per quanto riguarda la collocazione geografica dei riceventi, la maggior parte si concentra al Sud e nelle Isole, ben il 61% del totale delle prestazioni erogate. Al Nord c'è il 24% dei beneficiari, mentre al centro solo il 15%. La Campania è la regione col maggior numero di nuclei percettori, seguita da Sicilia e Lazio. Circa invece la nazionalità dei beneficiari, visti i paletti previsti dalla normativa sul reddito di cittadinanza, nel 90% dei casi il beneficiario è un italiano, nel 6% è un cittadino extra-comunitario in possesso di un permesso di soggiorno, nel 3% a un cittadino europeo ed infine nell’1% a familiari dei casi precedenti.

martedì 23 luglio 2019

Euro in affanno, scivola sui minimi di un mese e mezzo sul dollaro

E' stato un martedì delicato e difficile per l'euro, che continua a risentire delle aspettative dei mercati riguardo alla politica della BCE, che dovrebbe essere più accomodante e preparare il terreno al taglio del tasso di interesse.

Euro sempre debole

La valuta unica è andata giù per la terza sessione consecutiva, finendo per raggiungere i minimi di 7 settimane nei confronti del biglietto verde. Come detto, la spinta al ribasso è giunta soprattutto dal fronte di politica monetaria. Chi sa il trading forex come funziona, conosce quanto siano incidano le decisioni dei policy makers sulle fluttuazioni del tasso di cambio. La BCE nel prossimo meeting di giovedì dovrebbe prospettare un allentamento monetario, mentre il taglio del costo del denaro dovrebbe esserci a settembre. Del resto già nel mese di giugno il Presidente della BCE Mario Draghi, in un intervento a Sintra, fece capire che si era in odore di svolta. Da allora e l'euro si è indebolito di oltre il 2% contro il dollaro.

FED e Dollaro

A proposito di biglietto verde: la FED non sembra più considerare un forte taglio dei tassi FED (i mercati si aspettano 25 punti base, nessuno più pronostica 50), e questo ha reso più forte il dollaro negli ultimi giorni. La valuta americana ha altresì beneficiato dell'accordo che consentirà al Ministero del Tesoro degli Stati Uniti di aumentare il suo indebitamento a breve termine. Questo ha cancellato i timori dei mercati riguardo un nuovo shutdown, come quello lunghissimo (ben 35 giorni) avvenuto a dicembre scorso.

Le reazioni dei mercati

Sui migliori broker forex italiani autorizzati abbiamo visto che la coppia euro-dollaro è così scivolata verso a un minimo di 1,1147, come non accadeva da un mese e mezzo. Soltanto il dato meno negativo del previsto sulla fiducia dei consumatori nella Eurozona (-6,6 rispetto al previsto -7,1), ha consentito alla valuta unica di rientrare di parte delle perdite.
L'euro ha altresì vissuto una giornataccia nei confronti dello Yen. La coppia EUR-JPY infatti è scesa ai minimi di gennaio a quota 120,57).

venerdì 19 luglio 2019

Business dell'auto elettrica, la svolta sembra ancora lontana

Tutti pronosticano per il business dell'auto elettrica un futuro luminoso, ma per il momento malgrado tutti (o quasi) la vogliano, in pochissimi la comprano.

I numeri del business dell'auto elettrica

E' questo il quadro evidenziato da una recente ricerca dell'Osservatorio italiano dell’istituto di credito Findomestic, condotta su un campione di 16 paesi tra cui l'Italia. Secondo questa ricerca, prima di 5 anni il business dell'auto elettrica non riuscirà ancora ad imporsi in modo forte in tutti i paesi. Adesso la cosa sta riuscendo solo a macchia di leopardo. Attualmente in Italia solo lo 0,4% dei veicoli di nuova immatricolazione sono totalmente elettrici. Nel dei primi cinque mesi di quest'anno, sono state immatricolate quasi 1 milione di auto nuove, e di queste solo poco più di 3.500 sono 100% elettriche e circa 48.000 ibride, di cui appena 2.000 di tipologia PLUG-IN, cioé capaci di ridurre sensibilmente le emissioni di CO2.

Eppure, a sentire le risposte che danno gli intervistati, il boom del business dell'auto elettrica non dovrebbe essere così lontano. Infatti più della metà degli intervistati italiani dichiara di volere un'auto ibrida, mentre più del 40% ne vorrebbero una esclusivamente elettrica. Più o meno in questo il nostro paese è allineato con il resto d'Europa, dove il 57% afferma che nei prossimi 5 anni vorrebbe acquistare un’ibrida mentre il 43% una elettrica.

Punti di forza e di debolezza

Ma quali sono i punti di forza e di debolezza dell’auto elettrica? Questi veicoli nascono come alternativa alle classiche auto a motore termico, e molti ne apprezzano la silenziosità di marcia (proprio di recente una disposizione europea ha previsto l’obbligo di un dispositivo sonoro Avas (Audible Vehicle Alert System) che avvisa i pedoni del passaggio dell’auto). Altri motivi di gradimento sono la ridotta esigenza di manutenzione nonché i ridotti costi di utilizzo. Il primo grande motivo però è... falso: l'ecologicità. Le auto elettriche possono infatti inquinare anche più di quelle a combustione, anche se non emettono CO2. Infatti bisogna porre l’attenzione su come viene prodotta l’energia di cui ha bisogno e di come vengono smaltite le batterie.

Il grosso punto di debolezza, che è poi quello che frena davvero il business dell'auto elettrica, è il costo di ogni vettura. Viene indicato proprio questo come grosso limite dall’86% del campione mondiale e dal 91% di quello italiano. Altra cosa che non piace è della batteria, attualmente poco superiore ai 300 chilometri. Questo difetto si somma alla scarsità di colonnine di ricarica rapida lungo tutto il territorio.

martedì 16 luglio 2019

Inflazione al rialzo secondo le attese in Nuova Zelanda, il dollaro kiwi si apprezza

I dati riguardanti l'inflazione, allontanano la possibilità di un imminente taglio dei tassi di interesse da parte della Reserve Bank of New Zeland. Questo ha finito per spingere il "kiwi" (il nome dato in gergo alla valuta neozelandese) ai massimi di 3 mesi contro il dollaro americano.

I dati sull'inflazione

Martedì l'ufficio di statistica neozelandese - la Statistics New Zeland - ha evidenziato che nel secondo trimestre del 2019 l'inflazione è salita all'1,7% annuo  dall'1,5% del periodo precedente. La crescita era prevista dagli economisti, e il dato è stato in linea con il consensus. Stesso dicasi per l'inflazione sequenziale, in cresciuta dello 0,6% come era previsto.

La cosa importante però è che l'inflazione si sta muovendo al rialzo come aveva previsto la banca centrale neozelandese, la RBNZ. Questo allontana la possibilità che la banca centrale debba intervenire a breve per poter stimolare la crescita economica e dei prezzi. Nel prendere le proprie decisioni, l'istituto centrale infatti è molto influenzato dalla dinamica dei prezzi, che vuole portare verso il target del 2-3%.

Avvertimento: chi vuole fare trading con bonus senza deposito forex, purtroppo deve rassegnarsi: è stato vietato dall'ESMA tempo fa.

La politica della RBNZ e il dollaro kiwi

Ricordiamo che la RBNZ è stata la prima banca centrale del G10 a operare un taglio del costo del denaro in questo ciclo. Infatti nel meeting dello scorso mese di maggio, i policy maker neozelandesi hanno tagliato il tasso di 25 punti base, portandolo così al nuovo record minimo dell'1,5%.

La reazione dei mercati al dato sull'inflazione ha premiato il dollaro neozelandese. Il cambio NZD-USD si è infatti apprezzato fino a toccare i nuovi massimi trimestrali a 0,6738, come abbiamo visto sulla nostra forex piattaforma demo trading online. Nel corso dell'ultimo mese, il cambio si è apprezzato complessivamente di oltre il 3,5%, anche se bisogna evidenziare che questo è accaduto più che altro per la debolezza del biglietto verde (innescata dalle accresciute probabilità di un taglio dei tassi da parte della FED).

venerdì 12 luglio 2019

Criptovalute, Trump e Powell avvertono Facebook: "Libra poco affidabile"

Non è ancora nata, ma già si è fatta nemica la Federal Reserve e Donald Trump. Libra, la criptovaluta di Facebook, è stato oggetto di una dura critica da parte dei due uomini più importanti degli USA.

Le critiche alla criptovaluta Libra

Mercoledì scorso, in una audizione davanti Congresso di Washington, il numero uno della banca centrale americana ha detto che il piano di Facebook non potrà procedere oltre, se non verranno prima affrontate una serie problematiche. A distanza di due giorni è arrivato anche l'affondo di Trump. Via Twitter il presidente USA ha preso posizione: "Non sono un fan del Bitcoin e di altre criptovalute che non sono moneta, sono altamente volatili e basate sul nulla. Analogamente, Libra avrà poco sostegno ed affidabilità. Se Facebook e altre compagnie vogliono diventare una banca devono ottenere un nuovo documento di autorizzazione bancaria ed essere soggetti a tutte le regole bancarie, come le altre banche, sia nazionali che internazionali".

Le dichiarazioni di guerra sono già partite.

Le criticità del progetto di Facebook

Gli elementi di criticità sono stati messi in evidenzia da Jerome Powell. Sono preoccupazioni riguardo la privacy, il riciclaggio di denaro sporco, la protezione dei consumatori e la stabilità finanziaria. Roba forte quindi. Powell non ha chiuso totalmente le porte alla criptovalute di Facebook, ma ha precisato che il percorso per affrontare queste criticità ha bisogno di pazienza e attenzione. Servirà un "processo deliberativo che non sarà uno sprint per l’implementazione". Occorre tempo, in sostanza.

Resta comunque tutto da capire che tipo di intervento potrebbe esserci da parte della FED. La disciplina delle criptovalute infatti non è certo chiara, e questo non giova a nessuno. Powell ha detto che la Fed ha istituito un gruppo di lavoro per seguire il progetto e si sta coordinando con altre banche centrali in tutto il mondo.

La Fed aspetta inoltre una revisione di Libra da parte del Consiglio di supervisione della stabilità finanziaria Usa, il gruppo di autorità di controllo incaricato di identificare i rischi sistemici per il sistema finanziario. Tuttavia, la FED è ben consapevole che l’enorme piattaforma di cui gode Facebook, sposta Libra in una dimensione completamente diversa rispetto alle altre criptovalute, visto che ci sono un paio di miliardi di utenti che potrebbero adottarla.

mercoledì 10 luglio 2019

Sterlina sotto pressione dopo i dati macro deludenti (e l'incubo Brexit)

Il futuro delle relazioni tra Gran Bretagna e UE continua ad essere avvolto nell'incertezza, e questo sta facendo inevitabilmente sentire i suoi effetti sulla sterlina britannica, che è in calo prolungato da diverso tempo.

Quadro macro e sterlina

Il lungo e infruttuoso processo di negoziati tra Londra e Bruxelles ha provocato un calo della fiducia tra imprese e privati, e le conseguenze si vedono sui recenti report macroeconomici (e in definitiva sulla sterlina). Settimana scorsa i dati PMI di giugno sono stati molto deboli, mentre questa settimana la fotografia di un Regno Unito che si indebolisce è stata confermata dal report sulle vendite al dettaglio (diminuite dell'1,6% a giugno, dopo il calo del 3,0% di maggio). Finora la crescita dei salari reali non si è tradotta quindi in maggiori consumi. Colpa della Brexit, che spinge i consumatori a rinviare gli acquisti non essenziali.

Il rischio di un No Deal Brexit sta danneggiando il clima economico britannico, dando così una spinta agli "orsi" della sterlina. Chi adotta strategie di breve periodo forex sta puntando forte sul calo del pound. La valuta della Gran Bretagna è scesa a 1,2450 contro il dollaro (GBP-USD) e si sta avvicinando sempre di più ai minimi di ben 2 anni e mezzo, dopo un calo trimestrale di quasi il 5%. Anche nei confronti dell'euro, la GBP si sta indebolendo in modo sensibile ed è arrivata al livello più basso dall'11 gennaio.

Il ruolo centrale della Brexit

Tutto continua a ruotare attorno alla Brexit, comunque, e finché non ci saranno maggiori certezze circa il futuro dei rapporti tra Gran Bretagna e UE, è probabile che i migliori segnali forex gratuiti affidabili continueranno a suggerire un calo della sterlina.
La stessa Bank of England sembra essere rimasta in sospeso. L'istituto centrale ha suggerito che i tassi potrebbero essere ritoccati in entrambe le direzioni, e che tutto dipenderà dall'evoluzione dello scenario Brexit.

lunedì 8 luglio 2019

Prezzo del grano troppo basso, un campo su 5 viene abbandonato o destinato ad altro

E' scattato l'allarme riguardo alla coltivazione del grano, che non è più conveniente come attività. Il prezzo del grano si è ridotto in maniera costante negli ultimi anni, giungendo verso i 22-23 euro al quintale. E così molti produttori hanno deciso di abbandonare.

Il declino del prezzo del grano

Il sistema sta piano piano collassando. Un agricoltore deve vendere 5 chili di grano per potersi pagare un caffé o una bottiglietta di acqua al bar. Non c'è quindi convenienza nell'intraprendere o continuare questa attività. L'unico settore a resistere è quello dei grani antichi, la cui coltivazione continua a rendere un po' di più. Per il resto invece il panorama è deprimente. Visto l'attuale livello del prezzo del grano, non c'è da sorprendersi se negli ultimi dieci anni un campo di grano su cinque non c'è più.

Secondo Coldiretti, il raccolto di quest'anno sarà di circa 7 miliardi di chili di grano coltivati su oltre 1,8 milioni di ettari. Un decennio fa questo livello giungeva a 2,3 milioni. Come abbiamo detto poc'anzi, l'unica coltivazione ancora conveniente è quella dei grani antichi (Timilia, Saragoilla, gentil Rosso, Farro dicocco e monococco, ecc), e infatti i terreni coltivati a questo fine sono cresciuti da 1000 ettari del 2017 ai 6 mila ettari di oggi. A trainare la crescita è stato il sempre maggiore appeal per la pasta 100% italiana e di qualità. Tuttavia, anche in questo caso c'è un grosso pericolo all'orizzonte. Si tratta delle importazioni a basso costo di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti in Italia.

Conseguenze economiche ed ambientali

Il problema ha una conseguenza duplice. Anzitutto potrebbero estinguersi oltre 300 mila aziende che coltivano grano in aree interne, dove non ci sono alternative produttive. Oltre a questo danno di natura economica e occupazionale, c'è poi quello ambientale. Da noi oltre un quarto della terra coltivata è andata persa colpa dell’abbandono, della cementificazione e degli attacchi degli animali selvatici che distruggono i raccolti agricoli. Non possiamo permetterci di aggravare il problema.

sabato 6 luglio 2019

Mercato del ferro, il rally continuerà oppure no?

Continua ad essere in fermento il mercato del ferro. Poco tempo fa la quotazione del metallo è schizzata verso l'alto, segnando il maggior guadagno settimanale dal mese di febbraio.

Il rally del ferro

Ma cosa sta rendendo incandescente il mercato del ferro? Secondo gli esperti, questo rally è principalmente mosso dal calo dell'offerta. La multinazionale brasiliana Vale ha infatti ridotto la produzione di 93 milioni di tonnellate, dopo il drammatico crollo della diga a Brumadinho (Brasile). Al tempo stesso, in Australia la produzione è stata penalizzata dalle ondate di maltempo. Questo ha ridotto in modo notevole l'offerta di mercato, spingendo al rialzo i prezzi.

Inoltre un altro fattore ha inciso di recente. La convocazione dei dirigenti di 48 aziende da parte del governo cinese, per chiedere di ridurre l’inquinamento dei loro impianti. E' da tempo che va avanti questo braccio di ferro tra governo e imprese, al punto che secondo Reuters, Pechino potrebbe giungere anche a chiedere un taglio della produzione.

Il problema dell'offerta

Guardando i miglior broker CFD trading, si può vedere che i prezzi del metallo sono giunti - grazie ai colli di bottiglia sul lato dell’offerta - verso i 115,20 dollari per tonnellata. Il futures di settembre, ovvero il contratto più scambiato, ha fatto registrare un incremento del 4%. Come detto, il maggiore dal mese di febbraio. Il mercato del ferro è diventato così frenetico, al punto che le autorità finanziarie hanno dovuto hanno alzare i limiti e i margini di trading, consentendo limiti fino all’8% e margini fino al 10%.

Suggerimento: gli investimenti sulle commodities vanno fatti studiando bene grafici e indicatori. Qui spieghiamo l'ATR indicatore Average True Range analisi tecnica.

Prospettive del mercato del ferro

Le prospettive potrebbero essere meno euforiche rispetto ai tempi recenti. La multinazionale brasiliana Vale potrebbe riavviare la piena produzione della miniera di Brucutu (che genera 20 milioni di tonnellate l'anno). Peraltro nei prossimi mesi potrebbe riavviare parzialmente anche la produzione in altre miniere, che alzerebbero la produzione di altri 10 milioni di tonnellate l’anno. Ecco perché secondo gli esperti di FocusEconomics, sul mercato del ferro i prezzi faranno una parziale retromarcia entro fine anno.

giovedì 4 luglio 2019

Business del gelato in crescita, l'Italia si conferma una eccellenza

Il gelato si conferma una delle eccellenze gastronomiche italiane riconosciute all’estero. Coni e coppette costano poco, ma valgono parecchio, visto che il giro di affari del business del gelato ha raggiunto la cifra di 1,5 miliardi.

I numeri del business del gelato

business del gelatoA raccogliere i numeri delle gelaterie italiane è stata la Camera di commercio di Milano, che ha censito 19mila imprese attive nella produzione e nella vendita. Il business del gelato continua a crescere in Italia. Rispetto a 5 anni fa, il numero di aziende dedicate al settore (gelaterie vere e proprie, pasticcerie e aziende manifatturiere) è cresciuto del 2,5%. I dati evidenziano inoltre che il numero di addetti del settore è salito a quota 75000.

Artigianale è meglio

Da noi si punta tantissimo sulla qualità, visto che ben 8 gelaterie su 10 sono artigianali. Qualità che gli artigiani del gelato mantengono con un lavoro curato e dedicato, di alta professionalità, da materie prime preferibilmente a chilometro 0 e stagionali. Il gelato artigianale viene consumato dal 94% della popolazione ed è scelto per gusto e bontà delle materie prime (96%) e per la sensazione di refrigerio (83%). Il cono batte la coppetta, preferito da 7 su 10, avanza la vaschetta acquistata da oltre il 65% dei consumatori. Circa i gusti preferiti, si assiste a un ritorno ai grandi classici, mentre il pistacchio è il re in vaschetta.

Il gelataio italiano è prevalentemente uomo (70%) e non giovanissimo, visto che appena 1 su 10 ha meno di 35 anni. Il 6% è costituito da stranieri.

Il business del gelato sul territorio

A livello territoriale, la regina del business del gelato è Roma, con 1.409 attività e 4.286 addetti. Seguono Napoli per imprese (898) e Torino per addetti (3.087). Tra le prime 10 città con più gelaterie rientrano anche Milano e Torino (oltre 700), seguite Salerno e Bari (più di 400). Ne hanno oltre 300 anche Palermo, Brescia, Venezia, Catania e Messina. A crescere di più sono Ancona (+8,2%) e Lecco (+6,8%).

martedì 2 luglio 2019

Gli investitori se lo aspettavano: la RBA taglia i tassi di interesse

Come era stato previsto dagli investitori, la Banca centrale dell'Australia ha deciso di tagliare il costo del denaro di 25 punti base. Il nuovo tasso di interesse giunge così all'1%, nuovo minimo storico.

Investitori non sorpresi dalla RBA

La banca centrale australiana appena un mese fa aveva già effettuato una mossa accomodante, ed è la prima volta dal 2012 che si verifica un doppio taglio consecutivo. La Reserve Bank of Australia (RBA) aveva abbassato il tasso nel meeting di giugno (sempre di 25 punti base). Sempre in quella occasione, la RBA aveva già "avvertito" gli investitori riguardo al fatto che l'inflazione verosimilmente sarebbe rimasta sotto al target della Rba (2%-3% annuo), e che un taglio sarebbe stato probabilmente appropriato.

Ricordiamo che l'obiettivo di inflazione perseguito dalla RBA è compreso tra il 2% e il 3%. Ma c'è anche un altro fattore che ha spinto la banca australiana verso il taglio dei tassi. Ritiene infatti che questo stimolo all'economia possa sostenere il mercato del lavoro, e spingere il tasso di disoccupazione verso l'obiettivo del 4,5%.

Aussie in calo

La reazione degli investitori a questa decisione è stata di penalizzare l'Aussie. Se prendiamo i dati della migliore piattaforma di trading online gratuita, vediamo che il cambio dollaro australiano-dollaro (AUDUSD) infatti è sceso fino a 0,6959, prima di rimbalzare verso 0,6990.

Suggerimento: prima di effettuare delle operazioni di investimento su internet, occorre sempre studiare come e quale broker scegliere come migliore, in base alle proprie esigenze.

Possibile altro taglio

Bisogna inoltre sottolineare che nella dichiarazione di accompagnamento della RBA, viene indicato che l'istituto centrale potrebbe adeguare ancora la politica monetaria "se necessario". Questo fa ritenere agli investitori che sia possibile un altro taglio dei tassi di interesse, magari già nel prossimo meeting di agosto. Ricordiamo inoltre che dai verbali dello scorso meeting di politica monetaria, emerse che la Reserve Bank of Australia potrebbe prendere in considerazione anche l'ipotesi di varare un proprio programma di allentamento quantitativo (QE), come fatto in passato da FED e BCE.