lunedì 14 aprile 2025

Tasse, due volte su tre a non pagare sono le grandi imprese

Un recente report pubblicato dall'ufficio studi della CGIA Mestre ha messo in evidenza un aspetto interessante riguardante le tasse in Italia. Nel 64,3% dei casi, la mancata riscossione da parte del fisco riguarda le persone giuridiche, ossia le imprese di maggiori dimensioni (che assumono la forma di Spa, Srl, consorzi, cooperative, etc).

I numeri della mancata riscossione delle tasse

L'analisi è stata condotta sui dati relativi all'intero millennio che stiamo vivendo. Ebbene in questi 25 anni il fisco ha reclamato inutilmente 1279 miliardi tra tasse, contributi, bollette, multe, etc. Di questa cifra, ben 822 miliardi sono in capo alle grandi aziende

Si tratta quasi del triplo rispetto alla somma che invece è stata inutilmente reclamata nei confronti delle persone fisiche (300 miliardi), e 5 volte la somma che invece riconducibile alle persone fisiche con attività economica (ossia artigiani, commercianti, esercenti, liberi professionisti, etc).
L'infedeltà fiscale sembra quindi essere soprattutto una prerogativa dei grandi contribuenti e non i piccoli, che invece sono più ligi al rispetto delle normative riguardo le tasse.

Il credito non riscosso dai lavoratori autonomi

Circa i lavoratori autonomi, bisogna inoltre aggiungere inoltre che c'è un carico residuo non riscosso che equivale a poco più della metà del dato riferito alle persone fisiche. E dire che normalmente, quando si parla di evasione delle tasse, una delle prime categorie che finisce sul banco degli imputati è proprio quella dei lavoratori autonomi. 

Anche se è vero che in questa categoria si nascondono anche molti che non adempiono agli obblighi fiscali, le statistiche ufficiali quindi raccontano che negli ultimi 25 anni solo 13 evasori su 100 hanno una partita Iva, e l'incidenza della loro evasione sul totale è appena del 12,2%.

L'evasione per zona territoriale

Per quanto riguarda la collocazione geografica delle sacche di evasione dalle tasse, il debito fiscale pro capite più elevato maturato in questi ultimi 25 anni è in capo ai residenti del Lazio con 39.673 euro. Seguono i campani con 27.264 euro e i lombardi con 25.904 euro. Il Nord è il territorio più virtuoso, con il Trentino Alto Adige in fondo alla classifica delle cifre non riscosse, appena 6.964 euro.

martedì 8 aprile 2025

Prezzi del petrolio, il crash dei giorni scorsi ha un precedente... sempre con Trump

La settimana scorsa è stata un vero e proprio disastro per il mercato petrolifero. L'impatto economico globale che potrebbe avere la battaglia commerciale innescata da Donald Trump ha infatti provocato un crollo dei prezzi del petrolio, che sono scivolati di oltre il 10%. Addirittura in una singola giornata la marcia indietro del prezzo è arrivata ad essere del 7%, evento rarissimo.

Il precedente negativo di Trump con i prezzi del petrolio

Ma quello al quale stiamo assistendo non è un caso isolato, perché ci sono altri esempi in cui la deviazione standard di volatilità del petrolio è stata enorme. Basta andare indietro di pochi anni per ritrovare una situazione simile. Per la precisione ad agosto 2019. Ed anche allora, come oggi, tutto nacque dalla minaccia tariffaria di Donald Trump, che all'epoca era all'inizio del suo primo mandato presidenziale. 

Il tycoon scrisse annunciò dazi del 10% su 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi. Fece così sprofondare i mercati dal panico, facendo temere un rallentamento della domanda globale di greggio. I prezzi del petrolio crollarono del 7%, con il WTI che arrivò al 7,9% di perdite in un solo giorno.

Record nel periodo del Covid

Il capitombolo più forte dei prezzi del petrolio è stato registrato però durante la pandemia da Covid. All'inizio di marzo 2020, il fallimento dei colloqui tra i paesi produttori che fanno parte dell'Opec+ provocò un crollo verticale delle quotazioni. I prezzi del petrolio scivolarono quasi del 25% in un giorno, segnando il secondo maggior calo storico. 

Il primo sarebbe avvenuto appena un mese dopo, più o meno sempre per le stesse ragioni, e fu ancor più eclatante perché spinse i prezzi di Brent e WTI addirittura in territorio negativo, con un calo del 300 per cento in poche ore (si veda l'andamento storico su Pocket Option nuovo link).

I recenti capitomboli

La storia recente dei prezzi del petrolio è comunque caratterizzata da altri scivoloni scioccanti. Nel novembre 2021 la notizia di una nuova variante Omicron del covid provocò un calo superiore al 10% dei prezzi del petrolio, perché si temette di sprofondare nella crisi sanitaria.

I giorni nostri

Da quel giorno di tre anni e mezzo fa, il petrolio ha vissuto fasi altalenanti, durante le quali però non c'era mai stata una settimana così negativa come quella appena trascorsa. 
I dazi di Trump hanno innescato la paura di una recessione globale, che ovviamente porterebbe a un crollo della domanda di barili di greggio. Ma a peggiorare la situazione è stato il contemporaneo aumento della produzione programmata dall'Opec+. Due schiaffoni che sono giunti pressoché contemporaneamente, e che il mercato non ha saputo assorbire.

giovedì 3 aprile 2025

Investimenti, gli italiani continuano a preferire il mattone

C'è una costante che riguarda il rapporto tra il nostro paese e gli investimenti. La preferenza delle famiglie italiane infatti continua ad andare verso il settore immobiliare, al punto tale che il mattone rappresenta quasi la metà dell'intera ricchezza lorda complessiva.

Il mattone e gli investimenti

Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat, l'istituto statistica europeo, circa il 71% delle famiglie italiane è proprietaria dell'abitazione in cui vive. Se escludiamo i paesi dell'ex blocco sovietico, siamo primi nella classifica. In Francia questa percentuale arriva al 65%, nel Regno Unito al 63%, in Germania arriva soltanto al 50%

Quello che si può dire è che ad oggi il mattone rimane ancora l'investimento preferito delle famiglie italiane, che nel 69% dei casi lo ritiene il più sicuro di tutti.

Asset sicuro, vero o falso?

Bisogna evidenziare che dietro questa preferenza per il mattone c'è sicuramente un fattore emozionale importante e il fatto comunque che si tratta di un bene tangibile. La casa è là, la puoi vedere la puoi toccare, a differenza dei titoli azionari o di altri asset finanziari. 

Tuttavia proprio questo legame emotivo così forte può indurre in confusione e far sì che agli investimenti nel mattone non vengano applicati gli stessi parametri razionali utilizzati per gli altri tipi di impiego del proprio capitale.
Basta pensare ad esempio che, malgrado il mattone rimanga l'investimento preferito, pochi sanno che la crescita di valore delle abitazioni nell'ultimo decennio è stata minore rispetto all'aumento dell'inflazione.

Alcuni numeri

Ad eccezione di alcune grandi località turistiche o metropoli, chi ha fatto investimenti per 1 milione di euro in immobili nel 2013, oggi avrebbe mediamente 1,08 milioni. In pratica avrebbe guadagnato l'8% in dieci anni. Ma se consideriamo l'inflazione, allora il suo investimento ha perso circa il 15%. Facendo un confronto con i principali indici azionari globali, un investimento di un milione fatto nel 2013 avrebbe portato al raddoppio del capitale.

Conclusioni

Bisogna precisare che gli investimenti nel settore immobiliare possono essere fruttiferi quanto o più degli altri tipi di impiego del capitale, ma bisogna sottolineare e che prima di effettuare investimenti in immobili bisogna analizzare la composizione del proprio patrimonio e lo scenario generale.

lunedì 31 marzo 2025

Finanza, ecco gli appuntamenti più importanti della settimana

Nei prossimi giorni saranno due gli eventi che catalizzeranno l'attenzione del mondo della finanza. Il primo è l'entrata in vigore delle tariffe commerciali USA contro l'Europa, il secondo riguarda il dato sul mercato del lavoro americano (in uscita venerdì).

Stati Uniti al centro dell'interesse della finanza

Il focus dei mercati sarà soprattutto negli Stati Uniti, dove sta crescendo il timore per l'impatto che la battaglia tariffaria potrebbe avere sulla crescita economica. Trump continua ad andare avanti per la sua strada, che prevede un atteggiamento aggressivo in politica commerciale. Tali misure preoccupano anche il mondo della finanza, che vede il rischio recessione più concreto.

Dati macro

Sotto il profilo macroeconomico, la settimana offre l'appuntamento più importante proprio prima del weekend. Venerdì infatti verranno pubblicati i Non Farm Payrolls, che forniranno un aggiornamento sullo stato di salute del mercato del lavoro a stelle e strisce. Si prevede che l'economia americana abbia aggiunto 128.000 posti, in calo rispetto a febbraio, con una crescita dei salari stabile. 
Tutto ciò inciderà sull'andamento del dollaro. L'indice del biglietto verde si trova sotto quota 104, ma attraversa una fase difficile per le crescenti paure dell'impatto economico delle nuove tariffe commerciali. Peraltro si sta per concretizzare l'incrocio medie mobili 50 e 200.

Il quadro in Europa

Gli occhi della finanza saranno puntati anche sull'Europa, dove è prevista la pubblicazione dei verbali dell'ultima riunione della BCE. La Eurotower ha ridotto i tassi di interesse di 25 punti base, ma è difficile prevedere cosa farà in futuro. Questa settimana verrà rilasciato il dato sull'inflazione, che dovrebbe essere scesa al 2,2%, il dato più basso degli ultimi quattro mesi.

NB. Se vi interessa il mondo della finanza valutaria, dovrete imparare anzitutto i concetti di lotto minilotto trading.

Il resto del mondo

Mentre il panorama del Regno Unito è relativamente leggero, gli operatori della finanza guarderanno con interesse alla riunione della Reserve Bank of Australia, che comunque dovrebbe mantenere i tassi di interesse invariati (mentre a maggio dovrebbe fare un taglio di 25 punti base). 
In Cina sono previste le pubblicazioni riguardo al settore manifatturiero e quello dei servizi, mentre in Giappone è in uscita una sfilza di indicatori economici, che vanno dalla produzione industriale, le vendite al dettaglio passando anche per la spesa domestica.

mercoledì 26 marzo 2025

Prezzi dei dolci Pasquali in crescita.... le feste saranno salate

Mancano poche settimane alle festività Pasquali, che si caratterizzano anche per i dolci tipici del periodo. Ma quest'anno il loro sapore sarà decisamente più salato, perché i prezzi saranno più elevati.

I rincari dei prezzi

Molte materie prime alimentari stanno vivendo rincari da diverso tempo, e questo si riflette sui prezzi dei dolci Pasquali. Questo riguardo in special modo i prodotti più gettonati del periodo, uova di cioccolata e colombe, ma anche le pietanze tradizionali delle varie Regioni. Niente sarà immune dalla nuova ondata di rincari.

Perché aumentano i prezzi

La crescita dei prezzi dei dolci Pasquali deriva anzitutto dalla crisi delle materie prime. Una tonnellata di cacao ha raggiunto il prezzo record di 12.000 dollari sul finire del 2024, ossia quattro volte in più del prezzo che aveva a marzo 2023. 
Anche il burro ha registrato feroci aumenti di prezzo, superiori al 80% su base annua. Aumenti più deboli, ma diffusi, interessano anche altri prodotti (basta pensare all'aumento dello zucchero).

Brutta sorpresa nell'uovo di Pasqua

Rispetto al passato, i prezzi più alti riguarderanno in modo importante soprattutto le uova di Pasqua, a causa del forte aumento delle quotazioni sul mercato del cacao. Che si tratti di uova di Pasqua al cioccolato al latte oppure quello fondente, il rincaro medio dovrebbe essere di circa il 30% rispetto all'anno scorso, secondo un'indagine condotta dal Codacons. 

Ma per alcuni prodotti di marca più nota l'aumento potrebbe addirittura giungere al 40% (in particolare facciamo riferimento a un noto marchio svizzero). Anche le uova di cioccolato di formato più piccolo, destinate prevalentemente ai bambini, subiranno un rincaro di circa l'8%. Ma per quei prodotti che sono legati in licenza a società sportive, cartoni animati, serie TV, l'aumento può arrivare a superare il 30% rispetto all'anno passato.

Volano i prezzi... per le colombe

Un altro tipico dolce quali delle festività pasquali sono le colombe, anche loro subiranno rincari non indifferenti. Ciò vale sia per quelle tradizionali che per quelle farcite. La crisi del burro, l'aumento dei prezzi delle uova comporteranno rincari dell'ordine del 21% rispetto all'anno scorso. Quelle farcite al cioccolato potrebbero segnare aumenti ben più pesanti, superiori anche al 30%.

giovedì 20 marzo 2025

Inflazione troppo alta, la BoJ non tocca il costo del denaro

L'approccio della Bank of Japan rispetto alla politica monetaria resta meno accomodante a causa di una inflazione persistente. Così l'istituto centrale nipponico, al termine della riunione che si è svolta mercoledì, ha deciso di lasciare tassi di interesse invariati allo 0,5%.

Le preoccupazioni riguardo l'inflazione

La decisione di politica monetaria che conferma l'attuale livello del costo del denaro è stata presa all'unanimità, e giunge dopo il terzo aumento del costo del denaro, determinato nella riunione di gennaio. Nel comunicato ufficiale di accompagnamento l'istituto centrale giapponese ha sottolineato soprattutto il livello ancora elevato dell'inflazione, che varia tra il 3% e il 3,5% su base annuale (fonte dati broker eToro). Inoltre anche le aspettative sui prezzi futuri sono aumentate moderatamente.

L'effetto Trump

Quello che preoccupa i policy maker giapponesi è il possibile impatto della guerra dei dazi innescata da Donald Trump, che potrebbe avere effetti importanti sul commercio internazionale e sull'inflazione stessa. Per questo motivo - si legge nello statement - è necessario "prestare grande attenzione agli sviluppi dei mercati finanziari e dei cambi e a loro impatto sull'attività economica e sui prezzi in Giappone".

Il quadro economico del Giappone

L'outlook economico dell'economia giapponese è abbastanza statico, con l'export e la produzione industriale che evidenziano un andamento piatto mentre crescono i profitti delle imprese, gli investimenti fissi delle aziende e i consumi privati, nonostante l'impatto degli aumenti dei prezzi e di altri fattori. 
Intanto l'ultimo report macro ha evidenziato anche che il saldo commerciale del Giappone ha registrato un surplus nel mese di febbraio, guidato soprattutto dalla crescita delle esportazioni.

La reazione del mercato

La decisione dell'Istituto centrale giapponese era ampiamente attesa dai mercati finanziari, e di conseguenza ha avuto un impatto marginale su questi ultimi. Sul mercato valutario il cambio dollaro-yen (USDJPY) è rimasto attorno a quota 150, con una leggera salita dopo la riunione della Federal Reserve americana avvenuta nella serata di mercoledì, ed un leggero recupero la parte della valuta giapponese nelle ore successive. Uno scenario perfetto per chi adotta una strategia breakout pullback trading.

Il mercato azionario nipponico invece ha chiuso a quota 37.700 punti la sessione di mercoledì sull'indice Nikkei 225. Oggi invece i mercati giapponesi sono chiusi per le vacanze dell'equinozio di primavera.

martedì 18 marzo 2025

Industria nautica, l'Italia continua a volare (e per questo spaventano i dazi)

Uno dei settori in cui l'Italia brilla all'interno del panorama globale è certamente quello della nautica. Anche gli ultimi dati resi noti da Confindustria lo confermano: l'industria nautica italiana continua a volare all'estero, tanto che nel 2024 è stato raggiunto il nuovo massimo storico di vendite.

Le vendite all'estero della nostra industria nautica

Se nel 2023 erano stati raggiunti 4 miliardi di euro di vendite all'estero, già a ottobre 2024 la cifra delle vendite era salita a 4,5 miliardi (dati Fondazione Edison). L'industria nautica italiana non ha eguali al mondo, visto che è il primo esportatore mondiale di unità da diporto.

Eppure il contesto degli ultimi trimestri non è stato positivo, perché la crisi economica ha ridotto la domanda, finendo per normalizzare una crescita che procedeva a ritmi sostenuti da parecchio tempo. Il calo è stato evidente soprattutto la parte che riguarda le barche fino ai 20-22 metri, che sconta l'incertezza in alcuni mercati e per alcune tipologie.

Brilla il segmento dei superyacht

Anche riguardo alle prospettive finora regnava un grande ottimismo. In particolare il segmento dei superyacht (oltre 24 metri) continua ad essere quello con il maggior numero di ordini. Ci sono 572 unità in costruzione su un totale di 1138. Il portafoglio ordini in questo segmento dell'industria nautica è cresciuto per il 34% delle aziende, mentre circa un terzo segnala invece una riduzione minima (inferiore al 5%). Un altro terzo infine segnala una riduzione compresa tra il 5 e il 10%.

Il fattore Trump

A sporcare il quadro tuttavia è ciò che si sta manifestando all’orizzonte dopo l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. La battaglia dei dazi intrapresa dal presidente statunitense rischia di incidere notevolmente sull'industria nautica italiana. 

In primo luogo perché gli Stati Uniti restano il più importante mercato a livello globale dei cantieri italiani (le cui tipologie di imbarcazioni non sono sovrapponibili a quelle americane). Nel 2023 (ultimo dato disponibile) l’Italia ha esportato verso il continente americano 770 milioni di euro, quasi tutti negli Stati Uniti. 
In secondo luogo perché Invia in diretta genera problemi riguardo agli approvvigionamenti e ai loro costi.

martedì 11 marzo 2025

Mercato azionario, ancora vendite in Europa e negli USA

Altra giornata all'insegna delle vendite per le borse europee, in un clima cauto a causa dei dazi e delle preoccupazioni per l’economia. Trump ha annunciato l'aumento delle tariffe su acciaio e alluminio canadesi al 50%, in risposta alla decisione dell’Ontario di imporre una tassa sull’elettricità inviata negli Stati Uniti. Intanto Citigroup e Hsbc hanno declassato il mercato azionario Usa a “neutral”, puntando su Cina ed Europa.

Il bilancio del mercato azionario

A Piazza Affari l’indice Ftse Mib termina la sessione in ribasso dell’1,38% a 37.698,31 punti. Si tratta della terza seduta consecutiva in calo. Passi indietro anche sul FTSE Italia All-Share, che scivola a 39.910 punti.

Bilancio negativo anche per il Dax tedesco (-1,3%), il Cac40 francese (-1,3%) e l’Ibex35 spagnolo (-1,5%). Perde quota anche la Borsa di Londra, mentre l’indice Euro Stoxx 50 chiude in calo dell’1,5%.
Si muove in rosso anche Wall Street e in particolare scendono Ford, Gm e Stellantis, titoli di case automobilistiche particolarmente esposte ai dazi.

I singoli titoli di Milano

Sul listino principale del mercato azionario italiano, sono pochi i titoli che si sono mossi in rialzo. Corre Leonardo, +1,74%, avanzano le utilities come A2A, che segna un incremento dell'1,22% e rimbalza Prysmian, +0,95% grazie alla promozione a buy da parte di Ubs.

Rosso profondo per Stellantis (-5,2%, con una candela inverted hammer trading) che risulta particolarmente esposta in Canada, appena colpita dai dazi. Scende Campari (-4,1%), male anche Recordati (-3,3%). Giornata difficile anche per le banche (la peggiore è Mps -3,02%).
Fuori dal paniere principale si segnala il rally di EPH (+30,77) grazie al via libera del cda all’aumento di capitale fino a 1,6 milioni.

Gli altri mercati

Sul fronte valutario, il cambio euro/dollaro sale a 1,092 mentre i segnali opzioni binarie gratis puntano soprattutto sull'euro. Fra le criptovalute, il Bitcoin ritorna a 81.500 dollari.
Tra le commodities principali, salgono i prezzi del greggio con il Brent che tratta oltre i 70 dollari al barile (+1,14%), mentre il Wti vede un prezzo di 66,67 dollari (+1,11%). L'oro si apprezza a 2.915 dollari l’oncia.
Sull’obbligazionario si riduce di poco lo spread, che si porta a +107 punti base, con un lieve calo di 2 punti base. Il rendimento del BTP a 10 anni si attesta al 3,95%.

lunedì 10 marzo 2025

Turismo, i viaggiatori vengono mossi soprattutto da cibo e vino

A Berlino si svolge la manifestazione ITB, che l'evento globale più importante legato al turismo. In occasione dell'inaugurazione dello stand italiano a questa fiera, sono stati evidenziati alcuni aspetti caratteristici che delineano l'interesse dei viaggiatori nei confronti del nostro paese.

Aspetti chiave del turismo in Italia

Anzitutto i numeri sono confortanti. Il turismo in Italia è un settore ancora in crescita, con il numero dei viaggiatori che nel 2024 è aumentato. 

Tra gli stranieri che preferiscono il nostro paese ci sono soprattutto i tedeschi, la cui quota complessiva è stata del 14,8%, seguiti dai francesi (13,2%) e dai britannici (7,5%). Subito giù dal podio troviamo i cittadini statunitensi (5%).

Cosa attira gli stranieri

È interessante sottolineare che le motivazioni che spingono gli stranieri a scegliere l'Italia offrono qualche sorpresa. Se i due motivi principali sono l'arte e la cultura del nostro Paese, una quota sempre maggiore di viaggiatori stranieri dà importanza al fattore enogastronomico

Nell'ultimo anno infatti questa motivazione ha vissuto un incremento del 176% rispetto al passato, quando invece era una ragione di nicchia. In termini di volumi, poco più di un milione di visitatori stranieri ha scelto di scoprire la bontà e la genuinità della nostra enogastronomia (con 1,8 milioni di pernottamenti). Grazie al turismo internazionale, il nostro comparto enogastronomico ha ottenuto 363 milioni di euro dell'ultimo anno. Aspetto ancora più positivo, si tratta di un fattore che spinge anche alla conoscenza non delle mete turistiche tradizionali, ma delle aree interne al Paese.

Export e turismo

Tutto questo serve anche a sottolineare quanto sia importante il legame tra l'export enogastronomico e il turismo. Esiste infatti una correlazione diretta anche abbastanza evidente. Quando i nostri prodotti tipici vengono venduti all'estero, permettono di esportare il made in Italy e rappresentano un biglietto da visita importante per il nostro paese, attirando ogni anno nuovi turisti. 

L'export agroalimentare italiano ha come principali mercati di sbocco la Germania, gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito, ossia quei paesi dai quali giunge la maggior parte dei turisti mossi da interesse enogastronomico verso l'Italia. Ecco perché i dazi USA voluti da Trump potrebbero rappresentare un danno enorme non solo in via diretta, ma anche in modo indiretto perché colpirebbero il turismo.

martedì 4 marzo 2025

Tariffe commerciali, la battaglia USA-UE potrebbe far volare l'argento

Le escalation di tensione sul fronte commerciale sembra appena cominciata. Malgrado ogni tanto qualcuno provi a mandare dei segnali distensivi, basta poco per riaccendere la miccia e far temere che una battaglia a colpi di tariffe stia davvero per cominciare.

La dialettica USA-Ue sulle tariffe

Dopo un annuncio di Trump sull'intenzione di colpire le merci in arrivo dall'Europa con tariffe fino al 25% (che interesserebbero anche auto, settore chimico e chip), dall'Unione Europea è arrivata una contro-minaccia da parte del presidente francese Macron. L'Unione Europea non intende rimanere ferma e subire i dazi statunitensi senza reagire, ma non si intende proteggersi con contromisure strategiche. 

Ciò significa che, se davvero gli Stati Uniti introdurranno tariffe del 25% contro l'Europa, probabilmente ci sarà una risposta analoga che colpirà acciaio ed alluminio per lo stesso ammontare. Tutto questo potrebbe avere conseguenze importanti sul mercato delle materie prime, e in special modo potrebbe avere effetti dirompenti sul prezzo dell'argento.

Le conseguenze per l'argento

Secondo Bloomberg Intelligence, il ruolo dell'argento è così cruciale in alcuni settori dell'economia, visto il suo larghissimo impiego industriale, che la richiesta aumenterà così tanto da imprimere al prezzo un forte slancio. I segnali di questo scenario peraltro già si sarebbero, dal momento che il prezzo dell'argento è cresciuto dell'8% da gennaio a oggi, superando i 33 dollari per oncia (fonte dati Pocket Option nuovo link). Ma secondo Bloomberg Intelligence la crescita del silver metal potrebbe addirittura superare quello dell'oro in futuro.

NB. Chi intende negoziare le materie prime può sfruttare anche le regole di Gann trading Forex.

Turbolenze sul mercato

In generale, una battaglia a suon di tariffe è destinata a scatenare un vero shock per il mercato delle materie prime, soprattutto i metalli. La concorrenza che c'è su questo settore diventerebbe sempre più feroce, creando un danno che potrebbe essere importante anche per gli stessi Stati Uniti.

giovedì 27 febbraio 2025

Commercio, si è chiuso un anno da dimenticare per l'Italia

Il 2024 passerà agli annali come l'anno peggiore per il commercio nell'ultimo decennio. Si è infatti viaggiati alla media di un negozio aperto ogni tre chiusi. Un vero e proprio disastro.

I numeri disastrosi del commercio

Come viene fuori da un'analisi condotta da Confesercenti, sulla base dei dati delle Camere di Commercio, nel 2024 le nuove attività sono state poco più di 23.000. Quelle che invece hanno chiuso si sono avvicinate ai 62.000. Complessivamente quindi c'è stato un saldo negativo che sfiora le 40.000 unità.

Una tendenza non occasionale

Questa tendenza per altro non è frutto di fattori occasionali, bensì di una problematica chiaramente strutturale, visto che la tendenza è ormai questa da diverso tempo. Soprattutto per quanto riguarda l'avvio di nuove attività. Basta pensare che nel 2014 le aperture in un anno furono 43.000, quasi il doppio di quelle registrate lo scorso anno. La tendenza calante peraltro si è acuita a partire dal 2020. Di questo passo - avverte Confesercenti - nel 2034 il numero delle nuove aperture praticamente si azzererebbe.

Cosa scoraggia l'avvio di nuove attività

Alla base di questo calo progressivo e inesorabile di nuove attività c'è in primo luogo il rallentamento dei consumi. Anche la carenza di credito è un fattore che ha pesato sulle nuove aperture di negozi, così come il progressivo invecchiamento della popolazione. Inoltre la concorrenza dei grandi gruppi e dei giganti delle vendite on-line scoraggia chiunque voglia aprire una nuova attività.

Cessazioni di attività in progressivo aumento

Un aspetto preoccupante riguarda anche la dinamica delle cessazioni di attività nel commercio. Infatti sono in continuo aumento. Addirittura se nell'anno del Covid le chiusure giornaliere erano circa 139, nel 2024 - con la pandemia ormai abbondantemente alle spalle - le chiusure giornaliere sono state 169.

Benché la desertificazione commerciale attraversa tutto il territorio nazionale, ci sono comunque panorami disomogenei. Il rapporto peggiore tra nuove attività e chiusure si registrano nelle Marche, circa 1 a 4. Ma stanno messe male anche la Sicilia, il Lazio, la Sardegna e l'Umbria, altre regioni dove il rapporto tra chiusure e aperture e superiore a 3.

lunedì 24 febbraio 2025

Mercati finanziari, la Germania dopo il voto può scuotere i mercati

Un fiume di dati macro e l'uscita dalla Germania dalle elezioni anticipate saranno i temi più caldi per i mercati finanziari nei prossimi giorni. In particolare, i nuovi scenari politici nella locomotiva d'Europa potrebbero incidere parecchio sull'umore degli investitori.

Cosa ci aspetta sui mercati finanziari

Durante questa settimana, negli Stati Uniti ci saranno alcuni funzionari della Federal reserve che parleranno della politica monetaria statunitense. Inoltre verranno rilasciati alcuni dati macro importanti, tra i quali spiccano il reddito e la spesa personale, oltre alla stima della crescita del prodotto interno lordo nel quarto trimestre del 2024. 

Occhi puntati soprattutto sui dati PCE che forniranno approfondimenti sulle pressioni dell'inflazione. I mercati finanziari potrebbero aggiustare di conseguenza le loro previsioni sui tagli dei tassi da parte della Fed. 

Questo inciderà anche sull'andamento del dollaro statunitense, che nell'ultima settimana sembra essersi stabilizzato verso quota 106,5, disegnando una doji candle trading forex.

L'Europa è il voto in Germania

Come era prevedibile, in Germania le elezioni sono state vinte dal blocco conservativo CDU/CSU, ma bisognerà formare una coalizione per riuscire a governare. Le trattative in tal senso saranno febbrili, probabilmente lunghe e orienteranno l'umore dei mercati finanziari - soprattutto l'azionario europeo e in special modo l'indice DAX 40 - nei prossimi giorni.

Per gli investitori ci sono anche i verbali dell'ultima riunione della BCE in calendario, che serviranno a farsi delle idee sulle mosse future della Eurotower. Analogo peso avranno anche i dati sull'inflazione in diversi paesi del vecchio continente. Tutto questo andrà a guidare i prossimi movimenti dell'euro...

Il resto del mondo

Stati Uniti ed Europa non saranno le uniche aree monitorate dai mercati finanziari. In Giappone sono in uscita numerosi dati macroeconomici, come vendite al dettaglio, produzione industriale e l'inflazione di Tokyo di febbraio. Numeri importanti, soprattutto dopo che i membri della Bank of Japan hanno inviato segnali hawkish ai mercati finanziari.

Settimana di politica monetaria per la banca di Corea, che dovrebbe riprendere il suo percorso di taglio dei tassi. La politica monetaria sarà al centro dell'inflazione anche in Israele e Thailandia, mentre i dati macro saranno gli appuntamenti più importanti in Australia.

mercoledì 19 febbraio 2025

Lavoro, stipendi modesti e troppo stress allontanano gli aspiranti infermieri

Chi ha come sogno nel cassetto di diventare un infermiere può esserne orgoglioso, ma il più delle volte finirà per rinunciare a questo tipo di lavoro. I numeri degli ultimi anni evidenziano infatti che sempre meno giovani vogliono avvicinarsi a questa professione così nobile.

La carenza di infermieri sul mercato del lavoro

Il problema di fondo di questa disaffezione dei giovani nei confronti della professione medica e infermieristica sta sia nella retribuzione che nelle condizioni di lavoro, spesso estremamente stressanti. Ci sono infatti turni infiniti e inevitabili conseguenze anche sulla vita privata. Senza contare il crescente numero di aggressioni al personale sanitario.

Se questo scenario abbraccia l'intero settore sanitario, più che per i medici è per gli infermieri che si avverte il maggior rischio di una carenza fortissima nei prossimi anni. Il settore viaggia infatti lungo una traiettoria di una lenta ed inesorabile agonia.

Alcuni numeri eclatanti

Tra il 2019 e il 2022 le richieste di accesso ai corsi di laurea in infermieristica ha subito un tracollo del 20%. Se prima le richieste erano 30.000, poi sono scivolate a 24.000. Il paradosso è che tutto questo è avvenuto mentre la richiesta di lavoro da infermiere è aumentata del 15%
Quindi se da un lato c'è la necessità di colmare la crescente richiesta di personale sanitario, dall'altro il numero dei giovani che volta le spalle a questo tipo di lavoro è in costante aumento.

La crisi su una tendenza esponenziale

Ora, dal momento che c'è questa carenza è inevitabile che chi già svolge il lavoro di infermiere si troverà a dover affrontare condizioni sempre peggiori. Se i turni in precedenza erano massacranti, con meno infermieri disponibili lo saranno ancora di più, alimentando ulteriormente quello stress che spinge all'abbandono di questo tipo di lavoro. 
È un circolo vizioso che si manifesta chiaramente nei dati 2024: oltre 20.000 infermieri hanno presentato le proprie dimissioni, il 170% in più rispetto all'anno precedente (ai quali poi aggiungiamo i 7.000 medici che hanno detto addio al servizio pubblico).

Le ragioni di questo abbandono sono anche economiche, dal momento che gli infermieri sostengono di percepire stipendi umilianti e scarso riconoscimento professionale. Al punto tale che il 75% non consiglierebbe questa professione neanche al suo peggior nemico.

mercoledì 12 febbraio 2025

Inflazione USA, brutta sorpresa per i mercati: torna a salire

Giornata amara per chi sperava di ricevere una sorpresa positiva dal report sull'inflazione negli Stati Uniti. I prezzi non solo non rallentano, ma addirittura stanno accelerando oltre le aspettative e questo potrebbe avere forti implicazioni sulle mosse della Federal Reserve.

Gli ultimi dati sull'inflazione

In base ai dati pubblicati mercoledì, a gennaio il tasso di inflazione annuale negli Stati Uniti è cresciuto fino al 3%, andando oltre le aspettative di mercato che erano del 2,9% (ossia lo stesso dato di dicembre).

Il tasso di inflazione su base mensile è cresciuto dello 0,5%, dallo 0,4% del mese precedente. La crescita è stata decisamente superiore alle attese che erano dello 0,3%. La corsa dei prezzi su base mensile è stata la più veloce registrata dall'agosto del 2023.

Ma non finisce qui perché anche l'altra misura dell'inflazione, il tasso core - ossia depurato delle componenti più volati di come cibo e l'energia - ha registrato un rialzo inaspettato fino al 3,3% (ben oltre l'intervallo obiettivo della Federal Reserve) rispetto alle previsioni del 3,1%. Su base mensile il tasso core è cresciuto dello 0,4%, anche in questo caso oltre le aspettative.

Cosa comporta tutto questo

I segnali di un'inflazione così persistente danno ragione alla Federal Reserve, che continua a predicare prudenza e assumere un atteggiamento cauto rispetto ai tagli dei tassi di interesse. Lo stesso presidente Powell, ieri in audizione al Congresso, ha chiarito che la Federal Reserve non ha alcuna fretta di abbassare il costo del denaro.

Di diverso avviso invece il presidente Trump, che tramite il social network Thruth ha ribadito l'idea dche la banca centrale dovrebbe tagliare i tassi, parallelamente all'adozione di tariffe commerciali da parte degli Stati Uniti.

Annotazione: quando si negoziane le valute si fa trading sui mercati otc, ossia non centralizzati.

Il mercato

Dopo il report sull'inflazione, il mercato ha fatto slittare le aspettative del prossimo taglio al costo del denaro a dicembre 2025, mentre in precedenza erano per settembre. Tutto questo ha spinto il dollaro sul mercato valutario, dove l'indice del biglietto verde torna a guadagnare terreno portandosi verso 108.5, livello più alto di oltre una settimana (Se ti interessano le opzioni vanilla, broker con cui negoziare li puoi trovare in questo articolo).
Salgono anche i rendimenti dei titoli di Stato 10 anni, che toccano il 4,65%, dopo che avevano raggiunto il minimo di quasi due mesi lo scorso 5 febbraio.

martedì 11 febbraio 2025

Aziende agrituristiche sempre più sulla cresta dell'onda, in vent'anni sono raddoppiate

C'è un settore che continua a registrare forti tassi di crescita negli ultimi anni. È quello degli agriturismo. Il numero di aziende agrituristiche che operano in Italia è raddoppiato negli ultimi vent'anni, superando le 26.000 unità.

Il successo delle aziende agrituristiche

La situazione del settore è stata analizzata dall'Istat, che ha evidenziato come nell'ultimo anno ci sia stata un ulteriore crescita, che si è concentrata maggiormente al centro (2,3%) e nelle isole (1,7%). Le aziende agrituristiche hanno un valore della produzione economica che ha raggiunto 1,9 miliardi di euro, con una crescita del 15% rispetto all'anno scorso.

Analisi geografica del settore

Parallelamente alla crescita del numero di aziende agrituristiche, è cresciuto anche il numero dei comuni che hanno almeno una struttura di questo tipo nel proprio territorio. Nel 2023 si è arrivati al 63,7%, ma nel Centro Italia questa percentuale sale all'85,7%. Chi spicca in negativo è il Nord-Ovest del paese, dove i comuni con almeno un'azienda agrituristica sono solo il 53,1%. Nella maggior parte dei casi le strutture si trovano in aree collinari 53%, mentre nel 31% dei casi si trovano in montagna. Le aziende agrituristiche in pianura sono soltanto il 16%.

Aumenta la platea dei turisti

Le aziende agrituristiche stanno diventando sempre di più la meta preferita dei visitatori. Nel 2023 sono stati 4,5 milioni quelli che hanno deciso di trascorrere in questo modo un periodo di vacanza. Si tratta di un numero in crescita del 11% rispetto all'anno precedente. Quasi la metà sono stranieri. Il Centro Italia è stata la meta preferita dai visitatori, visto che il 72% ha deciso di andare tra Toscana, Lazio, Umbria e Abruzzo.

Le motivazioni alla base della preferenza per questo tipo di strutture generalmente risiedono nella voglia di stare a contatto con la natura o gustare i sapori tipici del territorio. Questo tipo di strutture infatti punta molto sulle peculiarità culturali e paesaggistiche del territorio dove operano, tant'è che cercano di integrare nelle loro strutture anche molteplici servizi, come degustazioni e ristorazione o attività ricreative in loco da svolgere all'aria aperta.

mercoledì 5 febbraio 2025

Mercato finanziario nervoso sulle tensioni commerciali tra USA e Cina

Sono giorni intensi per la Cina, tra dati macro che stanno arrivando e il tema della battaglia commerciale con gli USA. Situazioni che rendono nervoso il mercato finanziario, alimentando la volatilità sui listini azionai e anche sullo yuan.

I temi caldi per il mercato finanziario

Martedì, la Cina ha imposto tariffe su alcune importazioni statunitensi tra cui petrolio, gas, carbone, automobili e attrezzature agricole, a partire dal 10 febbraio. Ha inoltre lanciato un'indagine antitrust su Google. Tutto questo per rispondere alle tariffe del 10% annunciate da Trump su tutte le merci cinesi.

Con la disputa commerciale che si approfondisce, il mercato finanziario spera che i leader delle due più grandi economie del mondo possono concludere un accordo per evitare una escalation tariffaria.

I dati macro deludenti

Intanto sul fronte economico, il PMI composito cinese è sceso a 51.1 a gennaio (fonte Pocket Option Italia) toccando il livello più basso da settembre. Il rallentamento è stato guidato da una crescita più debole nel settore dei servizi, nonostante un'attività manifatturiera più forte. Il PMI dei servizi elaborato da Caixin/S&P Global è sceso a quota 51,0 punti a gennaio 2025 dai 52,2 precedenti. Il valore rimane sopra la soglia chiave dei 50 punti, che segnala una espansione dell'attività, ma delude le attese degli analisti che indicavano un aumento a 52,3 punti.
Nel frattempo, l'occupazione è diminuita per il secondo mese consecutivo a causa di dimissioni e licenziamenti.

L'andamento di Borsa e Yuan

Il mercato azionario cinese (alla riapertura dopo una vacanza di una settimana) ha reagito con un calo. L'indice composito di Shanghai è sceso dello 0,65% per chiudere a 3.229 punti. I titoli peggiori sono stati Zhongji InnoLight (-14,4%), FoxConn Industrial (-6,8%) ed Eoptolink Technology (-18,5%).

Sul fronte valutario invece lo Yuan offshore è scivolato a circa 7,29 per dollari, dopo due sessioni consecutive di guadagni, innescando le vendite impostate con il trailing stop loss. La debolezza dello Yuan è stata parzialmente compensata dalla banca centrale, che è intervenuta impostando il fix a 7,1693 per dollaro, più forte del livello 7,20.

lunedì 3 febbraio 2025

Acquisti di auto elettriche in calo anche se agli italiani piacciono

L'idea di guidare un veicolo elettrico in generale piace agli italiani, soprattutto perché associati ad un minore impatto ambientale. Tuttavia gli acquisti di questo tipo di veicolo continuano a calare, e la ragione principale è nel loro costo troppo elevato.

Cosa frena gli acquisti

Un recente studio condotto da Deloitte ha evidenziato il rapporto che c'è tra gli automobilisti italiani e i veicoli elettrici, particolarmente condizionato dall'andamento dei prezzi. In un'indagine a campione condotta in 30 paesi (tra cui l'Italia) relativa ai prossimi acquisti di autoveicoli, circa l'87% degli italiani ha dichiarato di voler spendere al massimo 50.000 euro per un'auto nuova. 

Questo significa che probabilmente non sarà elettrica, visto che quasi tutti i modelli superano questo livello di prezzo.
Anche per questo motivo cresce la quota di coloro che ripiegano sui modelli ibridi, +2% rispetto al 2024, perché consentono un compromesso tra rispetto per l'ambiente ed esigenze di portafoglio.

Velocità di transizione e costi di produzione

È evidente quindi che le difficoltà che sta attraversando il settore dei veicoli elettrici trova una valida spiegazione dal punto di vista del consumatore finale. Il mercato è stato spinto con forza verso una transizione rapida, che non ha consentito di progredire adeguatamente sul fronte dei costi (specialmente quello per le batterie) e quindi in definitiva sui prezzi finali. La maggior parte dei veicoli elettrici di nuova produzione rimane pressoché inaccessibile a un'ampia fascia di consumatori, che per i loro acquisti preferiscono ancora le auto a benzina, i diesel o i modelli ibridi.

Del resto proprio le differenze di costo tra produttori europei e cinesi ha spinto all'adozione di dazi contro Pechino.

Problemi di ricarica e pochi incentivi

Un momento cruciale è stato lo stop agli incentivi per l'acquisto di auto elettriche, perché da allora in poi la frenata del settore è stata più evidente. Tanto più che nello stesso periodo l'inflazione ha esercitato già forti pressioni nelle tasche dei automobilisti. 

Un altro problema avvertito in maniera seria è la carenza di infrastrutture di ricarica, soprattutto per chi viaggia spesso in autostrada. Per molti degli intervistati la vera svolta sarebbe riuscire a ricaricare il veicolo presso la propria abitazione. In generale le postazioni di ricarica sono ritenute ancora poche, e i tempi per un "pieno" di energia ancora troppo lunghi.

lunedì 27 gennaio 2025

Valute digitali, dopo Trump qualcosa si sta muovendo nella SEC

Il ritorno di Donald Trump alla Casa bianca ha dato al settore delle valute digitali una forte scossa, perché il tycoon ha promesso un deregolamentazione del settore, per anni imbrigliato dal rigido controllo della Sec (sotto la guida di Gary Gensler). Ma adesso qualcosa si sta già muovendo.

Le novità sulle valute digitali

La Security and Exchange Commission, ossia l'autorità che regola e vigila sul funzionamento dei mercati finanziari statunitensi, ha compiuto il primo passo per rendere più leggere le regole attorno alle valute digitali. Sotto la nuova guida di Paul Atkins, scelto da Donald Trump come nuovo capo della commissione (per via proprio del suo entusiasmo verso il settore delle crypto), ha ritirato il quadro che delineava dei requisiti rigorosi di informativa per quelle società che detengono valute digitali.

In sostanza adesso viene consentito alle istituzioni finanziarie che hanno cripto valute per conto dei clienti di stabilire se dichiarare quelle attività digitali come passività (il SAB 121 serviva in sostanza a limitare le società dal detenere criptovalute). Si tratta di un primo passo, che comunque ha un'enorme importanza e valore indicativo per capire quale aria nuova nuova tira attorno alle valute virtuali.

La corsa del prezzo

Per cogliere l'entusiasmo con cui il mondo cripto ha accolto l'elezione di Trump, basta vedere l'andamento dei maggiori asset virtuali. Il Bitcoin è tornato oltre i centomila dollari, con il De Mark indicator che continua a segnalare la forza del trend. C'è chi vede ancora ampi spazi di salita, con alcuni esperti che ipotizzano prezzi sui 130.000, 150.000 o anche molto oltre nel corso del 2025.

NB. Se sei interessati a negoziare le valute virtuali, utilizza sempre e soltanto società di trading autorizzate Consob.

La mossa più attesa di Trump

Quello che il mercato aspetta con grande trepidazione è soprattutto la formazione di una riserva nazionale di risorse digitali, come Trump ha annunciato in campagna elettorale. Per adesso il nuovo presidente statunitense ha firmato un ordine esecutivo per approfondire questa ipotesi. Ma se davvero dovesse trasformarla in fatti concreti, il mondo delle valute digitali potrebbe ricevere una spinta senza precedenti e chissà dove potrebbero arrivare i prezzi di Bitcoin e compagnia.

giovedì 23 gennaio 2025

Finanza digitale, crescono le donne investitrici in Italia

Anche se l'investimento rimane una prerogativa fortemente maschile, il numero di donne italiane che decide di utilizzare il proprio denaro nei mercati della finanza digitale è in costante crescita.

Chi investe nella finanza digitale

L'identikit dell'investitore italiano è stato tracciato grazie ad una analisi condotta dall'osservatorio Finanza digitale di BG Saxo. Da essa emerge che il 57% degli investitori e di sesso maschile, con un'età compresa tra i 25 e 54 anni e 10 anni di esperienza (il 27,5% segue la Borsa da più di 10 anni, il 20% da oltre 6 anni e il 27,1% tra i 3-5 anni). Questo significa che il 42,7% sono donne, un numero notevole.

Ma se questo è il tratto tipico degli investitori italiani, ci sono tendenze interessanti da esaminare. Ad esempio, quasi il 31% di chi utilizza le piattaforme online è un under 35, e quasi il 9% è under 25, la dimostrazione che soprattutto gli strumenti digitali sono in grado di catturare un pubblico più giovane.

Come è stata condotta l'indagine

L'analisi effettuata dall'osservatorio si è basata su un campione di 2800 persone che risiedono al Nord Italia. La scelta del luogo non è casuale, visto che secondo la Consob è proprio in quest'area del paese che si concentra la maggior parte degli investitori nella finanza digitale.
Ai rispondenti sono state poste delle domande riguardo alle abitudini e motivazioni di investimento, agli strumenti che vengono utilizzati, ai tipi di mercati che vengono preferiti e con quali criteri scelgono il proprio broker.

I risultati

Più della metà degli intervistati preferisce azioni, obbligazioni, criptovalute. Quasi la metà invece sostiene che nel 2024 ha investito più di quanto ha fatto nell'anno precedente, e che probabilmente nel 2025 utilizzerà ancora più risorse nella finanza digitale. 

Anche se la motivazione principale dell'investimento resta chiaramente aumentare il proprio patrimonio (61%), essa viene seguita dalla volontà di proteggersi dall'inflazione (41,1%) o dal costruirsi un paracadute finanziario in caso di eventi imprevisti (36,5%). Tra le motivazioni c'è però anche l'intenzione di mettere da parte denaro per i propri figli (22%).

lunedì 20 gennaio 2025

Investitori, il focus è sulle prime mosse di Trump alla Casa Bianca

Questa settimana comincia con l'insediamento ufficiale di Donald Trump quale nuovo presidente USA. Le prime mosse che farà il tycoon saranno di grande interesse per gli investitori, in speciale modo quelle riguardo ai dazi.
Oltre a questo evento centrale, altri ce ne saranno che potrebbero muovere un po' le acque sui mercati.

USA-Trump e gli investitori

Lunedì gli occhi di tutto il mondo, non solo quelli degli investitori, saranno puntati sul giorno dell’inaugurazione della presidenza Trump. Dopo il giuramento ci sarà il consueto discorso, che i trader seguiranno da vicino per cogliere eventuali suggerimenti su cambiamenti politici e potenziali ordini esecutivi. 

Quello che dirà e farà Trump inciderà non solo sulle borse, ma anche sul cammino della FED e quello del dollaro, che intanto regge oltre quota 100, come s può vedere su qualsiasi broker opzioni binarie Europa.

Dati economici e Wall Street

Sempre negli USA, la stagione degli utili si intensificherà, con importanti report di Netflix, Charles Schwab, Procter & Gamble, Johnson & Johnson, Abbott, Progressive, Intuitive Surgical, General Electric, Texas Instruments, Union Pacific, American Express, Verizon e NextEra Energy.
Sul fronte macro invece il calendario non offre grandi spunti (dati flash S&P Global PMI, vendite di case esistenti, sentiment dei consumatori del Michigan).

Appuntamenti in Europa

Nel Vecchio Continente l’attenzione degli investitori si concentrerà sui dati flash PMI per l’Eurozona, Germania, Francia e Regno Unito. Si temono brutte notizie sull'andamento dei servizi e del settore manifatturiero. Si prevede che la fiducia dei consumatori dell’Eurozona rimanga negativa.
Nel Regno Unito attesi i dati sul mercato del lavoro, mentre in Turchia si riunisce la CBRT. Si prevede che taglierà i tassi di 25 punti base, portandoli al 45%, mentre anche la Norvegia annuncerà la sua decisione.

NB. Se volete fare trading sulle notizie, imparate prima a utilizzare bene la leva finanziaria forex.

Il resto del mondo

Gli occhi degli investitori saranno puntati anche sul Giappone, dove la Banca centrale dovrebbe aumentare i tassi di 25 punti base. Proprio questa prospettiva ha consentito allo Yen un rialzo a circa 155,3 per dollaro, tanto da vivere la settimana più forte dalla fine di novembre.

La Cina invece, dopo aver confermato l’obiettivo di crescita del 5% per il 2024, vivrà una settimana tranquilla per i comunicati economici, con i mercati alla ricerca di indizi su potenziali misure di stimolo prima della chiusura del Capodanno cinese.

mercoledì 15 gennaio 2025

Banche, l'IA minaccia quasi 200mila posti negli USA

La quasi totalità dei mercati e dei settori industriali è sempre più influenzata dall'intelligenza artificiale. E presto potrebbe innescare un cambiamento forte nelle banche. Secondo quanto sostiene una recente ricerca di Bloomberg Intelligence, il ricorso all'AI potrebbe rendere superfluo il lavoro di centinaia di migliaia di addetti, provocando ondate di licenziamenti nei prossimi anni negli istituti statunitensi.

Il ruolo dell'IA nelle banche

Nelle banche, l’intelligenza artificiale può essere applicata per supportare diversi processi e obiettivi

Può servire a migliorare l’efficienza e l’efficacia operativa, può migliorare l’esperienza del cliente e rendere la conoscenza finanziaria più accessibile, grazie alla competenza linguistica dell’intelligenza artificiale generativa, può migliorare il rilevamento delle frodi, accelerare l'analisi dei dati, fornire analisi predittive su settori industriali, elevare il livello di personalizzazione di servizio al cliente, et etc.

Demansionamento umano

A poco a poco che il ruolo dell'intelligenza artificiale diventerà più rilevante, molte delle mansioni che attualmente sono svolte dai lavoratori umani diventeranno compito dei computer. Soprattutto quelle che implicano attività di routine e ripetitive.

Per questo motivo il taglio dei posti di lavoro, che dovrebbe avvenire nell'arco dei prossimi tre-cinque anni, potrebbe raggiungere la ragguardevole cifra di 200.000 posti di lavoro. In termini percentuali siamo a circa al 3%. Ma c'è chi si spinge a ipotizzare ripercussioni anche sul 10% dell'organico totale.

Figure più a rischio

Le figure più a rischio nelle banche sono quelle back office, quelle middle office e poi quelle relative alle operazioni. La gestione dell'assistenza i clienti potrebbe essere delegata in larga parte ai bot, mentre anche le mansioni legate alla conoscenza dei clienti sarebbero vulnerabili.
Con l'introduzione dell'IA non ci sarà una cancellazione totale di certe attività, quanto piuttosto una trasformazione della forza lavoro.

giovedì 9 gennaio 2025

Tassi di interesse, la FED vuole prendersi una pausa

Nella serata di mercoledì sono stati pubblicati i verbali dell'ultima riunione di politica monetaria della Federal Reserve (17-18 dicembre), in cui la banca statunitense decise di tagliare i tassi di interesse di 25 punti base, portandoli nella forbice compresa tra 4.25%-4.5%.
Da essi emerge l'intenzione di procedere con cautela sui futuri tagli, a causa dei rischi al rialzo per inflazione per via delle nuove politiche su commercio e immigrazione promesse da Trump.

La view del FOMC sui tassi di interesse

I membri del FOMC, il comitato che regola la politica monetaria della Fed, ritengono che sia giusto "rallentare il ritmo dell'allentamento della politica monetaria". Dopo i tagli dei tassi di interesse per un totale di 100 punti base, adesso il costo del denaro è "significativamente più vicino al suo valore neutrale".

Ma a indurre maggiore cautela sono soprattutto i futuri scenari economici degli USA, visto il cambio di rotta che si preannuncia con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.

NB. Quando ci sono eventi così importanti, possono cambiare rapidamente i segnali forex in tempo reale.

I timori sull'inflazione

In special modo, i membri della banca centrale USA temono che l'inflazione possa riprendere a salire, a causa dei cambiamenti nella politica commerciale e di immigrazione (anche se non viene mia nominato Trump, è chiaro il riferimento alle politiche che ha annunciato).

Altri fattori di rischio per l'inflazione sono le possibili interruzioni nelle catene di fornitura globali dovute a sviluppi geopolitici, un allentamento delle condizioni finanziarie più ampio del previsto, una spesa delle famiglie più forte del previsto e aumenti più persistenti dei prezzi degli alloggi.

Il dollaro resta forte

Sul mercato valutario, questo approccio della FED ha consentito al dollaro di rimanere forte. Il Dollar Index è stabile intorno a 109, e alcuni indicatori per scalping forex si sono attivati al rialzo. Dalla fine di settembre a oggi, il biglietto verde ha guadagnato circa il 10% (metà dei guadagni dopo la rielezione di Trump).
Gli investitori sono ora concentrati sul rapporto sul lavoro di dicembre in uscita venerdì, per ulteriori indicazioni sullo stato dell’economia a stelle e strisce.

martedì 7 gennaio 2025

Insolvenze, dato preoccupante in arrivo dagli Stati Uniti

Ci sono alcuni dati riguardanti lo stato di salute dell'economia statunitense che passano in sordina, ma che evidenziano dei preoccupanti scricchiolii dell'economia più grande al mondo. In particolare, quelli sulle insolvenze relative alle carte di credito meritano attenzione.

I numeri riguardo alle insolvenze

Secondo un report pubblicato a fine anno dal Financial Times, le insolvenze su prestiti contratti con carta di credito hanno toccato negli Stati Uniti un livello che non si vedeva dalla crisi finanziaria del 2008

Nei primi nove mesi dello scorso anno, gli istituti di credito a stelle e strisce hanno cancellato ben 46 miliardi di dollari di prestiti. Lo hanno fatto perché c'era un ritardo così grave nei pagamenti da rendere improbabile la loro riscossione.

La cosa ancora più preoccupante è che questa cifra è superiore del 50% rispetto allo stesso periodo del 2023. Tutto questo significa che le famiglie, soprattutto quelle a basso reddito, se la passano molto male perché fiaccate da anni di alta infezione.

La crisi dopo la pandemia

Nel momento in cui è finita la crisi pandemica, i consumatori statunitensi hanno avuto grande liquidità e sono stati invogliati a spenderla. Il terreno è diventato fertilissimo per gli emittenti di carte di credito, che hanno potuto sottoscrivere contratti con soggetti che parevano debitori abbastanza affidabili, visto che loro conti bancari erano pieni di liquidità. I saldi delle carte di credito sono cresciuti, arrivando spingere i debiti con le carte di credito oltre 1 miliardo a metà del 2023.

Inflazione e tassi di interesse

Ma poi c'è stata l'esplosione dell'inflazione ed il conseguente aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, a partire dal marzo 2022. L'incremento dei saldi delle carte e dei tassi di interesse ha lentamente strozzato le finanze di molti debitori

Quando i soldi sui conti sono finiti, ha cominciato a crescere il numero dei mutuatari che lotta per ripagare i debiti contratti tramite carta di credito. Nonostante all'orizzonte ci siano ulteriori tagli dei tassi di interesse da parte della Fed, le difficoltà di questi debitori continueranno ancora nel 2025, rendendo la situazione assai delicata.