lunedì 16 giugno 2025

Mercati finanziari, le tensioni in Medioriente e la FED al centro dell'attenzione

Le tensioni geopolitiche in Medio Oriente hanno fatto di nuovo irruzione sui mercati finanziari, creando un clima di forte nervosismo. La questione rimarrà al centro dell'attenzione anche nei prossimi giorni, a seguito dell'attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani. Si teme un allargamento del conflitto nella regione.

I principali eventi sui mercati finanziari

Oltre alle tensioni in Medioriente, i mercati finanziari seguiranno anche i progressi nei negoziati commerciali tra gli Stati Uniti e altri Paesi del mondo.

Ma gli USA saranno al centro dell'interesse degli investitori soprattutto per la riunione della Fed. Si prevede che la banca centrale lascerà invariato il tasso sui fondi federali, ma gli investitori seguiranno attentamente le proiezioni economiche e il dot plot per capire se lo scenario in corso potrà incidere sulle mosse future dell'istituto americano. Tutto questo potrebbe incidere sull'andamento del dollaro, dopo che l'Index DXY negli ultimi giorni si è stabilizzato oltre quota 98, disegnando una candela doji sul grafico settimanale.

Dai macro in uscita in Europa

In Europa, si prevede un leggero miglioramento della fiducia dei consumatori nell'Eurozona, mentre i dati finali dell'indice dei prezzi al consumo (IPC) confermeranno probabilmente il rallentamento dell'inflazione annua all'1,9%. Nel frattempo l'euro ha continuato a guadagnare terreno sul mercato valutario, e potrebbe fare breakout dal triangolo forex ascendente oltre la soglia di 1,15.

Le altre riunioni di politica monetaria

Il calendario fittissimo prevede anche altre riunioni di politica monetaria. Oltre alla Federal Reserve, si riuniranno anche la Banca Popolare Cinese, la Banca del Giappone e la Banca d'Inghilterra. Tutti dovrebbero mantenere invariati i tassi di interesse.

Sono attese anche decisioni da parte delle banche centrali di Svizzera, Svezia, Norvegia, Turchia, Brasile, Indonesia, Filippine e Taiwan. In particolare, si prevede che la Banca Nazionale Svizzera taglierà i tassi di interesse di 25 punti base, con crescenti speculazioni su un taglio più profondo che potrebbe reintrodurre tassi negativi.

Il vertice G7

Altro evento di grande interesse per i mercati finanziari è il vertice del G7 in Canada, dove i leader delle maggiori economie mondiali si incontreranno per discutere delle principali sfide globali. Mai come in questa circostanza, gli interventi dei vari leader saranno attentamente seguiti dagli investitori.

mercoledì 11 giugno 2025

Imprese, in Italia una crescita del 16% in questo millennio

L'Italia è stata sempre una nazione a forte vocazione imprenditoriale, e adesso ci sono alcuni numeri che confermano questa rinnovata tendenza. Durante questo millennio infatti in Italia il numero di imprese è cresciuto del 16%.

Alcuni dati sulle imprese

Questi dati sono il frutto di una ricerca condotta da Verum Partners, un gruppo che offre consulenze e servizi alle PMI e alle startup. 

In questi ultimi 25 anni si è passati da circa 3,7 milioni di imprenditori che c'erano nel 2001 ai quasi cinque milioni di quest'anno. La media è di 21 imprenditori ogni mille lavoratori, in crescita rispetto ai 19 di inizio secolo. Questo numero colloca così l'Italia in cima all'Europa per tasso di imprenditorialità.

Voglia di fare nonostante gli ostacoli

La vocazione a fare impresa da parte dei cittadini italiani purtroppo si scontra quotidianamente con grandi difficoltà, che si manifestano già in fase embrionale, per via dei permessi e delle autorizzazioni che sono richieste alle imprese per riuscire a sorgere.

Il nostro ecosistema fatica a sostenere lo spirito imprenditoriale del Paese, lo dimostra il fatto che l'Italia è soltanto al 58esimo posto mondiale nella classifica "Doing Business", che misura la facilità di avviare una propria attività. Siamo tra i peggiori al mondo.

Essere imprenditore comporta sacrifici

Fare impresa in Italia comporta enormi sacrifici, anzitutto in termini di tempo. La ricerca evidenzia infatti che la media di ore di lavoro dell'imprenditore italiano è di 41 a settimana, ossia circa 5 ore in più rispetto a quella dei suoi lavoratori. Inoltre moltissimi imprenditori non riescono a concedersi più di una settimana all'anno di vacanza (ma non rinunciano quasi mai al pranzo, che viene visto come un'occasione per sviluppare contatti di affari).

Indietro nelle imprese innovative

Un dato che non fa piacere riguarda le startup innovative. Siamo decisamente indietro rispetto ai principali paesi europei. Da noi ce ne sono 234 ogni milione di abitanti, mentre la Gran Bretagna arriva a 406 e la Germania 386. Per non parlare poi dell'Estonia, dove addirittura il numero arriva a 865.

giovedì 5 giugno 2025

Tasso di interesse, nessun cambiamento dalla Bank of Canada

Non sono giunte sorprese dalla riunione di politica monetaria della Bank of Canada. Il comitato dell'istituto nordamericano ha deciso infatti di lasciare invariato il livello del tasso di interesse al 2,75%, così come si aspettavano i mercati finanziari.

Perché confermare il tasso di interesse

La decisione di non modificare il livello del tasso di interesse nasce dal clima di grande incertezza, tanto sul fronte nazionale che su quello internazionale. 

Se da un lato è vero che l'inflazione ha continuato a mostrare segnali di discesa, tanto che quella complessiva è giunta al di sotto dell'obiettivo del 2%, è altrettanto vero che l'inflazione core - ossia quella depurata degli elementi più volatili - rimane ancora molto elevata, suggerendo così di non procedere ad ulteriori tagli al tasso di interesse.

Il problema dei dazi

Ma c'è un altro fattore che più di tutti preoccupa le autorità monetarie canadesi: la battaglia tariffaria con i vicini di casa statunitensi. La scelta a sorpresa di Trump di raddoppiare le tariffe sulle importazioni di acciaio e alluminio ha creato uno shock sui mercati, con il Canada che sarebbe uno dei paesi più colpiti. Tuttavia, i negoziati da Ottawa e Washington hanno ridato un poco di ottimismo e mitigato i timori riguardo i possibili effetti di questa ulteriore mossa di Trump.

NB. Le notizie sui dazi hanno creato molta volatilità sul mercato valutario, generando un terreno fertile per chi adotta strategie forex scalping 1-5 minuti.

L'economia regge

Nel frattempo alcuni dati macroeconomici hanno confermato la resilienza dell'economia canadese. Il PIL del primo trimestre e le vendite al dettaglio hanno rincuorato i mercati. Nel frattempo l'aumento dei prezzi del petrolio, uno dei prodotti maggiormente esportati dal Canada, ha ulteriormente rafforzato le entrate finanziarie del paese.

Il dollaro avanza

In questo scenario complessivo continua a marciare forte il dollaro canadese, che ha raggiunto il livello più alto degli ultimi otto mesi rispetto al collega americano. Il cambio USDCAD è sceso infatti sotto 1,37, come non accadeva dalla fine del 2024. Inoltre sta formando un diamante Diamond pattern. Negli ultimi cinque mesi la valuta canadese si è apprezzata quasi del 6%, rispetto a quella a stelle e strisce.

martedì 3 giugno 2025

Commercio online, continua il trend crescente in Italia

Continuano ad essere imponenti i numeri del commercio online in Italia, come dimostra il fatto che il valore degli acquisti online è salito a 40,1 miliardi di euro nel corso di questi primi mesi del 2025. Ciò segna una crescita del 6% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

La corsa del commercio online

Secondo una recente indagine dell'osservatorio E-commerce B2C Netcomm, questa tendenza rimane costantemente in rialzo, anche se rispetto al ritmo osservato negli anni scorsi la crescita del commercio online risulta più tenue. 

Accanto a un aumento in termini numerici si accompagna anche un cambiamento di strategia. Il commercio online oggi non è più soltanto un canale di vendita, ma è diventato anche uno strumento con cui i brand realizzano connessioni sempre più strette con i consumatori, ai quali vengono offerte esperienze sempre più personalizzate e interattive.

L'andamento per settore

L'aumento degli affari tramite internet ha coinvolto tutti i settori in maniera trasversale. Tuttavia ciò è avvenuto in maniera non omogenea, perché in alcuni ambiti la crescita è stata più forte che in altri. 

Sotto questo aspetto brilla soprattutto il settore Food&Grocery, dove l'incremento del commercio online è stato del 7%, con un valore di 4,9 miliardi di euro. In tale settore spicca soprattutto il segmento Food Delivery, dove l'aumento rispetto ai primi mesi del 2025 è stato dell'8%, e oggi vale il 46% del commercio online alimentare. Il segmento dell'enogastronomia si distingue invece per il suo forte impatto sull'export, dove c'è stata una crescita del 3% rispetto all'anno precedente.

Gli altri settori che brillano nell'e-commerce

Un altro settore che si è particolarmente distinto nell'ultimo anno è quello Beauty and Pharma, che ha realizzato una crescita del 7%, raggiungendo 3,1 miliardi di euro di affari. Forte progresso anche per il settore dell'arredamento e Homeleving, con una crescita del 6% a quota 4,7 miliardi di euro. 

Risultati ragguardevoli nel commercio online vanno sottolineati anche per il settore dell'abbigliamento, in crescita del 5% rispetto al 2024, nell’informatica ed elettronica di consumo e anche nel settore auto e ricambi.

giovedì 29 maggio 2025

Bilancio in rosso, Nissan vara un piano shock per evitare Il tracollo

La crisi che sta attraversando il settore dell'automobile non riguarda solamente i player europei, ma quelli di tutto il mondo. Perfino il colosso giapponese Nissan si trova a che fare con un bilancio pessimo, al punto da dover intervenire con un maxi piano di risanamento per evitare il compasso finanziario.

Un terribile bilancio

L'anno fiscale 2024-2025 è stato chiuso da Nissan con una perdita netta di bilancio pari a 671 miliardi di yen, che al cambio attuale sono oltre 4 miliardi di euro. Si è trattato del peggior risultato mai raggiunto nella storia del gruppo nipponico. 

Il tentativo di fondersi con l'altro marchio storico Honda è fallito per via di divergenze riguardo al taglio dei costi, e così la casa giapponese si è trovata di fronte ad uno scenario drammatico da dover affrontare da sola.

Il maxi piano di Nissan

A pressare enormemente sul management della casa giapponese sono i 5,6 miliardi di dollari di debiti che vanno in scadenza il prossimo anno. Senza un rapido risanamento dei conti, il tracollo finanziario si avvicinerà sempre di più. Ecco perché la casa automobilistica giapponese ha messo a punto un piano straordinario che mira a raccogliere oltre 1000 miliardi di yen, ossia 7 miliardi di dollari. Un piano che si articola in emissione di titoli, dismissioni e finanziamenti garantiti.

Obbligazioni in rampa di lancio

Il fulcro di questo piano prevede l'emissione di un prestito obbligazionario e altri strumenti convertibili fino a 630 miliardi di yen, oltre ad un prestito sindacato da un miliardo di sterline garantito da UK Export Finance, un'agenzia governativa del Regno Unito che supporta l'export.

Le dismissioni dell'azienda

Un'altra parte del piano prevede la vendita di alcune partecipazioni detenute dal gruppo Nissan. Quella ad esempio in Renault, posseduta al 15%, e quella in AESC Group, azienda che produce batterie. 

Ma nel calderone potrebbero finire anche degli impianti produttivi in Sudafrica in Messico, oltre alla sede centrale di Yokohama ed alcune proprietà immobiliari negli Stati Uniti. Proprio la cessione della sede di Yokohama rappresenta il simbolo più doloroso della crisi della casa automobilistica giapponese, visto che fu l'emblema del rilancio aziendale del 2009.

giovedì 22 maggio 2025

Prezzo delle azioni BYD al nuovo record storico

Grazie ad un guadagno di circa il 72% dall'inizio dell'anno, il prezzo delle azioni di BYD, azienda cinese leader mondiale dei veicoli elettrici, ha raggiunto un nuovo record storico alla borsa di Hong Kong.

La corsa del prezzo

Alla chiusura del listino azionario nella giornata di mercoledì, il prezzo delle azioni BYD ha raggiunto 460 HKD, un importo mai raggiunto prima d'ora. Al cambio attuale sono circa 58 dollari americani (per dati aggiornati si veda Pocket Option link Italia). 

La cosa particolare è che il prezzo delle azioni alla borsa di Hong Kong ha superato quello sul listino di Shenzhen. Normalmente il prezzo del titolo sul continente è sempre più alto rispetto a quello sull'isola, mentre stavolta è il 5% inferiore (al netto della conversione valutaria tra Hong Kong Dollar e yuan).

L'ultimo scatto

L'ultimo impulso deriva anche dal debutto di Amperex Technology (CATL), il più grande produttore cinese di batterie al mondo e la più grande IPO dell'anno sul mercato globale (alla Borsa di Hong Kong guadagno a del 10,19%), che ha stimolato l'intero settore.

Vendite ed export in volo

La corsa del titolo BYD deriva soprattutto dalla spinta delle vendite, che nel 2024 sono state ai livelli più alti di sempre. L'azienda si è confermata il maggior venditore al mondo di veicoli ibridi plug-in e di auto elettriche, soprattutto grazie alla forte integrazione verticale della sua linea di produzione, che gli ha consentito di tenere i prezzi bassi e guadagnare quote di mercato rispetto alla concorrenza. 

Nel corso dei primi quattro mesi di quest'anno, BYD ha visto crescere la quota delle sue esportazioni dal 23% al 38% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Analisti ancora fiduciosi

Va detto che, oltre a un quadro tecnico confortante (soprattutto se si utilizzano le Bollinger bands), le opinioni degli analisti vedono per il colosso cinese dei veicoli elettrici ulteriori rialzo in futuro

Gli esperti di Citigroup hanno fissato il target price a 727 HKD, confermando la raccomandazione di acquisto ai propri clienti. Questo perché BYD è meglio posizionato rispetto alla concorrenza sul fronte delle esportazioni, che sarà un passaggio sempre più necessario per i produttori cinesi dal momento che il mercato interno è praticamente saturo.

martedì 20 maggio 2025

Banche e clienti, un rapporto fondato per lo più sulla pigrizia

In Italia c'è un fattore invisibile che lega le banche ai loro clienti, si tratta della pigrizia. La maggior parte dei cittadini vorrebbe cambiare il proprio istituto di riferimento, ma non lo fa per questo motivo e finisce per accontentarsi di quello che gli viene offerto. Ma tutto questo alla fine non è un vantaggio per le nostre banche, perché le stimola poco a cambiare e a diventare più concorrenziali rispetto alle altre.

Scarsi stimoli per le banche 

In tutti i campi dell'economia, la competizione è un elemento essenziale per stimolare il cambiamento e la ricerca di una maggiore efficienza e competitività delle imprese. Lo stesso vale anche per le banche. Se fosse più semplice cambiare il proprio istituto di riferimento, siamo sicuri che l'intero sistema creditizio riceverebbe uno stimolo forte per migliorare.

In base a un'analisi condotta da Research Dogma, condotta su oltre mille clienti bancari e investitori, emerge che se circa il 60% dei clienti pensa di cambiare istituto, appena il 22% finisce per farlo per davvero. In sostanza circa il 65% degli insoddisfatti preferisce accontentarsi di quello che ha, piuttosto che cercare qualcosa di meglio.

Atteggiamento sbagliato

Il motivo principale per cui i clienti scelgono una fedeltà quasi assoluta alla propria banca è la pigrizia. Ciò va inteso non solo come la mancanza di voglia di cercare un nuovo riferimento bancario, ma anche come il fastidio di doversi adattare a nuovi contesti e nuovi procedure una volta effettuato il cambiamento. Per oltre la metà degli intervistati questo rappresenta il principale ostacolo al cambiamento.

Ma altri ostacoli sono rappresentati dalla paura di non trovare una vera alternativa migliore nelle altre banche, oppure di doversi scontrare con errori o complicazioni durante il passaggio verso un nuovo Istituto. Altresì molto alta è la quota di coloro che temono che dietro il cambiamento della banca ci siano più rischi che opportunità.

Semplificare e agevolare

Come abbiamo sottolineato però, il cambiamento è un motore importante che spinge le banche a migliorarsi e diventare più competitive. Per questo il cliente dovrebbe essere agevolato sempre di più nel processo di cambiamento, che dovrebbe diventare più semplice ma soprattutto più trasparente, azzerando i rischi che oggi come oggi vengono associati (spesso erroneamente) a questo cambiamento.

mercoledì 14 maggio 2025

Tassi di interesse, la BCE proseguirà al ritmo di 25 punti base

I continui segnali favorevoli che giungono dal fronte caldo dell'inflazione dovrebbero spingere la Banca Centrale Europea a tagliare nuovamente i tassi di interesse nella prossima riunione. Probabilmente a giugno verrà fatta un'altra sforbiciata per 25 punti base.

Inflazione, dazi e tassi di interesse

La banca di Francoforte ha due esigenze importanti quando decide di muovere i tassi di interesse. Quella prioritaria è riportare l'inflazione stabilmente verso l'obiettivo del 2%, ma al tempo stesso i policy makers europei non devono deprimere l'economia che già manifesta segnali di incertezza. 

Sotto questo aspetto sono molto importanti le novità giunte negli ultimi giorni dal fronte della battaglia commerciale. Gli accordi Stati Uniti con UK e Cina fanno pensare che l'Europa possa essere la prossima a trovare un'intesa con Trump. Ciò eliminerebbe un fattore di rischio dell'economia.

Nessuna necessità di accelerare

La conseguenza sarebbe che la Eurotower avrebbe molte meno pressioni di ridurre più rapidamente possibile il costo del denaro per stimolare la crescita. Nell'ultimo periodo infatti diversi analisti hanno considerato come concreta la possibilità che la BCE potesse spingere sull'acceleratore dei tagli, dopo le sette riduzioni consecutive già effettuate. Il tasso di interesse attualmente è al 2,25%, e dovrebbe essere portato al 1,75%, subito dopo l'estate. Entro fine anno è atteso un altro taglio fino al 1,5%.

NB. Se sei interessato a negoziare le valute, potresti trovare convenienti i broker 0 zero spread.

Gli ultimi report sull'inflazione

Come dicevamo, la priorità della Eurotower è l'inflazione, che sta marciando da diverso tempo verso il target. Nel mese di marzo il tasso annuo è sceso al 2,2%, con un raffreddamento evidente anche nella sua componente core. La stessa BCE ha ammesso che il percorso di disinflazione è ben avviato.

L'euro rispetto al dollaro

C'è però da considerare anche il ruolo dell'euro. La valuta unica negli ultimi mesi si è apprezzata rispetto al Dollaro. Il cambio EUR/USD viaggia verso 1,10 dopo aver disegnato un testa e spalle trading, e questo rafforzamento ha reso più convenienti le importazioni aiutando anche a contenere l'inflazione. Tuttavia una valuta troppo forte frena la competitività dell'export. Proprio per questo motivo i segnali di schiarita dal fronte della battaglia dei dazi sono molto importanti, perché riducono questo effetto negativo dell'apprezzamento valutario.

lunedì 12 maggio 2025

Prezzi sempre più alti, anche la pizza diventa un prodotto molto caro

C'era una volta un prodotto alimentare che caratterizza il nostro Paese in tutto il mondo, e che era sinonimo di convivialità ed economicità. Ma la pizza almeno quest'ultima caratteristica sembra averla persa, perché i prezzi sono cresciuti e il conto da pagare sta diventando sempre più salato.
Vale la pane ricordare che in Italia il business delle pizzerie continua ad essere enorme, visto che vale circa 25 miliardi di euro l'anno. In media ognuno di noi consuma circa 7,8 kg di pizza ogni anno.

L'aumento dei prezzi

Non c'entrano niente le pizze cosiddette "gourmet", che sono sempre state care ma per altri motivi. Sono i prezzi delle pizze più tradizionali, quelle che erano alla portata di tutti, ad essere diventati più alti un po' ovunque. E' quanto emerge da un'indagine condotta dal centro formazione e ricerca sui consumi (CRC), ha analizzato i dati Istat pubblicati dal Mimit (Ministero delle imprese e del Made in Italy).

Negli ultimi sei anni i prezzi di un pasto in pizzeria sono saliti in media del 18,3%. Il costo medio a persona è salito infatti a 12,14 euro (una pizza e una bevanda, con coperto e servizio se previsti). Colpa soprattutto dell'aumento dei costi di materie prime ed energia (soprattutto dopo l'invasione dell'Ucraina).

L'andamento dei prezzi a livello geografico

A livello geografico la situazione rimane comunque molto variegata e disomogenea. I prezzi più alti sono per lo più nel Nord Italia. In particolare spicca Reggio Emilia, dove il costo medio di un pasto in pizzeria è di 17,58 a persona. Leggermente di meno si paga a Siena, 17,24 euro a persona, mentre sul gradino più basso del Podio delle città più salate dove mangiare la pizza si colloca Macerata, con 16,25 euro. Rispetto alla media nazionale sono sette le province dove il prezzo è più elevato rispetto ai 14 euro a consumazione.

Conto basso: vince Livorno

E le città più economiche? Chi sta pensando a Napoli sbaglia. Anche nel capoluogo partenopeo, soprattutto per l'enorme afflusso di turisti degli ultimi tempi, i prezzi della pizza sono andati in crescendo. Sul gradino più basso della classifica si siede Livorno, dove il pasto medio in pizzeria costa appena 8,75 euro. Seguono Reggio Calabria con 9,15 e Catanzaro dove si spendono poco meno di 10 euro.

martedì 6 maggio 2025

Criptovalute, il Bitcoin torna più vicino alla soglia dei 100.000 dollari

Il mercato delle criptovalute ha ritrovato di nuovo slancio negli ultimi tempi, grazie soprattutto al rinnovato appetito al rischio che si respira tra gli investitori. Nonostante il clima resti incerto per via della battaglia commerciale innescata dagli USA, qualche segnale distensivo ha favorito il ritorno verso gli asset più rischiosi.

Lo scenario sul mercato delle criptovalute

Venerdì scorso la notizia che la Cina sta valutando la possibilità di aprire a colloqui commerciali con gli Stati Uniti ha dato una spinta al mercato. Il Bitcoin è risalito così fino a 97.000, dopo aver fatto un deciso breakout oltre la resistenza chiave a quota 95.000. 

Anche se in questo avvio di settimana c'è stata una piccola marcia indietro, abbozzando un uncino di Ross 123 high low, se lo slancio rialzista dovesse riprendere allora il Bitcoin potrebbe avvicinarsi alla soglia dei 100mila dollari.

L'importanza del fattore tassi di interesse

Una spinta al prezzo della criptovaluta più importante è arrivata anche dalla prospettiva di futuri ulteriori tagli dei tassi da parte delle banche centrali. Con i costi di finanziamento che si abbassano, l'investimento nel reddito fisso diventa meno remunerativo e questo aumenta l'attrattività degli asset finanziari più rischiosi.

Nel frattempo, l'interesse verso gli etf spot su Bitcoin continua ad essere crescente. Sono ormai tre settimane che gli afflussi di capitale sono in crescita costante. Questa tendenza rappresenta una spinta rialzista importante per le criptovalute.

NB. Le criptovalute sono asset che si prestano bene all'utilizzo del demarker indicator, uno strumento di trading molto efficace.

La grande novità in Arizona

Un piccolo slancio al Bitcoin è arrivato anche dalla decisione dello stato americano dell'Arizona di approvare un disegno di legge che autorizza il tesoriere dello Stato ed il sistema pensionistico un investimento fino al 10% dei propri fondi disponibili in asset digitali, in particolare Bitcoin. 
Il disegno di legge adesso dovrà essere firmato dalla governatrice democratica Katie Hobbs, che potrebbe così prendere l'Arizona il primo stato americano a detenere Bitcoin come asset di riserva. Questa autorizzazione ha rafforzato la domanda istituzionale di criptovalute.

Incertezze

È chiaro tuttavia che lo scenario attuale potrebbe cambiare radicalmente in relazione all'evoluzione dei negoziati commerciali, soprattutto quelli tra Stati Uniti e Cina. Una guerra a colpi di tariffe potrebbe spingere l'economia americana in una fase di stagflazione, ossia crescita stagnante e inflazione elevata. Tale condizione probabilmente finirebbe per alimentare l'avversione al rischio, con inevitabili conseguenze sugli asset come Bitcoin e le valute digitali. Peraltro l'inflazione elevata potrebbe rallentare il percorso accomodante della Federal reserve, e tassi più alti non favoriscono gli asset più rischiosi.

giovedì 1 maggio 2025

Imprese italiane, ecco la strategia per attenuare i dazi di Trump

La temporanea sospensione dei dazi da parte dell'amministrazione Trump ha offerto una piccola boccata di ossigeno alle imprese italiane, che tuttavia si stanno preparando anche allo scenario peggiore e corrono ai ripari.

I timori delle imprese italiane

Come ha evidenziato un sondaggio che è stato realizzato da Unioncamere e dal Centro Studi Tagliacarne, una grossa fetta delle imprese italiane sta cercando delle soluzioni per affrontare le possibili conseguenze dovute alle tariffe commerciali statunitensi. Il mercato a stelle e strisce infatti rappresenta una quota fondamentale del nostro export ed un mercato di sbocco molto remunerativo.

L'indagine evidenzia che il 56% delle aziende italiane è convinta che ci sarà una riduzione delle vendite verso il mercato americano. Il 26% delle imprese teme inoltre che ci sarà un incremento dei costi di approvvigionamento, e una quota simile evidenzia il pericolo che ci sia una flessione di vendite di beni intermedi e semilavorati, che spesso transitano per la trasformazione in altri paesi prima di finire sul mercato USA. Il 19% inoltre collega ai dazi un incremento della concorrenza di aziende di altri paesi, che non potendo più esportare degli USA lo faranno verso l'Europa.

La strategia della diversificazione

Tutti questi timori stanno spingendo le imprese italiane a diversificare i mercati di destinazione dei loro prodotti, così da attenuare in parte gli effetti dei dati. Le nostre aziende esportano mediamente in 11 paesi, e questo in parte già è un dato positivo in questa battaglia che si apprestano ad affrontare. Soprattutto le imprese del Nord Italia possono vantare una maggiore diversificazione, mentre quelle che hanno più difficoltà in tal senso sono quelle del Meridione, dove in media l'export si indirizza verso 6 Paesi stranieri.

Più export verso l'UE

Il 25% delle imprese contattate nelle indagini e si appresta a espandersi verso ulteriori mercati all'interno dell'Unione Europea e quasi un quinto lo farà anche fuori dall'Unione Europea. Soltanto il 3% invece vede come possibile soluzione anche quella di spostare la produzione direttamente negli Stati Uniti. Un terzo delle aziende ritiene invece che alla fine sarà costretta ad aumentare i prezzi di vendita per compensare l'effetto dei dazi.

lunedì 28 aprile 2025

Mercati finanziari, dazi in focus ma dagli USA arrivano anche il report su inflazione e lavoro

l tema dei dazi rimarrà ancora cruciale in questa settimana. I mercati finanziari sperano di vedere segnali di de-escalation tra USA e Cina. Intanto sul fronte macro sono attesi alcuni report interessanti (soprattutto quello sul lavoro USA), e inoltre continuerà ancora la stagione delle trimestrali.

Appuntamenti negli USA per i mercati finanziari

Come detto, ancora una volta i riflettori dei mercati finanziari saranno puntati sulla Casa Bianca, per capire che direzione prenderà Trump sulla questione dazi. Negli ultimi giorni ci sono stati alcuni segnali di apertura a possibili accordi con la Cina e anche con l'UE. Segnali che sono stati confermati dagli incontri informali avuti dal presidente USA con altri leader mondiali, in occasione dei funerali di Papa Francesco.

Ma dagli USA sono attesi anche degli importanti dati macro. Quelli più interessante sono relativi al PIL del primo trimestre 2025, che dovrebbe mostrare un rallentamento significativo se non addirittura una possibile contrazione. L'altro report molto atteso riguarda l'occupazione: si prevede che l'economia statunitense avrà aggiunto 130 mila posti di lavoro ad aprile, in calo rispetto ai 228 mila di marzo. Il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere stabile al 4,2%, mentre la crescita dei salari è vista allo 0,3% su base mensile. Anche il rapporto sull'inflazione PCE è sul radar. Tutto ciò influenzerà il dollaro, che negli ultimi giorni sembra disegnare un uncino di Ross 123 high low.

Il programma in Europa

Nel vecchio continente, gli operatori dei mercati finanziari analizzeranno i dati flash sul PIL e sull'inflazione per l'Eurozona. Si prevede che l'economia sia cresciuta dello 0,2% su base trimestrale. Sul fronte dell'inflazione, il tasso è probabilmente sceso al 2% ad aprile dal 2,2% di marzo, in linea con l'obiettivo della BCE.
Il calendario del Regno Unito è leggero, con solo poche pubblicazioni in programma, l'indice nazionale dei prezzi delle case e gli indicatori monetari e creditizi della Banca d'Inghilterra.

Asia e resto del mondo

In Cina, tutti gli occhi saranno puntati sui PMI ufficiali delle NBS e sul PMI manifatturiero Caixin di aprile, indicatori chiave di come i recenti dazi statunitensi e le contromisure cinesi stiano influenzando il settore manifatturiero. Nel frattempo, si prevede che la Banca del Giappone manterrà i tassi di interesse invariati.
Altrove nelle Americhe, l'attenzione dei mercati finanziari si sposterà sulla crescita del PIL messicano, sulla crescita mensile del PIL per il Canada e sui PMI manifatturieri globali di Canada, Brasile e Messico.

Il mercato azionario

Questa settimana sarà ancora intensa sul mercato azionario, viste le numerose trimestrali in uscita (alcuni di questi titoli si possono negoziare facendo trading con paypal broker). Sono attesi rapporti da Apple, Microsoft, Amazon, Meta, Eli Lilly, Qualcomm, Visa, Coca-Cola, Honeywell, Mastercard, McDonald's, Exxon Mobil e Chevron.

mercoledì 23 aprile 2025

Banche italiane, i fattori ESG scavano un solco tra quotate e non

Quando si parla di fattori ESG (enviromental, social e governance) si fa riferimento ad alcuni aspetti estremamente importanti, che sono sempre sotto la lente di ingrandimento delle banche italiane quotate in borsa. Devono infatti rispettare dei paletti rigidi riguardo l'impegno in tati ambiti. Ma se il focus si sposta sugli istituti non quotati, la situazione diventa particolarmente deludente.

Quanto sono indietro le banche italiane

Un rapporto di Standard Ethics ha messo infatti in evidenza che le banche italiane che non sono quotate in borsa risultano essere largamente insufficienti sui fattori ESG non soltanto se li confrontiamo rispetto alle banche quotate, ma anche rispetto allo scenario internazionale.

Alcuni numeri

L'analisi è stata condotta su 43 istituti, sia gruppi che singoli aziende, studiando per ognuno di loro ben 23 marcatori che sono distribuiti in quattro macro aree di appartenenza. La prima è quella delle procedure e Policy ESG. La seconda sono i target ESG, poi le valutazioni e infine la Policy ESG attinente al settore bancario.

I risultati di questa analisi hanno evidenziato uno scenario particolarmente deludente. Soltanto 1 banca su 7 pubblica una Policy ambientale, soltanto 1 su 11 ha una Policy sui diritti umani, e addirittura nessuna ha una Policy sull'intelligenza artificiale. Riguardo invece alla Policy sulla parità di genere ce l'hanno solamente il 19% delle banche italiane esaminate, mentre il 26% pubblica una Policy su diversità e inclusione.
Gli unici risultati che si avvicinano a quelli degli istituti quotati riguardano la parte ambientale. Ma questo probabilmente deriva dal fatto che si tratta della Policy che più è inodore di futura regolamentazione.

L'uguaglianza di genere

Ciò che invece delude notevolmente riguarda il tasso di rappresentanza del genere femminile nel CdA, che è di circa il 30%. E soltanto in 1 banca su 6 viene raggiunta la parità di genere nei consigli amministrazione. Un altro fattore di enorme divario rispetto alle banche italiane quotate riguarda i diritti umani, perché mentre il 100% degli istituti quotati a una Policy sui diritti umani, per gli istituti non quotati questa percentuale scende addirittura al 9%.

mercoledì 16 aprile 2025

Prezzo dell'oro ancora da record: superati i 3.300 dollari per oncia

Lo scenario economico globale continua a fornire un terreno fertile per l'oro, le cui quotazioni hanno superato anche i 3.300 dollari per oncia. La turbolenza innescata dalla politica commerciale aggressiva di Donald Trump, e i suoi dietrofront improvvisi che alimentano l'incertezza, sono il vero motore del prezzo dell'oro, che ha piazzato un nuovo scatto fulmineo negli ultimi giorni.

Cosa sta muovendo il prezzo dell'oro

Settimana scorsa il prezzo dell'oro era temporaneamente calato dopo che il presidente degli Stati Uniti aveva deciso di congelare per 90 giorni le "tariffe reciproche" per alcuni partner commerciali. Tuttavia ci sono forti dubbi che durante questo periodo di tempo possono essere chiusi dei negoziati, visto che i primi approcci non sono stati infruttuosi.

La tensione con la Cina

Peraltro restano ancora in vigore i dazi contro la Cina, che anzi sono stati aumentati al 145% dopo che Pechino a sua volta aveva reagito alzando le proprie tariffe sui beni statunitensi. La tensione tra Washington e Pechino rimane altissima, e nemmeno i timidi segnali mandati dall'amministrazione USA sulla possibilità di negoziare finora hanno spento i timori di recessione per l'economia a stelle e strisce. Ad aggravare lo scenario sono i nuovi provvedimenti commerciali di Trump, che stavolta se l’è presa con le esportazioni di chip di Nvidia verso la Cina.

L'asset rifugio

Ciò che in questo momento alimenta la corsa del prezzo dell'oro è sicuramente il suo ruolo di bene rifugio per eccellenza, quello sul quale gli investitori si fiondano nei periodi di incertezza. Tale ruolo è stato perso sia dal dollaro che dai titoli di Stato USA, che almeno temporaneamente sembrano essere trattati dal mercato come prodotti rischiosi. Il biglietto vede viene penalizzato anche dai fornitori di segnali forex gratis in tempo reale.

Il mercato

Sul mercato delle materie prime il prezzo dell'oro ha superato anche la soglia dei 3300 dollari, dopo aver guadagnato oltre il 20% nel corso di questo 2025. L'indicatore RSI del lingotto segala nuovamente ipercomprato.
La marcia rialzista del metallo prezioso è alimentata anche dagli acquisti delle banche centrali e dalla prospettiva che ci saranno nuovi stimoli monetari da parte  della Federal Reserve (tassi di interesse più bassi sono favorevoli per il lingotto che non produce rendimento), soprattutto dopo che i dati sull'inflazione americana hanno mostrato un raffreddamento nel mese di marzo.

lunedì 14 aprile 2025

Tasse, due volte su tre a non pagare sono le grandi imprese

Un recente report pubblicato dall'ufficio studi della CGIA Mestre ha messo in evidenza un aspetto interessante riguardante le tasse in Italia. Nel 64,3% dei casi, la mancata riscossione da parte del fisco riguarda le persone giuridiche, ossia le imprese di maggiori dimensioni (che assumono la forma di Spa, Srl, consorzi, cooperative, etc).

I numeri della mancata riscossione delle tasse

L'analisi è stata condotta sui dati relativi all'intero millennio che stiamo vivendo. Ebbene in questi 25 anni il fisco ha reclamato inutilmente 1279 miliardi tra tasse, contributi, bollette, multe, etc. Di questa cifra, ben 822 miliardi sono in capo alle grandi aziende

Si tratta quasi del triplo rispetto alla somma che invece è stata inutilmente reclamata nei confronti delle persone fisiche (300 miliardi), e 5 volte la somma che invece riconducibile alle persone fisiche con attività economica (ossia artigiani, commercianti, esercenti, liberi professionisti, etc).
L'infedeltà fiscale sembra quindi essere soprattutto una prerogativa dei grandi contribuenti e non i piccoli, che invece sono più ligi al rispetto delle normative riguardo le tasse.

Il credito non riscosso dai lavoratori autonomi

Circa i lavoratori autonomi, bisogna inoltre aggiungere inoltre che c'è un carico residuo non riscosso che equivale a poco più della metà del dato riferito alle persone fisiche. E dire che normalmente, quando si parla di evasione delle tasse, una delle prime categorie che finisce sul banco degli imputati è proprio quella dei lavoratori autonomi. 

Anche se è vero che in questa categoria si nascondono anche molti che non adempiono agli obblighi fiscali, le statistiche ufficiali quindi raccontano che negli ultimi 25 anni solo 13 evasori su 100 hanno una partita Iva, e l'incidenza della loro evasione sul totale è appena del 12,2%.

L'evasione per zona territoriale

Per quanto riguarda la collocazione geografica delle sacche di evasione dalle tasse, il debito fiscale pro capite più elevato maturato in questi ultimi 25 anni è in capo ai residenti del Lazio con 39.673 euro. Seguono i campani con 27.264 euro e i lombardi con 25.904 euro. Il Nord è il territorio più virtuoso, con il Trentino Alto Adige in fondo alla classifica delle cifre non riscosse, appena 6.964 euro.

martedì 8 aprile 2025

Prezzi del petrolio, il crash dei giorni scorsi ha un precedente... sempre con Trump

La settimana scorsa è stata un vero e proprio disastro per il mercato petrolifero. L'impatto economico globale che potrebbe avere la battaglia commerciale innescata da Donald Trump ha infatti provocato un crollo dei prezzi del petrolio, che sono scivolati di oltre il 10%. Addirittura in una singola giornata la marcia indietro del prezzo è arrivata ad essere del 7%, evento rarissimo.

Il precedente negativo di Trump con i prezzi del petrolio

Ma quello al quale stiamo assistendo non è un caso isolato, perché ci sono altri esempi in cui la deviazione standard di volatilità del petrolio è stata enorme. Basta andare indietro di pochi anni per ritrovare una situazione simile. Per la precisione ad agosto 2019. Ed anche allora, come oggi, tutto nacque dalla minaccia tariffaria di Donald Trump, che all'epoca era all'inizio del suo primo mandato presidenziale. 

Il tycoon scrisse annunciò dazi del 10% su 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi. Fece così sprofondare i mercati dal panico, facendo temere un rallentamento della domanda globale di greggio. I prezzi del petrolio crollarono del 7%, con il WTI che arrivò al 7,9% di perdite in un solo giorno.

Record nel periodo del Covid

Il capitombolo più forte dei prezzi del petrolio è stato registrato però durante la pandemia da Covid. All'inizio di marzo 2020, il fallimento dei colloqui tra i paesi produttori che fanno parte dell'Opec+ provocò un crollo verticale delle quotazioni. I prezzi del petrolio scivolarono quasi del 25% in un giorno, segnando il secondo maggior calo storico. 

Il primo sarebbe avvenuto appena un mese dopo, più o meno sempre per le stesse ragioni, e fu ancor più eclatante perché spinse i prezzi di Brent e WTI addirittura in territorio negativo, con un calo del 300 per cento in poche ore (si veda l'andamento storico su Pocket Option nuovo link).

I recenti capitomboli

La storia recente dei prezzi del petrolio è comunque caratterizzata da altri scivoloni scioccanti. Nel novembre 2021 la notizia di una nuova variante Omicron del covid provocò un calo superiore al 10% dei prezzi del petrolio, perché si temette di sprofondare nella crisi sanitaria.

I giorni nostri

Da quel giorno di tre anni e mezzo fa, il petrolio ha vissuto fasi altalenanti, durante le quali però non c'era mai stata una settimana così negativa come quella appena trascorsa. 
I dazi di Trump hanno innescato la paura di una recessione globale, che ovviamente porterebbe a un crollo della domanda di barili di greggio. Ma a peggiorare la situazione è stato il contemporaneo aumento della produzione programmata dall'Opec+. Due schiaffoni che sono giunti pressoché contemporaneamente, e che il mercato non ha saputo assorbire.

giovedì 3 aprile 2025

Investimenti, gli italiani continuano a preferire il mattone

C'è una costante che riguarda il rapporto tra il nostro paese e gli investimenti. La preferenza delle famiglie italiane infatti continua ad andare verso il settore immobiliare, al punto tale che il mattone rappresenta quasi la metà dell'intera ricchezza lorda complessiva.

Il mattone e gli investimenti

Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat, l'istituto statistica europeo, circa il 71% delle famiglie italiane è proprietaria dell'abitazione in cui vive. Se escludiamo i paesi dell'ex blocco sovietico, siamo primi nella classifica. In Francia questa percentuale arriva al 65%, nel Regno Unito al 63%, in Germania arriva soltanto al 50%

Quello che si può dire è che ad oggi il mattone rimane ancora l'investimento preferito delle famiglie italiane, che nel 69% dei casi lo ritiene il più sicuro di tutti.

Asset sicuro, vero o falso?

Bisogna evidenziare che dietro questa preferenza per il mattone c'è sicuramente un fattore emozionale importante e il fatto comunque che si tratta di un bene tangibile. La casa è là, la puoi vedere la puoi toccare, a differenza dei titoli azionari o di altri asset finanziari. 

Tuttavia proprio questo legame emotivo così forte può indurre in confusione e far sì che agli investimenti nel mattone non vengano applicati gli stessi parametri razionali utilizzati per gli altri tipi di impiego del proprio capitale.
Basta pensare ad esempio che, malgrado il mattone rimanga l'investimento preferito, pochi sanno che la crescita di valore delle abitazioni nell'ultimo decennio è stata minore rispetto all'aumento dell'inflazione.

Alcuni numeri

Ad eccezione di alcune grandi località turistiche o metropoli, chi ha fatto investimenti per 1 milione di euro in immobili nel 2013, oggi avrebbe mediamente 1,08 milioni. In pratica avrebbe guadagnato l'8% in dieci anni. Ma se consideriamo l'inflazione, allora il suo investimento ha perso circa il 15%. Facendo un confronto con i principali indici azionari globali, un investimento di un milione fatto nel 2013 avrebbe portato al raddoppio del capitale.

Conclusioni

Bisogna precisare che gli investimenti nel settore immobiliare possono essere fruttiferi quanto o più degli altri tipi di impiego del capitale, ma bisogna sottolineare e che prima di effettuare investimenti in immobili bisogna analizzare la composizione del proprio patrimonio e lo scenario generale.

lunedì 31 marzo 2025

Finanza, ecco gli appuntamenti più importanti della settimana

Nei prossimi giorni saranno due gli eventi che catalizzeranno l'attenzione del mondo della finanza. Il primo è l'entrata in vigore delle tariffe commerciali USA contro l'Europa, il secondo riguarda il dato sul mercato del lavoro americano (in uscita venerdì).

Stati Uniti al centro dell'interesse della finanza

Il focus dei mercati sarà soprattutto negli Stati Uniti, dove sta crescendo il timore per l'impatto che la battaglia tariffaria potrebbe avere sulla crescita economica. Trump continua ad andare avanti per la sua strada, che prevede un atteggiamento aggressivo in politica commerciale. Tali misure preoccupano anche il mondo della finanza, che vede il rischio recessione più concreto.

Dati macro

Sotto il profilo macroeconomico, la settimana offre l'appuntamento più importante proprio prima del weekend. Venerdì infatti verranno pubblicati i Non Farm Payrolls, che forniranno un aggiornamento sullo stato di salute del mercato del lavoro a stelle e strisce. Si prevede che l'economia americana abbia aggiunto 128.000 posti, in calo rispetto a febbraio, con una crescita dei salari stabile. 
Tutto ciò inciderà sull'andamento del dollaro. L'indice del biglietto verde si trova sotto quota 104, ma attraversa una fase difficile per le crescenti paure dell'impatto economico delle nuove tariffe commerciali. Peraltro si sta per concretizzare l'incrocio medie mobili 50 e 200.

Il quadro in Europa

Gli occhi della finanza saranno puntati anche sull'Europa, dove è prevista la pubblicazione dei verbali dell'ultima riunione della BCE. La Eurotower ha ridotto i tassi di interesse di 25 punti base, ma è difficile prevedere cosa farà in futuro. Questa settimana verrà rilasciato il dato sull'inflazione, che dovrebbe essere scesa al 2,2%, il dato più basso degli ultimi quattro mesi.

NB. Se vi interessa il mondo della finanza valutaria, dovrete imparare anzitutto i concetti di lotto minilotto trading.

Il resto del mondo

Mentre il panorama del Regno Unito è relativamente leggero, gli operatori della finanza guarderanno con interesse alla riunione della Reserve Bank of Australia, che comunque dovrebbe mantenere i tassi di interesse invariati (mentre a maggio dovrebbe fare un taglio di 25 punti base). 
In Cina sono previste le pubblicazioni riguardo al settore manifatturiero e quello dei servizi, mentre in Giappone è in uscita una sfilza di indicatori economici, che vanno dalla produzione industriale, le vendite al dettaglio passando anche per la spesa domestica.

mercoledì 26 marzo 2025

Prezzi dei dolci Pasquali in crescita.... le feste saranno salate

Mancano poche settimane alle festività Pasquali, che si caratterizzano anche per i dolci tipici del periodo. Ma quest'anno il loro sapore sarà decisamente più salato, perché i prezzi saranno più elevati.

I rincari dei prezzi

Molte materie prime alimentari stanno vivendo rincari da diverso tempo, e questo si riflette sui prezzi dei dolci Pasquali. Questo riguardo in special modo i prodotti più gettonati del periodo, uova di cioccolata e colombe, ma anche le pietanze tradizionali delle varie Regioni. Niente sarà immune dalla nuova ondata di rincari.

Perché aumentano i prezzi

La crescita dei prezzi dei dolci Pasquali deriva anzitutto dalla crisi delle materie prime. Una tonnellata di cacao ha raggiunto il prezzo record di 12.000 dollari sul finire del 2024, ossia quattro volte in più del prezzo che aveva a marzo 2023. 
Anche il burro ha registrato feroci aumenti di prezzo, superiori al 80% su base annua. Aumenti più deboli, ma diffusi, interessano anche altri prodotti (basta pensare all'aumento dello zucchero).

Brutta sorpresa nell'uovo di Pasqua

Rispetto al passato, i prezzi più alti riguarderanno in modo importante soprattutto le uova di Pasqua, a causa del forte aumento delle quotazioni sul mercato del cacao. Che si tratti di uova di Pasqua al cioccolato al latte oppure quello fondente, il rincaro medio dovrebbe essere di circa il 30% rispetto all'anno scorso, secondo un'indagine condotta dal Codacons. 

Ma per alcuni prodotti di marca più nota l'aumento potrebbe addirittura giungere al 40% (in particolare facciamo riferimento a un noto marchio svizzero). Anche le uova di cioccolato di formato più piccolo, destinate prevalentemente ai bambini, subiranno un rincaro di circa l'8%. Ma per quei prodotti che sono legati in licenza a società sportive, cartoni animati, serie TV, l'aumento può arrivare a superare il 30% rispetto all'anno passato.

Volano i prezzi... per le colombe

Un altro tipico dolce quali delle festività pasquali sono le colombe, anche loro subiranno rincari non indifferenti. Ciò vale sia per quelle tradizionali che per quelle farcite. La crisi del burro, l'aumento dei prezzi delle uova comporteranno rincari dell'ordine del 21% rispetto all'anno scorso. Quelle farcite al cioccolato potrebbero segnare aumenti ben più pesanti, superiori anche al 30%.

giovedì 20 marzo 2025

Inflazione troppo alta, la BoJ non tocca il costo del denaro

L'approccio della Bank of Japan rispetto alla politica monetaria resta meno accomodante a causa di una inflazione persistente. Così l'istituto centrale nipponico, al termine della riunione che si è svolta mercoledì, ha deciso di lasciare tassi di interesse invariati allo 0,5%.

Le preoccupazioni riguardo l'inflazione

La decisione di politica monetaria che conferma l'attuale livello del costo del denaro è stata presa all'unanimità, e giunge dopo il terzo aumento del costo del denaro, determinato nella riunione di gennaio. Nel comunicato ufficiale di accompagnamento l'istituto centrale giapponese ha sottolineato soprattutto il livello ancora elevato dell'inflazione, che varia tra il 3% e il 3,5% su base annuale (fonte dati broker eToro). Inoltre anche le aspettative sui prezzi futuri sono aumentate moderatamente.

L'effetto Trump

Quello che preoccupa i policy maker giapponesi è il possibile impatto della guerra dei dazi innescata da Donald Trump, che potrebbe avere effetti importanti sul commercio internazionale e sull'inflazione stessa. Per questo motivo - si legge nello statement - è necessario "prestare grande attenzione agli sviluppi dei mercati finanziari e dei cambi e a loro impatto sull'attività economica e sui prezzi in Giappone".

Il quadro economico del Giappone

L'outlook economico dell'economia giapponese è abbastanza statico, con l'export e la produzione industriale che evidenziano un andamento piatto mentre crescono i profitti delle imprese, gli investimenti fissi delle aziende e i consumi privati, nonostante l'impatto degli aumenti dei prezzi e di altri fattori. 
Intanto l'ultimo report macro ha evidenziato anche che il saldo commerciale del Giappone ha registrato un surplus nel mese di febbraio, guidato soprattutto dalla crescita delle esportazioni.

La reazione del mercato

La decisione dell'Istituto centrale giapponese era ampiamente attesa dai mercati finanziari, e di conseguenza ha avuto un impatto marginale su questi ultimi. Sul mercato valutario il cambio dollaro-yen (USDJPY) è rimasto attorno a quota 150, con una leggera salita dopo la riunione della Federal Reserve americana avvenuta nella serata di mercoledì, ed un leggero recupero la parte della valuta giapponese nelle ore successive. Uno scenario perfetto per chi adotta una strategia breakout pullback trading.

Il mercato azionario nipponico invece ha chiuso a quota 37.700 punti la sessione di mercoledì sull'indice Nikkei 225. Oggi invece i mercati giapponesi sono chiusi per le vacanze dell'equinozio di primavera.

martedì 18 marzo 2025

Industria nautica, l'Italia continua a volare (e per questo spaventano i dazi)

Uno dei settori in cui l'Italia brilla all'interno del panorama globale è certamente quello della nautica. Anche gli ultimi dati resi noti da Confindustria lo confermano: l'industria nautica italiana continua a volare all'estero, tanto che nel 2024 è stato raggiunto il nuovo massimo storico di vendite.

Le vendite all'estero della nostra industria nautica

Se nel 2023 erano stati raggiunti 4 miliardi di euro di vendite all'estero, già a ottobre 2024 la cifra delle vendite era salita a 4,5 miliardi (dati Fondazione Edison). L'industria nautica italiana non ha eguali al mondo, visto che è il primo esportatore mondiale di unità da diporto.

Eppure il contesto degli ultimi trimestri non è stato positivo, perché la crisi economica ha ridotto la domanda, finendo per normalizzare una crescita che procedeva a ritmi sostenuti da parecchio tempo. Il calo è stato evidente soprattutto la parte che riguarda le barche fino ai 20-22 metri, che sconta l'incertezza in alcuni mercati e per alcune tipologie.

Brilla il segmento dei superyacht

Anche riguardo alle prospettive finora regnava un grande ottimismo. In particolare il segmento dei superyacht (oltre 24 metri) continua ad essere quello con il maggior numero di ordini. Ci sono 572 unità in costruzione su un totale di 1138. Il portafoglio ordini in questo segmento dell'industria nautica è cresciuto per il 34% delle aziende, mentre circa un terzo segnala invece una riduzione minima (inferiore al 5%). Un altro terzo infine segnala una riduzione compresa tra il 5 e il 10%.

Il fattore Trump

A sporcare il quadro tuttavia è ciò che si sta manifestando all’orizzonte dopo l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. La battaglia dei dazi intrapresa dal presidente statunitense rischia di incidere notevolmente sull'industria nautica italiana. 

In primo luogo perché gli Stati Uniti restano il più importante mercato a livello globale dei cantieri italiani (le cui tipologie di imbarcazioni non sono sovrapponibili a quelle americane). Nel 2023 (ultimo dato disponibile) l’Italia ha esportato verso il continente americano 770 milioni di euro, quasi tutti negli Stati Uniti. 
In secondo luogo perché Invia in diretta genera problemi riguardo agli approvvigionamenti e ai loro costi.

martedì 11 marzo 2025

Mercato azionario, ancora vendite in Europa e negli USA

Altra giornata all'insegna delle vendite per le borse europee, in un clima cauto a causa dei dazi e delle preoccupazioni per l’economia. Trump ha annunciato l'aumento delle tariffe su acciaio e alluminio canadesi al 50%, in risposta alla decisione dell’Ontario di imporre una tassa sull’elettricità inviata negli Stati Uniti. Intanto Citigroup e Hsbc hanno declassato il mercato azionario Usa a “neutral”, puntando su Cina ed Europa.

Il bilancio del mercato azionario

A Piazza Affari l’indice Ftse Mib termina la sessione in ribasso dell’1,38% a 37.698,31 punti. Si tratta della terza seduta consecutiva in calo. Passi indietro anche sul FTSE Italia All-Share, che scivola a 39.910 punti.

Bilancio negativo anche per il Dax tedesco (-1,3%), il Cac40 francese (-1,3%) e l’Ibex35 spagnolo (-1,5%). Perde quota anche la Borsa di Londra, mentre l’indice Euro Stoxx 50 chiude in calo dell’1,5%.
Si muove in rosso anche Wall Street e in particolare scendono Ford, Gm e Stellantis, titoli di case automobilistiche particolarmente esposte ai dazi.

I singoli titoli di Milano

Sul listino principale del mercato azionario italiano, sono pochi i titoli che si sono mossi in rialzo. Corre Leonardo, +1,74%, avanzano le utilities come A2A, che segna un incremento dell'1,22% e rimbalza Prysmian, +0,95% grazie alla promozione a buy da parte di Ubs.

Rosso profondo per Stellantis (-5,2%, con una candela inverted hammer trading) che risulta particolarmente esposta in Canada, appena colpita dai dazi. Scende Campari (-4,1%), male anche Recordati (-3,3%). Giornata difficile anche per le banche (la peggiore è Mps -3,02%).
Fuori dal paniere principale si segnala il rally di EPH (+30,77) grazie al via libera del cda all’aumento di capitale fino a 1,6 milioni.

Gli altri mercati

Sul fronte valutario, il cambio euro/dollaro sale a 1,092 mentre i segnali opzioni binarie gratis puntano soprattutto sull'euro. Fra le criptovalute, il Bitcoin ritorna a 81.500 dollari.
Tra le commodities principali, salgono i prezzi del greggio con il Brent che tratta oltre i 70 dollari al barile (+1,14%), mentre il Wti vede un prezzo di 66,67 dollari (+1,11%). L'oro si apprezza a 2.915 dollari l’oncia.
Sull’obbligazionario si riduce di poco lo spread, che si porta a +107 punti base, con un lieve calo di 2 punti base. Il rendimento del BTP a 10 anni si attesta al 3,95%.

lunedì 10 marzo 2025

Turismo, i viaggiatori vengono mossi soprattutto da cibo e vino

A Berlino si svolge la manifestazione ITB, che l'evento globale più importante legato al turismo. In occasione dell'inaugurazione dello stand italiano a questa fiera, sono stati evidenziati alcuni aspetti caratteristici che delineano l'interesse dei viaggiatori nei confronti del nostro paese.

Aspetti chiave del turismo in Italia

Anzitutto i numeri sono confortanti. Il turismo in Italia è un settore ancora in crescita, con il numero dei viaggiatori che nel 2024 è aumentato. 

Tra gli stranieri che preferiscono il nostro paese ci sono soprattutto i tedeschi, la cui quota complessiva è stata del 14,8%, seguiti dai francesi (13,2%) e dai britannici (7,5%). Subito giù dal podio troviamo i cittadini statunitensi (5%).

Cosa attira gli stranieri

È interessante sottolineare che le motivazioni che spingono gli stranieri a scegliere l'Italia offrono qualche sorpresa. Se i due motivi principali sono l'arte e la cultura del nostro Paese, una quota sempre maggiore di viaggiatori stranieri dà importanza al fattore enogastronomico

Nell'ultimo anno infatti questa motivazione ha vissuto un incremento del 176% rispetto al passato, quando invece era una ragione di nicchia. In termini di volumi, poco più di un milione di visitatori stranieri ha scelto di scoprire la bontà e la genuinità della nostra enogastronomia (con 1,8 milioni di pernottamenti). Grazie al turismo internazionale, il nostro comparto enogastronomico ha ottenuto 363 milioni di euro dell'ultimo anno. Aspetto ancora più positivo, si tratta di un fattore che spinge anche alla conoscenza non delle mete turistiche tradizionali, ma delle aree interne al Paese.

Export e turismo

Tutto questo serve anche a sottolineare quanto sia importante il legame tra l'export enogastronomico e il turismo. Esiste infatti una correlazione diretta anche abbastanza evidente. Quando i nostri prodotti tipici vengono venduti all'estero, permettono di esportare il made in Italy e rappresentano un biglietto da visita importante per il nostro paese, attirando ogni anno nuovi turisti. 

L'export agroalimentare italiano ha come principali mercati di sbocco la Germania, gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito, ossia quei paesi dai quali giunge la maggior parte dei turisti mossi da interesse enogastronomico verso l'Italia. Ecco perché i dazi USA voluti da Trump potrebbero rappresentare un danno enorme non solo in via diretta, ma anche in modo indiretto perché colpirebbero il turismo.

martedì 4 marzo 2025

Tariffe commerciali, la battaglia USA-UE potrebbe far volare l'argento

Le escalation di tensione sul fronte commerciale sembra appena cominciata. Malgrado ogni tanto qualcuno provi a mandare dei segnali distensivi, basta poco per riaccendere la miccia e far temere che una battaglia a colpi di tariffe stia davvero per cominciare.

La dialettica USA-Ue sulle tariffe

Dopo un annuncio di Trump sull'intenzione di colpire le merci in arrivo dall'Europa con tariffe fino al 25% (che interesserebbero anche auto, settore chimico e chip), dall'Unione Europea è arrivata una contro-minaccia da parte del presidente francese Macron. L'Unione Europea non intende rimanere ferma e subire i dazi statunitensi senza reagire, ma non si intende proteggersi con contromisure strategiche. 

Ciò significa che, se davvero gli Stati Uniti introdurranno tariffe del 25% contro l'Europa, probabilmente ci sarà una risposta analoga che colpirà acciaio ed alluminio per lo stesso ammontare. Tutto questo potrebbe avere conseguenze importanti sul mercato delle materie prime, e in special modo potrebbe avere effetti dirompenti sul prezzo dell'argento.

Le conseguenze per l'argento

Secondo Bloomberg Intelligence, il ruolo dell'argento è così cruciale in alcuni settori dell'economia, visto il suo larghissimo impiego industriale, che la richiesta aumenterà così tanto da imprimere al prezzo un forte slancio. I segnali di questo scenario peraltro già si sarebbero, dal momento che il prezzo dell'argento è cresciuto dell'8% da gennaio a oggi, superando i 33 dollari per oncia (fonte dati Pocket Option nuovo link). Ma secondo Bloomberg Intelligence la crescita del silver metal potrebbe addirittura superare quello dell'oro in futuro.

NB. Chi intende negoziare le materie prime può sfruttare anche le regole di Gann trading Forex.

Turbolenze sul mercato

In generale, una battaglia a suon di tariffe è destinata a scatenare un vero shock per il mercato delle materie prime, soprattutto i metalli. La concorrenza che c'è su questo settore diventerebbe sempre più feroce, creando un danno che potrebbe essere importante anche per gli stessi Stati Uniti.

giovedì 27 febbraio 2025

Commercio, si è chiuso un anno da dimenticare per l'Italia

Il 2024 passerà agli annali come l'anno peggiore per il commercio nell'ultimo decennio. Si è infatti viaggiati alla media di un negozio aperto ogni tre chiusi. Un vero e proprio disastro.

I numeri disastrosi del commercio

Come viene fuori da un'analisi condotta da Confesercenti, sulla base dei dati delle Camere di Commercio, nel 2024 le nuove attività sono state poco più di 23.000. Quelle che invece hanno chiuso si sono avvicinate ai 62.000. Complessivamente quindi c'è stato un saldo negativo che sfiora le 40.000 unità.

Una tendenza non occasionale

Questa tendenza per altro non è frutto di fattori occasionali, bensì di una problematica chiaramente strutturale, visto che la tendenza è ormai questa da diverso tempo. Soprattutto per quanto riguarda l'avvio di nuove attività. Basta pensare che nel 2014 le aperture in un anno furono 43.000, quasi il doppio di quelle registrate lo scorso anno. La tendenza calante peraltro si è acuita a partire dal 2020. Di questo passo - avverte Confesercenti - nel 2034 il numero delle nuove aperture praticamente si azzererebbe.

Cosa scoraggia l'avvio di nuove attività

Alla base di questo calo progressivo e inesorabile di nuove attività c'è in primo luogo il rallentamento dei consumi. Anche la carenza di credito è un fattore che ha pesato sulle nuove aperture di negozi, così come il progressivo invecchiamento della popolazione. Inoltre la concorrenza dei grandi gruppi e dei giganti delle vendite on-line scoraggia chiunque voglia aprire una nuova attività.

Cessazioni di attività in progressivo aumento

Un aspetto preoccupante riguarda anche la dinamica delle cessazioni di attività nel commercio. Infatti sono in continuo aumento. Addirittura se nell'anno del Covid le chiusure giornaliere erano circa 139, nel 2024 - con la pandemia ormai abbondantemente alle spalle - le chiusure giornaliere sono state 169.

Benché la desertificazione commerciale attraversa tutto il territorio nazionale, ci sono comunque panorami disomogenei. Il rapporto peggiore tra nuove attività e chiusure si registrano nelle Marche, circa 1 a 4. Ma stanno messe male anche la Sicilia, il Lazio, la Sardegna e l'Umbria, altre regioni dove il rapporto tra chiusure e aperture e superiore a 3.