giovedì 31 maggio 2018

Sterlina in lieve ripresa, ma giugno potrebbe essere molto volatile

La sterlina continua ad avanzare in modo timido nei confronti del dollaro, contro il quale ha perso circa il 3% nell'ultimo mese. Il Cable ha riconquistato quota 1,3300 dopo aver stampato i nuovi minimi annuali martedì scorso. Contro l'euro invece la situazione è sostanzialmente stabile da circa un mesetto (Eur-Gbp -0,11%).

I driver della sterlina

Il rimbalzo nei mercati azionari e il moderato ritorno di una propensione al rischio ha dato un po' di ossigeno alla sterlina. Tuttavia senza un impulso da parte della Bank of England, i tori sono molto meno inclini a ipotizzare che le cose continueranno a migliorare nel Regno Unito e che interessi i tassi saranno spostati più in alto nonostante le crescenti pressioni inflazionistiche. Chi conosce le dinamiche del trading online (recensioni dei broker e opinioni qui) sa bene quanto questo sia importante.

Ci sono ancora molti più dubbi che sicurezze riguardo l'esito dei negoziati Brexit, e questo è un fondamentale ribassista che non può essere ignorato. Il problema del confine irlandese continua infatti ad essere un problema significativo nello sviluppo dei colloqui con Bruxelles.

Le prospettive a breve

La volatilità della sterlina GBP potrebbe aumentare all'inizio di giugno, dato che il Parlamento sarà chiamato a votare sulla Brexit dopo le modifiche volute dai Lord. La sterlina potrebbe quindi essere vulnerabile nel breve termine. Anche se la valuta britannica ha avuto un piccolo sussulto, i modelli di prezzo suggeriscono piuttosto che si tratti di una temporanea correzione prima di un altro calo. Il sentiment maggiormente diffuso da parte degli analisti della migliore piattaforma forex italiana quindi rimane ribassista sulle prospettive GBP.

L'attenzione continuerà ad essere orientata in buona parte anche sulla Bank of England, sebbene la probabilità di un aumento del tasso sia diminuita notevolmente nell'ultimo mese, dopo che nel periodo precedente sembrava cosa molto probabile.

martedì 29 maggio 2018

Economia italiana, crolla la fiducia di famiglie e imprese

La situazione politica sta facendo sentire i suoi effetti sul clima di fiducia che si respira nel paese. In special modo riguardo all'economia italiana. Secondo le ultime rilevazioni dell'Istat infatti a maggio c'è stato un deciso calo dell'indice che misura il sentiment dei consumatori. Un dato che peraltro interrompe un trend positivo che si era registrato nei primi mesi del 2018. Il report dice che il valore dell'indice di fiducia dei consumatori è arrivato a 113,7 dal precedente valore di 116,9. Si tratta del valore più basso registrato dallo scorso mese di settembre (quando era 111,3).

La fiducia nell'economia italiana

E' palese che la spallata maggiore alle aspettative degli italiani l'abbia data la grave turbolenza che c'è sul fronte politico. Era del resto inevitabile, in tale contesto, che l'apprensione di famiglie ed imprese sarebbe peggiorata. Inoltre questo fattore, che ha già inciso sulla percezione futura, di certo peserà sull'andamento dell'economia italiana dei prossimi mesi. Ricordiamo peraltro che sull'economia italiana pesa la minaccia degli aumenti dell'IVA. Se non si riuscirà a sterilizzare le clausole di salvaguardia, questi aumenti avverranno a partire dal 2019, generando un aggravio di circa 795 euro annui a famiglia.

I dati dell'Istat

Esaminando i dati, si vede che gli italiani hanno una percezione a differente intensità a seconda che si parli di situazioni individuali oppure generalizzate del paese. Riguardo al 'clima personale' (individuale o familiare) gli indicatori arretrano ma non di molto. Se invece si passa a esprimere un parere circa la situazione dell'economia Italiana, allora il calo dell'entusiasmo è massiccio. Si passa infatti da 141,8 a 132,6 mentre quello futuro passa da 121,1 a 116,5.

L'Istituto di statistica inoltre registra un calo anche per la fiducia delle imprese. Passa infatti da 105,0 a 104,7 punti. Sono soprattutto due i settori colpiti da questo incupimento: quello delle costruzioni (da 135,2 a 134,1) e quello dei servizi (da 106,4 a 106,0). Restano invece invariati il clima di fiducia nella manifattura (a quota 107,7) mentre aumenta nel commercio al dettaglio (da 97,6 a 99,8).

venerdì 25 maggio 2018

Yen in recupero grazie al risk-off sui mercati internazionali

La scarsa propensione al rischio che si respira sui mercati globali ha dato una spinta allo yen giapponese. La valuta nipponica infatti è tradizionalmente considerata un rifugio sicuri dagli investitori. Si comprende quindi perché stia beneficiando del fatto che i principali indici azionari mondiali sono in modalità risk-off. Il presidente degli Stati Uniti Trump ha scritto una lettera a Kim Jong On giovedì, affermando che stava cancellando il vertice in programma il 12 giugno a Singapore. Inoltre, le recenti notizie del 25% di tariffe sui veicoli importati negli Stati Uniti. A questo si aggiunge l'incertezza riguardo all'esito dei colloqui in corso tra Cina e Stati Uniti.

L'andamento dello Yen

Tutto questo spiega perché lo yen sia tra le valute più performanti degli ultimi giorni, nonché tra le valute più gettonate da chi fa copy trading (qui trovi una guida come funziona etoro copy trading). La valuta giapponese ha guadagnato l'1,35% contro il dollaro nel corso dell'ultima settimana. Meglio ancora ha fatto contro l'euro: +4%. Peraltro la coppia EUR / JPY viaggia ancora nell'area dei minimi recenti del 2018 in prossimità di 127,50.


Nella giornata di oggi la rivitalizzazione della domanda del dollaro USA, unita al dato debole del CPI core di Tokyo ha fornito un impulso per riportare la coppia Usd-Jpy a un alto livello intraday di 109,74 durante la sessione asiatica, ma poi la coppia ha fatto marcia indietro e attualmente è stabile a 109.27. Lo Yen invece continua a guadagnare terreno contro l'euro, per circa mezzo punto percentuale.

Per chi adotta tecniche di trading forex intraday è interessante osservare come sul grafico a 4 ore, l'USD/JPY è scambiato al di sotto delle medie mobili semplici da 50 e 100 punti (SMA) ma superiore alla SMA a 200 periodi sul grafico a 4 ore. La tendenza principale rimane rialzista, ma non si escludono ulteriori ribassi settimana prossima.

mercoledì 23 maggio 2018

Eurozona, delude il PMI: siamo ai minimi di un anno e mezzo

Arrivano brutte notizie per l'economia dell'Eurozona. Secondo gli ultimi dati pubblicati questa mattina, a maggio l'attività dell'intera area ha toccato i minimi da un anno e mezzo. A "raccontarlo" è l'Indice PMI IHS Markit Composito, che si è posizionato a maggio a 54,1 punti. Si tratta di un dato comunque maggiore della soglia che divide espansione da recessione, ma è in calo dai 55,1 punti di aprile e al di sotto anche delle previsioni del mercato che erano a quota 55 punti.

I dati PMI dell'Eurozona

eurozona pmi markitPer quanto riguarda le aziende manifatturiere dell'Eurozona, è stato rilevato il livello di incremento minore degli ultimi 18 mesi. Il PMI di questo settore infatti indica una diminuzione dal valore dai 56,2 di aprile ai 55,5 punti attuali. Sono state deluse anche le aspettative degli economisti, che indicavano un livello di 56,1 punti. Anche in questo caso siamo oltre la soglia di espansione a 50 punti.

Giunge al valore minimo degli ultimi 16 mesi il settore servizi, con il relativo PMI delle attività terziarie che a maggio si porta a 53,9 dai 54,7 punti di aprile e del consensus. Per quanto riguarda il settore terziario invece, l'afflusso di nuovi ordini è scivolato ai minimi in otto mesi. A livello di singole economie, la crescita ha denotato un forte rallentamento in Francia (ai minimi da 16 mesi)  e anche in Germania (ai minimi da 20 mesi).

Secondo Chris Williamsson, capo economista di Markit, l'andamento del PMI di maggio evidenzia dei risultati deludenti che però vanno interpretati alla luce anche del fatto che a maggio gli affari sono stati influenzati negativamente da un numero anormale di giorni festivi. Insomma il campanellino d'allarme è suonato, ma non è ancora il caso di fasciarsi la testa. Nonostante poi ci sia stata una discesa forte, l'indagine resta ad un livello coerente con una crescita economica dell'eurozona ad un tasso rispettabile di appena più dello 0.4% nel secondo trimestre.

lunedì 21 maggio 2018

Market Mover della settimana dal 21 al 25 maggio

Sarà ancora il dollaro il grande protagonista di questa settimana sui mercati valutari. Soprattutto la questione delle tariffe commerciali con la Cina daranno la spinta o meno al biglietto verde nei prossimi giorni, anche se pure il panorama dei market mover macro in uscita potrebbe avere il suo peso.

Come quasi sempre accade, il lunedì è il giorno meno ricco di spunti mentre da domani cominceranno ad arrivare i report più interessanti. Si comincia ad esempio con la pubblicazione dei dati sulle scorte settimanali di petrolio, che verranno pubblicate negli Stati Uniti. Chi conosce i migliori broker CFD, cosa sono e come funzionano, sa bene che questo dato può avere delle ripercussioni sia sul mercato delle commodities che su quello valutario.

Market mover più interessanti

Mercoledì invece sarà una giornata densa di spunti e market mover. Sono in uscita infatti alcuni dati europei di spessore, come il dato tedesco del PIL, atteso in rallentamento allo 0,3% contro il precedente + 0,6%. Sempre in Germania verrà reso noto l’indice dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero (atteso in lieve flessione). Per l'area Euro ci sarà l’indice composito dei servizi e quello PMI manifatturiero. Occhio poi al dato della UK sull'inflazione annuale, probabilmente stabile al 2,5%. Negli USA, focus sui verbali dell'ultimo meeting del Fomc, nonché sui dati di vendita di nuove abitazioni e sulle scorte di petrolio greggio. Sarà quindi una giornata intensa per chi adotta una strategia scalping Forex 1 5 minuti.

Giovedì in Gran Bretagna sarà tempo di dati sulle vendite al dettaglio, mentre la BCE pubblicherà le minute del meeting inerente le decisioni di politica monetaria, che potrebbe fornire qualche indicazione interessante riguardo al futuro. Infine venerdì prossimo sono in uscita altre interessanti leve per i trader. Ad esempio l’indice IFO sulla fiducia delle aziende tedesche, ma anche il PIL della Gran Bretagna e negli USA i dati sui principali ordinativi di beni durevoli. Parlerà poi il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell.

giovedì 17 maggio 2018

Tariffe commerciali, il Giappone sta per annunciare le contromisure

Dopo Cina e Unione Europea, anche il Giappone si appresta a varare delle contromisure alle tariffe commerciali decise da Trump. Il governo di Tokyo sta infatti per completare tutte le procedure necessarie per comunicare all'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) quali sono le azioni che intende intraprendere contro Washington. Secondo le regole internazionali del commercio, infatti i paesi sono tenuti a comunicare al WTO le loro iniziative. Tokyo dovrebbe farlo entro questo fine settimana.

La tensione sulle tariffe commerciali

La grana è scoppiata lo scorso marzo, quando Trump decise di imporre dei dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti. Il Giappone ha chiesto al presidente americano di essere esentato dalle maggiorazioni sui due metalli, ma Trump ha fatto orecchie da mercante alle richieste di Tokyo. La riposta dovrebbe essere forte. Il Giappone infatti potrebbe adottare delle tariffe commerciali sulle esportazioni statunitensi per un valore di 409 milioni di dollari. Ovvero lo stesso importo dei dazi applicati dagli Stati Uniti. Non si sa ancora quali potrebbero essere i prodotti soggetti alle imposizioni.

Finora il Giappone è stato molto più accomodante con gli USA rispetto a Cina e Unione europea. Queste ultime infatti hanno risposto subito ai dazi americani con ritorsioni reciproche. Il governo di Tokyo, ha preferito privilegiare il dialogo nel tentativo di evitare una guerra combattuta con le contromisure.

Tutto questo mentre a Washington si disputa il secondo round dei colloqui tra Usa e Cina.  Dopo la prima tornata, fallita, di negoziati a Pechino per cercare di sbloccare la situazione, il consigliere economico cinese, Liu He, è in visita a Washington per discutere la questione. Sarà un incontro difficile, visto che le prospettive di una soluzione diplomatica sembrano molto lontane.

martedì 15 maggio 2018

Dollaro ancora tonico contro l'euro. Pesa la questione Mediorientale

Il rapporto tra euro e dollaro continua a premiare la valuta statunitense, che anche oggi guadagna terreno. Il quadro grafico mostra che la valuta unica è ancora sui minimi da fine dicembre contro il biglietto verde, a quota 1,186 circa. Dalla seconda metà di aprile la coppia ha cominciato a muoversi al ribasso in modo deciso, avviando una correzione forte rispetto al lungo rialzo precedente in essere dalla fine del 2016.

Il rapporto di cambio è sceso fin sotto i minimi di gennaio a 1,1910 circa, ma le pressioni di vendita non sembrano essersi esaurite a dispetto dello sforamente dell'area di ipervenduto da parte dei principali oscillatori grafici. Chi conosce come funziona plus500 webtrader ha visto infatti tale andamento sullo stocastico e gli altri. Questa ondata al ribasso pare possa pure continuare, magari fino a testare i minimi raggiunti lo scorso mese di novembre e dicembre a 1,1760.

I driver del dollaro

Va detto che la spinta al dollaro USA viaggia sulla scia dell’inasprirsi delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente. Come se non bastassero già la questione siriana e le tensioni con l'Iran per l'accordo sul nucleare, adesso c'è anche quanto accaduto a Gaza dopo l'inaugurazione officiale dell’ambasciata USA a Gerusalemme. Chi adotta una strategia swing trading forex (guida), ha visto che dopo essere sceso a 92,24, l’indice del dollaro è poi risalito a quota 92,80.

Per quanto riguarda i dati macro, è salitala fiducia del settore immobiliare USA. A maggio il dato è salito di due punti portandosi a 70 dai 68 punti rivisti di aprile. Rimangono stabili le scorte di magazzino delle imprese. Il Dipartimento del Commercio ha poi reso noto che le scorte sono rimaste stabili a 1.929,6 miliardi di dollari come a febbraio. Su base tendenziale si è verificato un incremento del 3,8%. Nello stesso periodo le vendite hanno registrato una variazione positiva dello 0,5% su base mensile a 1.438,3 miliardi di dollari, con una crescita del 6,4% a livello tendenziale.

sabato 12 maggio 2018

Export di auto negli USA, Trump vuole colpirlo con tariffe al 20%

L'export europeo dell'auto potrebbe ricevere un altro duro colpo da Trump. Il presidente USA infatti starebbe valutando l'ipotesi di applicare alle auto importate negli USA una tariffa del 20%. Non solo, alle macchine straniere potrebbero essere pure imposi degli standard sulle emissioni più duri rispetto a quelle che gravano sui costruttori americani. Un trattamento discriminatorio che finirebbe per ostacolare l'arrivo di auto straniere in territorio americano.

Il colpo all'export di auto

Donald Trump vuole - secondo il Wall Street Journal - ha avanzato questa proposta durante l'incontro avuto alla Casa Bianca con i vertici dei principali costruttori d'auto mondiali. In base agli accordi con l'Organizzazione mondiale del Commercio (Wto), l'export di auto negli Stati Uniti è soggetto a tariffe del 2,5%, che nel caso dei camion raggiungono anche il 25%. Tutto questo eccezion fatta per quei paesi che hanno un accordo di libero scambio con gli States.

Nello stesso incontro ha elogiato Sergio Marchionne prendendolo come esempio virtuoso. Il motivo? L'impegno di Fca di investire risorse negli Usa, oltre un miliardo di dollari nelle attività sul suolo americano. Peraltro accompagnato dal programma di traferire entro il 2020 dal Messico allo stabilimento di Warren (Michigan), la produzione del pickup truck Ram Heavy Duty. Trump è stato molto diretto quando ha chiesto: «Voglio che costruiate milioni di auto in più negli Stati Uniti».

Nel corso dello stesso meeting, Trump ha parlato anche del Nafta, l'accordo di libero scambio fra Stati Uniti, Canada e Messico. Il presidente ha ammesso: «non ne sono mai stato un grande fan». Le trattative per una revisione dell'intesa sono in corso, anche se e possibilità di giungere a un accordo non sembrano affatto vicine. La rinegoziazione di questa intesa potrebbe avere un impatto notevole sull'industria delle quattro ruote americana.

giovedì 10 maggio 2018

Oro tiene sopra 1300 dollari, ma la pressione al ribasso è forte

I future sull'oro stanno vivendo una fase di calo che li ha portati sulla parte inferiore della banda di consolidamento compresa tra 1300-1660 dollari per oncia. A innescare questo movimento ribassista sono stati due fattori soprattutto. Da un lato l'aumento del rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni oltre il 3% (livello psicologicamente molto importante). Dall'altra il rafforzamento del dollaro che è tornato ai livelli dello scorso dicembre.

Analisi del mercato dell'oro

Molti ritenevano che alcuni fattori geopolitici avrebbero potuto cambiare il sentiment degli investitori, ma così non è stato. Né il ritiro di Washington dall'accordo nucleare del 2015 con Teheran, né l'ultimatum della Cina, né i problemi politici dell'Italia hanno dissuaso gli investitori dal comprare massicciamente la valuta americana.
Da quando si è formato qualche tempo fa un piercing line pattern forex, la coppia Eur-Usd ha cominciato a scende, scende, scende... Il mercato dell'oro poi non sta ricevendo neppure grandi spinte dal mercato "fisico". Infatti la domanda indiana è scesa a 52,7 tonnellate, pari al 46% a/a. La Cina non compra oro per ricostituire le riserve da 18 mesi consecutivi.

Secondo JP Morgan, lo scenario potrebbe anche peggiorare per l'oro. Se la FED dovesse accelerare il ritmo di normalizzazione, i tassi del debito decennale potrebbero salire fino al 4% e questo consentirebbe agli "orsi" di XAU / USD di attaccare ancora. Insomma chi sa come usare indicatori di trend following li avrà visti puntare tutti al ribasso ultimamente. Ricordiamo poi un'altra cosa importante: l'oro non paga dividendi e quindi non è in grado di competere neppure con i titoli (azioni e obbligazioni).

Dal punto di vista tecnico, infine, occhio al supporto posto a quota $ 1,300-1.302 per oncia. Se dovesse essere infranto e il prezzo scendere nella direzione di $ 1285 e $ 1263, ci troveremmo di fronte ai due livelli di correzione Fibonacci del 61,8% e del 78,6% rispetto all'ultima ondata ascendente a medio termine. Passati anche quelli, lo scenario ribassista per l'oro potrebbe farsi ancora più solido.

martedì 8 maggio 2018

Pagamenti elettronici, in Italia cresce la diffusione. Ma il Sud resta indietro

Il pagamento elettronico comincia ad entrare nella routine degli italiani, che spesso lo scelgono anche per piccole spese. Lo conferma un recente studio, secondo il quale nei negozi fisici la spesa viene fatta il 75% delle volte utilizzando pagamenti elettronici. E quasi la metà delle volte la cifra spesa non supera neppure i 5 euro. Il tanto atteso cambiamento culturale sta arrivando? Forse, perché tra coloro che arriverebbero a farsi scansionare l'impronta per autorizzare i pagamenti (o addirittura farsi innestare un chip sotto pelle) e quelli che invece dal contante non vogliono proprio staccarsi, c'è un panorama molto vario ed eterogeneo.

La diffusione dei pagamenti elettronici

Intanto lo studio dell'Osservatorio di Findomestic, realizzato con Doxa, evidenzia una spaccatura a livello di sesso tra le preferenze degli italiani. Le donne sono più portate all'utilizzo del bancomat (41,5% contro 35%) mentre la carta di credito è la forma di pagamento elettronico preferita dai maschietti: 30% contro il 22% delle donne. Complessivamente rimane però il bancomat la forma preferita, visto che viene utilizzata nel 38% dei casi. Seguono carte di credito (26%) e prepagate (11%).

Altri dati interessanti si rilevano dallo strumento usato per pagare. Tra i sistemi di pagamento più innovativi, la preferenza va all'app della propria banca (precisamente il 44% delle donne e il 29% degli uomini), mentre tra i servizi più noti Postemobile (23,5%) batte di poco Apple Pay (23,3%).
Altri aspetti interessanti si rilevano su base geografica. Il bancomat è la forma preferita di pagamento nel Nord-Est: 44%, contro il 29% di Sud e Isole. Proprio il Meridione sembra essere più indietro nella evoluzione culturale dei pagamenti. Se infatti un italiano su quattro preferisce ancora i contanti, al Sud questa percentuale sale al 31% (così come nelle Isole). Cosa sorprendente, sono proprio i giovani tra i 18 e i 24 anni (52,3%) ad acquistare ancora in modo regolare con le banconote. Per circa la metà di loro il motivo è legato alla sensazione di tenere maggiormente sotto controllo le spese.

sabato 5 maggio 2018

Mercato dei cambi, l'Eur-Usd esce dal canale e spinge al ribasso

Dopo alcuni mesi durante i quali l'euro-dollaro s'è mosso all'interno di un canale prevalentemente tra 1,21-1,24, gli ultimi giorni sembrano dire qualcosa di nuovo sul mercato dei cambi. Il rapporto tra le due valute più importanti sembra adesso pendere a favore del biglietto verde, con una direzionalità ben precisa. Quella che appunto mancava da gennaio scorso.

La rottura dell’importante supporto statico a 1,20 potrebbe aprire la strada a un movimento deciso al ribasso. Chi sa cos'è il trading forex come funziona comprende che quel valore ha un alto contenuto psicologico, per cui è una rottura al ribasso importante.

La distanza tra Europa e USA influenza il mercato dei cambi

il percorso di crescita di Europa e Stati Uniti sta procedendo in modo molto diverso. Negli USA l’economia sta viaggiando in una fase del suo ciclo economico abbastanza matura, mentre l’Europa ancora non ha imboccato questo percorso. La BCE non ha neppure cominciato a ragionare concretamente sulla fine delle politiche monetarie ultra-accomodanti, mentre la FED si avvia a fare il secondo ritocco al costo del denaro nel 2018.
Il motivo principale che ha innescato questo movimento sul mercato dei cambi, è che

Consiglio: se volete fare investimenti nel mercato valutario, cercateli sempre nella lista Consob broker autorizzati. Non vanno mai affidati i capitali a intermediari di dubbia fama e senza vigilanza.

Un aspetto rende evidente questo divario, ovvero i rendimenti dei titoli di Stato. Il differenziale fra Treasury e Bund a dieci anni è salito oltre la soglia storica di 240 punti base. Il primo offre un rendimento di circa il 3%, il titolo tedesco viaggia verso lo 0,6 per cento. Prima che i titoli decennali USA superassero il 2,90%, le valute non erano per nulla sensibili alle variazioni dei rendimenti.

Adesso però che i tassi più alti negli Stati Uniti hanno acceso maggiore interesse verso il debito a stelle e strisce, tutto ciò si è tradotto in: comprare dollari e vendere euro. Da qui il profondo calo sul mercato dei cambi di Eur-Usd, passato da 1,23 fino a 1,19 nel giro di poche settimane. Adesso però bisogna capire questa progressione al ribasso fin dove potrà spingersi. Le principali banche USA prevedono un cambio a 1,16 con l’euro nel breve termine. Chissà...

giovedì 3 maggio 2018

Bancarotta per Cambridge Analytica: travolta dallo scandalo, deve chiudere

La bufera ha spazzato definitivamente via Cambridge Analytica, che avviato le procedure di insolvenza in Gran Bretagna. La società di analisi e consulenza politica che è stata al centro dello scandalo Facebook per via della violazione della privacy e abuso di dati personali, si avvia quindi alla chiusura. Dallo scoppio di quello scandalo aveva cominciato a perdere clienti su clienti, ed è stata sommersa di costi legati alla propria difesa in sede giudiziaria. La bancarotta è diventata così inevitabile, e ai dipendenti è stato già chiesto di restituire i computer aziendali.

Le tappe che hanno portato alla bancarotta

bancarotta cambridge analyticaLa società era nata nel 2013 come costola della britannica Scl Group, grazie ai fondi raccolti dal falco della destra americana Steve Bannon. Il momento di apice è stato raggiunto durante le ultime presidenziali americane del 2016. Cambridge Analytica aveva infatti ottenuto contratti per 15 milioni di dollari. Ma dopo un anno appena è cominciata la sua precipitosa caduta l'apice del suo business verso la inevitabile bancarotta. Lo scoppio dello scandalo Facebook ha prima allontanato i clienti degli Usa, poi la situazione è progressivamente peggiorata anche in Europa.

Lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica è esploso il 17 marzo scorso quando in esclusiva i quotidiani The Observer, The Guardian e il New York Times rivelarono che milioni di profili social di elettori americani erano stati violati dalla società. L'azienda ha continuato a difendersi dicendo che "numerose accuse sono infondate", e che è stata vittima di una campagna denigratoria per fatti che "erano legali e anche ampiamente accettati". Va detto però che la società appena a marzo scorso aveva dovuto sospendere il suo amministratore delegato, Alexander Nix, che in un video invocava tattiche di campagna politica che comprendevano il ricorso a ricatti sessuali e tangenti. Da lì in poi è continuato il precipizio fino alla bancarotta.

La Scl Group, ovvero la "madre" da cui è nata Cambridge Analytica, ha però una galassia di società. Questo vuol dire che è molto difficile capire se si tratta di una vera bancarotta oppure di una semplice pulizia di immagine. In sostanza si chiude il ramo marcio ma se ne apre uno identico, giusto per fermare i contenziosi e continuare ad operare sotto altro nome.

martedì 1 maggio 2018

Spread Btp-Bund ai massimi da metà aprile dopo il no di Renzi al M5S

Le vicende politiche italiane danno una brutta spallata ai Btp. Lo spread infatti risale fino ai massimi di quasi due settimane, sulla scia dei timori che presto l'Italia possa tornare nuovamente al voto. L'unica consolazione è che i movimenti dell'ultimo lunedì di aprile sono stati resi più accentuati dal fatto che i volumi sono stati deboli, per via dell'approssimarsi delle festività del primo maggio. Al termine della tornata d’aste di fine aprile, le esigenze di rifinanziamento del Tesoro per il 2018 (tra 390 e 400 miliardi) risultano coperte per circa il 43%.

Il peso della politica sullo spread


Ad ogni modo, l'incubo politico aleggia eccome sui mercati. L’ex segretario del Pd Matteo Renzi ha smorzato le prospettive di una allenaza con il M5S per formare un nuovo Governo. La risposta del leader pentastellato Di Maio è stata chiara: non resta altro che andare a votare di nuovo, lanciando contemporaneamente un invito a Salvini di schierarsi assieme in vista delle nuove elezioni di giugno. A seguito delle dichiarazioni del leader M5S lo spread Btp/Bund è salito fino a 125 punti base. Come detto, ai massimi di due settimane.

In buona sostanza si è verificato lo scenario inverso rispetto a una settimana prima. L'ipotesi di dialogo tra Pd e M5s aveva infatti dato slancio ai Btp la settimana scorsa. Lo spread Btp/Bund era giunto fino a 111 pb, ovvero nuovo minimo da aprile del 2016. Stavolta invece il dialogo è andato incontro al fallimento e questo ha provocato vendite marcate.

L'andamento dello spread


Il rendimento sul Btp decennale è risalito fino a 1,82%, anche in questo caso ai massimi di metà aprile, mentre il ‘credit default swap’ a 5 anni sul debito italiano è salito al massimo da una settimana di 89 pb. Alla fine lo spread tra Btp e Bund ha chiuso la giornata in lieve rialzo a 117 punti base dai 115 di ieri, con il rendimento del decennale italiano all'1,73%.

L'attenzione adesso si sposta anche sul fronte macro. Oltre alle questioni di politica interna, subito dopo la festività del primo maggio c'è in calendario il dato preliminare sul Pil italiano del terzo trimestre e i Pmi manifatturieri di aprile.